La risposta di Heather Parisi a Telese e per coloro che l’hanno definita un’idiota.
Ho inviato al giornalista Luca Telese di Tpi (The Post Internazionale) la mia risposta all'articolo a sua firma del 26 dicembre e ve la riporto di seguito.
Gentilissimo Luca Telese,
ho letto con attenzione l’articolo che ha voluto dedicarmi e le chiedo la cortesia di concedermi qualche minuto del suo prezioso tempo per aggiungere qualcosa a vantaggio dei suoi numerosi lettori. Anche se sono cresciuta a San Francisco, io sono la classica americana "booney town" di quegli americani che, per dirla in maniera diretta, parlano come mangiano. E spesso parlo senza immaginare le conseguenze, senza cercare le parole giuste, quelle che piacciono a tutti e che non scontentano nessuno. Bastava che a chi mi chiedeva se mi vaccino, rispondessi: “Dopo un po', sì.”, con l’espressione usata da una mia collega che lei ha in grande stima, e tutto sarebbe passato liscio. Nessun giornale si sarebbe chiesto “perché dopo un po' e non adesso?”, oppure “quanto è un po’?” “Dopo” è rassicurante quel tanto che basta. Lo dicono sempre anche i miei gemelli quando chiedo loro di fare i compiti: “Li facciamo dopo un po’, mamma!” ed io torno a fare le mie cose, tranquilla. Oppure avrei potuto fare come il grande Beppe e dire che mi sarei inoculata tutti i vaccini in un colpo solo. Così non avrei scontentato nessuno. Il vaccino cinese in ossequio al paese in cui vivo, quello americano per orgoglio di patria e magari, perché no, anche quello Italiano. E i titoli sui giornali sarebbero stati come quelli per Beppe: “La Parisi come Grillo, ha detto che si vaccina”. Poco importa se tecnicamente non è possibile inocularsi tutti i vaccini e se l'affermazione di Beppe ha il tipico gusto della boutade. La faccia è salva per tutti.
Oppure avrei potuto dire come Paolo Mieli dalla Gruber: "Io subito sì, lo farei, ma se dovessi fare figli sarei più cauto”. E avendo avuto due figli a 50 anni, sono sicura che nessuno si sarebbe sognato di contestare la mia scelta di non farlo per mantenere la possibilità di averne anche a 60. Vede, caro Telese, si possono dire cose anche senza dirle. In fondo la lingua italiana si presta così bene alle frasi ambigue. E invece io ho detto quello che penso e che pensano anche altri, senza tanti giri di parole e magari con qualche approssimazione. Lei scrive “se la Parisi non vuole credere alle autorità sanitarie”. No, io voglio credere alle autorità sanitarie e per questa ragione, per capire, ho consultato, tra gli altri, il sito ufficiale dell’AIFA dove ho trovato un documento con il titolo: “Domande e risposte EMA su Comirnaty”. Sono domande e risposte destinate a spiegare e a dipanare i dubbi dei cittadini. Ma l’effetto, almeno per me, è stato esattamente il contrario. Sono rimasta sorpresa e preoccupata dalla serie incredibile di risposte che ho rinvenuto nel documento e che contenevano le espressioni “non ha fornito dati sufficienti”, “non è ancora noto”, “non si conosce”, “i dati sono in numero limitato” (o addirittura) “molto limitato”, “non esistono studi”. Davvero tante per un vaccino che, occorre dirlo per non venire tacciati di incompetenza, NON è sperimentale. Le porto alcuni esempi che sono sicuro lei conoscerà già.
Domanda: Le persone che hanno già avuto COVID-19 possono essere vaccinate con Comirnaty? Risposta EMA: Non sono stati segnalati ulteriori effetti indesiderati nei 545 soggetti che hanno ricevuto Comirnaty nell’ambito dello studio e che erano stati precedentemente colpiti da COVID-19. Lo studio non ha fornito dati sufficienti per stabilire in che misura Comirnaty funzioni nei soggetti che hanno già avuto COVID-19.
Domanda: Può Comirnaty ridurre la trasmissione del virus da un soggetto a un altro? Risposta EMA: L’impatto della vaccinazione con Comirnaty sulla diffusione del virus SARS-CoV-2 nella popolazione generale non è ancora noto. Non si conosce ancora fino a che punto le persone vaccinate possano ancora essere in grado di trasportare e diffondere il virus.
Domanda: Quanto dura la protezione di Comirnaty? Risposta EMA: Al momento non si conosce la durata della protezione fornita da Comirnaty. Le persone vaccinate nell’ambito dello studio clinico continueranno a essere monitorate per due anni per raccogliere maggiori informazioni sulla durata della protezione.
Domanda: Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate con Comirnaty? Risposta EMA: I dati relativi all’uso nelle persone immunocompromesse (il cui sistema immunitario è indebolito) sono in numero limitato. Sebbene queste persone possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non vi sono particolari problemi di sicurezza. Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate in quanto potrebbero essere ad alto rischio di COVID-19.
Domanda: Le donne in gravidanza o in allattamento possono essere vaccinate con Comirnaty Risposta EMA: Studi sugli animali non mostrano effetti dannosi durante la gravidanza; tuttavia, i dati relativi all’uso di Comirnaty in donne in gravidanza sono in numero molto limitato. Sebbene non esistano studi sull’allattamento, non si prevedono rischi per l’allattamento stesso. Deve essere presa la decisione se usare il vaccino in donne in gravidanza di concerto con il medico, dopo aver considerato i benefici e i rischi.
Tra le altre cose l’EMA dichiara che si tratta di “una autorizzazione subordinata a condizioni. Significa che dovranno essere forniti ulteriori dati sul vaccino per due anni”. Di fronte a questo quadro di informazioni, è davvero così sbagliato porsi qualche domanda e avere qualche dubbio? Perché accanirsi con tanta violenza contro chi lo vuole fare e dichiara di non volersi vaccinare? Tanto più che esiste un diritto di scelta legalmente riconosciuto? Criminalizzare e condannare alla gogna mediatica chi fa una scelta diversa da quella ufficiale equivale a negare qualsiasi diritto di scelta. In fondo di fronte alle domande fondamentali come quella relativa al “Può Cominarty ridurre la trasmissione del virus da un soggetto all’altro” e a quella “Quanto dura la protezione di Comirnaty”, l’EMA risponde rispettivamente con “non è ancora noto” e “non si conosce”. Quindi la presunta superiorità morale di chi dice che si vaccina per rispetto degli altri, è basata su un dato che “non è ancora noto” e che “non si conosce”.
Non voglio rispondere alla sua provocazione sul fatto che non ho diritto a farmi curare dagli ospedali italiani. Sono cittadina di Hong Kong (mentre non sono cittadina italiana) dove vivo da dieci anni e le autorità di qui hanno sicuramente abdicato su molti diritti civili ultimamente, ma non hanno mai sollevato alcun dubbio o reticenza sulla volontà di assicurare trattamento sanitario a ogni cittadino, indipendentemente da come la pensa sui vaccini. Come vede, a volte, la difesa dei diritti inviolabili del cittadino la trovi dove meno te la aspetti. Però credo che i ricatti morali e pratici uniti alla volontà di relegare chi non si vaccina tra i paria della società escludendolo da ogni servizio pubblico, dalla possibilità di lavorare e di muoversi e, secondo lei, anche dall’avere accesso alle cure mediche, non aiuti a convincere gli indecisi. Anzi. Appare l’atto di prevaricazione di chi, non avendo gli strumenti per convincere, fa valere la legge del più forte. È questo quello a cui è destinata la nostra società oggi? Il sopravvento di quella parte della società che, riconoscendosi superiore sul piano morale, si sente legittimata a decidere per tutti qual è il bene comune da conseguire con l’uso della forza. Con stima,
Heather Elizabeth Parisi
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