Damnatio memoriae
Il tentativo di rimuovere Donald Trump è cominciato fin da quando vinse le elezioni nel 2016. Si cercò subito di toglierlo di mezzo. Prima montando una commissione di inchiesta per sue presunte collusioni con la Russia, poi con un maldestro tentativo di impeachement basato sull'accusa di avere abusato delle sue prerogative presidenziali chiedendo al premier ucraino di fare luce sulle attività di uno dei figli di Joe Biden nel paese. Questi tentativi di rimozione, entrambi falliti, seguirono solo una delegittimazione e demonizzazione senza precedenti che è durata tutta la sua presidenza. Adesso, dopo averlo rimosso da Facebook si cerca di rimuoverlo dal suo ruolo di presidente degli Stati Uniti, invocando il 25esimo emendamento.
Il partito inclusivista dell'Amen Awoman, quello delle Ocasio Cortez, delle Ilhan Omar e Rashida Tlaib, odiatrici di Israele compulsive, si muove in questo senso. Non basta avere essersi portati a casa la vittoria attraverso il massiccio uso del voto postale, consentito dalla legge, ma mai usato in queste proporzioni, generando un enorme moe di dubbi e di sospetti sulla regolarità dell-esito elettorale, no, ora si vuole definitivamente cancellare Trump, spingerlo a forza nella fossa dei dannati. La damnatio memorie è in pieno svolgimento. L'irruzione di un gruppo di esaltati sostenitori di Trump avvenuto ieri in Campidoglio a Washington, è stato presentato come un tentativo di golpe. Si è trattato di un fatto increscioso, ma niente più di questo, tuttavia ha offerto un enorme servizio a chi, fin dal principio, ha cercato di fare tabula rasa di Trump. Siamo solo all'inizio di una offensiva che non si ferma qui. Trump ha in dote 75 milioni di elettori e vedremo nei prossimi mesi quanto sarà ancora salda la sua presa su di loro e sul GOP e come conterà di investire sul proprio futuro politico. Intanto godiamoci, si fa per dire, lo spettacolo, dei "custodi della democrazia" in azione per difenderla dai barbari con elmi da vichingo e facce dipinte. Le facce non dipinte dei custodi le conosciamo già, sono quelle di Joe Biden, Kamala Harris e Nancy Pelosi.
Niram Ferretti
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