lunedì 26 ottobre 2009

Come in Inghilterra...

Sconto di pena a omicida:"E' geneticamente aggressivito". La decisione è stata presa in secondo grado dalla Corte d'Assise d'appello di Trieste che, per la prima volta in Italia, ha applicato la teoria inglese sulle connessioni tra genetica, comportamento e responsabilità

Trieste, 25 ottobre 2009
- La Corte d'Assise d'appello di Trieste ha scontato, in secondo grado, di un anno la pena a un omicida perche’ ritenuto ‘’vulnerabile geneticamente’’. L'uomo era stato condannato con rito abbreviato a nove anni e due mesi di reclusione dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Udine il 10 giugno 2008, per omicidio volontario, con interdizione perpetua dai pubblici uffici. E’ quanto accaduto - per la prima volta in Italia - al cittadino algerino Abdelmalek Bayout, accusato di aver ucciso a coltellate nel 2007, a Udine, durante una rissa, il colombiano Walter Felipe Novoa Perez, di 32 anni. Attraverso un’indagine cromosomica innovativa, Bayout e’ stato trovato in possesso di alcuni geni, che lo renderebbero piu’ incline a manifestare aggressivita’ se provocato o espulso socialmente. Tale ‘’vulnerabilita’ genetica’’ si sarebbe incrociata, nel momento immediatamente precedente all’omicidio, con ‘’lo straniamento dovuto all’essersi trovato nella necessita’ di coniugare il rispetto della propria fede islamica integralista con il modello comportamentale occidentale’’, cosi’ da determinare nell’uomo ‘’un importante deficit nella sua capacita’ di intendere e di volere’’. La sentenza - ha osservato il giudice Amedeo Santosuosso, consigliere della Corte d’Appello di Milano - applica l’orientamento espresso nel 2002 nel documento britannico diventato da allora il punto di riferimento in merito alle connessioni fra caratteristiche genetiche, comportamento e responsabilita’. Il documento, intitolato ‘’Genetica e comportamento umano: il contesto etico’’, e’ stato elaborato dal Nuffield Council on Bioethics. ‘’Le conclusioni di quel documento, in generale condivise, rilevano - spiega Santosuosso - che dalle conoscenze genetiche attuali non emerge una sufficiente evidenza scientifica tale da escludere la responsabilita’ e assolvere persone con determinate caratteristiche; tuttavia possono verificarsi casi in cui parziali evidenze scientifiche possono essere utilizzate per calcolare la pena’’. Il corpo senza vita di Novoa Perez era stato trovato il 10 marzo 2007 nei pressi del sottopasso ferroviario di via Cernaia, a Udine. La Polizia era risalita a Bayout indagando su una medicazione che l’uomo si era fatto fare al Pronto soccorso dell’Ospedale. Fermato, l’algerino aveva ammesso di aver accoltellato Novoa Perez, spiegando che lo aveva deriso perche’ aveva gli occhi truccati con il kajal, apparentemente per motivi religiosi, ed aveva condotto gli agenti nel luogo in cui aveva gettato l’arma, prima di chiudersi in un silenzio assoluto.

Tocca all'italia...

Barcone con 200 migranti è in viaggio da venerdì: arrivano i soccorsi italiani

Palermo - E' entrato in acque Sar di competenza italiana il barcone di diciassette metri con a bordo circa 200 immigrati, da venerdì in navigazione al largo delle coste libiche. Il natante si trova a circa 32 miglia da Capo Passero. Al suo fianco, per proteggerlo dalle difficili condizioni meteo, la motocisterna "Antignano" del compartimento marittimo di Livorno, che era stata inviata in zona sin dall’avvistamento, venerdì sera, dalla Capitaneria di porto. Così, nel ringraziare l'Italia per il proprio intervento, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha invitato a "porre fine a questa odissea".

L'intervento del soccorso italiano. Dalle 10 di questa mattina è a tutti gli effetti un intervento di soccorso italiano quello nei confronti del barcone con circa 200 migranti a bordo. Da venerdì è in balia del mare, nel Canale di Sicilia: il Comando generale delle capitanerie di porto ha assunto il coordinamento delle operazioni. Il barcone si trova ora a circa 33 miglia dalle coste siciliane, e quindi in acque Sar (ricerca e soccorso) italiane; il mare è molto mosso e l’imbarcazione è in condizioni di stabilità precarie. Il rimorchiatore d’altura dirottato sul posto dal Comando generale delle capitanerie è una delle poche unità in grado di operare in queste condizioni di mare. È stato chiesto anche di rimanere sul posto alla nave Antignano e ad un pattugliatore militare maltese per fornire ogni eventuale assistenza.

L'appello dell'Onu. Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ringrazia il comandante e all’equipaggio della petroliera "Antignano" per aver "dimostrato grande senso di responsabilità nello scortare l’imbarcazione con i 200 immigrati passando loro acqua e viveri". "In questi giorni - sottolinea la Boldrini - c’è stata molta confusione su competenze e responsabilità di chi doveva intervenire per sottrarre l’imbarcazione a possibili rischi dovuti a proibitive condizioni del mare". Le Nazioni Unite si augurano, infatti, che "si ponga fine a questa odissea perché le persone che si trovano a bordo dell’imbarcazione sono provate da giorni di mare in tempesta e di viaggio in condizione precarie". "La barca, come si evince dalla foto che ci è giunta, è sovraffollata e vi sono anche donne e bambini - conclude, infine il commissario Onu - dalle telefonate che ci sono giunte dai parenti sappiamo che ci sono anche somali ed eritrei che, normalmente, hanno bisogno di protezione".

Caso Marrazzo

Il caso Marrazzo-Berlusconi di Gianni Pardo

Il parallelo fra le vicende di Piero Marrazzo e di Silvio Berlusconi è interessante. Di Marrazzo si è parlato come di una vittima, e non come di un immorale (cosa di cui siamo lieti); di Berlusconi come di un immorale e non di una vittima, anche se le circostanze che militavano a suo favore sono molte di più. Di Marrazzo – sia detto senza la minima nota di biasimo – si può dire che è “andato a puttane”; a Berlusconi è stata presentata “un’amica” di cui lui non sapeva che si prostituisse. Questa circostanza è stata ripetutamente affermata dallo stesso Tarantini che Patrizia D’Addario al Cavaliere l’ha servita su un piatto d’argento. Berlusconi l’ha considerata “disponibile” e ne ha approfittato. Dunque non è “andato a puttane”, è stato solo (piacevolmente) ingannato. Berlusconi si è accoppiato con una donna, Marrazzo con un uomo. Anche se oggi ci si sforza moltissimo di non discriminare gli omosessuali e i diversi, per le persone di una certa età - siamo old fashioned e manchiamo di fantasia - la cosa normale è che un uomo vada con una donna e una donna vada con un uomo. Per noi chi va con un transessuale non fa una bellissima figura e non è certo il modello morale che Repubblica vorrebbe fosse Berlusconi. Questo benemerito quotidiano ha anche scritto e riscritto che Berlusconi si sarebbe dovuto dimettere perché un premier sotto ricatto è un premier dimezzato. Dimenticando di dire chi lo ricattava e a proposito di che. Nel caso di Marrazzo invece il ricatto è confessato e pagato con sessantamila euro. Ma per lui nessuna richiesta di dimissioni: “la situazione è imbarazzante”, “c’è la presunzione d’innocenza”, “aspettiamo gli sviluppi dell’inchiesta”, “non ha commesso nessun reato”, “bisogna essere garantisti”... Tutte cose giustissime, ma in bocca a persone che fanno ribrezzo per la loro doppiezza, anche se, sotto sotto, gli hanno detto di farsi da parte, perché oggettivamente indifendibile. Di Berlusconi si è detto che “frequenta minorenni” come se andasse a letto con tredicenni mentre di fatto è soltanto amico di una famiglia in cui la figlia ha compiuto recentemente diciott’anni. Di Marrazzo si dice che è la vittima delle “mele marce” fra i carabinieri. Per Berlusconi si è parlato di “festini”, senza uno straccio di testimonianza, nel caso di Marrazzo la presenza di prostituti e di cocaina è ammessa e fotografata, ma Marrazzo è incolpevole. In realtà può darsi che questo politico abbia avuto più fortuna di quanta ne avrebbero avuta altri. Si è parlato di ricatto ma tutto sta a decidere se l’iniziativa sia stata presa dai carabinieri (“Abbiamo queste prove, se ci paga non ne parliamo in giro”), oppure se l’abbia presa Marrazzo. Egli ha detto: “Non mi rovinate, non mi fate del male” (parole riportate dal “Corriere della Sera”), ma qualcuno potrebbe intendere queste parole (sempre che non siano altre, più esplicite) come se avesse detto: “Potreste chiudere un occhio?”. Era del resto pronto a compensare questo “favore”, come poi ha fatto, con una notevole regalia: sessantamila euro in assegni. “Un giudice sospettoso o negativamente prevenuto – abbiamo avuto la sensazione di incontrarne, in altre occasioni - non avrebbe potuto ipotizzare il reato di cui agli art.319-321 del C.p.? Eccoli: “Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni”. Il successivo art.321 stabilisce che: “Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'art. 319-ter, e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità”. E Marrazzo i sessantamila euro li ha effettivamente dati. Tutta la vicenda è stata scoperta non perché denunciata dal “ricattato”, ma perché autonomamente e casualmente scoperta in seguito ad indagini ufficiali. La lotta politica fatta attraverso il buco della serratura, o rivelando le preferenze sessuali delle persone, è repellente. “La Repubblica” ha fornito l’esempio di questo pessimo “giornalismo” e si è perfino permessa di nobilitarlo con il manto della crociata: ora sarebbe bello che si capisse che il comportamento di certi giornali e di certi giornalisti non è “moralista”, è semplicemente “immorale”.

Democrazia...

Una bella giornata per la democrazia di Curzio Maltese

Tre milioni di votanti, cinquantamila volontari in diecimila seggi, decine di milioni di euro raccolti. Se qualcuno nel Pd ha ancora dubbi sulle primarie è un pazzo. Sono l'elemento più identitario del partito, dal giorno della nascita. È stata una grande giornata per l'unico partito al mondo che coinvolga tanti cittadini nella scelta del segretario, ma soprattutto per la democrazia. Il voto degli elettori ha confermato nella sostanza quello degli iscritti. Bersani è il vincitore, ma Franceschini e Marino non escono sconfitti. Il segretario uscente ha avuto proprio ieri la conferma d'aver svolto bene la missione di salvare il Pd nella stagione peggiore e oggi può consegnarlo al successo in ottima salute. Ignazio Marino è stata la sorpresa del voto popolare, a riprova che i temi del rinnovamento e della laicità sono assai avvertiti dalla base. La vera notizia è la partecipazione. Tre milioni non li aveva previsti nessuno. Tanto meno dopo l'ultimo desolante caso di Piero Marrazzo. Il popolo democratico ha invece reagito con un atto di generosità e responsabilità, qualità più rare ai vertici. La corsa alle primarie può segnare un punto di svolta nello stallo politico. È una scossa positiva per il Pd, in cerca d'identità da troppo tempo. Ed è una spallata al governo Berlusconi, già avvitato in un evidente declino. Una spallata vera e potente, che non arriva dalle élites e dai palazzi complottardi di cui favoleggiano i demagoghi, ma piuttosto da milioni d'italiani. Cittadini normali che si sono svegliati presto di domenica, messi in fila, versato un contributo, atteso i risultati fino a notte. Non perché Bersani, Franceschini o Marino siano leader di travolgente carisma, né sull'onda di un entusiasmante dibattito congressuale. Ma nella speranza d'infondere al principale partito d'opposizione la forza necessaria per mandare a casa il peggior governo della storia repubblicana. Questo è il chiarissimo mandato che i tre milioni consegnano nelle mani del vincitore Bersani, ma anche a Franceschini e Marino, da oggi chiamati a collaborare come rappresentanti delle minoranze interne a un grande progetto. Si tratta di vedere se la nuova dirigenza saprà interpretarlo o, chiusi i gazebo, tornerà a rinchiudersi nelle stanze affumicate di strategie tanto sottili quanto perdenti. Come è sempre accaduto finora. Il nuovo leader democratico ha davanti compiti difficili e tempi strettissimi, da qui alle regionali. Il primo è rilanciare il Pd alla guida di un'opposizione seria nei toni, ma dura nella sostanza. Più dura di quanto non sia stata finora. Di "tregue" a Berlusconi, più o meno volontarie, il centrosinistra ne ha offerte già troppe in questi anni. Un'ulteriore resa a un Cavaliere a fine corsa, almeno nell'opinione mondiale, sarebbe interpretata come un tradimento degli elettori e si tradurrebbe in una catastrofe politica. Il secondo compito è quello di affrontare il rinnovamento interno al partito, che non sia la solita mano di bianco sulla nomenklatura. Nei confronti dei casi inquietanti segnalati qua e là, la base si aspetta da Bersani che agisca con rapidità e chiarezza. Per fare l'esempio più recente, che convinca Marrazzo, dopo l'opportuno gesto dell'autosospensione, a tagliare la testa al toro e rassegnare subito le dimissioni da governatore. Occorre certo un po' di coraggio, quello che è sempre mancato ai leader, davvero non al popolo di centrosinistra. Ma il coraggio, se uno non l'ha, milioni di voti glielo potrebbero pur dare. A Prodi e a Veltroni non erano bastati. Bersani ne ha presi molti meno, ma alla fine di primarie vere e combattute fino all'ultimo. Ora ha l'occasione di dimostrare nei fatti quanto aveva ragione a criticare i predecessori.

Primarie Pd

Franceschini torna a casa. Il Pd sceglie la bocciofila di Bersani

Franceschini silurato. Via all'era Bersani. Il Pd ha il suo nuovo leader, quello della bocciofila. Nuovo per modo di dire, trattandosi di Bersani. Già ministro e parlamentare europeo, Bersani è in politica da una vita, uomo di partito più di chiunque altro. «Farò il leader, ma lo farò a modo mio», ha detto appena saputo che la base del Pd aveva scelto lui e rispedito al mittente Franceschini. Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani ha aspettato le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta e Rosy Bindi. E quando, poco più di un'ora dopo la chiusura dei seggi, i dati lo davano sopra il 50%, è scattato il brindisi. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro e pochi errori, ora ricordiamoci che da oggi portiamo in giro la mia faccia», è stato l'invito alla buona politica rivolta ai più stretti collaboratori. Franceschini ha abbozzato e gli ha reso l'onore delle armi. Una telefonata cordiale, seguita da un incontro di 15 minuti nella sede del partito prima di presentarsi alle telecamere. «È una vittoria di tutti e nella vittoria di tutti c'è la mia vittoria», sono le prime marzulliane parole rivolte a chi, fino alla fine, ha espresso la sua estraneità e dubbi nel caso in cui il partito virasse a sinistra. Poi però Bersani ha indicato subito la rotta in una direzione diversa dal passato: «Farò il leader del Pd, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti», ha annunciato richiamando il modello del partito bocciofila, radicato e popolare. Così come è subito archiviata la vocazione maggioritaria: «Il Pd deve essere il partito dell'alternativa più che dell'opposizione» è l'annuncio che prelude alla priorità di avviare da subito il confronto con le opposizioni. Domani, come primo atto, l'ex ministro incontrerà i lavoratori di Prato. Poi si metterà al lavoro sulla squadra: l'esecutivo, la direzione, i capigruppo (Finocchiaro e Soro dovrebbero rimettere presto il mandato come segno di rispetto al neosegretario). «Con Franceschini e Marino lavoreremo insieme», è l'annuncio subito dopo la vittoria. Ma la collaborazione tra tutti, nelle intenzioni di Bersani, non deve tradursi in una trattativa estenuante tra capibastone e correnti. Per questo motivo l'ex diessino puntava alla vittoria sopra il 50% anche per togliersi quella patina, appiccicatagli dai rivali, di essere il candidato degli apparati e non del popolo delle primarie.

domenica 25 ottobre 2009

Nove!


"Gallina vecchia fa buon brodo"... NONO titolo mondiale per il dottor Rossi.

sabato 24 ottobre 2009

Inghilterra

Inghilterra, non toglie burqa. Studentessa fuori dal college

Una studentessa musulmana inglese di 18 anni è stata cacciata dal college perchè si è rifiutata di togliere il burqa. Lo scrive oggi il Daily Mail online. La ragazza, Shawana Bilqes, che frequentava il college a Burnley, città nella contea di Lancashire, ha affermato di aver ricevuto una lettera «che diceva che avrei potuto continuare il mio corso solo se avessi smesso di portare il velo». «Il velo è una mia scelta - si è giustificata la ragazza - ho cercato di trovare un compromesso con la scuola, ma loro non hanno sentito ragioni». Il preside del college ha motivato la decisione definendo il burqa una barriera «per la sicurezza e la comunicazione». «Vogliamo mantenere standard elevati di insegnamento e apprendimento - ha spiegato il dirigente - Per fare questo è necessaria una libera comunicazione fra insegnanti e allievi, che non è possibile se la faccia di tutti gli studenti non è totalmente visibile». La questione del burqa nelle scuole, molto discussa in diversi Paesi, è stata risolta in Francia nel 2004 con una legge che lo vieta. Anche l'Egitto, nell'ultimo mese, ha annunciato la decisione di bandire il velo integrale dalle scuole pubbliche, dopo che il grande Iman dell'università al Azhar aveva vietato l'uso del niqab nelle scuole legate al centro teologico.

Halloween time!


Halloween su Guild Wars comincia una settimana prima!

Razzismo franceschiniano

Franceschini sconfina nel razzismo e neanche se ne accorge di Carlo Panella

Sconcertano le parole usate da Dario Franceschini per motivare la sua scelta di nominare Leonard Touadi suo vice nella corsa alla segreteria del Pd: «l'ho scelto perchè è bravo e perchè è nero». Non ha detto come doveva «quel che conta è che sia bravo ed è un immigrato che si è perfettamente inserito e il colore della pelle non conta». No, ha proprio detto «perché è nero». Altro che «Obama ben abbronzato» di Berlusconi, qui siamo di fronte alla confessione di una scelta opportunista di una persona sulla base del colore della sua pelle, non della sua biografia. Peggio ancora suonano i tempi di questa scelta, perché Franceschini – se era una cosa seria – doveva indicarlo all'inizio della campagna congressuale, permettergli di esprimersi, di farsi conoscere. Invece no, il ''nero'' è stato tirato fuori dal cilindro all'ultimo momento, buono solo per un paio di photo opportunity opportuniste. Al peggio non c'è mai fine. Bersani ringrazia.

Souad Sbai

Il cavallo di Troia del multiculturalismo. L'estremismo islamico minaccia anche l'Italia ma esiste il modo di fermarlo Intervista a Souad Sbai di Andrea B. Nardi

La sharia in Europa e in Italia, le corti islamiche in luogo dei tribunali ordinari, le minacce degli estremisti islamici, la paura delle donne musulmane segregate, la tragica responsabilità della Sinistra nostrana e internazionale: su questo e molto altro abbiamo sentito l’opinione di Souad Sbai, deputata del Parlamento italiano per il Popolo della Libertà (PdL) e Presidente di ACMID-Donna Onlus, Associazione delle Comunità Marocchina delle Donne in Italia.
Onorevole Sbai, può dire ai nostri lettori quali sono il suo impegno e i suoi maggiori interessi in questa legislatura? Sono impegnata da sempre sui temi della lotta alla violenza contro le donne, di qualunque provenienza esse siano, attività che da anni porto avanti come. E ovviamente sono impegnata sul versante dell’immigrazione al fine di poter disegnare per l’Italia un modello di multiculturalismo lontano da derive nichiliste che tanti danni hanno compiuto nel resto d’Europa: un modello che sappia coniugare con efficacia la sicurezza di tutti i cittadini, da un lato, l’integrazione e l’accoglienza dall’altro.
Onorevole Sbai, è stata mai minacciata da gruppi islamici per le sue attività? Si, sono stata minacciata da alcuni estremisti che hanno addirittura lanciato un fatwa contro di me. Sulla questione il Tribunale di Bologna mi ha dato ragione riconoscendo non solo la sussistenza dei fatti, ma inquadrando le minacce come penalmente rilevanti. Sentenza, quest’ultima, storica sotto il profilo giuridico perché crea un importante precedente che costituisce il primo gradino per non lasciare margine ai cosiddetti reati culturali: reati, purtroppo tollerati in Paesi spesso ritenuti civilissimi come la Germania.
C’è molta confusione nella gente: spieghiamo qual è la differenza fra essere musulmano ed essere integralista. Sono assolutamente convinta che ognuno debba avere la libertà di professare il proprio credo religioso. Ma confondere l’Islam con certe frange estremiste che vogliono imporre un modello teocratico sprezzante della sacralità della vita, dell’importanza del ruolo della donna nella società, dei diritti umani e del diritto di ogni uomo a tutelare la propria dignità, è un grosso errore. Un conto è la professione di fede, un altro è l’utilizzo di quello stesso credo religioso per fini grettamente politici.
Il radicalismo religioso è tanto forte quanto minoritario nelle società islamiche. Come si può combattere? Si tratta sicuramente di un fenomeno ben circoscritto, che è andato sempre più sviluppandosi negli ultimi trent’anni del secolo scorso. Il maggiore responsabile del cosiddetto risveglio dell’integralismo religioso è il movimento dei Fratelli Musulmani, nato in Egitto nei primi anni Venti. La battaglia che dobbiamo oggi portare avanti è il sostegno ai musulmani moderati e l’emarginazione delle frange estremiste che creano scompiglio anche in seno alle comunità islamiche e che vogliono piegare la religione musulmana a una bieca strumentalizzazione politica e ideologica che non ha nulla a che fare con la professione di fede.
Il jihad, al di là dei luoghi comuni. La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino al combattimento difensivo. Nel suo significato primario esso significa "sforzo" e rappresenta l'impegno personale e non violento che un musulmano deve affrontare nella propria vita religiosa. Oggi il jihad, che avrebbe anche importanti ripercussioni sociali perché volto a combattere la corruzione, la povertà, e le altre piaghe della società, (droga, prostituzione, ecc.), è piegato ideologicamente all'abuso della violenza e alla predicazione d'odio, ed è conosciuto solo come pratica terroristica contro i cosiddetti "infedeli". Esso viene allora utilizzato politicamente e asservito a un'ideologia estremista.
In che modo il jihad rappresenta una minaccia per l’Europa? Si tratta di una battaglia organizzata e violenta che usa strumenti contemporanei per seminare odio, convertire gli infedeli. In questo l'uso delle telecomunicazioni, di internet e della tv satellitare facilita molto gli estremisti presenti in Europa.
Si può sostenere che all’interpretazione corrente integralista della sharia è sottesa una visione oscurantista maschilista della società? Assolutamente sì. Chi vuole estromettere sotto la minaccia dei kalashnikov la ricchezza di una società pluralistica, aperta al dialogo e al dibattito sano, ha evidentemente paura. Si tratta degli stessi gruppi che cercano di negare la donna, che la relegano dietro un velo, che la umiliano e la maltrattano o addirittura la uccidano. Ci sono nel mondo arabo esempi di grandi passi verso la modernizzazione: potrei qui citare la Moudawana, il codice di diritto familiare marocchino, recentemente riformato a vantaggio delle donne, o le riforme attuate in Tunisia o ancora quelle che cercano di trovare faticosamente terreno in Egitto.
Se è così, perché le donne musulmane, anche occidentali, l’accettano? Perché hanno paura, perché sono abbandonate a se stesse, perché non conoscono i loro diritti, perché subiscono la pressione di tradizioni culturali cui temono di ribellarsi. Credo che l'eccidio attuato in Algeria a metà degli anni Novanta e sotto i cui colpi sono cadute più di 300.000 donne sia servito da monito. Vi è per fortuna tutta una parte rappresentata dall'associazionismo femminile nel mondo arabo che lotta ogni giorno per affermare la parità tra uomo e donna, la sacralità della vita, l'universalità dei diritti umani. Proprio all'indomani delle scorse elezioni amministrative in Marocco, trecento donne hanno potuto ricoprire cariche pubbliche: come non ricordare che il sindaco di Marrakech è una donna? Mi colpisce tuttavia il fatto che mentre nei Paesi arabi le donne lottano per affermare i propri diritti ed autodeterminarsi, in Occidente il femminismo di Sinistra giustifica abominevolmente certe barbare prassi culturali, nascondendosi dietro un multiculturalismo nichilista che fa solo danni. È davvero un paradosso che proprio chi è sceso in piazza per difendere la propria libertà sia così lontano oggi dal pensiero liberale.
Perché molti tra i giovani musulmani europei accettano l’integralismo religioso, particolarmente in Gran Bretagna, Francia e Germania? I giovani musulmani europei, spesso di seconda o terza generazione, sono indottrinati e fomentati all'odio da estremisti che spesso non sanno nulla dell'Islam e di cui pretendono, furbamente, di predicarne i precetti. Irretiti da loschi personaggi, si lasciano plasmare e manipolare in nome di una semantica dell'odio che li sfrutta per farne dei martiri. Sono i governi che devono prendere seri provvedimenti per fare in modo che al loro interno non possa proliferare il germe del terrorismo. In Inghilterra esistono a oggi 85 tribunali sharitici che si stanno sostituendo alla legittime autorità giudiziarie britanniche, sempre in nome di quello strano multiculturalismo che non ha nulla di democratico né di pluralista. In Europa e in Occidente gli estremisti trovano terreno fertile nella democrazia, nel malessere sociale diffuso e in un'integrazione spesso mancata, come ci ha tristemente insegnato la recente cronaca giunta dalle banlieu parigine. La politica è stata troppo molle, troppo buonista, lassista e giustificazionista. Le moschee e gli imam fai da te sono cresciuti esponenzialmente; dagli anni Novanta in poi finanziamenti di dubbia provenienza e che concernono milioni e milioni di dollari sono circolati senza alcun controllo. I nuovi convertiti hanno fatto il resto spesso fomentati da versioni del Corano poco ortodosse o da traduzioni poco fedeli e del tutto personali.
Qual è la situazione nel nostro paese? In Italia la situazione è drammatica: se non agiamo subito perderemo la seconda generazione di immigrati consegnandola nelle mani di gente senza scrupoli. Per questo è necessario istituire al più presto un albo degli imam e attuare un censimento delle moschee. Guardiamo a quanto fatto dalla Francia che ha messo a capo di tutti i centri di culto islamici la moschea di Parigi. In Italia noi abbiamo la grande moschea moderata di Roma che dovrebbe assumere lo stesso ruolo per controllare e filtrare quanto avviene nelle altre moschee presenti sul territorio italiano. Bisogna poi costruire un percorso reale di integrazione, un percorso saldo e ben strutturato che preveda lo studio della lingua italiana e della Costituzione, l'educazione civica, il giuramento di fedeltà alle leggi e alle istituzioni dello stato. E dall'altro vietare, come è stato fatto, pratiche barbare come le mutilazioni genitali femminili o l'imposizione del velo e del burqa, contro cui in Parlamento è già in discussione la mia proposta di legge, presentata lo scorso 6 maggio, in tempi non ancora sospetti.
La questione delle moschee in Italia e in Europa. Chi le appoggia vi vede la salvaguardia di un diritto sociale o addirittura religioso; chi le avversa vi vede la propaganda sistematica contro i valori occidentali di democrazia e libertà fomentata al loro interno (innumerevoli le documentazioni investigative in tal senso), oltre al rischio che diventino fori giurisprudenziali per i musulmani, in sostituzione dei tribunali ordinari (come sta sempre più succedendo in Inghilterra). Qual è la sua opinione? L'articolo 19 della Costituzione garantisce la libertà di culto nel nostro Paese. Personalmente non sono contro le moschee in Italia, non voglio assolutamente impedire che ognuno abbia la possibilità di professare la propria fede, Ma non permetterò che quel sottobosco di moschee abusive e fai da te possa crescere e svilupparsi. Il credo religioso è una cosa, l'ideologia un'altra. Per quanto riguarda la sciagurata ipotesi dell'istituzione di una corte islamica in Italia, non permetterò che questo accada. La costituzione stabilisce che il nostro Paese ha un proprio ordinamento giudiziario in base al quale essere giudicati. Solo ed esclusivamente da esso.
Nel mondo e in Italia si è sviluppata anche il legal-jihad, l’abitudine da parte dei movimenti islamisti di querelare i giornalisti che si occupano di islam integralista. Quali garanzie esistono contro tali prevaricazioni? Innanzitutto non bisogna farsi intimorire. Decine di personalità del mondo intellettuale, politico, giornalistico hanno ricevuto querele per aver espresso la propria opinione. Si tratta di un atteggiamento intimidatorio a cui non deve essere lasciato spazio. Queste querele non hanno i presupposti per esistere. Specie quando a querelare sono soggetti che si sono rifiutati di firmare la Carta dei valori stilata grazie al lavoro dell'ex Ministro Giuliano Amato. Bisogna dunque restare uniti e compatti e mostrare di non aver paura.
Che ne pensa dell’emblematica situazione di alcune piscine italiane – comunali e no – in cui si vorrebbe consentire l’accesso separato per le donne, o l’accesso in costume islamico (velo integrale)? Non voglio commentare. Invito solo certa gente ad andare a fare un giro sulle spiagge di Casablanca dove regna la libertà.
Le donne di alcuni paesi islamici stanno lottando per togliersi il burka et similia: noi ritroveremo i burka a passeggio per le strade delle nostre città europee? Assolutamente no! È in discussione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati la mia proposta di legge che vieta l'uso del burqa e del niqab in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Farò di tutto perché questa legge possa essere approvata: si tratta di una legge tesa a garantire la pubblica sicurezza e la parità di diritti tra uomo e donna, costituzionalmente sancita. Il burqa e il niqab non hanno nulla a che vedere con la religione islamica, ma sono una costumanza medievale introdotta da frange estremiste che temono le donne e cercano in ogni modo di segregarle e annullarle. In Italia non troveranno terreno fertile.

Libertà di espressione

Vietato criticare i turchi di Berlino: condanna per Thilo Sarrazin di Paul Belien

Nell’Europa di oggi, condurre la propria vita circondati da guardie del corpo è diventato normale per persone come Greet Wilders, il politico olandese che critica l’islamizzazione della sua terra d’origine, e Kurt Westergaard, il vignettista autore della famosa vignetta sul Profeta Maometto. Ora anche il tedesco Thilo Sarrazin, funzionario della Bundesbank, è entrato a far parte del gruppo. (Hudsonny)

Thilo Sarrazin, uno dei membri del consiglio direttivo della Bundesbank che in una recente intervista ha criticato gli immigrati turchi e arabi, è stato punito dal suo datore di lavoro ed ora rischia di perdere il posto. Oltre a ricevere minacce dagli estremisti islamici, potrebbe anche essere condotto davanti ad un tribunale dalle autorità della Germania con l’accusa di “incitamento all'odio razziale”. Per molti tedeschi, tuttavia, Sarrazin, che fino allo scorso maggio è stato Ministro delle Finanze nel governo regionale di Berlino per il Partito Social-Democratico (SPD), è un eroe. La scorsa settimana, Axel Weber, presidente della Bundesbank, che rappresenta in Germania l’equivalente della FED, ha avuto bisogno di guardie del corpo in una sua visita ufficiale a Istanbul. Generalmente, il capo della banca centrale della Germania non viaggia mai con guardie del corpo al seguito, ma da due settimane la vita alla Bundesbank non è più la stessa. Lettre International, una rivista culturale tedesca con base a Berlino, ha pubblicato un’intervista a Thilo Sarrazin in cui il banchiere criticava la mancanza di volontà da parte di turchi e arabi di inserirsi nella società tedesca. L’intervista ha suscitato l’ira di moltissimi immigrati e alcuni gruppi hanno accusato Sarrazin di sostenere “le posizioni razziste dell’estrema destra”. Il suo superiore Weber non vuole diventare l’obiettivo della rabbia dei musulmani. E così ha avanzato delle scuse nei confronti di tutti coloro che si siano sentiti offesi dai “commenti discriminatori” del funzionario della Bundesbank. In effetti, la Bundesbank ha emesso una dichiarazione ufficiale per prendere il più possibile le distanze da quella intervista. Ha inoltre provveduto a far retrocedere di grado Sarrazin, che ora rischia addirittura il licenziamento. Nell’intervista di Lettre International, Sarrazin ha parlato della situazione economica e culturale della sua città, sostenendo che Berlino non è stata in grado di recuperare lo status e il prestigio che aveva prima della Seconda Guerra Mondiale. Persino la cifra dell’attuale popolazione tedesca si ferma a 3.2 milioni di unità, mentre prima della guerra si attestava a ben 4 milioni. Sarrazin ha sostenuto che le dinamiche interne di Berlino si sono interrotte quando la città ha perso i suoi ebrei: l’elite ebraica è stata estromessa e sostituita dalla "sottoclasse" di turchi e arabi. “L’enorme perdita di ebrei non potrà mai essere compensata”, secondo Sarrazin. “Il 30% di fisici e avvocati e l’80% di tutti i registi teatrali a Berlino nel 1933 erano di origine ebraica. Anche le attività bancarie e commerciali erano in larga misura nelle mani degli ebrei. Tutto questo è finito: si è trattato anche di una considerevole perdita dal punto di vista intellettuale. Lo sterminio e l’espulsione degli ebrei nei paesi di lingua tedesca ha colpito per il 60-70% Berlino e Vienna”. Sarrazin ha sostenuto che durante la Guerra Fredda tante persone dinamiche e ambiziose hanno lasciato Berlino-Ovest quando i sussidi erano molto alti, mentre attivisti di sinistra ed emarginati hanno preso il loro posto. Nel frattempo in città si è introdotta una sottoclasse di turchi e arabi, che per la maggior parte vive con i sussidi del governo, senza fornire alcun contributo economico. “A Berlino, più che in ogni altra città, esiste il problema di una sottoclasse che non prende parte al normale ciclo economico. Qui molti turchi e arabi, il cui numero è cresciuto sempre più a causa di scelte politiche sbagliate, non hanno alcuna funzione produttiva se non quella di vendere frutta e verdura”, ha aggiunto Sarrazin. La condizione della sua città lo rende molto amareggiato. E così inveisce contro quelle che ha definito politiche che si sono rivelate “troppo plebee” invece che elitiste. “Chiunque possa apportare un contributo e battersi per qualcosa insieme a noi, è il benvenuto. Gli altri possono anche andarsene altrove”, ha dichiarato a Lettre International. I turchi, tuttavia, “stanno conquistando la Germania nello stesso modo in cui i kosovari hanno conquistato il Kosovo: attraverso il loro alto tasso di natalità. […] Io non intendo riconoscere nessuno che vive al di fuori dello stato, rifiuta questo paese, non cura in modo adeguato l’educazione dei propri figli e continua a tenere le giovani ragazze avvolte in un velo”. Dal momento in cui l’intervista è stata pubblicata, Sarrazin ha ricevuto diverse minacce da parte degli islamisti. L’SPD ha avviato una procedura per estrometterlo dalle proprie fila. Inoltre è stato criticato anche dal Consiglio Centrale degli Ebrei della Germania, il cui Segretario Generale Stephan Kramer ha paragonato i commenti espressi da Sarrazin sugli immigrati turchi e arabi alle “opinioni di Goring, Goebbels ed Hitler”. Il Procuratore di Berlino sta attualmente valutando la possibilità che Sarrazin venga accusato per il reato di “incitamento razziale”. Tuttavia, un sondaggio di opinione ha rilevato che il 51% dei tedeschi condivide le affermazioni di Sarrazin. I giornali a tendenza conservatrice, come il Die Welt, il Frankfurter Allgemeine Zeitung, e il Bild, ad alta tiratura, sono intervenuti in sua difesa, sostenendo che Sarrazin ha semplicemente esposto delle verità scomode. Personalità di rilievo della Germania, come l’ex Cancelliere Helmut Schmidt e gli scrittori Henryk Broder e Ralph Giordano, hanno anche espresso il proprio sostegno a favore del funzionario della Bundesbank. Helmut Schmidt, nonagenario ex leader SPD, ha dichiarato che la presenza di sette milioni di immigrati in Germania costituisce la prova “di un processo di sviluppo sbagliato, le cui responsabilità vanno attribuite alla classe politica (degli ultimi 15 anni)”. Sarebbe stato meglio, secondo quanto dichiarato da Schmidt al settimanale Focus, che a tutti coloro che si rifiutano di integrarsi nella società tedesca “non fosse stato permesso di entrare a farne parte”. E ha poi aggiunto che “l’ulteriore afflusso di gente dall’Anatolia Orientale e dall’Africa Nera non risolverà la questione [dell'anzianità della popolazione tedesca], ma creerà solamente un nuovo enorme problema”. Secondo quanto affermato da Ralph Giordano, l’analisi di Sarrazin "ha colto nel segno". Henryk Broder a sua volta ha sostenuto che “non si è persino spinto abbastanza lontano”. Dal momento che entrambi gli scrittori sono ebrei, il loro sostegno a Sarrazin li ha resi bersagli di numerose critiche da parte del Consiglio Centrale degli Ebrei della Germania, tanto che il segretario Kramer, in tono derisorio, li ha definiti entrambi “intellettuali ebrei”. Il 14 ottobre, Jasper von Altenbockum, un editorialista dell’autorevole Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha scritto sul suo giornale che le osservazioni di Sarrazin, sincere e dirette, costituiscono la prova del suo grande “coraggio civile”. “Il coraggio civile è qualcosa di più del semplice coraggio. Rappresenta, infatti, anche un servizio allo stato, le cui norme legali e conquiste sociali meritano di essere difese”. Atlenbockum ha criticato coloro che accusano Sarrazin di agire in modo irresponsabile e insensato. “In una società civile non si può considerare insensato il fatto di rischiare la propria vita per difendere la società civile stessa, le sue libertà e la sua sicurezza. Quello che invece non ha realmente alcun senso è che la società civile punisca coloro che agiscono in tal modo”. Nell’Europa di oggi, condurre la propria vita circondati da guardie del corpo è diventato normale per un gruppo di persone come Greet Wilders, un politico olandese che critica l’islamizzazione della sua terra d’origine, e come Kurt Westergaard, un vignettista autore di un disegno che rappresentava il Profeta Musulmano Maometto con una bomba nel suo turbante. Ora anche Thilo Sarrazin è entrato a far parte di quel gruppo.

© Hudsonny - Traduzione Benedetta Mangano

Questione morale

Ipocrisia e silenzio: il Pd si nasconde di Antonio Signorini

Roma - Vicenda inquietante. Non si guarda dal buco della serratura. E poi tutta questa storia puzza. Sospetti i tempi, «inquietanti» i metodi da «spionaggio». Che la politica italiana non sia il regno della coerenza lo sanno anche i sassi. Ma due svolte nel giro di poche settimane sono un’impresa difficile anche per gli eredi dell’ex Pci. Il Partito democratico c’è riuscito. Prima la conversione neobacchettona in occasione del caso D’Addario e dei dettagliatissimi resoconti della stampa sulle vicende del premier. Ieri un ritorno di fiamma iper garantista, a beneficio del presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. Evidente la volontà di non disturbare le primarie. I tre candidati alla guida del Partito democratico hanno espresso contemporaneamente solidarietà a Marrazzo. Primo Dario Franceschini, che invoca la forca per chi ha teso la trappola: «È un vicenda che parla da sé. Ci sono già stati provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i ricatti vanno condannati e puniti». Nessun accenno al merito, come quando sulle escort a Palazzo Grazioli Franceschini sostenne che si trattava di cose «talmente evidenti che gli italiani si fanno un’idea senza che lo dica il segretario del Pd». Chi ha «un ruolo pubblico deve trasmettere dei messaggi, ed in questo caso sono stati negativi», sosteneva il leader Pd. Generica solidarietà da Pierluigi Bersani a Marrazzo, «vittima di una vera e propria aggressione e di un incredibile ricatto. Continui serenamente a svolgere, come ha fatto finora». Il premier non potè contare sulla solidarietà del futuro segretario del Pd. A Berlusconi toccò una rampogna democratica su «serietà e sobrietà», accanto alla constatazione che le vicende del premier «hanno dato un colpo non banale alla nostra credibilità internazionale». Anche Ignazio Marino, il più vicino tra i candidati alla sinistra giustizialista, ieri ha parlato di «attività di spionaggio e di ricatto portate avanti da alcune mele marce tra le forze dell’ordine». E la memoria va a quando, poco tempo fa, aveva invocato la questione morale criticando i vertici laziali del Pd perché in una sezione della periferia romana si era iscritto quello che poi si rivelò essere uno stupratore. La vicenda di Marrazzo è diventata uno spartiacque, con spettacolari cambi di ruolo. Colpisce la gelida difesa di Massimo D’Alema e quella, invece, calorosa, di Antonio Di Pietro. L’ex premier si è limitato a dire: «Non saprei come commentare, al di là ovviamente della solidarietà personale per chi si trova al centro di un tentativo di ricatto, di estorsione. Per il resto c’è un’indagine della magistratura. L’auspicio è che si faccia chiarezza su tutti gli aspetti di questa vicenda». Affettuoso e garantista il leader di Italia dei valori che ha espresso solidarietà al presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo «per la grave intimidazione subita. Apprezziamo che il presidente della Giunta regionale del Lazio non abbia ceduto al ricatto e si sia rivolto alla magistratura che ha scoperto criminali con l’aggravante di vestire la divisa». Ragionamento che non fa una piega, seguito da un cavallo di battaglia di chi in questi anni si è trovato dall’altra parte rispetto all’ex pm: «Il problema di fondo che sta sporcando la politica italiana di questi ultimi anni è il sistema di dossieraggio, di veline e di criminalizzazione per liberarsi degli avversari politici che vengono indeboliti sul piano personale». Sono lontani i tempi in cui Di Pietro sosteneva che «le vicende private di persone pubbliche e delle istituzioni hanno un impatto etico e morale sui cittadini. Le vicende personali di Silvio Berlusconi, che lo coinvolgono un giorno sì e l’altro pure, in scandali e gossip, nascondono un comun denominatore: la ricattabilità di una figura chiave delle istituzioni». Se la vicenda Marrazzo sia l’inizio di una nuova fase nella politica e nell’informazione difficile dirlo. Colpisce comunque che ieri il quotidiano Repubblica, dopo mesi di resoconti su Berlusconi, ha parlato del ricatto ai danni di Marrazzo, legandolo a «momenti della sua vita privata». Nel centrodestra, si può registrare qualche attestato di solidarietà. Come quello del ministro per l’attuazione del Programma Gianfranco Rotondi e quello di altri esponenti del Pdl. Ma anche reazioni dure, come quella del presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, che ha chiesto al governatore di fare chiarezza. E c’è anche chi, come Amedeo Laboccetta, deputato Pdl, si prepara a stilare dieci domande a Marrazzo. Come quelle che Repubblica ha fatto al presidente del Consiglio.

venerdì 23 ottobre 2009

Due pesi e...?

Quanto garbo sui giornali nel parlare delle avventure di Marrazzo

Piero Marrazzo sarebbe stato ricattato per mesi con un video hard che lo ritrarrebbe assieme ad un transessuale. Avrebbe pagato ai suoi ricattatori 80.000 euro in quattro trance. Il filmato che ritrae il presidente della Regione in atteggiamenti intimi sarebbe stato girato in una casa privata, con un telefonino. E dalle riprese si intravedrebbero sparsa qua e là tracce di una sospettissima polvere bianca. Accuse pesantissime, che senza dubbio gettano un’ombra inquietante sul governatore del Lazio. Marrazzo oggi smentisce categoricamente chiedendo non la verità ma il “il rispetto”. Negli uffici della procura nessuno parla. E siamo certi che, tranne colpi di scena di tipo strettamente politico, questa storia si scolorerà in un paio di settimane per lasciar spazio a questioni ben più importanti, come le prossime Regionali. A noi – ci preme sottolinearlo – di quello che fa Marrazzo nella vita privata, poco ci importa. Naturalmente purché quella polvere bianca non sia stata davvero cocaina e lui non abbia ceduto al ricatto senza denunciare alle autorità competenti un reato, ci interessa molto di più se il governatore del Pd ha risolto i problemi della sanità del Lazio, come ha gestito la viabilità della Regione o in che modo ha impiegato le risorse dell’istituzione di cui sta a capo. Però pensando al ricatto di Marrazzo e alle sue performance sessuali ci fa riflettere altro: ed è il doppiopesismo con cui certi giornali e certi giornalisti hanno trattato questo caso e altri casi che hanno tenuto banco per un’intera estate sui maggiori quotidiani nazionali e non. Oggi leggendo i giornali a proposito della vicenda ci colpisce molto il modo in cui Repubblica o il Corriere raccontano l’accaduto: si parla in punta di penna e senza mai usare una parola di troppo di un filmato che “ritrae Marrazzo insieme ad un’altra persona in atteggiamenti privati”, che “il video è stato girato nel corso di un’irruzione effettuata nell’abitazione di questa persona che Marrazzo avrebbe già incontrato in precedenza e con la quale si stava intrattenendo”, e ancora che “le richieste di denaro cominciano dopo poco, con la minaccia esplicita di diffondere le immagini compromettenti” e che il presidente sarebbe stato sorpreso in "situazioni intime". Insomma dai giornali l'immagine che esce e quella di Marrazzo che al massino bacia teneramente un' amica. Altro che i racconti della notte di passione tra la D’Addario e Berlusconi. Là nessuno si trattene dal raccontare – dando attendibilità alle parole di una escort – ogni minimo dettaglio: di quell’accappatoio bianco che lui usa quando è in compagnia della “prescelta”, che quella notte di passione con Patrizia, durante una delle cinque docce fredde che si fece, lui le chiese di raggiungerlo sotto la doccia, che lui era instancabile e consumò il suo amplesso per tutta la notte. Per Marrazzo no. Nessun particolare scabroso, nessuna ipotesi di accusa o di reato, nessun appello alla rispettabilità per chi svolge un incarico pubblico. Nessuna domanda inquisitoria, figuriamo dieci! Eppure non si tratta forse e in egual misura di atteggiamenti che attendono al privato di un personaggio pubblico? E che fine ha fatto nel caso per governatore laziale il principio della ricattabilità che avrebbe dovuto obbligare il presidente del Consiglio a lasciare Palazzo Chigi? Di certo ci stupirebbe se dopo le papi-girls nei bagni di Palazzo Grazioli la Dandini si preparasse a confezionare un’altra sit-com sugli stravaganti incontri del Presidente della Regione coi suoi compagni di avventure.

La Ue vuole dormire...

Inviata al premier svedese Reinfeldt e al presidente della Commissione europea Barroso. Berlusconi-Sarkozy: lettera all'Ue su immigrazione. «Azioni concrete». In vista del Consiglio europeo del 29-30 ottobre: «Basta parole. Ora condivisione delle responsabilità»

ROMA - «La solidarietà europea non può restare a livello di parole, ma deve tradursi in autentica condivisione delle responsabilità». L'invito, rivolto all'Ue e ai partner europei, è contenuto in una lettera congiunta sull'immigrazione che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno inviato al premier della Svezia Fredrik Reinfeldt, presidente di turno dell'Unione europea, e al presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, in vista del Consiglio Europeo del 29-30 ottobre.

MISURE CONCRETE - Berlusconi e Sarkozy sottolineano che l'immigrazione irregolare, specialmente nel Mediterraneo, rappresenta «una sfida importante» per l'Europa e che il Mediterraneo «costituisce un banco di prova per la credibilità dell'azione europea». I due leader chiedono:- misure precise per il rafforzamento di Frontex (l'agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne)- la conclusione di un accordo con la Libia che aiuti Tripoli a controllare meglio i propri confini e a gestire in maniera più efficace gli immigrati- un'azione europea nei confronti dei Paesi di origine, transito e destinazione dei migranti per contrastare e prevenire l'immigrazione clandestina. Berlusconi e Sarkozy ribadiscono che la solidarietà europea «non può restare a livello di parole», ma deve «tradursi in autentica condivisione delle responsabilità» e si aspettano che «a partire dal prossimo Consiglio europeo vengano prese decisioni concrete».

Sting