domenica 13 ottobre 2013

Operazione di recupero (costosa)

Il premier invia una task force: "Più navi e aerei, sarà costoso". Così il premier vuole affrontare la tragedia di Lampedusa: "Abolirei la Bossi-Fini". E nei processi contro gli scafisti i giudici non riescono nemmeno a condannarli di Bebi Castellaneta

«Lunedì daremo il via a una missione umanitaria italiana navale e aerea che dovrà rendere il mediterraneo il mare più sicuro possibile». Così il premier Enrico Letta annuncia la nuova mossa italiana nello scacchiere internazionale per tentare di arginare le tragedie dei barconi, lasciati alla deriva verso le coste siciliane e inghiottite durante il viaggio. Il presidente del Consiglio avverte che l'iniziativa «costerà, perché saranno messe in campo tre volte le navi attualmente utilizzate e gli aerei», ma sottolinea che «è indispensabile per affrontare l'emergenza». Il tema sarà al centro del Consiglio europeo che si riunirà il 24 e 25 ottobre. «Noi non scarichiamo la colpa sull'Europa – precisa Letta – ma facciamo in modo che se ne occupi». Il capo del governo spiega che «nei giorni successivi al naufragio di Lampedusa si è iniziato a ipotizzare un'iniziativa, la costituzione di una missione militare umanitaria italiana: non è possibile che il mediterraneo sia diventato una tomba». Il premier guarda alla diplomazia internazionale, dichiara che «c'è bisogno di Frontex e di discutere il regolamento di Dublino». Ma, anche se le sue attenzioni sono rivolte a Bruxelles, Letta non rinuncia a un cenno su quanto accade a Palazzo Chigi. E dichiara: «Da cittadino e da politico abolirei la Bossi-Fini e ho sempre ritenuto sbagliato il reato di clandestinità. Siamo una grande coalizione, ce ne sono parecchi di punti di contraddizione, il tema dell'immigrazione - – aggiunge non risparmiando una stoccata alla Lega - è fondamentale e non per fare le campagne elettorali come hanno fatto partiti che sulla base della paura del diverso hanno preso tanti voti».

Intanto, il capo dello Stato auspica che il governo invii rappresentanti a Lampedusa per aiutare le autorità a gestire l'emergenza sbarchi, dopo le tragedie degli ultimi giorni. E poi, «ugualmente urgente - recita la nota del Colle - il problema del trasferimento in altri centri siciliani dei sopravvissuti a cui l'isola non più ulteriormente garantire una civile assistenza».

Gli investigatori tentano di spezzare le leve degli ingranaggi criminali che alimentano l'esodo a pagamento facendo però i conti con un muro di gomma. Accade a Bari, dove 5 egiziani tra i 28 e i 38 anni, arrestati perché riconosciuti come scafisti da un gruppo di immigrati sbarcati in Puglia il 16 luglio del 2012, sono stati assolti «per non aver commesso il fatto». Erano a bordo di un peschereccio con 127 nordafricani partito da Alessandria d'Egitto: contro di loro puntarono l'indice diversi clandestini; ma sono stati scagionati al termine di un processo durato un anno. Il motivo: i testimoni hanno ritrattato, assicurando di essersi inventati tutto nella speranza di ottenere il permesso di soggiorno. Stessa sorte per il processo che riguarda uno sbarco di clandestini avvenuto il 19 novembre del 2011 in provincia di Bari. Erano imputati 8 egiziani, ma anche loro sono stati assolti. Le testimonianze di altri immigrati alla polizia giudiziaria furono «certamente condizionate – è scritto nella motivazione della sentenza – dalla prospettazione fatta loro di poter facilmente ottenere il permesso di soggiorno». Le indagini sull'esodo vanno avanti. La Direzione distrettuale antimafia ha aperto un'inchiesta su un clan internazionale con base in Egitto e ramificazioni italiane, una cupola criminale che gestirebbe il flusso dei barconi. I collegamenti sarebbero assicurati da fiancheggiatori infiltrati nei Centri accoglienza richiedenti asilo in Puglia e Sicilia.

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