IL PRIMARIO DELLA DIVISIONE MALATTIE INFETTIVE DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI NOVARA SULLA GESTIONE DELLA PANDEMIA
Così il primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, prof. Pietro Luigi Garavelli in una intervista su affaritaliani.it
“Il lockdown è una misura di isolamento che serve per patologie da contatto, come l’Ebola. Allo stato attuale delle cose, quando il virus è ormai endemico, un lockdown funzionerebbe se ad esempio avvenisse nello stesso lasso temporale in tutto il mondo e si vaccinassero contestualmente le persone con un vaccino risolutivo. Il virus Sars Cov 2 è un patogeno nuovo, che deve trovare la sua collocazione nell’ambiente umano, muta costantemente ma non ha ancora ridotto la sua virulenza, ci vorranno forse anni. In pratica, dobbiamo conviverci, rispettare le misure prudenziali e, oserei dire, curare a casa. Chiudere la società e la vita a tratti, non ha davvero senso. Covid è una patologia respiratoria di una certa importanza ma non si discosta da certe influenze, entrambe hanno forme asintomatiche e pauci sintomatiche nell’80% dei casi, con ospedalizzazione nel 5%, 10% dei colpiti e una mortalità dell’1%. Il problema è la contagiosità: l’influenza stagionale può colpire una popolazione vaccinata oppure che è già entrata in contatto con i ceppi virali da anni. I soggetti infettati sono circa 4 milioni ogni anno. Invece il Covid, essendo un patogeno nuovo, ha possibilità di “sfondare” e colpire milioni e milioni di persone. Capite che è diverso ospedalizzare il 5% di 4 milioni o di 40...
È dimostrato che ormai Sars Cov 2 è presente nella popolazione tutto l’anno. I portatori sani sono milioni di italiani. Per cui assistiamo a brevi ondate epidemiche a scadenza di mesi le une dalle altre, come è normale che avvenga. E come è normale, muta. Quanto alle varianti, chi cerca trova! Quante migliaia ce ne saranno in questo momento? Non lo sappiamo! Ricordiamoci che è un virus RNA, simile all’HIV, quindi- sotto pressione della nostra risposta immunitaria e dei vaccini- scappa e muta per sopravvivere. In questa situazione, a non essere normale è una cosa che si impara al primo anno di specializzazione. Ovvero, non si vaccina mai durante una epidemia. Perché il virus reagirà mutando, producendo varianti e sarà sempre più veloce di noi. Con un virus RNA o si trova un denominatore comune su cui montare il vaccino o, facendo vaccini contro le spike che mutano, non hai speranza di arrivare prima di lui. Lo rincorreremo sempre, ripeto, tende a mutare velocemente.”
Il prof. Garavelli ribadisce di non essere assolutamente contrario ai vaccini e aggiunge anche: “se servisse a debellare il virus sarei pronto anche ad accettare una percentuale di eventi avversi. Il punto è che come lo si sta facendo non ha speranza di essere risolutivo”.
Tratto da un’intervista redatta dalla giornalista Monica Camozzi su affaritaliani.it
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