giovedì 10 settembre 2020

Il pensiero unico ad Hollywood

La regressione a passi ampi


La follia del politicamente corretto di cui gli Stati Uniti sono il principale vettore è ormai, a tutti gli effetti, una nuova religione laica, con dogmi, riti e, ovviamente, scomuniche per chi non si conforma. Hollywood non può fare eccezione e dunque annuncia nuovi requisiti per omaggiare la diversità. Entreranno in vigore nel 2024. Cosi apprendiamo che "Nella categoria miglior film, saranno premiate solo le pellicole in cui almeno uno dei protagonisti appartiene a minoranze etniche. In alternativa, il 30 per cento del cast dovrà essere composto da donne, lgbtq+, disabili". Una volta i film si premiavano per le loro qualità artistiche, per la bravura degli interpreti, a prescindere se fossero o non fossero conformi a regole calate dall'alto che tanto fanno pensare al cinema di regime dell'URSS. Quel tempo sembra finito. 


Ve li vedete Stanley Kubrick o Orson Welles, Fritz Lang o Billy Wilder, che nel momento in cui progettavano un film, traendolo da un libro o da una sceneggiatura originale, si chiedevano, ma come faccio a realizzarlo se la storia non prevede un messicano un afroamericano o un portoricano? Nessun problema. Al suo posto mettiamo un disabile o un omosessuale e se non si può mettiamo almeno quattro donne. Una donna sola? No, non è abbastanza. Ok ma non devono essere necessariamente protagonisti. L'importante è che appartengano alle categorie salvaguardate. Da Hollywood si passerà poi all'editoria? Le case editrici imporranno agli scrittori che anche i loro libri rispettino questi canoni se no non verranno pubblicati? L'arte può avere solo una regola, quella di rispondere alla creatività, all'originalità, al talento, il più possibile senza restrizioni o impedimenti. Sarà poi la critica e il pubblico a valutare i risultati. Queste nuove direttive sono penose e mortificanti per la libertà di ognuno, e, se ce ne fosse ancora bisogno, denunciano la deriva generale a cui stiamo assistendo ammantata da parole alate come "diritti umani" "giustizia sociale", in realtà paraventi che nascondono solo istanze regressive e repressive.


Niram Ferretti

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