Il pm di Milano Paola Pirotta aveva chiesto la convalida dell'arresto e la misura cautelare in carcere per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale per lui. Il giudice, da quanto si è saputo, dopo l'interrogatorio di oggi ha sì convalidato l'arresto ma non ha accolto la richiesta di custodia in carcere per Diallo, difeso dal legale Nicoletta Collalto (l'uomo era stato portato a San Vittore dopo l'arresto) e ha applicato come misura cautelare l'obbligo di firma. Da quanto si saputo, infatti, il giudice non ha riconosciuto la contestazione di tentato omicidio, che avrebbe giustificato la misura in carcere, ma ha confermato solo l'imputazione di resistenza a pubblico ufficiale, mentre per quella di minacce l'uomo era già indagato a piede libero. Per il giudice, infatti, "si ha ragione di ritenere che per le tre contestazioni la pena finale dopo un eventuale processo non sarà superiore ai due anni e dunque l'uomo potrà godere della sospensione condizionale". Quindi, secondo il giudice, non si può applicare la custodia preventiva in carcere. Inoltre, il gip fa notare anche che l'uomo ha solo precedenti "dattiloscopici", ossia identificazioni, segnalazioni, denunce, e non precedenti penali con sentenza definitiva.
L'accusa di minacce, in particolare, si riferisce al fatto che l'uomo, con diversi precedenti penali, prima di essere fermato, aveva inveito mostrando il coltello agli autisti di un bus nella zona della stazione Centrale. Nessun fascicolo, invece, è stato aperto dopo il fatto con eventuali ipotesi di terrorismo, anche perché la frase "voglio morire per Allah", che l'uomo ha detto mentre veniva portato in Questura, è stata ritenuta da investigatori e inquirenti un'espressione pronunciata da un esagitato con un numerosi precedenti penali. Anche nell'interrogatorio davanti al gip è apparso molto confuso.
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