giovedì 13 febbraio 2020
Il de profundis dello stato di diritto
Il voto scontatissimo sul processo politico-mediatico-giudiziario contro l’ex ministro dell’interno, finalmente da' una ventata d’aria alle aule parlamentari. No, non è certo il vento del cambiamento, di quello non c’è più traccia. E non è neanche una boccata d’aria fresca, ma solo una flatulenza che sa di stantio, capace però di ritemprare il governo, ove da tempo aleggiava un’asfittica calma piatta. La sola brezza che spirava, infatti, tra i ministri impantanati alimentava il dibattito infinito sulla prescrizione. E qui i coraggiosi rinnovatori non sapevano se soddisfare i magistrati che sognavano di far assurgere il potere giudiziario ad invincibile potenza mondiale, capace di assoggettare i sudditi a processi infiniti, o semmai accontentare quei giudici resisi finalmente conto che, senza la prescrizione, migliaia di faldoni impolverati si sarebbero accumulati inesorabilmente nelle stanze, ammassati l’uno sull’altro fino al soffitto, compressi negli angoli e stipati nelle pareti, fino ad impedirgli qualsiasi mobilità e limitandogli finanche la respirazione.
Sul dibattito odierno, invece, non c’erano dubbi e i governanti, che fino al giorno prima si azzannavano a suon di principi costituzionali e postulati giuridici un tanto al chilo, hanno finalmente ritrovato la solida compattezza e la briosa complicità. Oggi non servivano esegesi giuridiche e tantomeno arzigogolati e machiavellici compromessi: la magistratura che voleva processare l’ex ministro andava subito accontentata, seppur a scapito della già debole e usurata autonomia legislativa ed esecutiva. E così ri-aleggia nell’aria l’eliminazione per via giudiziaria del pericoloso avversario politico che ci riporta tristemente indietro nel tempo, dissolvendo ulteriormente quel vento del cambiamento che doveva rivoluzionare il sistema ridando dignità alla politica. Un vento che si è disperso in decine di rivoli, centinaia di rinvii e mille proroghe, che si è trasformato da bufera in un leggero soffio, fetido e maleodorante… insomma, un peto silente ma devastante.
Dalla bacheca di Salvino Paternò
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