domenica 20 ottobre 2024

L’Albania, immigrazione e respingimenti. I crimini della UE

Vorrei avvisare tutti quegli imbecilli, ebbri di citrulla felicità, convinti che oggi l'eroica magistratura italiana ha condannato il "modello Albania", che non hanno capito una ceppa! In quella sentenza non c'entra niente la deportazione, i lager, Guantanámo, i soldi sprecati e tutto il cucuzzaro di stronzate blaterate in questi giorni. La situazione è ben peggiore e se in quei cervellini oggi festeggianti ci fosse un minimo di raziocinio dovrebbero anche loro preoccuparsi. L’Albania non c’entra nulla. Forse non vi è chiaro che la sezione immigrazione del tribunale di Roma, che non ha convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro di permanenza per il rimpatrio in Albania, avrebbe fatto la stessa cosa anche se quei migranti fossero stati trattenuti in qualsiasi centro di permanenza in Italia.


E’ ovvio che la prima reazione è quella di scagliarsi tanto furiosamente, quanto inutilmente contro lo strapotere eversivo della nostra magistratura palesemente politicizzata. Ma ritengo che stavolta le toghe purpuree abbiano avuto gioco facile e la strada spianata dalla corte di giustizia europea. Il provvedimento giudiziario, infatti, non colpisce il trasferimento e la permanenza dei migranti in Albania, bensì il respingimento della loro richiesta d’asilo e la conseguente espulsione nei loro paesi d’origine. Paesi che, a dire dei magistrati italici, “non sono paesi sicuri”, malgrado compaiano come “sicuri” in una lista stilata dal Governo.


Detta così, parrebbe un’invasione di campo del potere giudiziario sul potere esecutivo e legislativo. Una delle tante irruzioni destabilizzanti alle quali la magistratura ci ha tristemente abituato.  Se il Governo ha legiferato che quei paesi sono sicuri, ci chiediamo ingenuamente, con che diritto i magistrati non applicano le disposizioni? Ma purtroppo non è così. Non lo è del tutto. La lista dei paesi “sicuri”, formulata con decreto interministeriale, in cui compare anche l’Egitto e il Bangladesh (ove i migranti in questione erano stati espulsi), era stata regolarmente compilata prima del fatidico 4 ottobre scorso. In quella maledetta data, però, ha fatto irruzione la pronuncia della corte di giustizia europea che all’improvviso ha cambiato le carte in tavola.  Se prima si consideravano “sicuri” quei paesi che erano tali, anche se avevano alcune porzioni di territorio che registravano condizioni inumane e degradanti (nelle cui aree ovviamente i migranti non potevano essere rimpatriati), ora, secondo la corte europea, i criteri per designare un paese di origine sicuro devono essere tali in tutto il suo territorio. Per cui, anche se un paese ha un piccolo settore di territorio non sicuro, è insicuro in tutta la sua essenza. E come tale l’immigrato non vi può essere rimpatriato.


Ne consegue che la lista del Governo non ha più validità. Figurarsi l’incontenibile gioia per i giudici “democratici” a cui non è parso vero avere un solidissimo appiglio giuridico per disporre l’immediata liberazione. Ma quel che è peggio sono le disastrose conseguenze future di tale pronuncia europea. Dato che tutti i migranti che approdano nelle nostre coste provengono da paesi oggi dichiarati non più sicuri, nessuno di loro potrà essere più trattenuto e tantomeno rimpatriato. Nessuna politica di difesa dei confini sarà possibile. Nessun respingimento ipotizzabile. Superflui gli accertamenti sui requisiti per i diritti d’asilo.Inimmaginabili i flussi regolamentati. Inutili gli accordi bilaterali con i paesi di origine o qualsivoglia soluzione creativa. Tutti dovranno essere accolti indiscriminatamente. Il sogno apocalittico della sostituzione etnica che finalmente si realizza. Nell’avvenire caotico che ci si prospetta, possiamo nutrire una sola speranza: quella di essere alla fine esclusi tra i porti di accoglienza in quanto dalla catastrofe che ne deriverà saremo catalogati anche noi tra i paesi… non sicuri. 


Salvino Paterno’

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