Sempre la solita litania: “i poveri morti per virus”
Nella vasta gamma delle disarmanti ipocrisie governative legate alla pandemia, ce n’è una che più delle altre mi provoca un vorticoso movimento rotatorio genitale. No, non è il vigliacco scarico di responsabilità sui cittadini, rei di causare un omicidio ogni volta che sorseggiano un caffè al bar o mettono piede nei centri commerciali. A quello mi sono tristemente abituato. D’altronde cosa volete dirgli a chi prima inventa un meccanismo che premia chi compra all’interno dei negozi, con piccoli importi ripetuti nel tempo, e poi si scaglia contro chi adempie all’iniziativa? Oltre che consigliargli un buon psichiatra, altro non si può fare. Non è neanche la miope, se non dolosa, visione di chi addita sdegnosamente i presunti assembramenti nelle vie del corso, ignorando poi beatamente i desolanti assembramenti sempre più numerosi dinanzi alle mense dei poveri.
Ciò che, invece, mi infastidisce di più è la vergognosa litania costante e continua sui poveri morti per virus, sbattuti impietosamente in faccia ad ogni piè sospinto al fine di smorzare qualsivoglia critica. Contesti le scelte insensate del governo? E loro ti rispondono: “Ma invece di protestare, pensa a tutti i morti che ci stanno!” Qualcuno paventa una crisi di governo? E loro rispondono: “Ti sembra questo il momento, con tutti questi morti?" Ti preoccupi per la devastante crisi economica galoppante? La risposta è sempre la stessa: “Ci sono i morti e tu pensi al cenone di capodanno o alle piste da sci?”.
Eh già, è repellente pensare ai festeggiamenti con i propri cari mentre la gente muore. Molto più dignitoso impiegare il tempo in verifiche politiche, scambi di poltrona, girotondi, giravolte e inciuci di palazzo vari. Che poi, costoro che si trincerano dietro i morti, perché non si chiedono mai per quale recondito motivo siamo tra i paesi con maggior mortalità in tutto il globo? Sappiamo già la risposta: “Con tutti i morti che ci stanno non è opportuno porre domande polemiche e provocatorie”.
E così, cinicamente, i morti vengono esposti quasi come un trofeo, accatastati al pari di una barriera protettiva, sprezzantemente usati per nascondere inefficienze e debolezze. Insomma, viviamo un paradossale ciclo vitale in cui sono i morti a tenere in vita i vivi… anzi, a tenere in vita i morti viventi
Dalla bacheca di Salvino Paternò
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