Ogni volta che Mattarella parla declamando le virtù dell'immigrazione, un immigrato sfodera una lama e cerca di affettare qualcuno. E ogni volta che accade, qualche tutore delle forze dell'ordine è costretto a sparagli. E ogni volta che lo fa, quell'agente finisce sotto processo.Questa catena infausta di eventi è ormai divenuta una legge della fisica e della dinamica italica. Accadde nel dicembre scorso, allorquando il presidente, vantando la rilevanza costituzionale del diritto d'asilo, si scagliò contro le sirene del "settarismo nazionalistico, etnico, se non finanche religioso", del tutto desuete nella nostra società "globale e interconnessa". Poche ore dopo, a Padova, un immigrato nigeriano, molto poco interconnesso, armato d'ascia seminava il panico. Toccava a due agenti della Polizia affrontarlo. Nel corso della violenta e concitata aggressione, uno dei due si vedeva costretto a sparare dei colpi d'arma da fuoco che lo ferivano ad una gamba. Nel mentre rimbombava ancora nella notte l'eco dello sparo, già era scattata in automatico l'indagine a suo carico. Nell'omelia di fine anno, il copione si è ripetuto. Qui il presidente si è spinto addirittura ad appellare "patrioti" i migranti che si integrano, arricchendo così la nostra comunità.
E quasi fosse un richiamo della foresta, a Rimini, un egiziano, messo coltello e corano in tasca, è uscito in strada e ha scatenato l'inferno. Stavolta è toccato ad una pattuglia dei Carabinieri arrivare sul posto quando il mancato "patriota" aveva già accoltellato 4 passanti. Stessa scena, stessa foga, stesso epilogo con l'inevitabile esplosione di colpi di pistola che stavolta, però, hanno causano il decesso del folle aggressore. E mentre noi brindavamo al nuovo anno, un Carabiniere viveva il turbinio di sensazioni contrastanti: la soddisfazione di aver salvato delle vite, il cruccio di averne spenta una, la preoccupazione per la propria, inghiottita da un lungo e complesso processo. Ma purtroppo di tristi storie di clandestini fuori controllo, cittadini terrorizzati e poliziotti allo sbaraglio ne abbiamo viste tante e tante ancora ne vedremo, così come di sermoni umanitari, progressisti e mondialisti tanto soavi, quanto irresponsabili tanti ancora ne ascolteremo. L'unica nuova vera dissonanza cognitiva che spicca nella predica presidenziale sta invece nell'anomalo e stonato termine "patriota" affibbiato agli extracomunitari che, bontà loro, non vogliono tagliarci la gola, ma rispettano le leggi. Ma d'altronde per l'esimio presidente patrioti sono anche gli studenti che studiano, medici, insegnanti e imprenditori che svolgono regolarmente il loro lavoro. Beh, a questo punto, qualcuno regali un dizionario al presidente! E quel qualcuno gli spieghi che coloro che lui descrive, di qualunque nazionalità siano, sono dei buoni cittadini, delle persone rispettabili. Non dei patrioti. Il patriota è qualcosa di diverso, qualcosa di più. È una "persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa". Non basta rispettare le leggi e fare il proprio dovere per definirsi tale. Quella dovrebbe essere la regola.
Si dica soprattutto al presidente che amare la patria è un sentimento che inevitabilmente ti lega ad un suolo patrio. Una terra con dei confini, delle tradizioni, una lingua, dei cibi, una storia, una costituzione e, per chi ci crede, finanche una religione. È dunque paradossale per il patriota accettare che la propria terra venga invasa e deturpata da un'immigrazione incontrollata che si sa impossibile da integrare. Lo si informi, però, che i patrioti sanno benissimo che gli immigrati possono arricchire la comunità, ma solo se giungono tramite dei flussi regolari gestiti dagli Stati e non dai mercanti di uomini. E, infine, a proposito di uomini che lottano per amore della patria, si faccia sommessamente presente al presidente che nell'elenco sciorinato dei presunti patrioti, si è stranamente scordato di menzionare proprio le forze dell'ordine. Le stesse forze dell’ordine che nell’anno che abbiamo appena salutato hanno subito un aumento di aggressioni del ben 122%.. Insomma, per evitare paradossali contradizioni logiche e disarmonie semantiche, quel qualcuno consigli al capo dello stato di evitare in futuro, nelle sue esternazioni, l’uso di termini che… non appartengono affatto al suo glossario.
Salvino Paternò
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