sabato 1 luglio 2023

Dalla Francia all’europa

Quanto avviene nelle città francesi riguarda tutti noi. Ci indica la direzione verso cui stiamo andando. Nel mondo occidentale tutti i legami collettivi stanno venendo meno.  Si indeboliscono i vincoli familiari, come dimostra l’aumento esponenziale dei divorzi. La chiesa cattolica sta attraversando la crisi forse  più grave della sua storia e non appare né capace né desiderosa di arrestare il processo di scristianizzazione in corso nelle nostre società. I sindacati, salvo eccezioni, sono ormai diventati la cinghia di trasmissione dei governi: la loro funzione è quella di far accettare ai lavoratori le politiche economiche più antipopolari. Dei partiti politici non è nemmeno il caso di parlare. Nel frattempo le polarità sociali si radicalizzano. Alla tradizionale divisione tra città e campagna si è sostituita quella tra centro e periferia. I centri storici sono popolati  da benestanti, che hanno trovato nell’ideologia woke (una delle più balorde creazioni della storia) lo strumento teorico perfetto per giustificare il loro parassitismo. Le periferie si riempiono di derelitti senza arte né parte.


Tutto questo non sembra impensierire le elite dirigenti. Al contrario, esse continuano imperterrite nella loro politica di distruzione dello stato sociale, che nel prossimo futuro verrà probabilmente sostituito da un reddito di cittadinanza universale. Si punta, evidentemente, alla creazione di una società di individui isolati, senza stabili legami familiari, senza un lavoro, senza patria, senza cultura, che vivano perennemente collegati alla rete o davanti al televisore. E’ un’evoluzione, del resto, in atto da tempo. Se le cose stanno così – e penso che stiano così – non ci si deve stupire se il pendolo oscilla tra  violenza poliziesca e rivolte prive di dimensione politica e spesso eterodirette (il caso di Black live matters ne è uno dei molti esempi) , durante le quali la plebe dei derelitti si abbandona al saccheggio o all’incendio delle biblioteche.  Il tutto nel contesto di un controllo sempre più capillare sulla vita dei singoli, che ad ogni nuova emergenza trova il pretesto per accrescersi. A me pare evidente che quello che si sta svolgendo sotto i nostri occhi è il processo di una decadenza. La civiltà occidentale sta declinando sul piano economico, sociale, culturale, demografico e persino su quello linguistico. Lo dimostra il caso (temo non isolato) dell’Italia : mentre i dialetti  perdono la loro forza espressiva, la lingua colta si sta impoverendo paurosamente ( basta guardare la replica di un programma culturale, di una tribuna politica o anche solo di uno spettacolo di varietà di quaranta anni fa  per rendersene immediatamente conto). E’ difficile dire quanto questa decadenza potrà durare. Il declino dell’impero romano durò diversi secoli , intervallati da momenti di ripresa, ma bastarono  due generazioni perché  quei luoghi da cui si governava il mondo si trasformassero in campi di frumento. Certo, siccome la storia la fanno gli uomini e in quanto tale è imprevedibile, si può sempre sperare in un drastico cambiamento, che inverta la tendenza. Io naturalmente me lo auguro, ma devo prendere atto che , al momento, di un’evoluzione positiva di questo tipo non sembrano esservi i presupposti.


Silvio dalla Torre 

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