giovedì 8 luglio 2021

No, non sempre sono diritti umani

I diritti da plasmare a proprio piacimento di Niram Ferretti 


"Tutti noi abbiamo un'identità di genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino lo percepisce diverso da quello biologico. E' un diritto umano". Così parlò Alessandro Zan, da cui prende il nome del famoso DDL, ormai diventato lo spartiacque tra bene e male, tolleranza e intolleranza, progresso e regresso. Le parole affatturanti sono sempre le medesime, si tratta dell'abracadabra dei giorni nostri, "diritti umani". E' un diritto umano, dichiara Zan, percepirsi come si crede. No, non è un diritto umano. Non si trova, al momento, in nessuno degli elenchi dei diritti umani questo presunto diritto. Si tratta, infatti, di una percezione psicologica. Se io, con un corpo maschile, mi sento donna e voglio affermare di essere donna, ho il diritto di poterlo fare attraverso un apposito iter chirurgico che faccia di me quello che io percepisco di essere e che è in contrasto con la mia identità biologica. Mi è consentito. Posso farlo. 


Se io sono un uomo che si percepisce donna ma vuole conservare la sua apparenza maschile e il proprio sesso biologico e pretendo dunque di potere godere di due vantaggi, quello di avere un corpo maschile che mi dà mediamente più forza di quello di una donna e però sentendomi donna mi fa concorrere per esempio a gare femminili, dove il fatto di essere maschio mi concede un maggiore vantaggio fisico, è un diritto umano che io pretenda di esercitare questa prerogativa? Se invece io, uomo, non mi percepisco nè maschio nè femmina, ma voglio essere considerato neutro, e non voglio che si usino nei miei confronti pronomi che mi identifichino come maschio o femmina, ma pretendo che ci si riferisca a me come XYU o UXT, è un diritto umano?


Se, in altre parole, la soggettività diventa dominante rispetto ad ogni altra istanza, dovremmo necessariamente ammettere che chi soffre di disturbi mentali abbia il diritto umano di volere essere considerato e trattato come Mosè o come Alessandro Magno se si percepisce come tale, o come uno scarafaggio o un topo, sempre che si percepisca in questo senso. Dove è il limite dell'estensione del concetto di "diritto umano" se lo si disancora da qualsiasi criterio oggettivo, dalla adesione normativamente statuita tra nome e cosa? La risposta è semplice. Non c'è. Si cade, infatti, in questo modo, dentro la gora senza fondo del nominalismo puro, dove la realtà si disintegra per diventare magma informe che ognuno può plasmare a proprio piacimento.

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