Credo che gli argomenti semplici siano spesso vincenti, e ieri ho notato che sono stati rimessi in circolo in qualche post. In questo caso l'argomento semplice è che molta gente ancora non capisce la differenza tra governo "eletto" e poteri stabili. La "sinistra" (dunque come devo ripetere sempre, tutto ciò che gira intorno al "centro nevralgico PD" ma soprattutto ai suoi scissionismi) detiene i poteri stabili di questo Paese da almeno cinquant'anni. Che vada al governo o meno. Significa che questi ultimi grosso modo (con qualche sfumatura che non cambia la visione d'insieme) hanno un'idea di società assolutamente simile se non addirittura identica al "partito madre".
Questi poteri stabili sono rappresentati da una parte consistente della magistratura, dai sindacati, dal 90% della stampa e della televisione. E quando qualcuno dall'interno prova a rompere o comunque a indebolire questo schema viene azzannato senza pietà, come è successo a Renzi (che non è un dissidente sul progetto generale, ma uno che voleva cambiare le carte in tavola a sinistra, tutto qui). Ciò non toglie che sui temi cardine di famiglia, figli, adozioni, economia, globalizzazione, immigrazionismo e liberismo la visione sia assolutamente identica, a parte sfumature singole che non mutano il progetto d'insieme, perché l'ostilità di questo o quel politico verso una di esse viene schiacciata dalla preponderante maggioranza degli altri, rendendo impossibile un cambiamento di rotta anche nelle singole fattispecie. E questo spiega perché lo stesso Renzi disse evidentemente una fesseria quando al Senato dichiarò, poco dopo l'insediamento del nuovo governo "ora siete voi l'establishment".
No, l'estabishment è quello sopra descritto. E non è elettivo. Invertirlo è sempre un problema, perché anche quando ai vertici della TV pubblica arrivano uomini portatori di idee abbastanza diverse (e mi riferisco alla Rai) questi pure devono far fronte a tutto il contesto ostile che li circonda, rendendo difficile fare ogni singola mossa. La stessa Rai, pur cambiando linea editoriale, non è finora riuscita a proporre alternative discontinue rispetto alla cultura dei "poteri stabili". "Povera Patria" non è minimamente paragonabile a "Carta Bianca" della Berlinguer o a "Che Tempo che fa" di Fazio. O a qualsiasi talk show del panorama di La7. È un programma sicuramente più sovranista, in cui si è tentato di introdurre voci un pochino più libere come quella di Alessandro Giuli, questo sì, ma al momento c'è poco altro. Ed è difficile che ci sia, perché i poteri stabili non permettono con tanta facilità alla nuova corrente di insediarsi e di espandersi.
Cosa visibile anche al di fuori della Rai, dove Nicola Porro ci prova alla grande e lo fa alla grande con la sua zuppa, con un freno a mano decisamente più tirato in televisione (meglio di quanto faceva in Rai, in ogni caso). Porro, Giuli o chi per loro non sono i primi ad introdurre temi di dissenso rispetto ai poteri stabili. Ma la sensazione è che si muovano sempre nel guado, dovendo stare attenti ad ogni singola mossa, mentre una Berlinguer o una Myrta Merlino possano esprimere le proprie idee fischiettando. E se per caso a qualcuno viene in mente di farle fuori, hanno un esercito di ideologhi da strapazzo pronti a urlare allo scandalo antidemocratico e a rimetterle tranquillamente al loro posto.
Non invidio per nulla il lavoro di Marcello Foa, Carlo Freccero e Gennaro Sangiuliano. Che non mi illudo mi leggano sia chiaro, ma con la magia dei social non si sa mai. È un messaggio chiaramente rivolto anche a loro, nella speranza che un giorno ce la si possa fare davvero.
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