Non saranno incidenti nelle centrali nucleari, come ironizza il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, ma uccidono ugualmente. Perché feriscono a morte la dignità delle persone già provate da una sequenza sismica devastante, dalle macerie ancora sotto i loro occhi, dalla perdita della casa, degli affetti, dei parenti e degli amici. Perché le Sae, le soluzioni abitative d’emergenza, che cadono a pezzi questo vogliono dire: che lo Stato non è stato in grado di assicurare, nemmeno dopo più di un anno, una sistemazione decente in cui provare a ricostruire l’esistenza. Ed è impossibile farlo a Borgo d’Arquata. Al punto che c’è chi, esasperato da una situazione intollerabile, si dice pronto a riconsegnare le chiavi e ad andarsene. Dopo più di due mesi di malfunzionamenti. «Prima la caldaia, poi mancava la corrente. Le tubature gelavano, la mattina non avevamo l’acqua, hanno dovuto rifare i tubi mettendoci una protezione. E ancora, i boiler sono montati all’esterno, non è la posizione più adatta considerando che la notte il termometro scende fino a otto gradi sotto lo zero. E infine, l’acqua che entrava dal tetto dove hanno messo la carta catramata che però col freddo si stacca». Questo è il drammatico racconto di Luigia D’Annibale, residente nell’area di Borgo d’Arquata raccolto da “Il Resto del Carlino” (articolo completo qui: http://www.ilrestodelcarlino.it/…/casette-terremotati-1.361…). Un lungo elenco di problemi che certifica come «queste casette, fatte senza nessun rispetto per chi doveva andarci a vivere», mostrano tutte le loro pesantissime lacune. «La notte tra domenica e lunedì - prosegue la denuncia - ho sentito un rumore di acqua. Pensavo che fosse pioggia. Mi sono poi resa conto che invece usciva a fiotti dalla cassetta dello scarico. Così ho sistemato come meglio potevo, poi la mattina ho chiamato un idraulico e ho pagato di tasca mia un intervento da 100 euro». Il tutto in soli due mesi. Due mesi da incubo, causati evidentemente da lavori fatti male, che metterebbero a dura prova chiunque. «Se continua così dobbiamo andarcene, siamo costretti. Si cerca di superare ogni cosa, - ammette Luigia - e si prova ad andare avanti, nonostante tutto. Ma adesso, non abbiamo la forza di sopportare anche questo». Perché questo è il problema: precarietà che si somma a precarietà, sofferenza che si somma a sofferenza. Proiettili di inefficienza sparati dalle istituzioni al cuore della dignità dei terremotati. E a proposito di dignità questa mattina a Ussita hanno consegnato le prime 31 casette, nell'area Pieve. Così 31 famiglie, per un totale di 72 persone torneranno in paese. Ma, sempre a Ussita, c’è anche chi sotto la neve e in camper, aspetta ancora la sua Sae. Ma si è unito ugualmente alla piccola festa. Perché «io devo ancora aspettare, ma va bene così, è importante che le persone tornino, io qua già ci sono». L’ennesima dimostrazione di quanto grande sia il cuore di questa «gentaccia». La «gentaccia» più bella che c’è.
mercoledì 20 dicembre 2017
Lo schifo PD
Mentre stamattina c'è stato il taglio del nastro dell'azienda di Diego Della Valle ad Arquata del tronto, (con tanto di video in diretta e applausi a scena aperta) il presidente del consiglio con le forbici in mano, ripeteva che le zone terremotate stanno ripartendo. Tempo 3 anni al massimo (finiti gli sconti fiscali per i neo assunti) e l'azienda, chiuderà. Arquata e non solo, si è spopolata...
Le sae che uccidono la dignità delle persone di genziana project
Non saranno incidenti nelle centrali nucleari, come ironizza il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, ma uccidono ugualmente. Perché feriscono a morte la dignità delle persone già provate da una sequenza sismica devastante, dalle macerie ancora sotto i loro occhi, dalla perdita della casa, degli affetti, dei parenti e degli amici. Perché le Sae, le soluzioni abitative d’emergenza, che cadono a pezzi questo vogliono dire: che lo Stato non è stato in grado di assicurare, nemmeno dopo più di un anno, una sistemazione decente in cui provare a ricostruire l’esistenza. Ed è impossibile farlo a Borgo d’Arquata. Al punto che c’è chi, esasperato da una situazione intollerabile, si dice pronto a riconsegnare le chiavi e ad andarsene. Dopo più di due mesi di malfunzionamenti. «Prima la caldaia, poi mancava la corrente. Le tubature gelavano, la mattina non avevamo l’acqua, hanno dovuto rifare i tubi mettendoci una protezione. E ancora, i boiler sono montati all’esterno, non è la posizione più adatta considerando che la notte il termometro scende fino a otto gradi sotto lo zero. E infine, l’acqua che entrava dal tetto dove hanno messo la carta catramata che però col freddo si stacca». Questo è il drammatico racconto di Luigia D’Annibale, residente nell’area di Borgo d’Arquata raccolto da “Il Resto del Carlino” (articolo completo qui: http://www.ilrestodelcarlino.it/…/casette-terremotati-1.361…). Un lungo elenco di problemi che certifica come «queste casette, fatte senza nessun rispetto per chi doveva andarci a vivere», mostrano tutte le loro pesantissime lacune. «La notte tra domenica e lunedì - prosegue la denuncia - ho sentito un rumore di acqua. Pensavo che fosse pioggia. Mi sono poi resa conto che invece usciva a fiotti dalla cassetta dello scarico. Così ho sistemato come meglio potevo, poi la mattina ho chiamato un idraulico e ho pagato di tasca mia un intervento da 100 euro». Il tutto in soli due mesi. Due mesi da incubo, causati evidentemente da lavori fatti male, che metterebbero a dura prova chiunque. «Se continua così dobbiamo andarcene, siamo costretti. Si cerca di superare ogni cosa, - ammette Luigia - e si prova ad andare avanti, nonostante tutto. Ma adesso, non abbiamo la forza di sopportare anche questo». Perché questo è il problema: precarietà che si somma a precarietà, sofferenza che si somma a sofferenza. Proiettili di inefficienza sparati dalle istituzioni al cuore della dignità dei terremotati. E a proposito di dignità questa mattina a Ussita hanno consegnato le prime 31 casette, nell'area Pieve. Così 31 famiglie, per un totale di 72 persone torneranno in paese. Ma, sempre a Ussita, c’è anche chi sotto la neve e in camper, aspetta ancora la sua Sae. Ma si è unito ugualmente alla piccola festa. Perché «io devo ancora aspettare, ma va bene così, è importante che le persone tornino, io qua già ci sono». L’ennesima dimostrazione di quanto grande sia il cuore di questa «gentaccia». La «gentaccia» più bella che c’è.
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