lunedì 16 ottobre 2017

Fin dove possono arrivare...

Pesaro, vietato fotografare i profughi. Bufera sul diktat del prefetto. Nel documento si chiede alle forze dell'ordine di controllare i cittadini "con rigore" di Alessandro Mazzanti

Pesaro, 15 ottobre 2017
- Quella circolare sui migranti, firmata pochi giorni fa dal prefetto di Pesaro Urbino, Luigi Pizzi, e recapitata ai vertici delle forze dell’ordine, è diventata in un attimo una specie di bomba a grappolo che mentre deflagra coinvolge la politica, l’animo della gente e i rapporti cittadini-istituzioni. Venti righe pesanti in cui la massima autorità del governo sul territorio ordina due cose ‘semplici’ ai colonnelli di carabinieri e Finanza e al questore: bisogna impedire che i residenti di Borgo Santa Maria e Pozzo Alto (due quartieri alla periferia di Pesaro che si erano lamentate dell’eccessiva presenza di migranti sul loro territorio, ndr) facciano foto ai migranti e chiedano loro le generalità. Perché se continuiamo così, argomenta il prefetto, se la logica insomma resta quella della ‘schedatura’ e del conflitto strisciante, rischiamo che dagli scontri verbali si passi a quelli fisici. Il clima è già teso, evitiamo di incancrenirlo definitivamente. Quindi? "Disponete servizi di vigilanza e di controllo del territorio, con impiego di tutte le forze di polizia, onde prevenire e reprimere con rigore qualunque condotta del tipo sopra segnalati".

Apriti cielo. La circolare, che era ‘segreta’, diventa pubblica esattamente il giorno dopo che una delegazione proprio, guarda caso, del quartiere di Borgo si era recata da Pizzi con una lettera che diceva: "Signor prefetto, qui i migranti sono troppi: da 92, vorremmo che ne rimanessero solo 15". In contemporanea, i residenti leggono sul giornale le venti righe esplosive: chi fa foto o chiede un nome a un profugo rischia un procedimento per esercizio abusivo di pubbliche funzioni. Ma è davvero così? Dice Francesco Coli, legale espertissimo, già difensore di Lucia Annibali: "Uno può tranquillamente chiedere il nome a un’altra persona, senza incorrere in nessuna violazione. E l’altra può rifiutarsi di dare le generalità, a meno, ovviamente, che a chiederle non sia un pubblico ufficiale. Sulla privacy, poi, non ci vedo estremi di violazione facendo una foto, se è in luogo pubblico. Chiaro, che se poi ne faccio un uso diffamatorio, il discorso cambia". Ma, diritto a parte, come l’avranno presa, la circolare, a Borgo Santa Maria e dintorni? La prima risposta: "Una cosa molto grave".

Poche ore dopo, gli stessi residenti diramano una nota ufficiale: "Siamo delusi. Qui non vogliamo creare allarmismo, ma segnalare un disagio sentito da tutta la comunità del quartiere. La problematica dei migranti è reale, vogliamo creare un dialogo costruttivo con le Istituzioni per risolverla". Sono i politici i più avvelenati. Il centrodestra, i cui sindaci (di 13 comuni di questa provincia) sono già entrati in collisione con lo stesso prefetto giorni fa sempre sulla questione migranti, prende la palla al balzo: "Fare foto ai profughi è vietato – argomenta il consigliere comunale di Pesaro della Lega Nord, Giovanni Dallasta –. Anche mettere 110 immigrati in un quartiere dovrebbe essere vietato. Perché chi fa le foto agli ospiti deve essere perseguito e chi sistema in maniera irrazionale i profughi no?".

Ma il problema, poi, è: come possono le forze dell’ordine controllare e impedire che nessuno faccia foto o chieda nome e cognome a un migrante? E non era un dogma – è il ragionamento di tanti, vedi Stefano Pollegioni carabiniere a riposo – il fatto che la gente debba collaborare con le forze di polizia, se necessario anche informandosi su chi sono i volti nuovi che girano per i quartieri, o documentando, anche con foto, se si creano situazioni sospette? Il segretario provinciale del Siulp, il sindacato di polizia, Marco Lanzi: "La nostra priorità è la caccia ai criminali, non ai cittadini che fanno foto. Dove troviamo gli uomini, risicati come siamo, con una Volante sola per notte sul territorio?". Eppure solo a fine agosto gli animi si erano stemperati in un maxi-provino fatto ai profughi calciatori proprio sul campo di Vallefoglia, zona calda. Gli unici contrasti erano sulla linea del fallo. Ma evidentemente mancava un tempo supplementare.

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