mercoledì 31 luglio 2024

I cromosomi non mentono

Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia). Auguro all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria. Tuttavia c'è un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi XY e non XX. Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi. Ora, in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi. Chiedo scusa per essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in forma dimostrativa.


E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici. (Segnalo un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.) Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto? Storicamente la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70. Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente. 


A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale" delle differenze. Di questo superamento sostanziale fanno parte numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica (o, per chi vi aderisce, ideale). Si tratta di una curiosa forma di idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io (alla Natura, alla Materia, alla Società). Di questa tendenza fa parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale percepita, vista come come superiore all'identità biologica. L'intera tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile, rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti. 


Il cerchio così si chiude. La prima mossa sanscisce la superiorità delle pretese idealistiche di una sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla biologia, ma anche sulla realtà sociale). La seconda mossa, mette al sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come omofobe, sessiste, retrograde, ecc.). E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale?  Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi. Ed è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo delirio culturale.


Andrea Zhok

sabato 27 luglio 2024

La cerimonia delle olimpiadi

Precisazione che dovrebbe essere superflua ma che non lo è mai in questa epoca di propaganda perpetua e di cervelli adagiati su schemi basici dove esiste solo il dualismo fra ideologie contrapposte. Il problema non è la presenza della diversità o dei diritti civili in una cerimonia che abbraccia (o dovrebbe farlo) la totalità delle tematiche di una realtà di certo complessa. La questione è legata ad una evidente forzatura che soddisfi il pensiero che definiamo "woke". Banalizzo e semplifico: "Devo far vedere che siamo una società progressista e, siccome non ho le capacità per dirigere una scena con originalità e che miri a rappresentare la realtà con tutte le sue ovvie criticità, costruisco una passerella e piazzo sopra una cinquantina fra transessuali, neri nudi, personaggi ambigui sui tacchi che destino scalpore abbracciando minorenni". Meryl Streep, nel film "Il diavolo veste Prada", guarderebbe inorridita, semplicemente per la mancanza di originalità e reciterebbe la battuta "avanguardia pura!" per sottolineare il compitino svolto in fretta e furia. Vuoi descrivere la Francia di oggi? Allora metti in piedi un rappresentazione prepotente sulla avanzata dell'Islam nel Paese, sulla creazione di ghetti di stampo nordafricano, descrivi la bellezza dell'architettura deturpata da vandali, narra le grandi lotte interne che hanno forgiato l'anima di questa Nazione gloriosa, abbi il coraggio di ammettere le falle indiscutibili del multiculturalismo, inebria il pubblico con la meraviglia della storia e delle rivoluzioni con lo sfondo di una città eternamente magica ma solo nei sogni o nei ricordi o nei film, in totale contrasto con la durezza del vivere, con il fenomeno della sostituzione etnica, spiegami la selezione dei cadaveri ucraini che portano all'esclusione della Federazione Russa rispetto ai cadaveri palestinesi che lasciano una scia macabra di indifferenza come quella che si trascina la barca su cui viaggia la delegazione israeliana. Ecco, è complicato mettere in scena il brutto che un Paese ha da offrire? Lo è, ne sono consapevole. Questa però sarebbe una bella cerimonia, coraggiosa, all'avanguardia tanto che la stessa Meryl Streep, nella vesti del personaggio di cui sopra, rimarrebbe senza le sue proverbiali argute risposte. Dunque, a mio giudizio, pur salvando il finale emozionante con il ricordo di quella immortale artista che fu Edith Piaf, ho assistito ad un compendio di menzogne e di retorica scarna di bellezza, di luce, di coraggio. Ad ognuno il suo.


Giovy Novaro

lunedì 22 luglio 2024

Biden e Kamala Harris

Adesso tocca anche ascoltare  la retorica sul grande presidente che si ritira, piegato dall'età, per lasciar spazio alla sua valente collaboratrice. Di fronte a questo maldestro tentativo di creare un nuovo improbabile santino, sarà bene ricordare che Biden è salito alla presidenza attraverso un colpo di stato (l'operazione COVID) e una frode elettorale e fin dall'inizio non era nelle condizioni fisiche e mentali per esercitare il suo mandato. Il suo quadriennato è stato uno dei più sanguinosi della storia recente. Gli Stati Uniti hanno assunto una posizione aggressiva nei confronti della Russia, della Cina, dell'Iran, della Siria, di tutti, fomentando guerre ai quattro angoli del mondo. Anche sul piano della politica interna i suoi risultati (quelli cioè dei poteri che lo hanno avuto sotto tutela) sono fallimentari. Tutti i problemi strutturali del paese, dallo squilibrio commerciale alla diffusione esponenziale degli stupefacenti tra la popolazione,  si sono aggravati. L'unica risposta concreta a queste sfide è stata il bellicismo esasperato e l'aumento, a livelli deliranti, della retorica politicamente corretta. Quanto alla sua erede designata, la sua presidenza potrebbe forse riempire di gioia le femministe esaltate, quelle che ritengono che l'essere donna sia, di per sé, un merito per una personalità politica. Chi però ritiene che tra donna e donna, come fra uomo ed uomo, vi siano delle differenze, per cui, ad esempio, Rosa Luxembourg non è la stessa cosa di Ursula Von der Leyen, non può non prendere atto che Kamala Harris è espressione di quegli stessi poteri che hanno manovrato Joe Biden ed è destinata, qualora fosse eletta, a continuarne la politica. Ci sono forti dubbi che Trump voglia, sappia e possa cambiare strada. Di sicuro Kamala Harris questa strada disgraziata continuerebbe a percorrerla a piena velocità.


Silvio dalla Torre 

La non democrazia Ue

Questa è davvero bellissima: come ammettere candidamente che in UE la democrazia è semplicemente inesistente senza nemmeno rendersene conto. Partiamo da due presupposti, meramente logici (Claudio Cerasa dovrà concentrarsi moltissimo ma credo che siano alla sua portata).


1: che in occasione delle ultime ElezioniEuropee sia accaduto "qualcosa" è provato dal fatto che Macron abbia sciolto l'Assemblea nazionale, giusto? Il partito di Scholz, del Cancelliere tedesco, è arrivato terzo, non è cosi? Per reagire all'avanzata di Lepen è stato organizzato il NouveauFrontPoplulaire, corretto? L'asse tra Francia e Germania governa le istituzioni eurounitarie, pertanto sono paesi molto rilevanti, ci siamo? Benissimo.


Passiamo al secondo.


2: nei giorni successivi al voto quasi tutta la stampa ha raccontato dell'avanzata dell' OndaNera, del pericolo del Fascismo e delle destre eversive in Europa. Persino l'augusto giornale di Cerasa, Il foglio,  titolava "Cosa succede al Parlamento europeo dopo il voto e perché Putin festeggia la crisi di Germania e Francia" o "Il centro regge, ma l'Ue è destabilizzata" o "Macron scioglie l'Assemblea Nazionale dopo la vittoria alle europee di Le Pen e Bardella" o "L’AfD sfonda in Germania e manda un messaggio di pace a Salvini e Le Pen" (tutti titoli del suo assai autorevole quotidiano).


Bene, a fronte di elementi oggettivi, confermati dal racconto di quasi tutta la stampa, compreso il suo giornale, Cerasa esulta perché in Europa non è cambiato niente: non si rende conto che così facendo racconta di un sistema che con la democrazia non ha nulla da spartire e dunque finisce per squalificarlo. Peraltro una volta tanto ci ha azzeccato (ripeto, non volendo): che l'Unione Europea sia quella roba alcuni lo scrivono da decenni. Che lo faccia inconsapevolmente è anche questo logico: il suo giornale rappresenta uno strumento di propaganda tra i più fanatici nel sostenere, spesso ipocritamente, la narrazione europeista ed etnocentrica per la quale ci sarebbero paesi buoni, liberi e democratici (rappresentati, che ve lo dico a fare, dall'Alleanza atlantica), e paesi di serie B, dittatoriali, antidemocratici e illiberali e cattivi (quasi tutti gli altri, in poche parole). Narrazione, peraltro, sventolata come un manganello per sostenere le ragioni della guerra e delle armi. Cosa possiamo concludere? Che oggi per fare il direttore di giornale, per quanto de Il Foglio si stia parlando, non serve particolare cultura, intelligenza, acume o logica: è sufficiente ripetere pappagallescamente la solita solfa, senza badare al fatto che possa risultare contraddittoria ben oltre il limite del ridicolo.





Savino Balzano

mercoledì 17 luglio 2024

La situazione nel mondo e in Europa

I massacri di civili proseguono ininterrottamente a Gaza (l'ultima strage qualche giorno fa a Khan Yunis). Chi non ha la fortuna di essere fatto a pezzi subito, muore spesso dopo una prolungata agonia per la mancanza di cure, perché quasi tutti gli ospedali di Gaza sono stati fatti saltare in aria e mancano gli approvvigionamenti di strumenti, medicinali, rifornimenti di base. Tra Ucraina e Russia la guerra si fa sempre più incarognita, con vittime civili sempre più frequenti, sabotaggi, incendi dolosi, "incidenti" (ieri uno alla centrale nucleare di Rostov): un conflitto nato come un'operazione limitata, si trasforma ogni giorno di più in una costruzione psicologica dell'odio reciproco, e ciò allontana ogni trattativa di pace - anche laddove qualche tentativo in questa direzione fosse fatto. Gli USA riportano rampe di lancio nucleari in Germania, dopo aver alimentato il riarmo più massiccio della storia in Polonia e Finlandia. In sostanza tutti i confini occidentali della Russia sono ora per essa una minaccia incombente, proprio mentre una guerra calda per procura è in corso in Ucraina. L'Europa si presenta sempre di più come l'ariete americano puntato contro la Russia. Finirà benissimo. L'informazione pubblica ha raggiunto livelli di manipolazione senza precedenti. In Europa il controllo esercitato grazie al Digital Service Act sulle piattaforme social è venuto alla luce del sole dopo il rifiuto di sottostarvi di Elon Musk (tutti gli altri hanno acconsentito, senza clamori). Tutti i giornali e le maggiori testate sono da tempo in caduta libera quanto a fruitori, ma chiaramente non sono più questi ultimi a pagare i costi di impresa. La quasi totalità dell'apparato mediatico italiano, e buona parte di quello europeo, è rappresentato da imprese economicamente bollite o alla canna del gas, che però vengono tenute in vita artificialmente come apparati di propaganda. (Tragicamente ancora molti non sembrano averlo capito e, per ignoranza o per pigrizia, continuano a illudersi di riuscire a distinguere nei notiziari ufficiali e ‘accreditati’ il vero dalla manipolazione.)


La copertina del noto settimanale tedesco Focus riportava questa settimana le immagini di profilo di Biden, Macron e Scholz, titolando "Die Selbstherrlichen", espressione traducibile come "Gli Autocrati" (o “Gli autoesaltati”). Il sottotitolo spiega: "Distaccati dalla realtà, irresponsabili, testardi. Come l’Occidente si sta gettando da sé nel caos.” (“Abgehoben, verartwortungslos, stur. Wie sich der Westen selbst in Chaos Stuerzt”). Che quella descritta dal settimanale sia la realtà è oramai chiaro a molti, praticamente a chiunque non continui a nutrirsi dei media mainstream, e anche ad alcuni che ancora vi si abbeverano. Che ciò conduca l’Europa ad un futuro di impoverimento, indebitamento, deindustrializzazione, censura interna, guerra fredda e calda, e forse ad una catastrofe nucleare, è parimenti chiaro. Ma allora perché niente si muove? Perché l’atteggiamento medio continua ad essere quello dell’accettazione acquiescente, del mugugno da social, della lamentazione sterile? È semplice, perché tranne le esigue minoranze che percepiscono la sfera ideale in modo vivido, i più riescono a scegliere solo tra alternative pratiche immediatamente percorribili. E il sistema di potere attuale è riuscito ad assicurarsi, a colpi di finanziamenti (e definanziamenti) mirati e di governo dei media, che le alternative non ci siano, o siano invisibili o appaiano poco credibili.

 

Mai come ora c’è stato bisogno di capacità organizzativa politica, mai come oggi essa è stata ostacolata a mille livelli, dalla diffidenza diffusa dei più, alla depoliticizzazione giovanile, alla perdita di un qualunque retroterra culturale comune, alla confusione ideale e ideologica, alla schietta ignoranza politica. Io non so se qualcuno dei progetti alternativi esistenti in Europa e in Italia avrà davvero filo da tessere nel medio e lungo periodo (il più promettente al momento sembra essere il Bündnis Sahra Wagenknecht), ma so per certo che senza una tale capacità progettuale, senza una capacità di sintesi e di individuazione chiara delle priorità, il destino europeo (e italiano) è segnato. E chi si illude che basti l’associazionismo culturale e il gruppettarismo locale a cambiare le cose, per quanto possa essere mosso da nobili intenti, è parte del problema e non della soluzione.


Andrea Zhok

martedì 2 luglio 2024

Tim e padroni

Oggi, sfogliando un po' di siti di informazione online sono incappato in due notizie, nessuna delle due del tutto nuove. La prima è la notizia della cessione del governo italiano delle infrastrutture di telecomunicazione nazionali, prima TIM, al KKR Global Institute, fondo americano presieduto dall'ex generale David H. Petraeus, ex direttore della CIA. Niente di anomalo, niente che non rientri nella fisiologia di questo paese. Il governo "sovranista", quello che si imporpora d'orgoglio nazionale quando deve fare gli spottoni pre-elettorali, cede serenamente e sistematicamente ogni residuo di autonomia al capobastone americano. Per l'occasione, allarmi antifascisti non pervenuti. I nostri sovranisti à la carte del "fascismo" hanno recepito più o meno solo il principio di cieca obbedienza gerarchica e un po' di darwinismo sociale. La cieca obbedienza al capobranco oggi si esercita in direzione di un padrone con passaporto americano e il darwinismo sociale si traduce in mercatismo (il mercato ha sempre ragione, il mercato è efficiente, il mercato è buono, in particolare se a comprare è un padrone a stelle e strisce.) E incidentalmente, queste due ombreggiature "fasciste" - cieca obbedienza ai caporali di Washington e mercatismo - sono principi abbracciati entusiasticamente anche dal centrosinistra. Ricordiamo, di passaggio, che la dismissione delle telecomunicazioni venne inaugurata illo tempore dal centrosinistra, con Prodi: c'è qualcosa di esteticamente mirabile nel vedere che la parabola che si è aperta con Prodi viene oggi chiusa dalla Meloni).


La seconda notizia in cui sono incappato è un'articolessa su Repubblica, in cui si perorava la causa della didattica a distanza, spiegando nel titolo come "l'84% degli studenti si sente più sicuro e preparato grazie al mondo digitale". Assumendo di rivolgermi a persone intelligenti non mi metterò neppure a refutare questa corbelleria. Vi troviamo l'usuale sparata percentuale (l'84% eh, mica ca**i) che mima la retorica scientifica, attraverso la quale questi incartamenti per il pesce gabellano la propria propaganda come "autorevole". Vi troviamo una balla sesquipedale, evidente a chiunque abbia constatato la mostruosa impennata dei problemi psichiatrici adolescenziali dopo la clausura (e la didattica a distanza) del covid. Ma ci troviamo, soprattutto - e questo è ciò che fa venire i brividi - una quadratura mirabile - ancorché contingente - con la prima notizia. Ricordiamo infatti cos'è esattamente la rete venduta agli americani. Riporto, a titolo di resoconto, un passaggio da fonte non sospettabile di antiamericanismo, una pagina del Corriere della Sera di qualche tempo fa: "La rete di telecomunicazioni di Tim è la più estesa d’Italia: è composta da oltre 21 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica e copre l’89% delle abitazioni. È la principale infrastruttura per la trasmissione dei dati di cittadini, imprese e pubblica amministrazione. É considerata strategica per la sicurezza nazionale ed è lo snodo principale per la digitalizzazione del Paese, che passa per l’introduzione delle applicazioni digitali fondamentali per il futuro delle imprese italiane e per l’ammodernamento dei servizi al cittadino da parte della pubblica amministrazione previsto dal Piano di ripresa e resilienza." Dunque, in sostanza. Il Piano di ripresa e resilienza, insieme a tutti i vari progetti europei di digitalizzazione forzata, preme per estendersi anche alla formazione scolastica (donde l'articolessa pubblicitaria di Repubblica).


Il quadro della società che emerge come un desideratum è dunque quello di un mondo di interazioni massimamente digitalizzate, i cui veicoli sono sorvegliati o sorvegliabili, manipolati o manipolabili, a piacimento da un comando estero con agenda militare. Aggiungo una notazione laterale. Conosco fin troppo bene le reazioni del liberale italiano medio (cioè dell'elettorato mainstream) per non anticiparne la reazione automatica di fronte a simili osservazioni. La loro reazione naturale è di vedere in tutte queste osservazioni i germi di un complottismo che vede piani malvagi e intenzioni di nocumento ovunque. Invece bisogna fidarsi. Perché il soggetto politico qui è il Blocco-del-Bene (progressismo, liberalismo, dirittumanismo, globalismo, americanismo). Ciò che in qualche misura diverte in questa forma di cecità selettiva è l'inavvertita inconsequenzialità. Infatti, è parte della concezione antropologica di fondo del liberale l'assunto che tutti gli agenti siano mossi sistematicamente da agende di interesse autoaffermativo, da egoismo, ambizione autoreferenziale, pulsione ad appagare la propria curva privata di utilità. Tra i tanti difetti di una visione così deprimente dell'umano, almeno un aspetto potrebbe tornare utile in tempi oscuri come i presenti: sotto tali premesse dovrebbe almeno essere diffusa un'allerta costante, una cultura del sospetto rispetto a intenzioni e dichiarazioni "idealiste", una sfiducia nella "voce del padrone". E invece - potenza del bispensiero - niente di tutto ciò accade. Rispetto al padrone reale in carica vige solo infinita fiducia nella sua superiore nobiltà e lungimiranza. Perché il Grande Fratello è buono.

E chi ne dubita è un complottista.


Andrea Zhok