Caro Claudio Marchisio,
a scriverti è un italiano, fiero del proprio Paese e stanco di vederne vituperata l'immagine. Nel rivoltante coro politicamente corretto attorno al suicidio di Seid Visin, la tua è stata una delle voci più orrende da ascoltare. Il cadavere del ragazzo è stato assalito da sciacalli e avvoltoi, affamati di visibilità e tornaconto politico, e tu non sei stato da meno. I motivi del terribile gesto di Seid, poco più che ventenne, sono ancora ignoti. Ma questo non vi ha fermato. Scavando come ossessi nel passato del giovane, avete trovato un post di sfogo su Facebook, in cui Seid lamentava un clima di diffidenza e ostilità nei suoi confronti. Non vi è parso vero. Avete trasformato quel post, scritto quasi tre anni fa, nell'ultima lettera di addio del ragazzo prima del suo suicidio. Avete stuprato la realtà, con violenza. Il resto della vita di Seid, le sue amicizie, i suoi compagni di squadra, l'amore della sua famiglia e della comunità di Nocera, è improvvisamente sparito. Messo da parte, come un orpello fastidioso e inutile. A nulla sono valse le parole degli stessi genitori di Seid, tra cui il grido del padre: "Mio figlio non si è ammazzato perché vittima di razzismo. È sempre stato amato e benvoluto, stamane la chiesa per i suoi funerali era gremita di giovani e famiglie. Basta speculazioni, basta strumentalizzazioni." I piranha arcobaleno hanno percepito una goccia di sangue e sono partiti all'attacco, con una foga che ormai ben conosciamo. Uno spettacolo truculento andato in onda più volte, sempre alla stessa maniera.
Eppure tu sei riuscito ad andare oltre. Non ti è bastato seguire i Saviano, le Boldrini e il resto della marmaglia globalista in questa ennesima vergogna. No. Tu dovevi fare di più, e lo hai fatto. Claudio Marchisio, tu hai insultato l'Italia intera. Proprio tu, che hai indossato la maglia della Nazionale. Proprio tu, che hai portato il tricolore sul petto in due Mondiali. Con un disprezzo e una leggerezza sconcertante hai tacciato l'Italia di essere un paese ”che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore" e che “quando in classe con i propri figli ci sono dei ragazzi di colore storce il naso”. Episodi di intolleranza sono diventati il modo di fare e di pensare di un'intera nazione. L'eccezione è diventata la regola. La macchia scura si è tramutata in un'imponente onda nera capace di spazzare via tutto ciò che di buono esiste ed accade dalle Alpi alla Sicilia. Ti chiedo, Claudio Marchisio: a nome di chi parli? Perché trascini tutti i tuoi connazionali nel fango del razzismo? Ho sinceramente sgranato gli occhi quando, nel tuo scritto, ho letto la peggiore delle accuse possibili: “un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito”.
Un'affermazione disgustosa. Il tuo odio verso l'Italia è così grande da trascinarla sul banco degli imputati e accusarla di aver “spinto" Seid a togliersi la vita? Nonostante tutti gli ITALIANI, a partire dai genitori adottivi, che lo hanno amato durante la sua esistenza e che piangono la sua scomparsa? Se c'è qualcosa in cui l'Italia ha davvero “fallito”, è senza dubbio l'aver permesso a gente come te di dettare l'agenda politica e culturale della Nazione. Siete il veleno che ci corrode e ci intossica, ci umilia e ci svende, ci piega e ci condanna. Siete la vera emergenza italiana. “Facciamo un po' schifo. Tutti.” Così concludi il tuo commento, elargendo un ultimo, corale sputo in faccia. No, Claudio Marchisio, non facciamo tutti schifo. A fare davvero schifo è l'ideologia globalista a cui ti sei votato, per tornaconto personale o semplice stupidità. Io, come italiano, non mi sento rappresentato dalle tue parole e rigetto le tue luride accuse. Come milioni di miei connazionali, non giudico il prossimo né dal colore della pelle né della provenienza. L'unica discriminante, quella sì senza appello, è l'amor patrio. Un sentimento che tu non conosci.
Sei stato un grande calciatore, Claudio Marchisio, ora sei solo un piccolo autorazzista. Uno dei tanti, in questa squallida epoca. Hai guadagnato l'accesso al salotto dei buoni e dei giusti, un salotto esclusivo in cui si mangia aragosta gettandone i resti dal balcone. Non ti chiedo di ritrattare le tue parole, né di scusarti per gli insulti rivolti verso l'Italia. Ti chiedo solo, per coerenza, di evitare di commentare dagli studi della Rai l'avventura della Nazionale agli Europei di calcio. In fondo, sono i colori e i simboli di un Paese che odi e di cui ti vergogni. Un Paese razzista che, parole tue, spinge un ventenne a suicidarsi. Con quale coraggio ne tifi la maglia? Con quale faccia tosta potresti mai celebrarne le vittorie o piangerne le sconfitte? La selezione degli anti-italiani aspettava un campione come te: lascia questa metà del campo, raggiungi l'altra squadra e indossa la tua nuova divisa. Quella senza tricolore, senza Storia e senza dignità.
Matteo Brandi
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