domenica 13 luglio 2014

Sugli zingari

Tutelano più loro di noi due. Una donna scrive al Giornale per denunciare l'aggressione ai turisti da parte di un gruppo di zingari. Ma siamo un Paese civile, non si può più dire che gli zingari non mandano i figli a scuola ma sui marciapiedi a fare accattonaggio di Alessandro Sallusti

Egregio direttore, sono indignata e spaventata. Stamane (ieri, ndr), stazione di Roma. Treno delle 12.50 Freccia Argento per Venezia. Sul marciapiede del binario una cinquantina di zingari strappavano letteralmente i bagagli di mano ai turisti che, intimoriti, accettavano di farsi aiutare. A un turista che non ha accettato hanno sputato sulla gamba. Nella carrozza di prima classe ho trovato 30, dico 30, di questi signori ai quali ho urlato di scendere immediatamente. Mi hanno minacciata, stessa sorte a un'addetta delle ferrovie che li cacciava dai binari. È intervenuta la polizia che ci ha detto di averne altri 50 in ufficio da identificare. Che sta succedendo? Lettera firmata
 
Cara signora, dopo aver accertato la sua identità e la verità dei fatti da lei raccontati, ho deciso di omettere il suo nome (non lo renderò pubblico per alcun motivo) per proteggerla non dai rom, ma dallo Stato e dagli intellettuali di questo Paese. Lo dico a ragion veduta, perché caso vuole che io stamane sia sotto processo all'Ordine dei giornalisti per rispondere di un reato grave. Si tratta di un articolo dal seguente titolo, pubblicato circa due anni fa: «Prova a rapire un bimbo: un nomade ricercato e campi rom al setaccio». A denunciarmi è stato il presidente del Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio. Il quale non contesta la verità del fatto (c'è stata pure una sparatoria con ferito), ma l'uso delle parole «rom», «nomadi» e «zingari». Secondo loro sarei razzista, in quanto non ho rispettato i trattati che, cito testualmente «proteggono i migranti quali sono in parte le persone di comunità rom».

Lei quindi, cara signora, ha commesso il reato di definire per «etnia» la banda di ladri che in queste settimane si sta impossessando delle nostre stazioni ferroviarie. E non solo a Roma. Anche a Firenze e a Venezia la situazione è diventata insopportabile, come da noi già documentato. E le aggiungo che per questo siamo già stati indagati dallo Stato solerte e dai vertici burocratici della nostra categoria. Ma dove pensa di vivere, signora mia? Siamo un Paese civile, non si può più dire che gli zingari non mandano i figli a scuola ma sui marciapiedi a fare accattonaggio. Bisogna parlare di ragazzi migranti vittime di problematiche complesse. Guai a mettere all'erta le vecchiette da volontarie vestite in modo simile alle gitane che si offrono di portare la spesa a casa. Non parliamo di sconsigliare di mandare il proprio bambino a giocare nel campo rom del quartiere.

Equilibrio, signora, serve equilibrio. Non mi sorprenderei se nei prossimi giorni ricevesse una denuncia per procurato allarme con l'aggravante del razzismo. E le va bene che non è giornalista, altrimenti si ritroverebbe anche disoccupata e quindi squattrinata. A differenza di quei simpatici, al massimo problematici, signori che lei ha incontrato sul treno e che a sera, protetti dalla presidenza del Consiglio e dall'Ordine dei giornalisti, si spartiscono il bottino della giornata. Esentasse.

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