sabato 23 agosto 2025

Il criminale Mario Draghi

Che cosa ha detto veramente Draghi al meeting di Rimini?


Draghi ha ammesso che il modello della democrazia liberale è finito. L'Europa ha bisogno di rafforzare l'unione politica e il potere centrale combattendo ogni forma di sovranismo. Come sempre accade con i discorsi di Draghi, per capire il senso profondo occorre leggere con attenzione il testo integrale, inclusi gli incisi, senza fermarsi ai titoli o alle sintesi dei giornali, che il più delle volte sono solo forieri di fraintendimenti. Sì, è vero, Draghi ha effettivamente riconosciuto che l’Europa si è rivelata un’entità marginale e debole a livello geopolitico e che il 2025 verrà ricordato come l’anno in cui è evaporata l’illusione di essere una potenza per il semplice fatto di avere un mercato di 450 milioni di consumatori. Se è per questo, Draghi è andato addirittura oltre. Ha anche ammesso, di fatto, la fine del modello della democrazia liberale, che si basava sulla “fede nel libero scambio e nell'apertura dei mercati” e nella “condivisione del rispetto delle regole multilaterali”. Questo modello, insieme all’illusione su cui si fondava, oggi non è più funzionale. Dunque, che cosa propone Draghi affinché l’Europa possa uscire da questo impasse? Per lottare alla pari con le grandi potenze moderne, l’Europa ha bisogno di rafforzare il potere centrale (“La nostra organizzazione politica deve adattarsi alle esigenze del suo tempo quando esse sono esistenziali: noi europei dobbiamo arrivare a un consenso su ciò che questo comporta.”), limitando ulteriormente il potere dei parlamenti nazionali e combattendo ogni istanza di sovranismo. Draghi chiede inoltre la rimozione delle barriere che ancora ostacolano gli scambi interni, l’integrazione tecnologica e - cosa che certo non piacerà ai tedeschi - debito comune (“Soltanto forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare.”) Tra le righe, Draghi trova poi anche il tempo per suggerire sottilmente che gli aiuti all’Ucraina non devono cessare (“Anche coloro che sostengono che l'Ucraina dovrebbe arrendersi alle richieste della Russia non accetterebbero mai lo stesso destino per il loro paese”). In sostanza, Draghi chiede più Europa: più integrazione politica, più integrazione fiscale, più integrazione militare e tecnologica, maggiore controllo del potere centrale (Commissione e Consiglio Europeo), ulteriori riduzione dei margini di manovra dei parlamenti nazionali e, fatalmente, degli spazi di democrazia di base. Draghi si augura, insomma, che la simultanea sfida rappresentata dalla minaccia russa e dei dazi americani faccia compiere all’Unione Europea quel salto evolutivo che non è riuscita a fare in quaranta anni di esistenza. Come se diventare una potenza fosse un qualcosa che si può decidere a tavolino cambiando i trattati e le regole, per semplice volontà dei firmatari. E, soprattutto, come se fosse possibile raggiungere questo traguardo senza avere autonomia energetica e autonomia militare e partendo per di più da uno spaventoso ritardo tecnologico.


Tramite Giubbe Rosse

sabato 2 agosto 2025

Scelte soggettive dei giudici

Ma cosa c’è da festeggiare? Quello che non hanno capito i beoti che oggi festeggiano giulivi la sentenza della corte di giustizia europea sui cosiddetti “paesi sicuri”, è quanto devastante sia tale pronuncia non per l’Italia (di cui è noto il loro disinteresse) bensì per la loro amata europa. Sono così inebetiti e gongolanti per il fallimento della politica dei respingimenti, da non rendersi conto che quella sentenza non assesta solo un colpo mortale al vituperato modello Albania, o alla politica migratoria nazionale, ma al principio dell’unità del diritto europeo in materia di controllo dell’immigrazione illegale di massa. L’imbecillità gioiosa e l’infrenabile cretineria gaudente non gli permette neanche di rendersi conto di quanto profondo sia lo sfregio alla certezza del diritto.


Ma cosa c’è da festeggiare? Se poggiaste per un attimo il fiasco di vino e smaltiste la sbornia, forse vi rendereste conto che, in base a quella sentenza, in qualsiasi stato membro dell’unione europea (non solo nell’odiata Italia “fascista”) sarà il singolo giudice nazionale a stabilire se il paese dove il governo vuole rimpatriare il migrante, illegalmente giunto sul suolo nazionale, sia sicuro o meno. E non solo. Quel giudice per poter valutare la sicurezza di una nazione straniera potrà attingere a “fonti di informazioni personali”. Siete ancora sotto i fumi dell’alcool o un minimo di lucidità mentale vi è balenato in quel cervellino con il vuoto a rendere? Capite cosa significa questo? Significa che la valutazione sulla sicurezza o meno di un paese in cui rimpatriare il clandestino, non sarà un’uniforme scelta politica, bensì una scelta soggettiva del singolo giudice. Per cui, ciascun giudice potrà decidere in maniera diversa. Un paese potrà essere sicuro per un Tribunale e per un altro no. Per qualcuno l’Egitto potrebbe essere non sicuro, per altri invece potrebbe essere sicuro. Si avrà una pluralità di diritti tanti numerosi quanti sono i giudici.


E questa la chiamate “certezza del diritto”? Ma non solo! Come faranno i singoli giudici a valutare senza avere gli strumenti per svolgere una complessiva e complessa valutazione sulla sicurezza di un ordinamento straniero, senza la conoscenza approfondita del suo diritto e delle sue applicazioni consuetudinarie? Interpelleranno un’agenzia di viaggi? Chiederanno ai loro amici che sono stati lì in vacanza? Si baseranno su un documentario visto su La7? O su una serie Netflix ambientata in quel Paese Qui non si tratta di potere politico subordinato al potere giudiziario ma addirittura subordinato al singolo giudice! E non sto parlando del potere politico italiano, e tantomeno di “sovranismo”.  Mi sto riferendo alla politica europea, alle direttive europee sul controllo dell’immigrazione che, con tale sentenza, non avranno più alcuna efficacia poiché la commissione europea sarà surclassata dall’ultimo giudice di Roccacannuccia. Ma cosa c’è da festeggiare? C’è una stupidità feroce in chi si rifugia nel “tanto peggio, tanto meglio”. Chi lo fa non cerca soluzioni ma sfoghi e vendette. Applaude all’incendio dimenticando che quando tutto brucia nessuno si salva.


Salvino Paternò