Mettiamoci l’anima in pace, finisce un’epoca. Attrezziamoci a modo per quella che si sta aprendo
L’attacco dell’amministrazione Trump agli apparati colonne portanti del globalismo è l’espressione di una feroce guerra intestina al potere capitalistico, che solo nella testa dei semplici è unitario. Contraddizioni che consentono di utilizzare gli spazi che si aprono non certo per tifare una delle parti in gioco, ma ignorare che i nuovi scenari prescindano da questa conflittualità è, nel migliore dei casi, miopia, che in politica è colpa grave. Se Trump smantella il colossale apparato USAID non è certo per umanitarismo, evidentemente questo apparato muove contro gli interessi che la sua amministrazione tende privilegiare. Ma ciò consente di dar forza a chi finora ha messo in guardia sulla strumentalità di una politica che all’insegna dell’umanitarismo, della filantropia, della inclusività (il buonismo che ha contrassegnato quest’ultimo quarto di secolo) ha sostenuto invece una filiera di interessi che nulla aveva a che vedere con le intenzioni dichiarate.
Molti non sanno che cos’è l’USAID. Ufficialmente è l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. Nella sostanza delle cose si tratta di un gigantesco apparato che ha consentito al potere globalista americano di penetrare nelle più intime fibre le popolazioni che andavano educate al verbo iper liberista, che non predica solo libertà illimitata di merci, capitali e persone (con l’immigrazionismo strumento di ricatto dei popoli) ma libertà assoluta da qualsiasi vincolo. Si spiega così l’attacco isterico alle tradizioni e alle stesse leggi della natura, con tanto di negazione di evidenze biologiche incontestabili. Per non parlare di tutte le rivoluzioni colorate in sua busta paga e dei conseguenti cambi di regime (“regime change”). Insomma, un imperialismo totalitario al cui cospetto i vecchi imperialismi impallidiscono. USAID gestiva intorno ai 50 miliardi di dollari per sostenere attività a favore della «democrazia nel mondo» e per questa finalità finanziava una miriade di organismi. Il bilancio USAID registrava cospicue somme per sostenere l’enorme sforzo democratico di educazione dei popoli attraverso media, giornalisti (6.200), con tanto di “verificatori di informazioni” – fact checker – (vero, Mentana?), ONG di qualsiasi natura, organizzazioni woke tese a ribaltare il rapporto di realtà. Il rovesciamento del sentire comune secondo i parametri woke è stato uno degli sforzi più consistenti. Per esempio, l’USAID ha contribuito per 1,5 milioni di dollari per far crescere le politiche DEI (Diversità, Equità, Inclusione) in Serbia, 70.000 dollari per un musical Lgbt in Irlanda, 2.5 milioni per auto elettriche in Vietnam, 47.000 euro per un’«opera trans» in Perù. Solo per fare qualche esempio tra i mille. Pensate un po’ quante iniziative “spontanee” tese a sovvertire il senso comune (film, cartoni, serie, social, canzoni, fiere letterarie, mostre, sport…) erano in conto paga di questo imperialistico ente per diffondere verbo green, politicamente corretto, transessualismo, vaccinismo, riscaldamento globale su base antropica… Che si smantelli questo mostruoso ente è un fatto sicuramente positivo, per cui finalmente si esce dal tunnel dell’infamante accusa di complottismo a chiunque osasse mettere in discussione certe tematiche. Ma bisogna esser consapevoli che questo ritorno alla realtà non risolve la questione sociale e la tendenza alle guerre, e quindi la pace tra i popoli, che la rappresentanza politica di questa nuova fase non è la nuova benefattrice dell’umanità. Semplicemente: il mondo si apre a una nuova fase storica, quella del multipolarismo, nella quale le battaglie probabilmente saranno anche più aspre e pesanti di quelle sostenute contro lo sguaiato e osceno effimero del “mondo alla rovescia”, ma almeno non ci si prenderà per il culo.
Antonio Catalano
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