mercoledì 19 febbraio 2025

Ue, Russia e Usa

Ci sarebbe da ridere, se non fosse tragico. Ci sarebbe da ridere nel vedere annaspare scoordinatamente leader e burocrati di Bruxelles sconvolti e inorriditi dal micidiale attacco al cuore dell’europa sferrato dall’America Trumpiana. Un’offensiva al conformismo del politicamente corretto, all’indottrinamento gender, alla pulizia etnica e sessuale del linguaggio. Un assalto alla barriera censoria eretta negli anni contro le opinioni, e addirittura i voti, che vanno in direzione contraria alla visione del mondo unipolare immaginato dalle élite illuminate. E ora, a raccapricciarsi, negando l’evidenza, sono proprio coloro che dopo aver annullato elezioni non gradite, preannunciano di farlo nuovamente. Gli stessi che, allorquando si prefigurava la vittoria della destra in Italia, sventolavano appositi “strumenti” tesi a neutralizzarne gli effetti. A sgomentarsi è chi ha messo il guinzaglio alle idee, la museruola alle parole, le etichette disumanizzanti ai dissidenti. Chi ipotizzava i reati di opinione per i negazionisti climatici o per i critici delle teorie sull’identità di genere. Ci sarebbe da ridere se non fosse tragico nel vedere i grandi strateghi europei, dopo tre anni, migliaia di morti e miliardi di euro di danni, esclusi dal tavolo delle trattative di pace e condannati all’ininfluenza. Guardarli bruscamente risvegliarsi da un delirio collettivo di massa. Un vaneggiamento che li aveva resi così ciechi da non vedere una guerra tra Russia e America per interposta nazione. 


Una guerra iniziata anni e anni prima della condannabilissima invasione russa, che, aldilà di tutte le retoriche, aveva lo scopo di interrompere i rapporti commerciali con la Russia. Un conflitto che l’Europa aveva tutto l’interesse di evitare e, una volta iniziato, di interrompere al più presto con l’intermediazione. E, invece, sono stati spremuti come limoni per poi essere gettati in un angolo… come è solita fare l’America. Ci sarebbe da ridere se non fosse tragico nel vederli oggi assembrati malamente in una riunione convocata d'urgenza dal presidente della Repubblica francese. Uno con le ore contate, che a malapena riesce a tenere insieme il suo Parlamento. Una riunione dove viene convocata la presidente della commissione europea, la stessa che avrebbe dovuto convocarla. Una riunione dove, allo scopo di dare un segno di unità... vengono esclusi i leader non graditi. Ci sarebbe da ridere se non fosse tragico nel vedere un Europa affetta da labirintite rispolverare Draghi. Proprio colui che, appena il conflitto scoppiò, si spese anima e core per gettarvisi a capofitto, ottenendo tributi e onori… dagli americani. Più che un uomo, un mistero gaudioso, le cui mega puttanate ancora riecheggiano nell'etere insieme agli applausi scroscianti dell'ebete mainstream genuflesso. «Se non ti vaccini, contagi e muori». «Volete la pace o il condizionatore acceso?» Ebbene, costui dinanzi a questo accrocco di unione monetaria malamente costruita, auspica l'annullamento di qualsivoglia sovranità nazionale residua. Ci sarebbe da ridere… ma c’è ben poco da ridere. Perché, bisogna essere intellettualmente onesti.


Se, infatti, ieri non ci piaceva che l’Europa andasse a rimorchio dell’America, non può piacerci neanche oggi. Se un’Europa deve esistere, pur inglobata in un patto Atlantico, forte della sua potenza economica, deve maturare una sua fisionomia e personalità. Dinanzi, poi, allo scenario che si va delineando, di fronte alle potenze mondiali che si stanno compattando in blocchi contrapposti, l’isolamento dei singoli stati è improponibile. E proprio ieri ho avvertito una brutta sensazione che voglio condividere. Anche io ho ritenuto le parole di Mattarella sulla Russia inopportune, oggettivamente offensive e storicamente bislacche. La conseguente replica della portavoce del ministero degli esteri russo era nell’ordine delle cose. Ma l’attacco hacker a trasporti e finanza, quello no! Quello è stato un vero e proprio atto ostile contro il nostro paese. Lo so, non è il primo, ma mai così spudorato, diretto e palese come ora. Ebbene, in questo momento in cui ci si "percepisce" abbandonati dall’America, facenti parte di un’Europa alla sbando, quell’attacco ci fa sentire vulnerabili, indifesi e isolati. E su questo dovremmo tutti riflettere. Dovrebbe essere una riflessione che spinga alla creazione di un’Europa finora mai nata nel cuore degli europei. I cui valori costitutivi siano la libertà e la sovranità del popolo. Un Europa dei popoli e mai più delle élite


Salvino Paternò 

sabato 15 febbraio 2025

Il caso Mattarella

Come leggere la polemica che mette d'accordo tutti i furbacchioni, da Benigni a Meloni? Trattandosi di Mattarella, dobbiamo tenere a mente le leggi ferree con cui egli si regola senza eccezione alcuna.


1) Sergio Mattarella non improvvisa MAI: se un suo discorso fa effetto, è perché voleva provocare esattamente quell'effetto. Pertanto, se dice che trattare con Putin è come trattare con Hitler proprio nel momento in cui si prospetta un vero negoziato globale, lo dice esattamente per affondarlo, anche al prezzo di una menzogna storica e una crisi diplomatica acuta.


2) I passi dell'Inquilino Permanente del Quirinale si muovono sulla base di informazioni privilegiate sulle volontà di altri potenti del suo livello precluse ai livelli inferiori della politica: quando Mattarella prende una posizione sa già cosa ne pensano gli ambienti con cui concorda le sue azioni e i suoi silenzi. Si tratta di ambienti sovranazionali che hanno determinato ogni passo della NATO e della UE negli ultimi decenni, e che oggi sono investiti (minacciati) dal ciclone Trump ma non hanno ancora esaurito tutto il loro potere e lo vogliono spendere in una sfida esistenziale.


Se le leggi matarellesche sono così inesorabili, la domanda è una ma articolata: cosa ha deciso il suo ambiente di riferimento per il futuro dell'Europa? È una domanda scomponibile a sua volta in diverse sotto-domande: questo "ambiente" vuole continuare la guerra con la Russia con un maggiore livello di scontro? Vuole riconvertire tutto in un'economia di guerra votata a un rapidissimo riarmo? Intende superare la NATO e la UE che conosciamo creando una nuova istituzione che disobbedisce a Washington e serra le fila attraverso una nuova "governance" militarista che forza autoritariamente e avventuristicamente la mano fino a schiacciare le resistenze? I due recentissimi discorsi europei del vicepresidente USA, J.D. Vance, sono stati a loro volta schiaffoni non improvvisati, delle sberle mirate che hanno umiliato e coperto di disprezzo le classi dirigenti europee proprio sul punto della libertà. Li ha trattati come i tristi regolatori di un sistema sempre più dittatoriale e orientato a conculcare chi dissente. In sostanza, Mattarella, Starmer, Macron avevano già chiaro che c'era un nuovo sceriffo in città e hanno deciso di dare il segnale di voler reagire con un azzardo che contraddirebbe un'intera vita scandita da movimenti felpati in stanze ovattate. Oggi - anche se non hanno certo il fisico del ruolo - puntano a ucrainizzare lo spazio pubblico europeo. Magari poi pensano di trovare un accomodamento con gli americani, ad esempio comprando armi Made in USA. Ma intanto la guerra civile in seno alle élite dell'Occidente collettivo è iniziata. Anche Zelensky - un ex (?) pagliaccio - non aveva il fisico del ruolo, ma ha avuto tempo per creare le condizioni di una guerra catastrofica. I pagliacci europei non vedono l'ora di far danno su una scala più grande. Benigni applaude. Meloni e Schlein pure.


Pino Cabras

venerdì 14 febbraio 2025

Storie

Breve riassunto di questi ultimi anni, altrimenti rischiamo di perderci per strada. La pandemia è stata una opportunità per riciclare denaro e far arricchire case farmaceutiche e politici corrotti come la Von Der Leyen (sostenuta dai governi occidentali) in parallelo alla volontà di testare forme di largo controllo sociale. La transizione energetica è stata una opportunità per riciclare denaro e far arricchire l'élite globalista con sussidi che hanno tenuto in piedi un mercato morto in partenza tranne che per Tozzi. Il programma DEI è stato una opportunità per riciclare denaro ed arricchire le lobby lgbt assecondando le perversioni dei malati di mente woke a certo discapito del merito. Il programma USAID è stato una opportunità di riciclare denaro e, con la scusa della beneficenza, veicolare miliardi di dollari in Fondazioni come quella della Clinton per piegare la realtà a proprio piacimento con ingerenze sistematiche nelle dinamiche elettorali delle democrazia occidentali. La guerra in Ucraina è stata una opportunità per riciclare denaro ed arricchire le aziende belliche ed il governo USA che trae beneficio dal flusso di gas in Europa in sostituzione di quello russo a basso costo, portando vantaggi anche alla classe politica ucraina fra le più corrotte al mondo. L'immigrazionismo è una opportunità per riciclare denaro, arricchendo le ONG della sinistra progressista, in modo da creare caos sociale e, attraverso la sostituzione etnica, una base irrinunciabile di nuovi elettori facilmente controllabili grazie a politiche a loro favorevoli. Tutto questo grazie ad agenzie di validazione quali stampa, media, virologi, vaghi esperti di guerra e la Chiesa.


Giovy Novaro

domenica 9 febbraio 2025

Trump e l’usaid

Mettiamoci l’anima in pace, finisce un’epoca. Attrezziamoci a modo per quella che si sta aprendo


L’attacco dell’amministrazione Trump agli apparati colonne portanti del globalismo è l’espressione di una feroce guerra intestina al potere capitalistico, che solo nella testa dei semplici è unitario. Contraddizioni che consentono di utilizzare gli spazi che si aprono non certo per tifare una delle parti in gioco, ma ignorare che i nuovi scenari prescindano da questa conflittualità è, nel migliore dei casi, miopia, che in politica è colpa grave. Se Trump smantella il colossale apparato USAID non è certo per umanitarismo, evidentemente questo apparato muove contro gli interessi che la sua amministrazione tende privilegiare. Ma ciò consente di dar forza a chi finora ha messo in guardia sulla strumentalità di una politica che all’insegna dell’umanitarismo, della filantropia, della inclusività (il buonismo che ha contrassegnato quest’ultimo quarto di secolo) ha sostenuto invece una filiera di interessi che nulla aveva a che vedere con le intenzioni dichiarate. 


Molti non sanno che cos’è l’USAID. Ufficialmente è l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. Nella sostanza delle cose si tratta di un gigantesco apparato che ha consentito al potere globalista americano di penetrare nelle più intime fibre le popolazioni che andavano educate al verbo iper liberista, che non predica solo libertà illimitata di merci, capitali e persone (con l’immigrazionismo strumento di ricatto dei popoli) ma libertà assoluta da qualsiasi vincolo. Si spiega così l’attacco isterico alle tradizioni e alle stesse leggi della natura, con tanto di negazione di evidenze biologiche incontestabili. Per non parlare di tutte le rivoluzioni colorate in sua busta paga e dei conseguenti cambi di regime (“regime change”). Insomma, un imperialismo totalitario al cui cospetto i vecchi imperialismi impallidiscono. USAID gestiva intorno ai 50 miliardi di dollari per sostenere attività a favore della «democrazia nel mondo» e per questa finalità finanziava una miriade di organismi. Il bilancio USAID registrava cospicue somme per sostenere l’enorme sforzo democratico di educazione dei popoli attraverso media, giornalisti (6.200), con tanto di “verificatori di informazioni” – fact checker – (vero, Mentana?), ONG di qualsiasi natura, organizzazioni woke tese a ribaltare il rapporto di realtà. Il rovesciamento del sentire comune secondo i parametri woke è stato uno degli sforzi più consistenti. Per esempio, l’USAID ha contribuito per 1,5 milioni di dollari per far crescere le politiche DEI (Diversità, Equità, Inclusione) in Serbia, 70.000 dollari per un musical Lgbt in Irlanda, 2.5 milioni per auto elettriche in Vietnam, 47.000 euro per un’«opera trans» in Perù. Solo per fare qualche esempio tra i mille. Pensate un po’ quante iniziative “spontanee” tese a sovvertire il senso comune (film, cartoni, serie, social, canzoni, fiere letterarie, mostre, sport…) erano in conto paga di questo imperialistico ente per diffondere verbo green, politicamente corretto, transessualismo, vaccinismo, riscaldamento globale su base antropica… Che si smantelli questo mostruoso ente è un fatto sicuramente positivo, per cui finalmente si esce dal tunnel dell’infamante accusa di complottismo a chiunque osasse mettere in discussione certe tematiche. Ma bisogna esser consapevoli che questo ritorno alla realtà non risolve la questione sociale e la tendenza alle guerre, e quindi la pace tra i popoli, che la rappresentanza politica di questa nuova fase non è la nuova benefattrice dell’umanità. Semplicemente: il mondo si apre a una nuova fase storica, quella del multipolarismo, nella quale le battaglie probabilmente saranno anche più aspre e pesanti di quelle sostenute contro lo sguaiato e osceno effimero del “mondo alla rovescia”, ma almeno non ci si prenderà per il culo. 


Antonio Catalano 

sabato 1 febbraio 2025

La riforma della giustizia

Con la coccarda appuntata sul fiero petto e la Costituzione sventolata qual drappo ribelle, patetiche figure togate lanciano striduli strali, prefigurando desolanti scenari giuridici e vitali, semmai la famigerata riforma sulla nefasta separazione delle carriere venisse approvata. Vorrei allora tentare l’ardua impresa di spiegare, in parole semplici e chiare, ai non addetti ai lavori, la sostanza e gli scopi della riforma…per chi avrà la voglia e la pazienza di seguirmi. La Riforma verte su tre punti:

1) la SEPARAZIONE DELLE CARRIERE tra magistratura requirente e magistratura giudicante;


2) la nomina per accedere al CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, finalizzata ad eliminare il potere delle correnti politiche;


3) la nuova procedura per le VIOLAZIONI DISCIPLINARI dei magistrati.


Per quanto riguarda la SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, la riforma mira a separare la figura del Pubblico Ministero – magistratura requirente (colui che formula l’accusa), da quella del Giudice – magistratura giudicante (colui che valuta se quell’accusa è fondata o meno). Le due figure non compaiono solo nel processo, ma anche nel corso delle indagini. Se, per esempio, il Pubblico Ministero vuole intercettare un indagato deve chiedere al Giudice il decreto.  Se vuole che l’indagato sia arrestato deve inoltrargli una richiesta di ordinanza di custodia cautelare in carcere.  Se i termini delle indagini sono scaduti e vuole continuarle, deve proporre al Giudice una proroga. A conclusione delle indagini gli chiederà di processarlo e al termine del processo di condannarlo. Ebbene, un Giudice imparziale non dovrebbe avallare ciecamente qualsiasi richiesta del PM, bensì vagliare obiettivamente le fonti di prova raccolte, comprese quelle individuate nel corso delle indagini difensive, e prendere le sue decisioni. Ma esiste questa equidistanza tra accusa e difesa? Assolutamente NO!


PM e Giudici sono indissolubilmente legati tra loro e i ruoli sono finanche, seppur in rari casi, intercambiabili. Fanno lo stesso concorso, la stessa carriera, spesso appartengono allo stesso sindacato, alla stessa corrente, ma soprattutto appartengono… allo stesso Consiglio Superiore della Magistratura! Ed è nel CSM, organo di autogoverno della magistratura, che si decidono i trasferimenti, le promozioni, le nomine ai gradi apicali, le sanzioni disciplinari. Tale perverso connubio può quindi portare inevitabilmente il Giudice a soddisfare le richieste del PM… di quello stesso PM che un domani, lui o la sua corrente, potrà assurgere agli scranni del CSM e decidere la sua promozione, il suo trasferimento, la sua punizione disciplinare. Ecco che, per evitare ciò, la riforma si pone l’obiettivo di separare le due figure creando due CSM differenti: uno per i PM, l’altro per i Giudici. In tal modo i Giudici avranno il loro organo di autogoverno e saranno del tutto indipendenti dai PM.


La netta distinzione tra le due figure, oltre che a garantire vera parità tra accusa e difesa e finalmente la presenza di un giudice terzo e imparziale, potrà inoltre migliorare la professionalità dei magistrati. Si stratta, infatti, di due funzioni completamente diverse, con un'impostazione differente. Tanto deve essere partecipe il primo, quanto distaccato l'altro. Il PM non solo deve saper seguire le indagini della Polizia Giudiziaria, ma, una volta concluse, deve imbastire la strategia processuale. Essere capace di presentare in udienza il materiale probatorio in maniera convincente. E stare in udienza è un'arte che spesso i nostri PM non conoscono affatto. Il Giudice, invece, deve essere un profondo giurista. Abile nel dirigere con equità la fase pre-processuale e il dibattimento. Saper valutare con distacco le fonti di prova raccolte da accusa e difesa e motivare con rigore logico ogni sua decisione. Perché il diritto è logica. E in certe sentenze la logica spesso latita. Come tutto ciò possa fa “perdere autonomia ed indipendenza” ai magistrati non è dato sapere. Per quanto riguarda LA NUOVA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, del cui potere abbiamo parlato, la domanda da porsi è la seguente: 


Come si viene nominati oggi al CSM? Un magistrato che voglia candidarsi deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme dei suoi colleghi. Pare facile, ma non lo è. In una piccola procura non c'è neanche la metà dei magistrati a cui chiedere la firma. Ne consegue che l’unico ente in grado di raccogliere il numero di firme necessarie è la “corrente” (Magistratura Democratica, Unicost, Area, Magistratura Indipendente e via cantando). Ogni corrente fa riferimento ad una ideologia politica… e già basterebbe questo per farci rabbrividire. Se un magistrato, seppur bravo e stimato dai colleghi, non ha l’appoggio di una corrente, non ha speranza alcuna di far planare le proprie terga su quegli scranni. E così, tali associazioni politicizzate divengono veri centri di potere in grado di condizionare l’intera macchina della giustizia, con le disastrose conseguenze che il clan Palamara ci ha insegnato. Ebbene, la riforma mette la parola fine a questa oscenità. Ogni magistrato, anche quello apolitico e non inserito in alcuna corrente, si potrà candidare nei due CSM poiché l’elezione avverrà per sorteggio. Non essere d’accordo significa o essere complici o, peggio, beneficiari della politicizzazione nella magistratura.


E ora l’ultimo punto: LE VIOLAZIONI DISCIPLINARI.


In linea di massima un magistrato, per la veste che ricopre, se sbaglia dovrebbe essere giudicato più severamente di un qualunque cittadino. Invece oggi accade l’esatto contrario. La valutazione disciplinare, come abbiamo detto, è compito del CSM che, essendo composto nella quasi totalità da magistrati, fa le cose in famiglia seguendo la prassi costante dell'indulgenza. E così, non si contano i casi eclatanti di magistrati che ne hanno combinate di ogni, senza pagare conseguenza alcuna. Potrei citare il caso di un giudice che fece scarcerare una persona con un ritardo di sei giorni ma non ebbe alcuna sanzione disciplinare poiché “viveva una situazione familiare critica, che gli procurava preoccupazione”. O di un altro che guidava ubriaco, ma la sua condotta non fu ritenuta “degna di nota”. Per finire con un altro ancora che dimenticò un minore in cella oltre la scadenza dei termini, ma per la sezione disciplinare del Csm si trattò di un fatto “scarsamente rilevante”. Basti analizzare il numero delle azioni disciplinari avviate nel 2023. Su 90 richieste di provvedimenti, solo 15 magistrati sono stati condannati in sede disciplinare dal Csm, di cui 8 con la “censura”, la sanzione più lieve che non incide sulla carriera. Ebbene, la riforma mette una pietra tombale su questo obbrobrio.


Non sarà più il CSM, anzi i CSM, ad avere competenza sui provvedimenti disciplinari, bensì l’ALTA CORTE DISCIPLINARE, composta oltre che da sei magistrati, anche da sei professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio (ovviamente tutti estratti a sorte). Ora, se avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, conoscete nel merito la riforma che fa tanto indiavolare le toghe incoccardate che sventagliano i fumi della rabbia con la Costituzione. Quei giudici che hanno sdegnosamente e con supponenza voltato le spalle ai rappresentanti del governo, sono gli stessi che da anni le hanno voltate al popolo italiano. Ed è il momento che il popolo le volti a loro. E lo faccia per ricordargli che non sono una casta privilegiata e neanche un potere sovrastante, intoccabile e insindacabile. Sono solo pubblici ufficiali, appartenenti ad un ordine dello Stato chiamato ad applicare le leggi.. anche quelle che non gli piacciono.


Salvino Paternò