Via da Conetta, vincono i profughi: il Viminale ne trasferisce 248. Tensione in Veneto. I profughi hanno deciso di svuotare il campo di accoglienza che da due anni li ospita e ci sono riusciti di Serenella Bettin
Venezia - Alla fine hanno vinto loro: i profughi. Quello che sta accadendo a Conetta, nel veneziano, probabilmente rimarrà nella storia. I profughi hanno deciso di svuotare il campo di accoglienza che da due anni li ospita e ci sono riusciti. Ieri pare sia arrivato anche l'ok dal Viminale per ricollocare 248 migranti scappati da Conetta, di cui ora cinquanta, almeno fino a ieri, sembrerebbero non trovarsi più. E c'è il rischio che anche gli altri ottocento, dei 1.119 totali, seguano i loro compagni.
È da lunedì che i richiedenti asilo ospitati nell'ex base militare di Conetta manifestano per le strade, bloccano i centri dei paesi, protestano, urlano, gridano; gridano che a Conetta non ci vogliono più stare, che se ne vogliono andare e così martedì hanno deciso. In centoventi hanno preso le loro cose e si sono messi in viaggio, chi a piedi, chi in bici, tutti a marciare verso Venezia per incontrare il prefetto. È da martedì che i paesi sono invasi dal codazzo dei migranti ed è da martedì che tutti seguono il loro corteo: poliziotti, carabinieri, il patriarca di Venezia che spalanca le porte delle chiese, questori, sindaci, prefetti, giornalisti e parroci. Tutti a seguire i migranti che avanzano nel loro cammino. Perché ora a decidere sono loro. Intere strade bloccate e volanti e lampeggianti delle forze dell'ordine a tutto spiano. Martedì sono partiti da Conetta, poi dopo diciotto chilometri, si sono fermati a «dormire» in un parcheggio di un bar di Codevigo nel padovano, nonostante le proteste della titolare. Il giorno dopo sono ripartiti, ma fatti pochissimi chilometri, si sono fermati davanti la chiesa di Codevigo; qui, gettati davanti le porte della casa di Dio, hanno montato le cucine da campo, si sono tolti le scarpe e si sono accampati. Ma passa qualche ora, e uno di loro, un ivoriano di trentacinque anni, Sadif Laore, mentre fuggiva da Conetta e andava a raggiungere i suoi amici, viene investito, travolto da una monovolume e muore. Un volo di una decina di metri, il cranio fracassato e un telo verde che lo copre. La notizia arriva in Diocesi a Padova e la Diocesi batte i pugni: aprite le porte della chiesa.
Così i profughi, il cui numero intanto era salito a quasi duecento, dal piazzale sono migrati dentro la struttura religiosa e qui, tra banchi e inginocchiatoi hanno dormito. Il giorno dopo hanno ripulito e se ne sono andati, sempre alla volta di Venezia. Sono arrivati a Mira, con dei pullman, ma qui la situazione era diventata ormai ingestibile e il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia dà disposizioni alle parrocchie per accoglierli. Da lì è una corsa contro il tempo, i profughi vengono sistemati per una notte in quattro parrocchie di un comune veneziano e in un istituto di missionari nel rodigino. Da ieri sera invece li hanno smistati verso altre strutture sparse nella regione del Veneto. Questo fino a oggi, quello che verrà dopo sarà l'inizio di una nuova odissea. Amen.
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