domenica 23 giugno 2013
Su Josefa Idem
Intanto, il metodo: attaccata dalla ’stampa avversaria’ (quella di destra) Idem decide di rilasciare un’intervista a quella che presume essere una testata a lei più vicina (’Repubblica’). Crede che ‘giocare in casa’ le offra qualche vantaggio. Invece l’immagine che ne esce è quella di una persona che ha paura di confrontarsi davvero (in qualsiasi altro modo, dall’incontro stampa aperto alle domande dei giornalisti di ogni testata alla conferenza on line aperta a tutti) e quindi sceglie un ‘terreno amico’, dunque appare come paurosa. Ma transeat. Quello che è veramente sbagliato è il merito della reazione e il suo apparato argomentativo.
Primo: «Ho fatto otto olimpiadi e intanto due figli». Non c’entra niente. Sembra Berlusconi quando per difendersi dai processi dice di aver costruito un impero e vinto cinque coppe dei campioni. Si sta parlando di un’altra vicenda, decisamente.
Secondo: «Non mi sono mai occupata personalmente della gestione di queste cose, non le saprei nemmeno dire di che cifre stiamo parlando». Qui il messaggio è del tipo ‘io sono sempre stata parte della casta fortunata di chi non deve sporcarsi le mani con la realtà, le bollette da pagare, le dichiarazioni dei redditi da presentare, cose così: c’è sempre stato qualcun altro che l’ha fatto per me’. Gran brutto segnale, mediaticamente: noi umani, invece, siamo costretti a star dietro alle scadenze anche se sono delle rotture di coglioni e magari perdiamo un giorno per pagare un divieto di sosta. Senza dire, ovviamente, che “non occuparsene” non solleva di un grammo dalla responsabilità, anzi fa ricadere nel gorgo grottesco dell’«a mia insaputa».
Terzo: «Se il gioco al massacro abituale intorno a noi prevede che questo sia il mio turno per essere fatta a pezzi io dico: la poltrona non mi interessa, mi interessa il progetto per cui sono stata chiamata». Ecco, ministro Idem, questo si chiama prendere a pretesto i toni degli attacchi per non comportarsi in modo limpido. Il ‘gioco al massacro’, se c’è, è responsabilità di altri e qui il problema politico consiste invece nelle eventuali responsabilità sue: nel caso, una scorrettezza compiuta nei confronti della comunità (aver aggirato una tassa, questo mi pare assodato) emersa la quale si lascia l’incarico, con tranquillità, proprio per impedire l’eventuale gioco al massacro che danneggia la sua immagine e la sua parte politica.
Quarto: «La denuncia di irregolarità a Ravenna è emersa solo dopo che sono diventata ministro». Signora, questo in una democrazia aperta è normale, anzi sano. Nessuno aveva messo il naso sulle scappatelle di Gary Hart prima che si presentasse alle primarie. E se Scajola fosse stato un casellante anziché un ministro non sarebbe sorto uno scandalo sulla casa al Colosseo. Fa parte del gioco. Lamentarsene è, quanto meno, un po’ naif. In altre parole: quello che ha fatto Idem non è cosa “da massacro” e non si tratta di un comportamento paragonabile a quello dei farabutti di ogni partito che vediamo ogni giorno all’opera. E’ stata però una scorrettezza che – proprio per non essere né sembrare tutti uguali e proprio per non mostrare attaccamento alla poltrona – andava fatta seguire subito da una serena, dignitosa e nobile letterina di dimissioni. Sottolineando così la propria dirittura morale e la propria superiorità nei confronti degli evasori e dei delinquenti che stanno in politica. E giovando quindi anche alla propria reputazione, sul medio-lungo termine, in modo molto più robusto rispetto a quella che pare una disperata arrampicata sugli specchi.
Alessandro Giglioli
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2 commenti:
Ma insomma, Signor Giglioli, vedo allora che non ha proprio capito....
ha fatto 8 olimpiadi, 2 figli, nun cia' tempo per bassezze come le tasse neh
E anche queste tasse, incredibilmente, poffarbacco! osano addirittura arrivare anche a sua insaputa.
Ah sì! Per dindirindina, ha dell'incredibile, quel che combinano queste tasse pretestuose.
:P
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