domenica 30 luglio 2023

Dal 2011 in poi

Dall'immigrazione all'euro, fino alle inchieste sulla gestione Covid e il conflitto ucraino, che il centrodestta nella sua azione di governo stia sistematicamente e meticolosamente contraddicendo tutto ciò che aveva sostenuto negli scorsi anni è un dato di fatto. Ma inveire contro Giorgia Meloni attribuendole ruoli ittici, dileggiandone le proporzioni imperfette e ricordando le sue modeste origini, significa ostinarsi a non comprendere cosa è successo nell'ultimo decennio abbondante. In questo arco temporale, l'Italia – al pari di tutti gli altri paesi occidentali – ha completamente perso qualsiasi autonomia. La politica è divenuta una variabile dipendente delle élite finanziarie sovranazionali che hanno assunto il controllo dei governi, dell'economia e della comunicazione. Ormai in Occidente le elezioni servono solamente a designare chi dovrà essere il maggiordomo al servizio delle summenzionate élite, e godere così degli avanzi di denaro e potere che i suoi padroni decideranno graziosamente di gettargli. Non è casuale il vistoso tracollo delle qualità morali e intellettuali dei politici: per ciò che devono fare, essere idioti e corrotti basta e avanza, ed è anzi un requisito auspicabile.

L'ultimo che, con una certa ingenuità naïf, provò a far valere il primato della politica fu il defunto Silvio Berlusconi nel 2011: come dovrebbero ben ricordare i fieri antiberlusconiani che all'epoca ne gongolarono, fu abbattuto a colpi di spread (fenomeno di cui poi non si è mai più parlato) e di “Fate presto” a cinque colonne sulle prime pagine dei quotidiani. Allo stesso modo, qualsiasi leader politico che oggi si azzardasse a seguire una linea politica non allineata al progetto dei veri potenti si ritroverebbe intrappolato tra gli ingranaggi di un meccanismo implacabile e distruttivo che, attraverso il ricatto del debito pubblico e l'isolamento diplomatico, annullerebbe comunque ogni spazio di azione. L'unica speranza residua è che con il suo solerte asservimento e rassicurando i padroni circa la sua totale fedeltà, la Meloni stia astutamente cercando di ritagliarsi una qualche autonomia su questioni del tutto marginali quali potrebbero essere il cibo (no ad alimenti a base di insetti) e la propaganda pedosatanista (magari vietando la mutilazione genitale degli adolescenti). Ma aspettarsi qualcosa di meglio sarebbe, più che sciocco, ingeneroso nei suoi confronti, così come nei confronti di chiunque altro si trovasse al suo posto.


Piergiorgio Molinari

domenica 23 luglio 2023

Landini e lo sciopero generale

Accendo Radiotre e ascolto la rassegna stampa. Vengo a sapere che Maurizio Landini vuole proclamare in ottobre lo sciopero generale e mi pare di sognare. È forse quello stesso Landini che qualche giorno fa ha firmato un contratto della scuola che prevede venti euro di aumento a regime ( ma in compenso impone agli istituti di predisporre dei cessi appositi per chi non si ritiene né maschio né femmina)? O quello che, per usare un eufemismo, non ha mosso un dito quando centinaia di migliaia di italiani venivano cacciati dall'impiego e subivano prepotenze di tutti i tipi a causa del green pass? O quello che si è girato dall'altra parte mentre i salari  dei lavoratori si degradavano progressivamente? Se è proprio quel Landini, mi domando, di grazia, cosa mai abbia da rimproverare a Giorgia Meloni. Forse di essere in perfetta continuità col precedente governo Draghi, di cui riprende le politiche belliciste e antipopolari? Certamente no, visto che del governo Draghi Landini e la CGIL sono stati tra i più zelanti sostenitori. 


Ah.. ecco.., ora ho trovato. La questione dei cessi nelle scuole è il vero motivo del contendere. Se Landini fosse ministro del lavoro i "bagni neutri" dovrebbero essere garantiti a prescindere e non solo su richiesta. Questa è l'unica ragione plausibile per cui il più grande sindacato italiano proclamerà lo sciopero generale. Per quanto mi riguarda,  dico solo questo. In passato ho ripetutamente aderito agli appelli allo sciopero generale della CGIL. Si trattava, quasi sempre, di difendere il diritto alla pensione ad un'età ragionevole . Poi, improvvisamente, Monti alzò l'età pensionabile a 67 anni col beneplacito del sindacato. Ciò che provocava indignazione, quando a farlo era un governo ostile, diventava cosa buona e giusta se a farlo era un governo amico. Quanto ai lavoratori, andassero pure a farsi fottere. Queste lezioni non si dimenticano. Si può ingannare il prossimo molte volte, non sempre. In autunno, dunque, non sciopererò. Non sciopererò perché, sebbene detesti il governo attuale come quello che lo ha preceduto,  mi sono stancato di farmi prendere per il culo. Non sciopererò per i cessi neutri. Non sciopererò per l'identità alias. Non sciopererò  perché lo sciopero, in questa situazione,non serve ai lavoratori , ma ai sindacalisti. Non sciopererò perché non intendo portare acqua al mulino di persone che, non appena se ne presenta l'occasione, non esitano a pugnalarti alle spalle. Non sciopererò perché non ho alcuna fiducia in Maurizio Landini.


Silvio dalla Torre 

sabato 1 luglio 2023

Dalla Francia all’europa

Quanto avviene nelle città francesi riguarda tutti noi. Ci indica la direzione verso cui stiamo andando. Nel mondo occidentale tutti i legami collettivi stanno venendo meno.  Si indeboliscono i vincoli familiari, come dimostra l’aumento esponenziale dei divorzi. La chiesa cattolica sta attraversando la crisi forse  più grave della sua storia e non appare né capace né desiderosa di arrestare il processo di scristianizzazione in corso nelle nostre società. I sindacati, salvo eccezioni, sono ormai diventati la cinghia di trasmissione dei governi: la loro funzione è quella di far accettare ai lavoratori le politiche economiche più antipopolari. Dei partiti politici non è nemmeno il caso di parlare. Nel frattempo le polarità sociali si radicalizzano. Alla tradizionale divisione tra città e campagna si è sostituita quella tra centro e periferia. I centri storici sono popolati  da benestanti, che hanno trovato nell’ideologia woke (una delle più balorde creazioni della storia) lo strumento teorico perfetto per giustificare il loro parassitismo. Le periferie si riempiono di derelitti senza arte né parte.


Tutto questo non sembra impensierire le elite dirigenti. Al contrario, esse continuano imperterrite nella loro politica di distruzione dello stato sociale, che nel prossimo futuro verrà probabilmente sostituito da un reddito di cittadinanza universale. Si punta, evidentemente, alla creazione di una società di individui isolati, senza stabili legami familiari, senza un lavoro, senza patria, senza cultura, che vivano perennemente collegati alla rete o davanti al televisore. E’ un’evoluzione, del resto, in atto da tempo. Se le cose stanno così – e penso che stiano così – non ci si deve stupire se il pendolo oscilla tra  violenza poliziesca e rivolte prive di dimensione politica e spesso eterodirette (il caso di Black live matters ne è uno dei molti esempi) , durante le quali la plebe dei derelitti si abbandona al saccheggio o all’incendio delle biblioteche.  Il tutto nel contesto di un controllo sempre più capillare sulla vita dei singoli, che ad ogni nuova emergenza trova il pretesto per accrescersi. A me pare evidente che quello che si sta svolgendo sotto i nostri occhi è il processo di una decadenza. La civiltà occidentale sta declinando sul piano economico, sociale, culturale, demografico e persino su quello linguistico. Lo dimostra il caso (temo non isolato) dell’Italia : mentre i dialetti  perdono la loro forza espressiva, la lingua colta si sta impoverendo paurosamente ( basta guardare la replica di un programma culturale, di una tribuna politica o anche solo di uno spettacolo di varietà di quaranta anni fa  per rendersene immediatamente conto). E’ difficile dire quanto questa decadenza potrà durare. Il declino dell’impero romano durò diversi secoli , intervallati da momenti di ripresa, ma bastarono  due generazioni perché  quei luoghi da cui si governava il mondo si trasformassero in campi di frumento. Certo, siccome la storia la fanno gli uomini e in quanto tale è imprevedibile, si può sempre sperare in un drastico cambiamento, che inverta la tendenza. Io naturalmente me lo auguro, ma devo prendere atto che , al momento, di un’evoluzione positiva di questo tipo non sembrano esservi i presupposti.


Silvio dalla Torre