giovedì 23 novembre 2023

Sicuri ed efficaci

“Sicuri ed efficaci”. Sì, tanto che dopo un servizio della trasmissione  Fuori dal Coro di Mario Giordano, la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati l’ex ministro Roberto Speranza e l’ex direttore generale di AIFA (l'agenzia italiana del farmaco) Nicola Magrini  per aver taciuto gli effetti avversi da vaccino anti-Covid. Tra le accuse, omicidio plurimo e falso ideologico. Riporto la notizia: “Nelle comunicazioni di cui Fuori dal Coro era venuta in possesso si dava conto di dirigenti dell’Agenzia del farmaco che, nel gennaio 2021 – dunque all’inizio della campagna vaccinale – parlavano di «pazienti fragili che rientrano nella popolazione dei non studiati» mentre erano emersi da subito i primi effetti avversi segnalati attraverso la farmacovigilanza. A queste segnalazioni i vertici di AIFA replicavano con l’ordine di mettere tutto a tacere. I documenti scovati e portati all’attenzione del pubblico vedevano l’AIFA, che dipende strettamente dal Ministero della Salute, per lo più attraverso mail aziendali interne, invitare a «non indicare la mancanza di efficacia», e: «occorre imparare a non rispondere se vogliamo sopravvivere». In questo modo sono state ignorate tutte le segnalazioni avverse, che in alcuni casi hanno portato anche alla morte di tanti danneggiati. «Non conviene stuzzicare il can che dorme, per ora non si esce con niente» e «11 segnalazioni su bambini allattati al seno. Togliamo?», erano alcune delle comunicazioni date dai vertici istituzionali dell’ente di controllo del farmaco, che aveva invece l’obbligo di avvertire subito delle problematicità che stavano emergendo. Così AIFA, secondo l’accusa, avrebbe messo tutto a tacere. Anche le «segnalazioni su eventi avversi post vaccinali in persone già guarite dal covid». Il motivo? «Così si uccide questo vaccino», diceva Magrini ai suoi sottoposti. «Perché salvare il vaccino era più importante che salvare le persone».”


Da parte mia, aggiungo due domande: 1) ma se non c'era Fuori dal Coro, la solerte magistratura continuava a fischiettare facendo finta di nulla? 2) Oltre a Speranza e a Magrini, mi pare ci fosse un altro tizio che impose il ricatto vaccinale dicendo che se non ti vaccinavi morivi e facevi morire. Come si chiamava? Eppure aveva un nome facile: qualcosa come lucertola, dinosauro, rettile... Ecco, sì: Ivan Drago. No, mi confondo con quello di Rocky IV, però deve essere un nome simile. Appena me lo ricordo lo dico alla magistratura, così indagano anche lui.


(Nota in calce: mi segnalano giustamente che gli atti sono stati inoltrati al competente Tribunale dei ministri già con contestuale richiesta di archiviazione. Giusto: non si perda tempo con queste sciocchezze. In ogni caso, come diceva una brava persona, non invocate la libertà per non vaccinarvi. Mi raccomando.)


Piergiorgio Molinari 

mercoledì 22 novembre 2023

Su Valditara e “femminicidi”

Ci sono temi più importanti e preferirei tacere su tutto il circo che è partito dalla vicenda dell'ultimo omicidio volontario di una donna. Preferirei tacere anche per preservare la salute psichica, perché ogni qual volta ci si scontra con il muro ideologico costruito dai media correnti la frustrazione è inevitabile. Ma alla luce del fatto che il ministro Valditara sta davvero prendendo sul serio le fiabe ideologiche correnti, una parola mi sembra necessaria.  Speravo in uno scherzo, ma leggo che il ministro dell'istruzione, in una pregevole armonia di intenti con l'opposizione, sta davvero proponendo un'ora a settimana di “educazione alle relazioni” nella scuola secondaria. Non solo, la proposta prevede anche l'intervento in queste ore di educazione sentimentale di "influencer, cantanti e attori per ridurre le distanze con i giovani e coinvolgerli".


Forse fraintendiamo l'intervento del ministro, che probabilmente ha il solo scopo di incrementare l'afflusso alle scuole private. Come spiegare altrimenti questa ulteriore accentuazione della tendenza della scuola pubblica a diventare un interminabile catechismo dell'ovvio, che ripete in bianco e nero gli stessi contenuti che si ritrovano, a colori, su una rivista media da parrucchiere? Tra ramanzine moralistiche, alternanze scuola-lavoro e consulti psicologici gli spazi per insegnare qualcosa di sostanziale nella scuola pubblica si stanno riducendo a feritoie. Ma purtroppo questo è solo piccola parte del problema. Il problema più grosso è che l'interpretazione ufficiale degli eventi delittuosi aventi per oggetto donne ha subito da tempo un sequestro ideologico. Esiste una singola lettura che anche persone intelligenti e al di sopra di ogni sospetto ripetono pappagallescamente, come se fosse una sorta di verità acclarata. E questa lettura non è semplicemente sbagliata, che sarebbe il meno, ma è proprio socialmente dannosa, anzi dannosa per le stesse dinamiche che si immagina di voler correggere.


Provo a spiegarmi in breve. La lettura d'ordinanza di questi eventi delittuosi è la seguente. Si tratterebbe di espressioni di un'atavica, arcaica (patriarcale), concezione subordinante della donna che la concepisce come una proprietà, un oggetto a disposizione, e che perciò non ne accetta l'indipendenza e la punisce con la violenza e persino con la morte. Dunque, dissimulato sotto la superficie di un mondo moderno e formalmente egalitario serpeggerebbe ancora questo "residuo patriarcale", tenace e ostico da sconfiggere, che richiede perciò una rieducazione della popolazione - e della popolazione maschile in ispecie. Ora, io credo che questa lettura delle violenze e degli omicidi spesso per futili motivi che oggi riscontriamo, tra cui anche quelli che hanno per oggetto donne, non c'entri assolutamente nulla con alcuna presunta "cultura patriarcale". E credo che le ricette che vengono proposte, lungi dall'essere risolutive, possano soltanto aggravare il problema. Perché mai?


Partiamo da un po' di pulizia terminologica e mentale. Tutti si riempiono la bocca di "patriarcato" senza avere per lo più alcuna idea di ciò di cui si tratta. Ora, l'unico senso antropologicamente accettabile della nozione di "patriarcato" (che non va confuso con la patrilinearità della discendenza) è il modello sociale diffuso un tempo in molte civiltà dedite all'agricoltura o alla pastorizia, dove l'ultima autorità cui ricorrere per i dissidi interni e per i rapporti verso l'esterno era rappresentato dal maschio più anziano del gruppo (patriarca). Queste strutture sociali erano (e in alcune parti del mondo ancora sono) caratterizzate da una sostanziale assenza delle legislazione pubblica, da forti nessi comunitari all'interno di famiglie estese connesse, che dovevano risolvere molte questioni oggi risolte dalla giustizia ordinaria. Gli ordinamenti patriarcali sono tipicamente preindustriali e definiti da ordinamenti famigliari estremamente solidi e vincolanti. La prima domanda che dovrebbe venire in mente è: cosa diavolo c'entra questa forma sociale con il mondo occidentale odierno? Ovviamente non c'entra assolutamente nulla, ma questa impostazione del problema nasce negli anni '70, in cui l'idea che ci fossero ancora residui patriarcali da abbattere era il principale oggetto polemico del second-wave feminism. Oggi, mezzo secolo dopo, stiamo ancora qua a berci un'interpretazione che era tirata per i capelli allora e che oggi è letteralmente fluttuante nel vuoto. A questo punto c'è sempre qualcuno che se ne viene fuori dicendo che sono questioni filologiche, di lana caprina, che se non va bene il termine patriarcato chiamiamolo maschilismo che va bene uguale.


Solo che il problema non è meramente terminologico, ma è legato a quale si ritiene essere la radice causale di violenze e assassini odierni. Se si evoca il "patriarcato" o simili si evoca l'immagine di un residuo ostico del passato che stentiamo ancora a lasciarci dietro le spalle. Dunque per superarlo dovremmo procedere ulteriormente con l'abbattimento di qualunque simile residuo del passato: bando al familismo, bando all'autorità paterna, bando al normativismo, sempre in odore di autoritarismo, ecc. Ora, prima di esporre quella che credo essere un'interpretazione più plausibile, provo a sottoporre all'attenzione qualche fatto empirico. Se il problema delle violenze si radica nei residui patriarcali in una qualche versione, allora i paesi che hanno società maggiormente modernizzate, con minori vincoli famigliari e con una posizione di maggiore indipendenza delle donne dovrebbero essere esenti da questo problema, o almeno presentarlo in misura molto minore. Ma è davvero così? Curiosamente ciò che si profila è esattamente l'opposto. Se guardiamo alle violenze domestiche vediamo che (dati di un paio di anni fa) i primi paesi per denunce di violenza subita dalle donne sono quattro paesi proverbialmente emancipati: Danimarca (52% delle donne lamentano di aver subito violenza), Finlandia (47%), Svezia (46%), Olanda (45%), in coda classifica in Europa troviamo la Polonia (16%).  Naturalmente qui c'è la replica pronta: si tratterebbe di un mero effetto statistico, dovuto al fatto che in quei paesi, proprio grazie alla maggiore emancipazione, le donne denunciano di più. Può darsi. 


Allora per tagliare la testa al toro andiamo a vedere la categoria degli omicidi volontari di donne (cosiddetti "femminicidi"), che registra eventi non soggetti a filtri interpretativi. Qui, secondo i dati Eurostat aggiornati al 2019, il profilo appare leggermente diverso, ma non troppo. In testa in questa macabra classifica stanno costantemente i paesi baltici (Lettonia, Lituania, Estonia), insieme a Malta e Cipro, con Finlandia, Danimarca, e Norvegia poco sotto e Svezia a metà classifica. All'estremo opposto, costantemente agli ultimi tre posti troviamo Italia, Grecia e Irlanda, che si scambiano solo di posto di anno in anno. Per un confronto numerico (2019), l'Italia presenta un dato di 0,36 "femminicidi" ogni 100.000 abitanti, la Norvegia 0,61, la Germania 0,66, la Francia 0,82,la Danimarca 0,91, la Finlandia 0,93, la Lituania 1,24. Ora, cosa hanno in comune Italia, Irlanda, Grecia? Non molto, salvo il fatto di essere tutte società con un ruolo tradizionalmente molto forte delle famiglie, società di cui spesso si è lamentata la limitata modernizzazione, anche per il peso significativo delle istituzioni religiose. Cosa hanno in comune gran parte dei paesi del Nord e in parte dell'Est Europa? Sono società che hanno subito processi estremamente accelerati di modernizzazione, con laicizzazione forzosa, e frantumazione (riconosciuta al loro stesso interno) delle unità famigliari. Ecco, una volta messi giù questi dati, per quanto sommari, io credo che un'intepretazione molto più sensata delle eventuali radici culturali della violenza e dell'omicidio per futili motivi di donne sia rintracciabile nell'esatto opposto del "patriarcato". 


Lungi dall'aver a che fare con ordinamenti famigliari estesi, vincolanti, con elevata normatività, tipici del patriarcato, ci troviamo di fronte a contesti dove le forme famigliari sono dissolte o in via di dissoluzione, dove i giovani crescono educati più da tik-tok e dai video trap che dalle famiglie, società dove peraltro da tempo la figura del padre latita ed è spesso definita dagli psicologi come effimera. In questi contesti, "modernizzati ed emancipati" si allevano in maggior misura identità fragili, disorientate, anaffettive, che si sentono costantemente sopraffatte dalle circostanze, e che perciò, occasionalmente, possono più facilmente ricorrere alla violenza, che è il tipico modo di reagire a situazioni di sofferenza che non si è in grado di comprendere né affrontare. Molti altri aspetti andrebbero approfonditi, ma se, come io credo, questa è una lettura assai più probabile dei fatti, le strategie che stiamo adottando per affrontare il problema vanno precisamente nella direzione dell'ennesimo aggravio dei problemi. Questo in attesa delle lezioni di educazione sentimentale di Sfera Ebbasta.


Andrea Zhok