giovedì 31 ottobre 2013

Le risorse nomadi

Roma, campi nomadi: costano 42milioni di euro. Tra Roma, Milano e Napoli spesi oltre 100 milioni di euro per i campi nomadi. Ma all'Ue non basta: "L'Italia deve fare di più" di Giovanni Corato

Quaranta due milioni di euro per i campi rom. Questa la cifra letteralmente sprecata nel giro do soli tre anni dal Comune di Roma per mantenere i settemila nomadi che vivono nella Capitale. Senza contare che, se andiamo a sommare i fondi sborsati da Milano e Napoli, l'esborso lievita fino a 100 milioni di euro. Una cifra da capogiro che, però, non è nemmeno bastata a "integrare" le comunità rom. Questa mattina il ministro all'Integrazione Cecile Kyenge e il viceministro al Welfare Maria Cecilia Guerra si sono recate in visita istituzionale al campo nomadi di Via Gordiani, nella periferia est della Capitale. Il controllo conclude la sesta conferenza internazionale di Cahrom, costituita da 47 esperti del Consiglio d'Europa che si occupano di risolvere il problema della discriminazione nei confronti delle comunità rom. La commissione ha voluto segnalare che "l'Italia è rimasto l'unico Paese con i campi nomadi insieme alla Francia".

L'Unione europea accusa il governo italiano di non voler risolvere i problemi della comunità rom. Insomma, non spendiamo abbastanza per il loro benessere. Secondo i relatori "non servono soluzioni 'speciali', 'temporanee' e 'ghettizzanti', ma progetti di inclusione abitativa, sociale e lavorativa finalizzati alla reale autonomizzazione dei rom". La signora Ava Nicolic, una delle anziane rom presenti nel campo, si è addirittura lamentata con la Kyenge delle cattive condizioni in cui vive e ha mostrato il cancello rotto all'entrata del campo: "Nessuno viene ad aggiustarlo, è aperto giorno e notte e dobbiamo stare attenti perché i bambini potrebbero uscire e finire investiti". Dunque, vogliono più soldi. La comunità nomade vorrebbe, infatti, che il governo e le istituzioni locali migliorassero il loro tenore di vita studiando soluzioni abitative più solide e confortevoli. E le risorse? Quelle pubbliche, in fondo, non mancano mai. Perchè, dunque, non aiutare i rom a vivere nell'agio senza lavorare? Governo ed enti locali stanno vagliando diverse soluzioni per superare le problematiche legate ai campi rom. La Kyenge e la Guerra, per esempio, concordano nel superamento dei campi, mentre l'assessore alle politiche sociali di Roma Rita Cutini si dimostra più cauta: "Il Campidoglio è impegnato a risolvere il problema della casa per tutti i romani". Il sindaco Ignazio Marino, invece, non ha ancora avuto il coraggio di affrontare la spinosa questione. Non a caso oggi è saltato l'incontro in Campidoglio con i rappresentanti di Cahrom.

Italiani e stranieri secondo Kyenge

Giusto un paio di commenti: "Non è ministro dell'integrazione, ma ministro dell'immigrazione. Sono passati ben più di 100 giorni dal suo insediamento, nulla ha fatto per far integrare gli immigrati, se non affermare che la mancata integrazione è dovuta all'atteggiamento negativo degli italiani..."

"Ma di quali tasse sta parlando? La maggioranza degli immigrati o paga un'inezia (redditi bassi e famiglie numerose) o lavora in nero e spedisce i soldi al paesello. Si' il posto all'asilo, gratis, lo ruba l'immigrato, a spese degli Italiani che pagano le tasse e pure la retta dell'asilo, e anche i ticket sanitari e anche l'affitto di casa e le bollette. Non venga a raccontare le solite balle dell'immigrato che porta ricchezza e cultura. Non ci crede nessuno perche' la "cultura" e' sotto gli occhi di tutti e la ricchezza che DRENANO (aiuti di tutti i tipi) pure. Per non parlare di tutti i venditori abusivi (sai quante tasse pagano quelli!). P.S. e che dire di tutti gli immigrati senza lavoro e dimora? Che tasse pagano quelli? E quelli, clandestini, mantenuti di sana pianta da noi? Se anche fossero vere le balle della Kyenge, le poche tasse pagate non basterebbero a coprire tutte le spese che lo Stato Italiano sostiene per loro (sanita', polizia, prigioni, CIE, ecc.). Stia zitta e si vergogni di agire e parlare sempre contro l'Italia e gli Italiani. BASTA NON SE NE PUO' PIU" DELLA CONGOLESE, CON CITTADINANZA ITALIANA."

"Credo che sia vero il contrario. Avete mai visto un "vu' cumprà" rilasciare lo scontrino fiscale? Anche sulle bancarelle dei mercatini, ormai in mano agli immigrati è la stessa cosa. Non credo che Kyenge possa smentirmi. Ancora, diverse volte, quando volevo assumere qualche collaboratrice domestica ad ore, queste mi hanno chiesto espressamente di essere pagate un po' di più e di non volere che io versassi i contributi perchè il loro marito avrebbe perso alcuni benefici (assegni o altro). Sono stato costretto a scartarle, non per eccessiva onestà, ma perchè temevo conseguenze. Credo che anche altri abbiano avuto la stessa esperienza. Strano che Kyenge non lo sappia. Per un ministro, ignorare ciò che accade nel suo campo, è grave, molto grave."

Kyenge: "L'immigrato paga le tasse, il vero nemico è l'evasore". Il ministro torna a ragionare per slogan: "Dentro ognuno di noi c’è uno straniero". E ancora: "L'immigrazione è un'opportunità" di Andrea Indini

Persino Attilio Befera, numero uno dell'Agenzia delle Entrate, ha ammesso che la crisi economica e l'eccessiva pressione fiscale hanno generato una sorta di evasione di sopravvivenza. Tesi sposata anche dal piddì Stefano Fassina, ora viceministro dell'Economia nel governo Letta. Addirittura certi giudici hanno graziato un imprenditore che non aveva potuto pagare l'Iva perché rischiava il fallimento. Tre episodi emblematici che dimostrano che qualcosa sta cambiando nel pensiero progressista di bieca persecuzione nei confronti di crea ricchezza. Purtroppo ci sono ancora schiere di politici, pensatori ed economisti pronti a fare della caccia all'evasore una vera e propria bandiera. Tra questi anche il ministro all'Integrazione Cecile Kyenge che, intervenendo a un convegno su cittadinanza e integrazione a Roma, ha detto che il nemico non è l'immigrato, ma appunto l'evasore.

Gli slogan della Kyenge sono sempre gli stessi. E il fine ultimo è sempre quello di andare a mettere mano alle politiche migratorie che vigono in Italia per allargare le maglie alle frontiere, cancellare il reato di clandestinità e soprattutto regalare la cittadinanza ai figli di immigrati regolari. Così, sulla scia della tragedia avvenuta al largo di Lampedusa, il ministro è tornato alla carica: "Il nostro nemico non è l’immigrato ma chi non rispetta i diritti delle persone, chi non rispetta le regole e questo non ha né colore né etnia". Quindi l'affondo: "Bisogna spiegare alla gente che ad esempio chi ruba il posto all’asilo non è l’immigrato, che paga le tasse, ma l’evasore". Alla Kyenge, in realtà, non interessa ragionare sul perché in Italia l'evasione, che resta comunque un reato, sia così alta. Non una parola sulla pressione fiscale arrivata a livelli da capogiro. Non una parola sulla recessione e sulla concorrenza dei Paesi emergenti che stanno mettendo in ginocchio i nostri imprenditori. La caccia all'evasore viene usata come un topos per "riabilitare" lo status degli stranieri che vivono in Italia.

Secondo il ministro all'Integrazione, per molto tempo i governi italiani avrebbero "navigato a vista" sulle politiche migratorie. In realtà risale al 2002 la Bossi-Fini, una legge che ha messo i paletti per regolamentare un fenomeno che rischia mettere in crisi tutto il Paese. Legge che viene quotidianamente inficiata dalla magistratura nostrana e che la Kyenge, come tutta la sinistra italiana, vorrebbero smantellare da cima a fondo. Per la titolare dell'Integrazione, infatti, l'immigrazione dovrebbe essere considerata una "opportunità". "Ora occorre cambiare approccio", ha continuato spiegando che il programma del governo Letta è centrato "sui diritti che non escludono i doveri". Su questo, ha precisato, "sono stati dati talvolta dei messaggi sbagliati che possono produrre effetti negativi. Le politiche di repressione hanno avuto un costo elevatissimo, fare una politica di integrazione invece costa poco e arricchisce il Paese". La Kyenge è, quindi, tornata sul tema della cittadinanza invitando il parlamento a cambiare le norme che ne regolano la concessione: "Integrazione non vuol dire assimilazione, che vuol dire perdere l’identità, ma significa interagire sul territorio: chi arriva porta il suo 'bagaglio' culturale per interagire con la nuova realtà". Quindi lo slogan finale: "Dentro ognuno di noi c’è uno straniero, una donna, un bambino, un anziano, un disabile".

martedì 29 ottobre 2013

Campioni di imbecillità

Manovra, Saccomanni avverte la maggioranza: "Il sentiero è stretto". "Non ci sono soluzioni semplici per reperire ulteriori risorse per concedere sgravi fiscali più ampi", ha detto il ministro in un'audizione al Senato di Raffaello Binelli

Un Paese fermo, praticamente immobile. Ora c'è bisogno di uno scossone forte per ridare slancio alle imprese e ridare fiato all'economia, prima che sia troppo tardi. "La crescita di un paese che ristagna da 20 anni - ha sottolineato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, nel corso dell’audizione sulla legge di stabilità di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senatori - chiede interventi anche radicali. La competitività non richiede più spesa pubblica, richiede maggiore efficienza e regole più semplici". La ricetta apparentemente è semplice: più semplicità (nelle regole) e più efficienza nella burocrazia. Non occorre che lo Stato aumenti la spesa (già enorme).

I conti per il prossimo triennio: "Le risorse reperite nel triennio (2014-2016) - prosegue il ministro - individuate in modo tale da minimizzare l’impatto negativo sull’economia, sono pari a 40,7 miliardi (9,7 nel 20014, 12,8 nel 2015 e 18,3 nel 2016). Un quarto del totale (3 miliardi nel 2015 e 7 miliardi nel 2016) dovrà derivate dal processo di revisione della spesa. A regime, dal 2017 tale processo può determinare risparmi pari ad almeno 10 miliardi. Eventuali inferiori risparmi di spesa verrebbero compensati da variazioni di aliquote d’imposta e dalla riduzione di agevolazioni e detrazioni fiscali; per cautela tali risorse sono state contabilizzate tra le maggiori entrate". Ma ci possono essere anche entrate straordinarie, fa sapere il ministro: "Come quelle connesse con la rivalutazione dell’attivo della Banca d’Italia, il rientro dei capitali all’estero, nonchè dei proventi dell’attività di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale".

Necessario rivedere la spesa: "Sarà cruciale il processo sistematico di revisione della spesa - puntualizza Saccomanni - che rappresenta il terzo pilastro dell’azione di governo. La legge di stabilità incide al margine su entrate e spese pubbliche, dobbiamo concentrare l’attenzione anche sul complesso delle spese primarie e delle entrate pubbliche. Una valutazione equilibrata dell’entità degli interventi adottati con la legge di Stabilità - sottolinea Saccomanni - non può prescindere dalla consapevolezza del contesto macroeconomico che eredita anni di contrazione. Abbiamo, secondo il ministro un sentiero stretto: dobbiamo utilizzare le risorse disponibili per dare il massimo supporto all’economia". E sarà necessario anche proseguiore nella riduzione dello spread: "Si ipotizza una graduale riduzione del differenziale di rendimento sui titoli di Stato decennali rispetto a quelli tedeschi: a 200 punti base nel 2014 e a 100 nel 2017, un livello comunque più elevato di quelli prevalenti prima della crisi". "È essenziale ma non sufficiente - prosegue il responsabile dell'Economia - che il deficit resti entro la soglia del 3%. Il disavanzo strutturale deve tendere verso il pareggio: il peso del debito deve ridursi". Il ministro fa poi sapere che "le risorse che si renderanno via via disponibili saranno destinate a riduzione della pressione e del cuneo fiscale".

Le stime sul Pil: Il Prodotto interno lordo nel 2013 su base annua segnerà una contrazione dell’1,8%, nel 2014 invece è confermata la ripresa. "Per il 2014 - dice il ministro - si confermano le prospettive di ripresa dell’attività economica: tenuto anche conto del lieve impatto espansivo della legge di Stabilità, la variazione annuale del prodotto è valutata all’1,1%. La crescita del Pil si porterà su livelli ancora superiori a partire dal 2015, prefigurando una graduale chiusura dell’output gap; raggiungerà circa il 2% nel 2017". L’Italia ha perso 8 punti percentuali di Pil nel corso della crisi economica. Ma gli indicatori congiunturali, dice il ministro, sagnalano che l’attività economica "si è finalmente stabilizzata, avviandosi verso una graduale ripresa". Da più parti si sente ripetere che per rilanciare l'economia è necessario abbassare le tasse. Qual è la linea del governo? "Nella strategia dell’Esecutivo - spiega Saccomanni -  l’opera di revisione della spesa è la condizione essenziale per poter allentare l’elevata pressione fiscale che grava sulle famiglie e sulle imprese. Dal processo di revisione della spesa ci si attendono inoltre i risparmi (3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 nel 2017) necessari per assicurare il raggiungimento degli obiettivi programmatici per l’indebitamento senza interventi sulle entrate". Saccomanni fa riferimento anche alla tassa sulla casa e i servizi: "Il  gettito della Tasi ad aliquota standard (1 per mille) di circa 3,7 miliardi è inferiore al gettito di circa 4,7 mld ad aliquota standard dell’Imu sulla casa principale e della Tares sui servizi indivisibili". Il minor gettito, spiega il ministro, è compensato da trasferimenti dallo Stato.

Saccomanni-Letta: diversità di vedute sulla limitazioni dei contanti: "Certamente misure che rafforzano la tracciabilità dei pagamenti sono importanti e le terremo in considerazione: è necessario prevedere in questo campo una riduzione del ruolo del contante nei pagamenti perché la tracciabilità si ottiene solo attraverso l’utilizzo di canali rilevabili", sottolinea il ministro dell’Economia. "Questo - ha aggiunto - è un punto su cui l’Italia resta ancora indietro e certamente un punto su cui vogliamo intervenire. Vorremmo anche fare sì che la lotta all’evasione sia quantificabile ex ante e possa essere determinato questo tax gap". A stretto giro di posta il vicepremier Angelino Alfano replica con un tweet: "Il collega Saccomanni ritiene di intervenire per ridurre l’uso del contante. Noi la pensiamo all’opposto di lui". Per Alfano "occorre aumentare l’uso del contante e contrastare l’evasione consentendo di conservare scontrini e fatture e scaricare tutte le tasse. In America funziona e funzionerebbe anche qui".

lunedì 28 ottobre 2013

Sovraffollamento carceri e mancati rimpatri

Carceri sovraffollate? E’ perché l’Italia non rimpatria gli stranieri. Nonostante la legge. Lo prevede la convenzione di Strasburgo del 1983 che il nostro Paese ha sottoscritto. Con l'attuazione di questa norma si risparmierebbero anche 500 milioni. Ma a distanza di 24 anni dalla ratifica nessuno incentiva questo strumento. In più, non ci sono accordi bilaterali con Marocco, Tunisia e Romania che sono in cima alla classifica delle presenze di Thomas Mackinson

Mentre ancora si parla di indulto e amnistia, l’Italia spende un miliardo all’anno per tenere nelle patrie galere detenuti stranieri che in buona parte potrebbero scontare la pena nei loro paesi d’origine. Il piano è pronto da decenni. Gli accordi per lo scambio ci sono, multi e bilaterali, stretti con quasi tutti i Paesi del mondo. Ma nessuno incentiva questo strumento per svuotare le carceri e i detenuti trasferiti, alla fine, sono così pochi che non vengono neppure conteggiati nelle statistiche sulla giustizia italiana. Percorrendo tutte le vie “ufficialissime” dei ministeri competenti – Interno, Giustizia ed Esteri – è materialmente impossibile avere un dato su quanti abbiano usufruito di questa possibilità e diritto, come prevede la convenzione di Strasburgo del 1983, che l’Italia ha ratificato e inserito nel proprio ordinamento dal 1989 e via via allargato con una serie di accordi bilaterali.

Una beffa. Perché questa strada avrebbe potuto, almeno sulla carta, segnare la svolta sulla questione carceri prima che diventasse emergenza nazionale. Lo dicono i numeri. Nelle celle italiane, secondo i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), si contano oggi 22.770 detenuti stranieri, un terzo della popolazione carceraria. Tanti, troppi. E ci sarebbero motivi di mera convenienza, oltre che di civiltà, per incentivare a diminuirne il numero. Il costo medio per detenuto calcolato dalla Direzione bilancio del Dap è di 124,6 euro al giorno. Lo Stato, nel 2013, spenderà dunque 909 milioni di euro, quasi un miliardo l’anno. Ma quanto risparmierebbe se desse seguito agli accordi di rimpatrio? Per saperlo bisogna moltiplicare quel costo unitario per i 12.509 detenuti stranieri che scontano una condanna già definitiva, i soli sui quali può ricadere l’ipotesi di un trasferimento. Il costo reale del mancato rimpatrio, o se si vuole il conto del risparmio virtuale, arriva dunque a 568 milioni di euro l’anno, un milione e mezzo al giorno.  Un bella cifra nel conto dello Stato che potrebbe essere destinata a costruire nuove strutture, ammodernare quelle esistenti, incentivare forme di rieducazione e reinserimento. Per contro, i detenuti italiani all’estero non superano le tremila unità. Una differenza che rende evidente quanto il saldo degli “scambi” sarebbe a favore dell’Italia (e degli italiani). “Non si possono fare deportazioni di massa”, ammoniscono gli esperti di procedura penale, mettendo in guardia da operazioni di macelleria detentiva.

Ma a chi oppone a ogni ragionamento questioni di ordine etico-morale va ricordato che dal 2002 nessuno ha sbarrato la strada ai voli di Stato per il rimpatrio dei clandestini che la Bossi-Fini ha reso – almeno per le modalità operative – del tutto simili alla deportazione coatta, per di più espulsi non per aver commesso un reato penale ma amministrativo (l’ingresso in Italia senza permesso di soggiorno o contratto di lavoro a supporto del reddito). Idem per il reato di clandestinità introdotto nel 2009 col decreto sicurezza. Ci sono poi ragionevoli argomenti per ritenere che in quel terzo di popolazione carceraria composta da stranieri ci possa essere chi preferirebbe – vista anche la condizione dei penitenziari nostrani – ricongiungersi ai propri parenti e scontare la pena nel proprio Paese. Peccato che non succeda mai, salvo rarissimi casi. A 24 anni dalla convenzione di Strasburgo gli accordi sul trasferimento sono rimasti lettera morta, con buona pace del tempo e delle risorse che l’Italia ha dedicato per dibattiti parlamentari, mandati esplorativi di funzionari della giustizia, riunioni e servizi d’ambasciata da una capo all’altro del mondo.

Il paradosso degli accordi all’italiana - Il paradosso è che incentivare lo scambio e la detenzione all’estero non sarebbe una politica di destra o di sinistra ma di buona amministrazione, per di più ancorata e supportata nella sua applicazione da convenzioni e accordi. Con alcune bizzarrie e illogicità di fondo, però. L’Italia, si è detto, ha aderito alla convenzione di Strasburgo dell’83 insieme a 60 Paesi (gli ultimi sono la Russia e il Messico nel 2007). Ha poi stretto accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti  fuori dalla convenzione. Ma – attenzione – non con quelli che più pesano sul conto delle carceri. Ricapitolandoli: nel 1998 abbiamo firmato un accordo con l’Avana quando i detenuti cubani sono una cinquantina e poco più, nel 1999 con Hong Kong a fronte di popolazione carceraria prossima allo zero, nel 1984 con Bangkok (ancora oggi si contano due soli detenuti thailandesi). Mancano all’appello, per contro, proprio i Paesi che per nazionalità affollano maggiormente le nostre celle: il Marocco, su tutti, visto che con 4.249 detenuti occupa il secondo posto nella classificazione delle presenze straniere (18,7%). La Romania che occupa il secondo con 3.674 detenuti (16,1%). La Tunisia, al terzo posto, con 2.774 (12,2%). Altri sono pronti da vent’anni, ma per l’inerzia del Parlamento restano lettera morta. Emblematico il caso del Brasile, dove l’accordo è firmato e manca solo il passaggio in aula. Siamo riusciti invece ad accordarci con l’Albania (2.787 detenuti, 12%). Quando è stato sottoscritto, nel 2002, nelle carceri italiane c’erano 2.700 detenuti albanesi, di cui 960 condannati in via definitiva. Trecento dovevano scontare una pena residuale superiore ai tre anni e sarebbero stati i primi a lasciare l’Italia per scontare la pena nelle patrie galere. Un modello che doveva essere, secondo il Guardasigilli di allora Roberto Castelli, esportato in Marocco, Algeria e Tunisia. Cosa mai avvenuta, a distanza di un decennio. Ma quanti albanesi sono stati  poi trasferiti? Impossibile saperlo, come per tutti gli altri detenuti stranieri in Italia. 

Il mistero sui numeri: “Non abbiamo il sistema informatico” - I trasferimenti autorizzati  sulla base di quegli accordi sono irrilevanti al punto che non vengono neppure monitorati a fini statistici. Sapere quanti siano è un’impresa impossibile. Le interrogazioni parlamentari sulla questione non hanno mai avuto risposta e anche per le fonti giornalistiche la strada porta dritto a un muro di gomma che fa rimbalzare da un ministero all’altro. Dovrebbe averli il ministero degli Interni ma non è così. “Sono numeri molto modesti a fronte di procedure complesse, per questo non sono sottoposti a monitoraggio statistico e vanno a finire nelle diciture “altro” degli annali giudiziari”, premettono imbarazzati i funzionari del Viminale. “Il detenuto fa domanda al direttore del carcere che la gira al magistrato di sorveglianza che fornisce il suo giudizio e lo trasmette al ministero. Dovrebbero però averli al ministero di Grazia e Giustizia che amministra le pene”. Ma si bussa lì senza maggior fortuna. Il direttore dell’ufficio Affari penali Antonietta Ciriaco fa sapere che il suo ministero non ha neppure il sistema informatico necessario a estrapolarli quei dati, che non si tratta di estradizioni, per cui “una volta che c’è l’accordo internazionale e una sentenza favorevole della Corte d’Appello al trasferimento, è materia del Dap”. Ma anche al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria cadono dalle nuove. “Noi abbiamo solo dati rispetto a detenzione e scarcerazione, questa storia di chi ha i dati sui trasferimenti va avanti da anni e alla fine le richieste arrivano sempre qui, ma noi non li abbiamo. Avete provato al ministero degli Interni?”. E si ricomincia.

Il saldo delle carceri: 20mila restano, 200 (forse) vanno - Qualche barlume, alla fine, illumina almeno il passato. A margine di uno dei tanti trattati bilaterali il ministero degli Interni nel 2008 fornì, con parsimonia, qualche cifra: nel 2005 il trasferimento delle persone straniere condannate è stato pari a 216, 46 nel 2006, 111 nel 2007 e 87 nel 2008. Si presume che da allora le cose non siano cambiate e che a prendere la frontiera per la carcerazione all’estero siano grosso modo un centinaio di detenuti all’anno. Numeri che rendono bene l’idea di come siano stati tradotti nel nostro Paese la convenzione di Strasburgo e tutta la congerie di accordi bilaterali che negli ultimi vent’anni sono stati annunciati, sottoscritti e celebrati in pompa magna tra convegni, delegazioni e voti in Parlamento.

Alla fine del giro tocca chiedersi anche se la resistenza a fornire dati sul trasferimento – insieme al disinteresse per tracciarli, recuperarli e renderli pubblici – sia del tutto casuale, il frutto accidentale della sovrapposizione di competenze e burocrazie, o se sotto ci sia altro. Il sospetto è che non vengano divulgati perché la loro stessa inconsistenza sarebbe fonte d’imbarazzo per le istituzioni italiane. Rivela come per vent’anni lo stesso ceto politico che alzava la voce sull’emergenza carceri non è stato capace di utilizzare lo strumento del rimpatrio per alleggerirle. Ancora oggi, del resto, sembra baloccarsi con fantomatici “piani carceri” per i quali non riesce a reperire le risorse e alla fine – messo con le spalle al muro dalla condizione ipertrofica delle celle – si affida all’unico “svuotacarceri” che non comporta costi diretti: un atto di clemenza che consenta alla politica di non fare i conti con la propria storica inerzia. E poco importa se amnistia e indulto alimentano il senso di ingiustizia tra i cittadini incensurati.

Integrazione

Lezioni di Corano alla scuola pubblica. Corsi di lingua araba e religione. Due aule dell'istituto di via Asturie a disposizione di una cooperativa di Alberto Giannoni

Una scuola di lingua araba e di Corano in una scuola pubblica. Nella Milano di frontiera scoppia un nuovo caso. Siamo in zona 9. Tutto nasce dalla cooperativa «Diapason», che ha chiesto di utilizzare due aule della scuola «Verga» di via Asturie. Per un laboratorio di lingua araba. E «per insegnare a memoria il Corano» aggiungono Pdl e Lega. La delibera è stata approvata a maggioranza. Ha votato a favore la sinistra. Hanno votato contro il centrodestra e l'Udc. La polemica è a tutti i livelli. «Intanto - spiega il consigliere comunale del Carroccio, Alessandro Morelli - c'è una disparità di trattamento con le altre associazioni del quartiere. Tutti chiedono spazi e strutture. Non a tutti viene convesso gratuitamente». L'anno scorso, in presenza di una richiesta identica, Morelli aveva interrogato l'allora vicesindaco, Maria Grazia Guida: «Mi rispose che la cosa non costava niente al Comune - ricorda oggi Morelli - una cosa assurda». Nella risposta della Guida pubblicata on line dai leghisti, in effetti, si legge che «unica spesa a carico del Comune è quella del riscaldamento». «La cooperativa ha accesso autonomo ai locali» precisava la vicesindaco, aggiungendo che «la pulizia delle aule viene eseguita dai genitori dei bambini frequentanti il laboratorio».

«In ogni caso - aggiunge Morelli - io contesto proprio l'impostazione. È chiaro che iniziative del genere fanno a pugni con l'idea dell'integrazione che sbandiera l'Amministrazione comunale. Io credo che sarebbero più utili corsi non solo sulla lingua ma anche sulla cultura e la storia italiana e milanese, anche perché molti dei figli di immigrati, in particolare quelli che non sono nati qui, difficilmente la conoscono, non per colpa loro». «Il corso - si legge nella relazione firmata dalla presidente di commissione Antonella Loconsolo - è di lingua e cultura, e affianca all'apprendimento della lingua anche nozioni di storia, geografia e matematica». «In realtà - spiega il consigliere di zona del Pdl Gabriele Legramandi - sono stati distribuiti volantini in lingua. I miei colleghi li hanno fatti tradurre scoprendo che si parla anche di lezioni di Corano, lezioni mnemoniche, per bambini piccoli». «D'altra parte - aggiunge - la presidente della zona (Beatrice Uguccioni del Pd, ndr) ha presentato un emendamento che sancisce formalmente il fatto che ci sia anche questo tipo di attività. I consiglieri della maggioranza sono tutti favorevoli», dice Legramandi. Un consigliere di Fratelli d'Italia ha presentato un emendamento di segno opposto, allegando il volantino. La commissione ha votato a favore a maggioranza «considerata la valenza culturale dell'iniziativa», «la gratuità», e «considerato che numerosi studi testimoniano che coltivare la lingua madre facilita, anziché ritardare, l'apprendimento corretto della lingua del paese ospitante». «Ma, per capire il clima in cui si è parlato di questa iniziativa - dice ancora Legramandi - posso riferire il fatto che nel corso della discussione in commissione ho chiesto più volte chiarimenti - semplici chiarimenti e non critiche di principio sulla fede islamica - che non mi sono stati dati. La presidente di commissione, che è di Sel, non intendeva lasciarmi parlare. E avendo io insistito sono stato insultato da altri due componenti la commissione, che mi hanno mandato a quel paese dandomi del ciellino, cosa che peraltro neanche sono».

Via il segreto bancario

Ci siamo: i nostri conti correnti spiati dal fisco. Da mercoledì l'anagrafe tributaria avrà anche i dati su gestioni patrimoniali e carte di credito: così scompare definitivamente il segreto bancario di Fabrizio Ravoni

Roma - Mercoledì scompare definitivamente il segreto bancario ai fini fiscali. Entro il 31 ottobre, infatti, banche e operatori finanziari dovranno comunicare all'Anagrafe tributaria tutti i dati dei propri correntisti. Per l'esattezza, entro mercoledì dovranno essere comunicati i conti correnti (con relative movimentazioni) aperti entro il 2011. Entro il 31 marzo 2014 quelli del 2012. Ed entro il 20 aprile del prossimo anno, i conti correnti, deposito titoli e ogni operazione effettuati nel 2013. A quel punto, la mappatura sarà completa. E il fisco italiano avrà a disposizione il sistema di monitoraggio e mappatura contro l'evasione fiscale più completo al mondo. Un processo iniziato nel 2006 e che era stato preceduto da iniziative che miravano ad aprire i conti correnti alla trasparenza fiscale solo dietro intervento della magistratura inquirente. Nel 2006, poi, la svolta: le banche potevano/dovevano comunicare all'Anagrafe tributaria solo i nomi dei contribuenti. E il numero dei conti aperti in questa o quella istituzione finanziaria. Ma senza fornire indicazioni sui movimenti bancari. Poi, nel 2011, con il decreto «Salva Italia» il governo Monti introduce un'evoluzione dei controlli fiscali sui conti correnti, quale mossa anti-evasione. Fino ad arrivare a giovedì, quando le verifiche saranno possibili. E la trasmissione dei dati sui movimenti finanziari degli italiani non sarà obbligata a fronte di una richieste della magistratura inquirente; ma obbligatoria. In tal modo, il Paese occidentale che vanta - al tempo stesso - il più alto debito pubblico e la più alta quota di evasione fiscale avrà anche il sistema (sulla carta) più efficace per recuperare le risorse sottratte al fisco. Nella sostanza, banche, Poste italiane, organismi di investimento collettivo, società di gestione del risparmio, dovranno comunicare tutti i dati identificativi del titolare del conto corrente. In più, dovranno comunicare all'Anagrafe tributaria gli importi totali delle movimentazioni effettuate nei dodici mesi. Vale a dire, dovranno fornire i dati sugli importi totali degli accrediti e degli addebiti dell'anno. E infine, fornire il saldo all'1 gennaio e al 31 dicembre. Oltre ai conti correnti propriamente detti, il monitoraggio fiscale riguarderà anche i conti deposito titoli, le gestioni patrimoniali, le carte di credito/debito, il numero delle operazioni extra-conto, i certificati di deposito, i buoni fruttiferi, i contratti derivati e perfino gli acquisti o le vendite di oro e metalli preziosi. Mentre saranno esclusi i movimenti bancari legati a finanziamenti, crediti, garanzie e fondi pensione. Queste operazioni, infatti, saranno oggetto di attenzione fiscale (indiretta) da parte del redditometro. Quando entrerà in vigore, infatti, il contribuente dovrà giustificare davanti al fisco il proprio tenore di vita e motivarlo in funzione del livello di reddito denunciato. Per il momento, il fisco evita di curiosare direttamente nelle cassette di sicurezza. In altre parole, non può andare a verificare i contenuti. Ma le banche sono tenute a informare l'Anagrafe tributarie su quante volte il titolare le va ad aprire. Lui o chi è cointestatario del conto corrente. Già, perché - così come per il redditometro, che arriva ai parenti prossimi - anche chi ha un conto cointestato si vedrà comunicare al fisco, dalla banca, i propri movimenti e livello di reddito.

Svendite

Eni e Rai: la Troika impone la svendita per tappare i buchi  

Qualcosa di pesante sta per accadere sul fronte delle ”svendite patrimoniali” delle partecipazioni pubbliche: il duo Saccomanni -Letta vuole mettere sul mercato, entro la fine dell’anno, due delle più importanti aziende di proprietà dello Stato, ovvero la RAI e l’ENI. In quanto a valore da remunerare l’ENI resta però l’obbiettivo primario, e la cessione della quota detenuta dal Tesoro sta sempre più assumendo i contorni di una necessità impellente. Infatti, le fonti citate dall’agenzia Reuters sembrano tradire una certa fretta di fare cassa da parte del governo e, come sappiamo, la fretta di vendere è sempre un indizio poco rassicurante. Per la fine di ottobre, intanto, il comitato per le privatizzazioni, per far partire l’intero progetto di dismissioni, potrebbe anche essere trasformato in un organo permanente. Si sa, il governo possiede oggi il 30 per cento di quello che un tempo era l’intero capitale, di cui il 4,34 per cento direttamente, attraverso il Ministero dell’Economia, e il resto tramite la Cassa depositi e prestiti. Una società, quest’ultima, che sovente è stata tirata in ballo da tutti i media italiani e non solo, in quanto considerata alla stregua di vera e propria cassaforte dei patrimoni pubblici e privati. Si evince quindi che il valore attuale delle azioni di ENI direttamente in “mano” al ministro Fabrizio Saccomanni è poco inferiore ai tre miliardi di euro. Ecco che, come abbiamo anticipato sopra, la fretta di vendere la quota si traduce proprio in un indizio poco rassicurante, ovvero quello di tradire forse l’ottimismo del governo dal lato dei conti pubblici. Infatti, a ben guardare le previsioni del governo si evince per l’anno in corso una contrazione del prodotto interno lordo dell’1,7 per cento, ma le ultime indicazioni certe fornite da tutte le organizzazioni internazionali, tra cui Fondo monetario internazionale e altri analisti, sembrano invece indicare una contrazione dell’1,8, che di conseguenza farebbero mancare alla previsione del governo svariate centinaia di milioni di euro di entrate, rendendo più complicato se non impossibile il raggiungimento del rapporto deficit/Pil, obiettivo che, tradotto, significherebbe il famoso quanto assurdo e sconclusionato 3 per cento.

A tutto ciò andrebbe anche aggiunto un ulteriore ottimismo pregresso del governo: infatti, sul fronte delle entrate, l’ultimo esempio è riconducibile alla Tobin tax, che dagli ultimi dati disponibili dimostrerebbe già una contrazione degli scambi maggiore del previsto, provocando così un ulteriore allontanamento del target di gettito, fissato dal governo Monti a un miliardo di euro. Gli analisti temono però che il gettito effettivo sarà un quarto di quello stimato, e che bisognerà forse fare i conti anche con una caduta della gettito dalle imposte sul capital gain. Insomma, non è dato sapere per quanto ancora il governo ritenga di continuare ad essere ottimista, ma quello che è certo è che non servivano certo dei tecnici raffinati, per capire prima del previsto il principio e i motivi della caduta delle entrate. Si tratta insomma di una débâcle largamente prevedibile, dove le risorse finanziarie che vengono a mancare è ovvio che vadano oggi a giustificare appieno la fretta delle intenzioni di dismissioni del governo. Non sono escluse le vendite di quote in Terna e Fincantieri, mentre per ora restano avulse dal piano di dismissioni ENEL e Finmeccanica. Messa così, sembra la fotocopia di ciò che è capitato alla Grecia: privatizzazioni “camuffate” e vere “svendite” dei patrimoni di un Paese. Alla luce di quanto sopra, il martellante indebolimento degli Stati messo in atto dalla Troika con il rigore pare servito a costringerli ad aderire a una Europa contro le proprie volontà, il vero sistema di potere occulto europeo, ovvero quello della finanza, delle lobby economiche e delle banche private, artefice e complice di questa crisi finanziaria in quanto funzionale a procedere scientificamente al completamento dell’Unione politica Europea a tutti i costi e a qualunque prezzo, continua invece ad imporsi sugli Stati attraverso i trattati delle cessioni di sovranità e il rispetto di parametri sconclusionati e discriminatori.

Fabrizio Dal Col 

giovedì 24 ottobre 2013

Italia indegna ma altrove si fa ciò che si vuole

L'Ue boccia la Bossi-Fini senza leggerla. Nel mirino una norma inesistente che punirebbe chi salva i clandestini. Silenzio sui respingimenti di Spagna e Francia di Gian Micalessin

A Ceuta la giornata di ieri inizia con un assalto dei migranti africani alle recinzioni che dividono il suolo marocchino dall'enclave spagnola. È il quinto assalto da agosto e tutto fila come di consueto. Un centinaio di disperati in fuga dai vari regni del caos africano si lanciano contro i gendarmi marocchini che presidiano le reti. Come sempre vengono respinti senza complimenti e ricacciati negli accampamenti dove marciscono da mesi. Dall'altra parte della barriera la Guarda Civile spagnola è pronta a «respingere» gli eventuali intrusi penetrati in territorio europeo. Ma di quel che succede a Ceuta, di quei disgraziati ricacciati a suon di botte, al Parlamento di Bruxelles interessa poco. Sul fronte dell'immigrazione ci son altre nazioni da sanzionare, altre condotte da censurare. Ad esempio l'Italia colpevole, a detta dei nostri partner europei, di mantenere in vigore una legge Bossi-Fini che consentirebbe azioni penali contro chi soccorre i clandestini vittime del mare. E così i parlamentari europei chiamati a discutere di flussi migratori nel Mediterraneo si affidano a una risoluzione bipartisan in cui si chiede, tra l'altro, di «modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare». Il malcelato riferimento alla Bossi-Fini è tanto ovvio quanto cannato. Il comma 2 articolo 2 del testo di legge precisa infatti che le operazioni di soccorso non vanno considerate favoreggiamento. «Abbiamo votato senza impuntarci su quell'errore perché nella sua completezza la mozione parla per la prima volta di condivisione della responsabilità fra stati membri nella gestione degli immigrati e questo per l'Italia è molto importante» - chiarisce Carlo Fidanza eurodeputato tra le fila del Partito Popolare Europeo.

L'Italia bersaglio resta comunque un comodo paravento per chi a Bruxelles preferisce ignorare i «respingimenti» di Ceuta, il muro «anti migranti» eretto in Grecia e quello in costruzione in Bulgaria. Ovvero tutti i tappabuchi che trasformano il Mediterraneo e le sponde italiane in un punto di passaggio obbligato. Ma volendo affrontare l'argomento leggi «discutibili» si potrebbe spendere qualche parola anche sul decreto con cui Madrid ha sospeso l'assistenza sanitaria gratuita a 150mila immigrati irregolari. O dar un'occhiata alla Francia socialista del presidente François Hollande dove, ancor prima di rispedire a casa la zingarella Leonarda, si sbandieravano con orgoglio le espulsioni di 18mila sans papiers nei primi otto mesi dell'anno promettendo di cacciarne 21mila in tutto entro il 31 dicembre. E per capire le prossime tendenze sull'argomento gli eurodeputati potrebbero andare a vedere quel che si muove in Inghilterra. Lì il premier David Cameron e il fido ministro degli interni Theresa May hanno già pronta una legge studiata ad hoc, hanno spiegato, per trasformare la Gran Bretagna in un «terreno ostile» per gli immigrati non in regola. Gli strumenti principali del nuovo progetto di legge a «tolleranza zero» saranno l'individuazione e la caccia serrata ai clandestini seguite da provvedimenti d'immediata espulsione. Per favorire la denuncia dei residenti illegali Cameron e i suoi punteranno sulle delazioni dei padroni di casa. E nella grande caccia al clandestino saranno coinvolte pure le banche costrette a pretendere un certificato di soggiorno prima di concedere l'apertura di nuovo conti correnti agli stranieri. Quanto alle espulsioni saranno immediate e senza troppe possibilità d'appello. La regola principale sarà «prima deportare e poi ascoltare». Per prima cosa dunque gli illegali saranno caricati su un aereo e rimandati in patria. Poi, con comodo, le autorità si riserveranno di valutare le buone ragioni dei respinti e l'eventuale diritto a venir riaccolti sul territorio di Sua Maestà.

L'equa ripartizione di responsabilità

Immigrazione: Ue segue linea Italia. Solidarieta' ed equa ripartizione responsabilita'

BRUXELLES, 24 OTT
- Dare al problema dell'immigrazione una risposta europea guidata dal principio di "solidarieta'" e di un' "equa ripartizione delle responsabilita'". E' quanto si legge nell'ultima versione della bozza di conclusioni del vertice Ue che, a quanto si e' appreso, accoglie sostanzialmente le richieste dell'Italia.

martedì 22 ottobre 2013

Pronti per altri prelievi forzosi?

Un commento: "Quando ero un ragazzo, esistevano lo stato, la provincia e il comune. La mutua era completamente gratuita, si andava in pensione con 35 anni, il debito era al 40%, si faceva un mese di vacanza e si sorrideva. Poi sono arrivate le regioni, l'europa, la globalizzazione e l'euro. E la m... è salita fino alle orecchie. Però i cetrioli sono certificati!"

Ue, allarme di Barroso: “A novembre finiremo i soldi per i finanziamenti”. Il presidente della Commissione avverte il numero uno dell'Europarlamento che senza un accordo non sarà più possibile erogare i fondi. Lo scoperto è dovuto a mancati introiti doganali, con un buco di 2,7 miliardi che ora Bruxelles chiede agli Stati di riempire immediatamente

Senza un accordo da metà novembre la Commissione Ue “non avrà più i soldi per pagare” le fatture con cui vengono erogati i finanziamenti europei, fondi strutturali compresi. E’ l’allarme lanciato dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso, in una telefonata fatta stamane al presidente dell’Europarlamento Martin Schulz. A dare conto della telefonata e dell’urgenza della questione sollevata da Barroso è stato lo stesso Schulz aprendo la sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. “Barroso mi ha telefonato e informato che a metà novembre non avrà più soldi per pagare le fatture attraverso cui vengono erogati i finanziamenti Ue”, ha detto, sottolineando che “siamo arrivati fin qui perché gli Stati membri non hanno rispettato i loro impegni”. Per approvare in tempi rapidi un bilancio rettificato, il presidente del Parlamento ha quindi proposto una riunione straordinaria della commissione bilancio per domani e, qualora i nuovi conti venissero approvati, il via libera della plenaria mercoledì o giovedì. Lo scoperto è dovuto a mancati introiti doganali causati dalla crisi, con un buco di 2,7 miliardi che ora la Commissione Ue chiede agli Stati di riempire immediatamente. Fino ad ora si attendeva, su pressioni di Berlino, di modificare il bilancio una sola volta, includendo i 2,7 miliardi, i 3,9 miliardi aggiuntivi proposti proprio dagli eurodeputati e non ancora stanziati, oltre ai 400 milioni destinati a compensare i danni subiti dalle alluvioni. L’allarme della Commissione potrebbe ora scorporare il pacchetto, con il Parlamento che teme di veder così rimandato lo stanziamento aggiuntivo di 3,9 miliardi. “Come può la Commissione scoprire venerdì pomeriggio che non ha più soldi? E’ incredibile”, è la battuta finale del capogruppo dei verdi, Daniel Cohn Bendit. Mentre per il leghista Mario Borghezio “suona come un cattivo presagio sul futuro di questa Europa. Gli elettori premieranno le nostre forze cosiddette populiste, che hanno avuto il merito di denunciare profeticamente i guasti economici, sociali e finanziari del moloch di Bruxelles”.

Fondo salva-stati, italia e germania

L'Italia compra i Bund e finanzia Berlino. La Germania approfitta del fondo salva-Stati pensato per i paesi in difficoltà

Sembra incredibile ma è vero: il fondo «salva-Stati» Esm, creato per sostenere i Paesi europei in difficoltà, sta di fatto finanziando la già ricca Germania, che in base a un recente studio creerà nel 2014 500mila nuovi posti di lavoro. E l'indebitatissima Italia partecipa generosamente a questo paradossale finanziamento. Il meccanismo è il seguente: l'Esm raccoglie la gran parte dei 700 miliardi di deuro di cui dispone attraverso l'emissione sul mercato di bond, ma è il capitale versato direttamente dai diciassette Paesi di Eurolandia a costituire la sua base. Dietro Germania e Francia, che sono i due principali finanziatori con quote rispettivamente del 27,2 e del 20,4 per cento del totale, c'è proprio l'Italia, che contribuisce con un totale di oltre 125 miliardi, pari a una quota del 17,9 per cento. I contributi all'Esm ci sono costati quest'anno 11,4 miliardi di euro, e l'anno prossimo ne verseremo ben 14,3. Cosa viene fatto di tutti questi soldi? Vengono investiti, e per fare ciò si acquistano titoli «di alta qualità» (niente titoli italiani e spagnoli, perché hanno un rating insoddisfacente): quindi, in gran parte, i sicurissimi Bund tedeschi. Con una seriedi effetti sconcertanti. Prima di tutto, viene finanziato lo Stato tedesco con i soldi dei Paesi più poveri dell'Europa del Sud (che complessivamente contribuiscono all'Esm per oltre un terzo del capitale totale). Poi questi stessi Stati subiscono la beffa di non poter attingere al fondo salva-stati per sostenere le proprie banche, in base proprio alla pretesa tedesca, espressa dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, di non usare i fondi Esm per aiutare le banche in difficoltà prima che i loro creditori abbiano subito perdite in proporzione. E ancora, il massiccio acquisto di titoli di Stato tedesco da parte dell'Italia non fa che accrescere il famigerato spread, e con esso lo svantaggio competitivo per le aziende del nostro Paese. È già molto, ma non è tutto. Perché la Germania icassa denaro italiano anche da un'altra via. Sono i rendimenti dei 100 miliardi di Btp italiani provvidenzialmente (per noi: hanno salvato i nostri conti pubblici) acquistati dalla Banca Centrale Europea nel 2011. L'Italia ha onorato cedole per oltre 10 miliardi, e un terzo di quel guadagno della Bce finisce alla Bundesbank tedesca, che ne è il socio principale.

Non aumenteranno le tasse...

L'esproprio di Letta sui piccoli risparmi: salasso pure per i Bot. La legge di Stabilità arriva oggi in Senato. Ennesimo ritocco dell'imposta sul dossier titoli: così il governo vuole fare cassa ai danni delle famiglie. Esenti gli investimenti sotto i 17mila euro: pagano ancora il minimo. È contenta solo la Cgil di Antonio Signorini

Roma - Nessuno osa pronunciare la parola Bot, perché i titoli di Stato restano un tabù e solo evocare una tassa che intacchi il risparmio più antico e meno speculativo rischia di provocare reazioni difficili da controllare. Ma la sostanza c'è e non da oggi. La legge di Stabilità approvata la settimana scorsa dal governo e che oggi inizia il percorso parlamentare, incrementa la «imposta di bollo su comunicazioni relative a prodotti finanziari». La tassa c'era già e con il decreto montiano «Salva Italia» era stata incrementata dallo 0,1 per mille allo 0,15. La versione definitiva della legge che approda oggi al Senato la porta allo 0,2 per mille a partire dal 2014. Il governo ha preferito inasprire il bollo sugli investimenti all'aumento delle imposte sulle rendite finanziarie di due punti percentuali, inizialmente inserito nelle legge. Paradossalmente, una misura che avrebbe risparmiato i titoli del debito pubblico italiano. Il balzello sulle comunicazioni, invece, include quasi tutte le forme di risparmio. Le azioni, le obbligazioni. Non c'è una esclusione esplicita per Bot, Cct, Ctz. Era stata proposta nei giorni scorsi, ma è stata esclusa per ragioni di copertura. Restano i limiti della legge già in vigore, come l'esclusione dei fondi pensione e sanitari. Sono compresi anche i buoni fruttiferi postali, per i quali vale però una franchigia di 5mila euro. In generale, sono esclusi gli investimenti complessivi sotto i 17.100 euro, che continueranno a pagare l'imposta minima annuale di 34,2 euro. L'aggravio del dossier titoli è una delle voci più importanti delle coperture. Vale, secondo il comunicato del governo che risale al giorno del Consiglio dei ministri, 900 milioni di euro. Nella relazione tecnica la cifra è calata a 527 milioni di euro. Possibile che questo sia uno dei capitoli della legge che il Parlamento modificherà. Ieri il presidente della Repubblica ha dato il via libera al testo, fresco di bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato. Oggi approda a Palazzo Madama, con le comunicazioni del presidente Pietro Grasso. Il centrodestra si appresta a dare battaglia sul fisco, in particolare quello che grava sulla casa. Ma anche sull'imposta sul risparmio potrebbero emergere proposte di maggioranza. Ufficialmente, tutti sono contrari a tassare i titoli di Stato, nessuno parla di questo inasprimento che, anche se non tocca direttamente i Bot, colpisce il «contenitore» nel quale il risparmiatore è obbligato a tenerli. Così com'è, la misura rischia di accontentare solo Susanna Camusso. Solo il segretario generale della Cgil si è schierata ufficialmente per tassare i titoli di Stato.

venerdì 18 ottobre 2013

Purghe staliniane... e psicoreati

Hanno partorito un mostro giuridico. Non ce ne stiamo accorgendo ma la repubblica di Napolitano e della Boldrini, del ministro Kyenge e dei manovali del Parlamento sta stravolgendo lo Stato di diritto di Marcello Veneziani

Non ce ne stiamo accorgendo ma, nel giro di poche settimane, la repubblica di Napolitano e della Boldrini, del ministro Kyenge e dei volenterosi manovali del Parlamento, sta stravolgendo lo Stato di diritto e il senso della giustizia col plauso dei media. Viene introdotto il reato di omofobia, nasce cioè un reato dedicato in esclusiva; viene introdotto il femminicidio, cioè viene stabilito che c'è un omicidio più omicidio degli altri; viene negato il reato di immigrazione clandestina e dunque la cittadinanza non ha più valore; viene introdotto il reato di negazionismo, valido solo per la shoah. Vengono così stravolti i principi su cui si fonda ogni civiltà giuridica: l'universalità della norma che deve valere per tutti, il principio più volte sbandierato e poi di fatto calpestato, della legge uguale per tutti; viene punito col carcere il reato d'opinione, e colpendo solo certe opinioni; viene sancita la discriminazione di genere, a tutela di alcune minoranze; è vanificata l'opera del giudice nell'individuare eventuali aggravanti nei reati giudicati perché vengono indicate a priori quelle rilevanti e dunque sono suggerite pure quelle irrilevanti. Usano l'eccezione per colpire la norma, piegano le leggi a campagne ideologico-emotive e le rendono variabili. Sfasciano la giustizia col plauso dei giustizialisti, uccidono la libertà e l'uguaglianza, il diritto e la tolleranza nel nome della libertà e dell'uguaglianza, del diritto e della tolleranza. Un mostro. E se provi a dirlo, il mostro sei tu, a suon di legge.

Meglio tacere e...

Prima qui. E poi, il resto delle stronzate del signor Letta che ha ricevuto i complimentoni dell'abbronzato d'oltreoceano.

Legge stabilità, Letta: “Noi siamo stati i primi ad abbassare le tasse”. Il capo del governo difende la manovra dell'esecutivo e aggiunge: "La service tax sarà molto meno della somma di Imu e Tares. Polemica sui 14 euro? Inventata". Di ritorno dagli Stati Uniti promette parlerà con Monti e Fassina

La legge di stabilità abbassa le tasse. A difendere la manovra del governo è il capo dell’esecutivo Enrico Letta: ”I complimenti di Obama non sono importanti per me”, ha commentato in un’intervista al Tg1, “ma perché creano un clima di fiducia. Forse noi italiani siamo un po’ autolesionisti, se avessimo potuto saremmo stati contenti di restituire più soldi ma dalla crisi si esce passo per volta ma per la prima volta abbiamo abbassato tasse”. Non accetta le polemiche il presidente del consiglio: “Forse era meglio un’altra legge di stabilità come negli anni scorsi, con tagli alla sanità e con tagli al sociale? Questa è una legge che per la prima volta non tocca la sanità, mette degli investimenti sociali e soprattutto riduce le tasse. E’ una legge di stabilità che per la prima volta abbassa il debito, abbassa il deficit, abbassa la spesa primaria e abbassa un po’ di tasse per lavoratori ed imprese, soprattutto le imprese che vogliono fare occupazione e che vogliono trasformare i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Aiuta i Comuni allentando il Patto di stabilità, insomma si ricomincia a guardare al futuro”. E aggiunge che la discussione sui “quattordici euro di aumento in busta paga” è una polemica inventata: “Questa cifra non è scritta da nessuna parte nella manovra. La manovra mette in campo 5 miliardi in tre anni e il Parlamento e le parti sociali decideranno come usarli. E io mi auguro che li utilizzino al meglio, per far sì che il beneficio fiscale vada a chi ha più bisogno, penso ad esempio alle famiglie con più figli ”. E ha aggiunto: “La service tax sarà molto meno della somma di Imu e Tares”.

Lo scenario che lo aspetta in Italia dopo il viaggio negli Stati Uniti è ancora una volta quello dell’instabilità interna. Da Mario Monti dimissionario da Scelta civica fino a Stefano Fassina, sottosegretario all’Economia che potrebbe lasciare il suo posto: “Ormai sono abituato a convivere con l’instabilità”, ha commentato aggiungendo che “parlerà con Monti e con Fassina”. Il premier ha tra l’altro detto di essere convinto che da questo confronto se ne potrà uscire “molto più forti”. Letta ha citato ad esempio il fatto che la Camera ha recentemente approvato la legge sullo stop al finanziamento pubblico ai partiti, quando “sembrava impossibile”. E invece – ha sottolineato – è stata data una “iniezione di trasparenza”. E in merito alla situazione all’interno del Partito democratico commenta: “Non temo che una leadership forte del Pd possa condizionare il governo, anzi spero che ci sia forte impegno, forte leadership, perché i problemi sono complicati” e “abbiamo bisogno di leadership forti, di partiti coesi e di un governo come il nostro, che nonostante difficoltà e instabilità ha voglia di affrontare i problemi per come sono e, soprattutto, di mettere in campo le soluzioni”.

giovedì 17 ottobre 2013

Rapine autorizzate

Patrimoniale. Tra le pieghe della manovra spunta la tassa sui risparmi: 20 euro ogni 10mila in banca. La tagliola scatta a prescindere se l'investimento o il bond acquistato abbia generato un guadagno

Tra le pieghe della legge di Stabilità, la patrimoniale c'è. Seppur mini, c'è. E' spuntata nel documento approvato mercoledì dal governo delle larghe intese in tempi record. Meno di 24 ore dal "monito" del Fondo Monetario Internazionale è stato inserito nella manovra Letta un balzello sui prodotti finanziari che scatta a prescindere se l’investimento o il bond acquistato abbia generato un guadagno. L’aliquota, spiega Francesco De Dominicis su Libero in edicola oggi 17 ottobre 2013, passa dall’1,5 per mille al 2 per mille. Vuol dire che su 10mila euro di risparmi lasciati nei depositi bancari, ogni anno ne "regaliamo" 20 allo Stato attraverso le "comunicazioni delle banche relative ai prodotti finanziari". La stangatina aggiuntiva vale, complessivamente, 900 milioni di euro. Calcolatrice alla mano, significa che il fisco si becca circa 3,6 miliardi ogni anno dai depositi e dai risparmi di famiglie e imprese. A dare il là, era stato il Governo tecnico di Mario Monti che aveva modificato le regole sul bollo in banca, trasformando l’imposta fissa pari a 34,5 euro a un prelievo "a percentuale", cioè una patrimoniale. Segno che tra professori e politici non c’è alcuna differenza. 

Il Pdl fa da palo alla rapina

Case, pensioni, farmaci. Le tasse nascoste di Letta. Tagli ai crediti di imposta e riduzione dei rimborsi per chi ha pagato più tasse del dovuto. Che c'entrano queste e altre furbate col programma Pdl? di Framco Bechis

L’ultima sorpresa è arrivata ieri dal nuovo testo della legge di stabilità uscito dal consiglio dei ministri. Articolo 17, titolo: «Disposizioni in materia di entrate tributarie», che tradotto in parole semplici significa: «tasse». Comma 2: entro il 31 gennaio 2014 dovranno essere rideterminate le agevolazioni tributarie in modo da potere fare incassare allo Stato almeno 500 milioni di euro nel 2014 e 1 miliardo di euro a partire dall’anno 2015. Se questo non viene fatto, scatta (come sempre retroattiva) una clausola di salvaguardia: le detrazioni fiscali oggi previste dalla legislazione, a cominciare dalle spese mediche,  saranno detraibili per l’anno 2013 al 18% invece dell’attuale 19%. E a decorrere dall’anno fiscale 2014 saranno detraibili solo al 17%. Due punti in meno. Un miliardo e mezzo di detrazioni in meno nel biennio. Quindi un miliardo e mezzo di tasse in più.

Non basta. Altri due commi. Primo: entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di stabilità (quindi certamente entro il 31 gennaio 2014) i crediti di imposta che lo Stato deve riconoscere ai cittadini che hanno pagato più tasse del dovuto sono ridotti fino all’85% di quanto spetta, e comunque in modo da assicurare allo Stato un risparmio di almeno 500 milioni di euro. Mezzo miliardo di tasse che dovevano essere restituite ai contribuenti e che invece si terrà lo Stato. Mezzo miliardo di tasse in più. Se non viene varato quel decreto che rapina di fatto il 15% dei crediti di imposta dei contribuenti, scatta la clausola di salvaguardia: viene tagliato automaticamente del 25% il fondo inserito in bilancio per la restituzione dei crediti di imposta. Mezzo miliardo più la norma delle detrazioni: due miliardi di tasse in più. Non basta. Comma successivo: dal primo gennaio aumenta del 33% (dall’1,5 per mille al 2 per mille) l’imposta di bollo sulle comunicazioni relative a prodotti finanziari. E arriva una imposta di bollo forfettaria di 16 euro su «tutte le istanze trasmesse in via telematica e sugli atti e i provvedimenti rilasciati attraverso i medesimi canali».  Nel collegato fiscale arriva una imposta di registro minima sulle transazioni immobiliari di mille euro: 140 milioni di incasso a partire dal 2014, e 29 milioni in più già da qui alla fine del 2013. Altra tassa. Fra contributi e bolli ce ne sono altre quattro minori nella legge di stabilità. Troppe tasse per una manovra firmata anche dal centrodestra, che aveva sempre escluso questa leva. Poi c’è il corpaccione della tassa sulla casa. Arriva la Trise, che si somma all’Imu sulle seconde case e sugli uffici e sostituisce l’Imu sulle prime case dal 2014. Avrà una aliquota compresa fra l’1 per mille e il 2,5 per mille. Secondo le prime simulazioni con le aliquote minime i proprietari di prima casa staranno un po’ meglio di quanto non capitò loro nel 2012. Quelli delle seconde case pagheranno peggio di quando c’era Mario Monti. Se la forchetta dei comuni sarà invece quella massima, il rischio è che a stare peggio siano proprio tutti: si paga più di prima. Ma anche la prima ipotesi, che bastona i presunti ricchi che hanno una seconda casetta al mare o in montagna, non è esattamente una perla da inserire nelle grandi conquiste del Pdl.  È  la classe media a fare le spese di questa finanziaria, quella che un tempo aveva cuore e portafoglio a centro-destra. Si capisce che sia finita nel mirino del Pd. Ma il Pdl può votare in Parlamento norme così, scritte in modo così astuto da essere sfuggite perfino alle sentinelle anti-tasse interne all’esecutivo?

In compenso il Pd nella finanziaria ha inserito la sua bella legge-mancia per un eventuale campagna elettorale improvvisa. Ad esempio sulle pensioni. Hanno infilato la de-indicizzazione degli assegni della classe media dei pensionati, un contributo di solidarietà anticostituzionale (e lo sanno, quindi verrà cassato entro un anno e restituito) sulle pensioni sopra i 100 mila euro (5%), 150 mila euro (10%) e 200 mila euro (15%). Con quei risparmi, che la Corte Costituzionale boccerà per la terza volta in un anno, si consentirà a 6 mila possibili esodati di andare in pensione di anzianità con le vecchie regole pre-riforma Fornero: con il sistema retributivo e non contributivo. Non proprio un fiore da mettere nell’occhiello del centrodestra attuale. Di tagli alla spesa strutturali non c’è traccia se non  pallida. Le risorse per lo sviluppo vengono portate quasi tutte in anni futuri nella speranza di avere un po’ di fortuna nei conti pubblici. Quelle per il 2014 sono in gran parte riapposizioni di fondi che erano stati presi a prestito nel 2013 per coprire i decreti Letta su Imu, Cig ed esodati. Manca qualsiasi ombra di grande riforma che era stata imposta dall’Unione europea all’Italia dalla seconda metà del 2011 in poi. Quella sulle pensioni - realizzata con molti errori da Elsa Fornero - è addirittura concettualmente smontata nei suoi principi grazie alla soluzione sugli esodati. Quella sul mercato del lavoro, fondamentale per la credibilità dell’Italia negli ambienti finanziari internazionali, manco citata o abbozzata. Quella fiscale resta un miraggio semmai allontanato ancora di più da questa finanziaria. Quella sulle liberalizzazioni non è mai stata realizzata. Non è facile fare digerire un pacchetto così a un partito che ben altre cose aveva proposto agli elettori nell’ultima campagna elettorale.

mercoledì 16 ottobre 2013

Sano complottismo

Il Vero Volto dell’Immigrazione di Marcello Pamio

Attenzione alle date...

10 aprile 1981
La legge 158 ratifica la convenzione nr. 143 del 1975 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro dal titolo: «Sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti»

30 dicembre 1986
Legge nr. 943 che garantiva: «A tutti i lavoratori extracomunitari parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani»

10 agosto 1989 – Tratto dal quotidiano “Alto Adige”
«Si calcola che nei prossimi anni, 30-40 milioni di africani verranno in Europa, e i governi centrali, hanno affidato a Italia, Spagna e Grecia il peso maggiore. Sembra che l’Italia, nella spartizione internazionale, debba farsi carico dell’immigrazione senegalese, e si stima in 5 milioni la dimensione numerica»

9 novembre 1989 – Tratto dal quotidiano “Il Giornale”
Titolo: «L’Italia deve affrontare la mina vagante degli immigrati di colore». Entro 20 anni gli immigrati dovrebbero essere 5 o 6 milioni!

19 gennaio 1990 – Tratto dal quotidiano “Il Corriere della Sera”
Titolo: «L’Italia impara a convivere con Maometto». «L’Italia sta diventando la nuova frontiera dell’Islam»

28 febbraio 1990 
La legge nr. 39 firmata da Claudio Martelli apre definitivamente le porte all’immigrazione…

Legge Martelli
Il 28 febbraio del 1990 Claudio Martelli firma la legge nr. 39. Una legge rivoluzionaria!
- L’articolo 13 demolisce tutte le norme del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza (18 giugno 1931) in materia di controllo sugli stranieri, rende l’espulsione estremamente difficile, consentendo perfino il ricorso ai tribunali amministrativi.
- L’articolo 9, comma 2 dispone che l’extracomunitario privo di documenti, possa “regolarizzare” la sua posizione sulla base di una attestazione della sua identità resa da due persone incensurate.

Articolo 9 - Comma 2. Gli interessati sono tenuti a presentarsi agli appositi uffici delle questure o dei commissariati di pubblica sicurezza territorialmente competenti, muniti di passaporto o di altro documento equipollente o, in mancanza, di dichiarazione resa al comune di dimora abituale dall'interessato e della contestuale attestazione dell'identità personale dello straniero, resa da due persone incensurate, aventi la cittadinanza italiana ovvero appartenenti allo stesso Stato dell'interessato o, se apolide, allo Stato di ultima residenza abituale dell'interessato e regolarmente soggiornanti in Italia da almeno un anno…

- L’articolo 10 prevede la concessione di licenze di commercio agli immigrati a condizioni agevolate rispetto a quelle richieste per gli italiani.
 
Cui Prodest?

Rileggendo con attenzione le date, si evince chiaramente che fin dagli anni ‘80 sono state votate leggi permissive ad hoc - in merito all’immigrazione - che avrebbero pian piano portato alla situazione odierna. Semplice coincidenza o fredda programmazione? E poi, come formulare previsioni del genere se si trattava di un fenomeno spontaneo? Gli articoli pubblicati dai giornali nazionali non lasciano spazio a dubbi: qualcuno era a conoscenza per tempo dell’”invasione” clandestina che ci sarebbe stata. Perché allora non state messe in atto strategie politico-economiche per impedirla? Chi ha interesse che milioni di poveri disperati si riversassero nelle città europee creando instabilità sociale? E soprattutto chi ha il potere di attuare un simile e perverso programma?
 
La longa mano dell’Alta Finanza Internazionale

Tutti i paesi del Terzo Mondo sono soffocati dai debiti: è un dato di fatto! Ma debito nei confronti di chi? Ovviamente delle grandi istituzioni bancarie occidentali, come per esempio il Fondo Monetario Internazionale, per dirne uno. Questo Fondo, nato a Bretton Woods (USA) nel 1944 con lo scopo ufficiale di favorire lo sviluppo dei paesi poveri, si è rivelato nel corso degli anni invece per quello che realmente è: lo strumento principe nelle mani della Sinarchia, dal greco Syn (assieme) e Arché (comando) s’intendono quel gruppo elitario che controllano il mondo, per indebitare sempre più i paesi che ne chiedono l’aiuto e/o che ne accettano la sottoscrizione. Il tutto per avere il controllo globale.

Quando infatti uno stato o un paese non riesce a pagare i propri debiti alle banche, interviene immediatamente il FMI (per salvare le banche ovviamente), il quale costringe i governanti, siano essi dittatori o meno, ad una politica basata su privatizzazioni, riduzioni degli sprechi (sanità, istruzione, terziario, ecc.) e svalutazione monetaria (per favorire le esportazioni di noi occidentali). Tali politiche finiscono per indebitare sempre più lo stato o il paese. Chi entra nel Fondo Monetario, difficilmente ne esce. Le conseguenze finali di queste operazioni di strozzinaggio legalizzato sono, nei paesi industrializzati: inflazione, disoccupazione, crisi economiche; mentre nei paesi più degradati: fame, guerre ed…emigrazione!
 
Conclusioni

L’immigrazione clandestina dai paesi africani è per tanto la conseguenza di politiche economiche e finanziarie mafiose da parte degli organi sopranazionali (ONU, FMI, WTO, Banca Mondiale, ecc.), ma anche la conseguenza di politiche colonialistiche europee (vedi Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda, Italia, ecc.) che hanno privato i cittadini delle risorse primarie (l’Africa avrebbe tutto: oro, diamanti, petrolio, rame, ecc.) lasciando il continente devastato e impoverito.

Detto questo però si può affermare che l’immigrazione è stata agevolata e assolutamente non impedita perché funzionale! Ma funzionale per chi?

- A mafia e malavita organizzata che vedono nell’economica manovalanza extracomunitaria una manna dal cielo: sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga, mercato di organi, killer usa e getta, ecc.

- Alle associazioni caritatevoli che ricevono proprio per l’immigrazione fondi e sovvenzioni dal governo (voci di corridoio dicono che un noto gruppo italiano dedito alla carità, “ordina” per telefono una imbarcazione o un canotto pieni di disperati, quando ha bisogno di quattrini…). Sono solo voci, ovviamente!

- Per ultimo, ma non per importanza, l’immigrazione clandestina è funzionale a quei personaggi che vogliono fomentare una destabilizzazione della società per meglio controllarne le masse. Mi riferisco alla massoneria deviata e alle lobbies di potere!
 
E’ risaputo che quanto più una società è tenuta sotto una campana costante di paura che viene alimentata quotidianamente da violenze gratuite, terrorismo, sciaccallaggio, rapine, stupri, ecc., tanto più le persone che appartengono a questa società sono manipolabili e controllabili. Il terrorismo islamico, il Male per antonomasia, in tutto questo s’inserisce alla perfezione. Il panico che i kamikaze e le loro bombe stanno veicolando - grazie ai media compiacenti - viene sfruttato dai medesimi personaggi per far passare leggi restrittive sempre più severe, guarda caso, nei confronti delle libertà civili delle persone normali. Queste leggi mirate, sono leggi che limiteranno le nostre libertà o quelle dei veri terroristi? Anche in questo caso è applicabile, come sempre, la legge aurea del controllo: Problema – Reazione – Soluzione.

Prima hanno creato il Problema: apertura delle frontiere, leggi e decreti che favorivano l’immigrazione, anche clandestina. La Reazione è sotto gli occhi e le orecchie di tutti: basta chiedere in giro cosa pensa la gente dei marocchini, islamici, Vu comprà, albanesi, della droga e della prostituzione, ecc. Per non parlare dei kamikaze… La Soluzione per tutto questo? Semplice: telecamere ovunque, controllo totale di internet, della posta elettronica, dei messaggi SMS, delle telefonate, dei fax, dei vostri soldi. Prelievo coatto (cioè con la forza) della saliva (se siete onesti di cosa vi preoccupate?) che sarà archiviata nella centrale mondiale del DNA a Bruxelles. Fermo di polizia fino a 24 ore senza avvocato, maggiori poteri all’esercito, ecc. ecc.

Avete capito dove vogliono arrivare?

martedì 15 ottobre 2013

Kyenge e inps

Le mani della Kyenge sull'Inps: "Pensione agli immigrati che tornano a casa". Il ministro all'Integrazione vuole cambiare gli accordi di reciprocità. Una misura che avrebbe sicuramente effetti dannosi sui conti dell'Inps di Sergio Rame

Una recente indagine condotta dalla Cgil e dal Cer (Centro Europa ricerche) denuncia, senza usare mezzi termini, il sistema fiscale italiano che, numeri alla mano, risulta essere "sempre più iniquo" tanto da aggravare, di giorno in giorno, il fenomeno dell’incapienza. Il ministro all'Integrazione Cecile Kyenge a Che tempo che faNel Belpaese ci sono, infatti, persone troppo povere anche per avere "sconti" fiscali: gli incapienti sono 9,3 milioni. Di questi l’80% circa sono lavoratori dipendenti e pensionati che popolano la classe dei redditi "fino a 15mila euro" l’anno. Di manovra in manovra, di governo in governo, il sistema prevideziale è rimasto (quasi) sempre lo stesso. Adesso, però, sembrerebbe che il ministro all'Integrazione Cecile Kyenge abbia preso in mano la partita per cambiare l'Inps. Non per alzare le pensioni minime, non per garantire agli anziani che oggi vivono con poche centinaia di euro di riuscire a tirare a fine mese, ma per assicurare a tutti gli immigrati che lasciano l'Italia di percepire una pensione (pagata dal nostro ente di previdenza sociale) nel loro Paese. "Oggi una persona che lascia il nostro Paese per tornare nel suo Paese di origine non può usufruire della pensione nè accedere ai contributi versati in Italia". Lavorando a stretto gomito con la Farnesina, il ministero del Lavoro e l’Inps, la Kyenge si è quindi messa sotto per cambiare gli accordi di reciprocità in modo che chi torna al proprio paese d’origine dopo aver lavorato in Italia possa percepire la pensione e recuperare i contributi. Intervenendo a Torino alla presentazione di un rapporto sull’immigrazione promosso dalla Compagnia di Sanpaolo, la titolare dell’Integrazione ha assicurato che questi accordi porterebbero vantaggi anche per l’Italia: "Consentirebbero vantaggi non al solo al migrante, di uscire dall’invisibilità, ma anche allo Stato italiano che beneficerebbe dei contributi versati dai lavoratori stranieri". Una strada questa che secondo la Kyenge potrebbe contrastare anche il lavoro nero. "Se un migrante - ha concluso il ministro - quando torna nel suo Paese sa che può usufruire della pensione, non ha interesse a lavorare in nero, quindi è anche un modo per combattere l’illegalità". Una misura che avrebbe sicuramente effetti dannosi sui conti del nostro sistema pensionistico.

domenica 13 ottobre 2013

E con tante grazie

Intanto altro soccorso per barcone con 400 a bordo. Catania, fuga di massa dal centro d’accoglienza. Siriani giunti 5 giorni fa scappati a centinaia. Sono scappati dal Palasport dove erano alloggiati, scavalcando cancelli e saltando dalle finestre

Fuga di massa dal Palaspedini, l’impianto sportivo del rione Cibali di Catania. Sono centinaia di siriani arrivati 5 giorni fa dopo essere stati recuperati a 60 miglia dalle coste siracusane da un mercantile battente bandiera panamense, il «Begonia G». Tra loro anche 63 e 79 minorenni. Uscendo dalla struttura, scavalcando cancelli e saltando da finestre, hanno chiesto ai passanti indicazioni per potere raggiungere la stazione ferroviaria. Il loro obiettivo è raggiungere paesi del Nord Europa.

ALTRO SOCCORSO A LAMPEDUSA - Altri due barconi con centinaia di migranti sono stati soccorsi a circa 60 miglia a sud di Lampedusa, in acque maltesi. Il primo intervento è stato eseguito da un pattugliatore di Malta: sul posto è giá arrivato un mercantile. Il secondo intervento vede invece impegnati soccorritori italiani, con la nave Espero della Marina Militare e la nave Cavallari della Guardia Costiera. Sul posto sta arrivando anche il mercantile italiano ‘Asso 30’, che per la seconda volta in una settimana si è messo a disposizione per trasbordare i migranti. A trasbordo avvenuto, il mercantile si dirigerá probabilmente verso il porto di Pozzallo.

La grecia li respinge (e noi, paghiamo)

Scaricabarile Ue sui profughi: fermati in Grecia, sbarcano qui. "È come l'acqua - osserva un alto funzionario dell'Ue - se tappi una falla da una parte, poi esce da un'altra". La Grecia è riuscita ad abbassare il flusso di clandestini. Ma i trafficanti di esseri umani hanno cominciato a spostare i flussi su altre rotte, verso la Bulgaria e l'Italia di Fausto Biloslavo

La Grecia, grazie all'aiuto dell'Europa e alzando un «muro» sul confine colabrodo con la Turchia è riuscita ad abbassare drasticamente il flusso dei clandestini, almeno via terra. Bruxelles si è rifiutata di finanziare la barriera greca, politicamente poco corretta, ma a denti stretti gli addetti ai lavori ammettono: «Ovvio che ha funzionato, ma si tratta di una soluzione tampone». In aggiunta la mobilitazione di 1.800 guardie di frontiera di Atene, con soldi e mezzi Ue, ha fatto il miracolo. Nel rapporto 2013 di Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere con sede a Varsavia, si legge che «gli arrivi (dei migranti nda) sono crollati da 2.000 a 10 alla settimana» sul confine terrestre. Peccato che i trafficanti di esseri umani abbiano cominciato a spostare i flussi su altre rotte, verso la Bulgaria e l'Italia. «È come l'acqua. Se tappi una falla da una parte, poi esce da un'altra» osserva un alto funzionario dell'Ue. Non solo: cinquantamila sono i siriani arrivati in Europa, dall'inizio della guerra civile. Ieri, il deputato Stefano Dambruoso, intervenendo al Festival della diplomazia a Spoleto ha dichiarato: «Solo negli ultimi tre mesi sono giunti in Italia tremila siriani».

La Grecia era il colabrodo dell'Unione europea, ma dallo scorso anno la situazione è migliorata. Frontex ha finanziato la missione Aspida (Scudo): 1.800 uomini di rinforzo sui confini a cominciare da quello turco. L'anno prima solo di siriani in fuga ne erano arrivati ventimila: molti, dice Human Rights Watch, sono finiti nelle celle greche. Il governo di Atene ha pure deciso di costruire una barriera invalicabile ad Evros, il punto più poroso sulla frontiera con la Turchia, costata 3 milioni di euro. Il commissario europeo, Cecilia Malmstrom, non ha voluto finanziare il muro, che però funziona. Una doppia barriera metallica di 10,5 chilometri con filo spinato e 25 camere termiche, finita lo scorso dicembre, ha stoppato il flusso di migranti via terra. Frontex ha in piedi anche un'operazione di controllo delle acque fra Grecia e Turchia, ma è stato pattugliato pure il tratto di mare con l'Italia. François Crépeau, un inviato speciale dell'agenzia Onu per i rifugiati si è scandalizzato denunciando che la missione Poseidon dell'agenzia europea «è stata estesa nel 2012 alle coste occidentali dove i migranti che cercano di raggiungere l'Italia, sulle barche dei trafficanti, sono stati rimandati in Grecia».

La stessa Frontex ammette che la mobilitazione terrestre in Grecia ha registrato «un aumento delle rilevazioni (dei flussi di migranti nda) nel mar Egeo e al confine bulgaro turco». Nelle ultime settimane sono arrivati tremila clandestini in Bulgaria. La rotta verso le isolette dell'Egeo viene usata spesso come tappa per proseguire il viaggio verso l'Italia. Fin da marzo Frontex segnalava un aumento degli sbarchi sul nostro territorio di migranti partiti dal Nord Africa. I siriani, oltre che dalla Libia e da Alessandria d'Egitto, hanno cominciato ad imbarcarsi nel porto turco di Iskenderun, l'antica Alessandretta. «A bordo di natanti egiziani di 8 metri - conferma Frontex - Spesso cambiano barca in mare prima di raggiungere le coste italiane dopo un viaggio di 10 giorni». Un trafficante locale recluta i connazionali in Siria promettendo di farli arrivare da noi in cambio di 5mila euro. Il risultato è che solo da agosto a settembre sono sbarcati diecimila migranti compresi eritrei e somali, tra cui i tremila siriani. Frontex ha pronto un piano per coinvolgere tutti i paesi comunitari che si affacciano sul Mediterraneo con ingenti uomini e mezzi navali ed aerei sotto comando multinazionale. L'obiettivo è soccorrere i barconi dei clandestini prima che finisca in tragedia dividendosi già in mare la «quota» di migranti da portare a casa propria. Hera, in «difesa» delle Canarie, è l'unica operazione europea che prevede una forma indiretta di respingimento. Gli spagnoli possono entrare nelle acque territoriali del Senegal e chiedere alla marina del paese africano di soccorrere e riprendersi i clandestini.

Operazione di recupero (costosa)

Il premier invia una task force: "Più navi e aerei, sarà costoso". Così il premier vuole affrontare la tragedia di Lampedusa: "Abolirei la Bossi-Fini". E nei processi contro gli scafisti i giudici non riescono nemmeno a condannarli di Bebi Castellaneta

«Lunedì daremo il via a una missione umanitaria italiana navale e aerea che dovrà rendere il mediterraneo il mare più sicuro possibile». Così il premier Enrico Letta annuncia la nuova mossa italiana nello scacchiere internazionale per tentare di arginare le tragedie dei barconi, lasciati alla deriva verso le coste siciliane e inghiottite durante il viaggio. Il presidente del Consiglio avverte che l'iniziativa «costerà, perché saranno messe in campo tre volte le navi attualmente utilizzate e gli aerei», ma sottolinea che «è indispensabile per affrontare l'emergenza». Il tema sarà al centro del Consiglio europeo che si riunirà il 24 e 25 ottobre. «Noi non scarichiamo la colpa sull'Europa – precisa Letta – ma facciamo in modo che se ne occupi». Il capo del governo spiega che «nei giorni successivi al naufragio di Lampedusa si è iniziato a ipotizzare un'iniziativa, la costituzione di una missione militare umanitaria italiana: non è possibile che il mediterraneo sia diventato una tomba». Il premier guarda alla diplomazia internazionale, dichiara che «c'è bisogno di Frontex e di discutere il regolamento di Dublino». Ma, anche se le sue attenzioni sono rivolte a Bruxelles, Letta non rinuncia a un cenno su quanto accade a Palazzo Chigi. E dichiara: «Da cittadino e da politico abolirei la Bossi-Fini e ho sempre ritenuto sbagliato il reato di clandestinità. Siamo una grande coalizione, ce ne sono parecchi di punti di contraddizione, il tema dell'immigrazione - – aggiunge non risparmiando una stoccata alla Lega - è fondamentale e non per fare le campagne elettorali come hanno fatto partiti che sulla base della paura del diverso hanno preso tanti voti».

Intanto, il capo dello Stato auspica che il governo invii rappresentanti a Lampedusa per aiutare le autorità a gestire l'emergenza sbarchi, dopo le tragedie degli ultimi giorni. E poi, «ugualmente urgente - recita la nota del Colle - il problema del trasferimento in altri centri siciliani dei sopravvissuti a cui l'isola non più ulteriormente garantire una civile assistenza».

Gli investigatori tentano di spezzare le leve degli ingranaggi criminali che alimentano l'esodo a pagamento facendo però i conti con un muro di gomma. Accade a Bari, dove 5 egiziani tra i 28 e i 38 anni, arrestati perché riconosciuti come scafisti da un gruppo di immigrati sbarcati in Puglia il 16 luglio del 2012, sono stati assolti «per non aver commesso il fatto». Erano a bordo di un peschereccio con 127 nordafricani partito da Alessandria d'Egitto: contro di loro puntarono l'indice diversi clandestini; ma sono stati scagionati al termine di un processo durato un anno. Il motivo: i testimoni hanno ritrattato, assicurando di essersi inventati tutto nella speranza di ottenere il permesso di soggiorno. Stessa sorte per il processo che riguarda uno sbarco di clandestini avvenuto il 19 novembre del 2011 in provincia di Bari. Erano imputati 8 egiziani, ma anche loro sono stati assolti. Le testimonianze di altri immigrati alla polizia giudiziaria furono «certamente condizionate – è scritto nella motivazione della sentenza – dalla prospettazione fatta loro di poter facilmente ottenere il permesso di soggiorno». Le indagini sull'esodo vanno avanti. La Direzione distrettuale antimafia ha aperto un'inchiesta su un clan internazionale con base in Egitto e ramificazioni italiane, una cupola criminale che gestirebbe il flusso dei barconi. I collegamenti sarebbero assicurati da fiancheggiatori infiltrati nei Centri accoglienza richiedenti asilo in Puglia e Sicilia.

venerdì 11 ottobre 2013

Teste vuote

Porte aperte e teste vuote. L'umanità è salva e non dobbiamo più vergognarci ora che la clandestinità non è più un reato. E poi come fronteggeremo i flussi migratori, accoglieremo e basta? di Marcello Veneziani

L'umanità è salva e non dobbiamo più vergognarci ora che la clandestinità non è più un reato. E poi come fronteggeremo i flussi migratori, accoglieremo e basta? Intanto l'importante è sfasciare: la legge, le porte d'ingresso, il pregresso. Come se fosse dipeso da quella norma la tragedia di Lampedusa. E i confini tra chi è cittadino o immigrato regolare e dunque ha diritti e doveri e chi invece no? Si perdono nella notte mediterranea. Che dite, stracciamo pure i nostri documenti? Erano appostati come sciacalli, appena è accaduto, eccoli sul cadavere per sbranare la legge. Un Paese che manda un messaggio al mondo «da noi non è più reato la clandestinità» cosa si aspetta, se non altri flussi incontrollati? E l'Italia può decidere queste cose da sola, considerando che quei clandestini vogliono venire in Europa? Magari ora molti di loro ripiegheranno sull'Italia perché qui non c'è più una legge che frena gli sbarchi, c'è il Papa accogliente, c'è la Boldrake invitante e c'è un ministero ad hoc per incentivare l'immigrazione. La sinistra è una formidabile catena di smontaggio: è incapace di governare e avere un progetto positivo su come affrontare la realtà. In compenso sa smantellare, abolire, sfasciare il preesistente: famiglie, patrie, avversari, leggi, confini, realtà. Ma la cosa peggiore è l'uso barbarico della giustizia in questo Paese: le leggi si applicano, si modificano o si revocano secondo flussi emotivi, odi o passioni del momento, volontà punitive o umanitarie ad hoc. Adottano la legalità e l'illegalità a intermittenza.

Papa Francesco compra schede telefoniche per i migranti di Lampedusa. Francesco ha acquistato schede telefoniche internazionali da distribuire ai migranti per aiutarli a mettersi in contatto con i propri familiari nei paesi di origine di Luisa De Montis

Papa Francesco ha acquistato delle schede telefoniche internazionali da distribuire ai migranti presenti nel Centro di accoglienza di Lampedusa per aiutarli a mettersi in contatto con i propri familiari nei paesi di origine. Lo ha rivelato l’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, di ritorno dall’isola. Il prelato ha ringraziato il Santo Padre per l’attenzione riservata alla tragedia dei migranti morti in mare ed ai lampedusani dopo la visita avvenuta l’8 luglio scorso durante la visita pastorale che lo vide pellegrino nella maggiore delle Pelagie.

"In questi giorni, oltre ad avere pregato e fatto sentire alta la Sua voce sulla tragedia che ha visto il mar Mediterraneo trasformarsi in un cimitero per centinaia di innocenti, il Santo Padre ha voluto accompagnare la preghiera e le parole con gesti concreti di vicinanza rivolti, inviando, come è noto, il suo elemosiniere, mons. Konrad Krajewski, per manifestare visibilmente la sua prossimità e per portare a ciascun sopravvissuto un aiuto per le esigenze più immediate", ha detto mons. Montenegro.

Che poi ha aggiunto: "Come segno della volontà del Santo Padre di dare seguito alle promesse fatte l’8 luglio scorso di una sua costante attenzione e vicinanza, in particolare verso i minori presenti nel Centro di prima accoglienza e identificazione ha chiesto che venga approntato uno spazio ludico, fuori dal campo, dove i minori possano trascorrere alcune ore al giorno in un clima di serenità e di pace. Dalla collaborazione fra Caritas, Save the Children, parrocchia San Gerlando di Lampedusa e Associazione Sportiva Atletico Lampedusa Libera sta per essere allestita una tenda-ludoteca sul terreno della Casa della Fraternità della parrocchia, luogo già messo a disposizione per l’accoglienza dei minori stranieri in occasione dell’emergenza del 2011".

Recuperi in acque maltesi

Ulteriori 175 , divisi in due gruppi -, sono stati salvati da una nave militare. Soccorsi circa 500 migranti nel canale di Sicilia. Un mercantile ha tratto in salvo 210 migranti in balia delle onde tra Malta e la Libia. Altri 118 aiutati da un cargo

Paura e salvataggi nel Canale di Sicilia. Circa cinquecento migranti sono stati soccorsi in condizioni difficili per il mare agitato.

ALLA DERIVA - Barconi in difficoltà o alla deriva, evidentemente non fermati dalle notizie della recente strage nel mare di Lampedusa. Un mercantile ha tratto in salvo 210 migranti in balia delle onde tra Malta e la Libia: per loro destinazione Trapani. A Porto Empedocle invece i 118 presi da un’altra nave cargo. Ulteriori 175 - divisi in due gruppi - sono stati salvati da una nave militare al largo della Libia per fare poi rotta su Siracusa. Destinazioni dunque lontane da Lampedusa, dove il centro di accoglienza è allo stremo con i suoi 800 ospiti, compresi i 155 sopravvissuti.

Canale di Sicilia, si rovescia un altro barcone. Almeno 200 persone in mare, avvistati cadaveri. Scattati i soccorsi con navi ed elicotteri della Marina italiana. Il naufragio a 70 miglia da Malta

È ancora emergenza nel canale di Sicilia: un barcone con almeno 250 immigrati a bordo si è rovesciato. Sul posto sono accorse due navi della Marina militare, il Libra e l’Espero con i rispettivi elicotteri che hanno lanciato in mare scialuppe autogonfiabili. «Sembra che si sia ribaltato un barcone, e che addirittura sia affondato. Sono intervenute due nostre navi», ha detto a Reuters una fonte della Marina. «Ci sarebbero almeno 200 persone in mare. Le stanno recuperando due nostri elicotteri», ha aggiunto la fonte. I soccorritori hanno avvistato in mare dei cadaveri, ha detto all’Ansa un’altra fonte della Marina.

SUD EST DI MALTA - Il barcone avrebbe fatto naufragio a circa 70 miglia di Malta e 60 miglia da Lampedusa, in acque di competenza maltese. Lo hanno confermato le autorità de La Valletta che stanno coordinando i soccorsi e che hanno chiesto aiuto anche al comando generale delle Capitanerie di porto in Italia. La prima segnalazione del barcone in difficoltà era stata lanciata con un telefono satellitare e raccolta dalla Capitaneria di porto, che ha localizzato il punto esatto della chiamata e avvertito le autorità maltesi, nelle cui acque è avvenuto il naufragio . Un velivolo maltese verso le 17 avrebbe poi visto il barcone capovolgersi e poi affondare. È passata solo una settimana dalla tragedia di Lampedusa : 311 i cadaveri recuperati finora .

SALVAGENTI E ZATTERE DAGLI ELICOTTERI - Dagli elicotteri, secondo quanto si apprende, sono stati lanciati salvagenti e zattere autogonfiabili per cominciare le operazioni di recupero. Sul luogo del naufragio si sta dirigendo anche un mezzo della guardia costiera e una motovedetta maltese. Sono anche partite da Lampedusa per prestare soccorso due motovedette della capitaneria di porto e due motovedette della guardia di finanza e un elicottero delle fiamme gialle.

Oh, Marino!

Già finita la Marinomania: il sindaco scaricato da tutti. Troppi errori e gaffe, adesso anche «Repubblica»boccia l’ex chirurgo al Campidoglio Caos su vigili e aree pedonali, 9 milioni allo staff. E la giunta rischia pure il rimpasto di Paolo Bracalini

Centoventi giorni da sindaco e sentirli tutti. Il medico del Pd, eletto al Campidoglio solo a giugno, sta riuscendo nel miracolo: le uniche larghe intese che funzionano sono quelle contro di lui. Dal Pd al centrodestra alla sinistra extra Pd, che pure lo aveva appoggiato, fino ai pizzardoni romani (vigili urbani), che addirittura hanno convocato un'assemblea sindacale durante Roma-Napoli – tanto per capire la gravità della cosa - già nessuno lo può più vedere. Dopo il record per il primo trapianto di fegato da babbuino, Ignazio il torchio punta diritto al secondo primato extramedico: sindaco gradito per il minor tempo possibile. Anche la Repubblica lo stronca ferocemente: «In un solo colpo Marino ha ridicolizzato l'arma dei carabinieri, il corpo dei vigili urbani, il diritto amministrativo, la sapienza giuridica del capo di gabinetto, e per finire anche la parola curriculum sulla quale pedala più che sulla sua stucchevole bici».

Persino la trovata di andare in Comune in bici si è tramutata in farsa, quando i fotografi hanno mostrato che dietro al sindaco «anti Casta» («parole parole parole» canta la capogruppo Pdl Sveva Belviso in versione Mina), che rifiuta auto blu e scorta e va in bicicletta, c'era una mezza dozzina di gendarmi affannati a pedalargli dietro. A quel punto più onesta un'auto di servizio. In compenso la sua automobile personale, un Panda rossa, è sempre parcheggiata davanti a Palazzo Madama, negli spazi riservati ai senatori, anche se lui non lo è più da quattro mesi. Fossero solo queste le cantonate prese dal sindaco-chirurgo, speriamo più accorto in sala operatoria. L'ultima è la nomina del capo dei vigili, il colonnello dei carabinieri Oreste Liporace, curriculum lunghissimo, presentazione ufficiale, stretta di mano col sindaco, tutto perfetto tranne che per un dettaglio. Il carabiniere scelto dal sindaco Marino non ha i requisiti richiesti dal bando (non è dirigente da più di 5 anni). In compenso i vigili romani, 6.300 addetti, sono in rivolta col chirurgo democratico. Tre mosse, quattro errori. E la pedonalizzazione dei Fori? Ottima per sfilare tra le rovine antiche con la sua bicicletta, pessima per i commercianti e abitanti della zona che sono insorti con la decisione presa da un giorno all'altro, sconvolgendo la già sconvolgente mobilità romana.

Il Pd sembra averlo già mollato, a cominciare dal suo regista elettorale, l'ex veltroniano Bettini, mentre sulla giunta appena nata soffia vento di rimpasto. I dubbi iniziali di chi sottolineava l'estraneità alla città del neo sindaco nato a Genova e specializzatosi negli States, (lui controbatte: «Ho passato l'adolescenza a Roma»), si stanno avverando uno dopo l'altro. Basta la foto del sindaco con la doppia sciarpa della Roma e della Lazio al derby (una blasfemia inaudita per i romani) per capire la distanza stratosferica di Marino dalla città. Tra sé e gli altri Marino ha messo il suo staff di fidati. Un mega-staff: 61 assunti in sette sedute di giunta capitolina, per una spesa complessiva, di qui al 2015, di quasi 9 milioni e mezzo di euro, ha calcolato Lanotiziagiornale.it. Diciassette assunti solo nel gabinetto del sindaco, dove il capo-ufficio stampa prende 170mila euro l'anno. Tutti scelti nella vasta platea di ex qualcosa. Dentro l'ex storica segretaria di Veltroni (Silvia Decina), l'ex consigliere regionale del Pd (Enzo Foschi), l'ex direttore dei cantieri del Giubileo e via così. Mirabolanti alcune nomine, come quella di Benedetta Cappon, figlia dell'ex direttore generale della Rai ma soprattutto già portavoce degli occupanti del Teatro Valle, sottratto al Comune di Roma (e pagato però dalla collettività). Assunta a chiamata diretta su proposta di Flavia Barca, sorella dell'ex ministro Barca (Pd), voluta da Marino come assessore. Gaffe, parentopoli, errori, e siamo solo al 120esimo giorno. Un lavoraccio, devono dargli di più. Perché l'allegro chirurgo è riuscito a dire che «4.500 euro di stipendio sono pochi per amministrare Roma». E si spiega perché ha mezza dozzina di vigili che lo scortano quando pedala.