lunedì 10 giugno 2013
L'omicidio fa venire fame
Su, dai, non volete trovargli un accenno di insanità mentale, lontananza dalle proprie terre, disagio sociale per non farli entrare in carcere?
Un dipendente, quasi un figlio, un giovane al quale aveva voluto dare un'opportunità garantendogli un contratto a tempo indeterminato in uno dei suoi distributori di benzina. Il cinquantunenne imprenditore Andrea Ferri aveva assunto il macedone Donald Sabanov sei anni fa, quando era appena maggiorenne e cercava un'occupazione sul litorale marchigiano. Ebbene, sei anni dopo, Sabanov l'ha ucciso per denaro crivellandolo di colpi nella notte di lunedì scorso. «Un gigantesco tradimento», l'ha definito il comandante provinciale dei carabinieri di Pesaro, Giuseppe Donnarumma, che ha risolto il caso in cinque giorni indicando l'assassino nel venticinquenne Sabanov di Trasanni di Urbino, single, incensurato. Lo chiamano «il barbaro» per via dei suoi slanci non proprio raffinati ma lui preferirebbe «superman», come conferma il profilo Facebook dove appare sorridente, palestrato e tatuato. Secondo gli inquirenti non ha agito da solo, quella notte, sul lungomare di Pesaro, davanti alla casa di un'amica nigeriana dell'imprenditore dove è stato commesso l'omicidio: cinque colpi di una calibro 7.65 esplosi da distanza ravvicinata, quattro alla testa e uno alla schiena.
All'esecuzione avrebbe partecipato anche l'italiano di origini marocchine Karym Bary, 23 anni, calciatore di una squadra dilettantistica. Anche lui senza precedenti, figlio di una famiglia normale di Morciano di Romagna. Sono stati entrambi fermati dai carabinieri di Pesaro con l'accusa di omicidio premeditato. In attesa di essere sentiti dal magistrato pesarese, hanno negato ogni responsabilità. «Ma giocano allo scaricabarile», aggiunge l'investigatore. Uno ha sparato, l'altro era in macchina. Sul movente pare non ci siano dubbi: soldi. Volevano ripulire la cassaforte di Ferri, sposato con due figli, titolare di quattro distributori di benzina, di un autolavaggio e, con altri soci, di un bar sul lungomare. Cercavano la chiave del forziere dove Ferri era solito mettere gli incassi delle sue attività, in una stanza di un'area di servizio. Sabanov lo sapeva e sapeva dov'era. Ed è lì che i due giovani complici si sono precipitati subito dopo il delitto e anche tre giorni dopo, alla fine aprendo e ripulendo la cassaforte per un bottino che potrebbe essere di ventimila euro. Una rapina feroce e ingenua al tempo stesso perché a conoscere quella cassaforte non potevano essere in molti. «Abbiamo battuto subito la pista dei confidenti», spiega il colonnello Antonio Sommese, comandante del reparto operativo dei carabinieri. Le immagini di una telecamera interna del «caveau», le celle telefoniche unite ad altri indizi, fra i quali il ritrovamento di una 7.65 molto compatibile con quella del delitto, hanno fatto il resto. L'arma, clandestina, ora all'esame dei carabinieri del Ris, era a casa di Bary. Nessuna traccia, invece, del denaro.
Nel frattempo è stata ricostruita la notte nera. «Dopo l'omicidio i due sono andati in un bar ad abbuffarsi di pasticcini», rivela l'investigatore. Mentre poche ore prima Sabanov, che ieri ha partecipato al funerale della vittima dopo un mese di assenza dal lavoro, aveva postato una foto che ritrae lui e l'amico, entrambi divertiti davanti a un piatto di carne: «Merenda con due kg di carne pura», ha scritto. Nei giorni successivi tutt'e due hanno anche cambiato le foto dei loro profili mettendone una dove appaiono all'interno di una palestra, a petto nudo, nerboruti, culturisti. Sempre sorridenti. In un'altra si stringono a una bella ragazza che sembra essere la nuova fiamma di uno dei due. Delitto, abbuffate, muscoli, sorrisi. Una miscela capace di montare la rabbia fra gli amici dell'imprenditore che ieri si sono dati appuntamento davanti alla caserma dei carabinieri dove avrebbero voluto strangolare quel ragazzo al quale Ferri aveva dato fiducia e opportunità. «Assassino», «Bastardo». Insulti e sputi, mentre i due uscivano scortati dai carabinieri che hanno evitato il peggio. Dopo il passaggio anche un applauso: alle forze dell'ordine che forse hanno consegnato alla giustizia i responsabili dell'efferato delitto del loro amico.
Andrea Pasqualetto
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1 commenti:
sono penosi questi qui, dei morti dentro che camminano.
L'imprenditore ucciso non li aveva solo assunti,
ma ci si era anche affezionato, come parte della sua famiglia.
Pensa cosa ha ricevuto in cambio.
Spero questo non diventi una specie di "paradigma" dell'italiano tipo, che "si apre all'altro" (...),
si fida, li assume,
li coinvolge anche nella via privata, sociale, familiare,
poi viene derubato e ucciso, buttato via come un oggetto vecchio,
anche quando li rende parte della sua vita personale e dei suoi beni.
E' un obbrobbrio, E' di un sadismo intollerabile questo fatto.
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