giovedì 30 aprile 2009

Le solite cazzate

Ogni volta che al governo c'è quella carogna di Berlusconi, l'italia fa sempre un passo indietro nella libertà di informazione. Se solo pensiamo a tutti quei mezzi di informazione in mano alla sinistra, bhe... e se gli stessi mezzi fossero davvero controllati da una persona soltanto, gli altri non esisterebbero, ma esistono e allora? C'è qualcosa che non quadra in Freedom house. Come se questa informazione non fosse in qualche modo pilotata... no, eh?

Rapporto di Freedom House, organizzazione non-profit e indipendente. Libertà di stampa: l'Italia fa un passo indietro, unica nazione in Europa. La causa: la «situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati»

NEW YORK - L'Italia è l’unico Paese europeo a essere retrocesso nell’ultimo anno dalla categoria dei «Paesi con stampa libera» a quella dei Paesi dove la libertà di stampa è «parziale». La causa: la «situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati». Lo afferma in un rapporto Freedom House, un'organizzazione non-profit e indipendente fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e la libertà nel mondo, la cui prima presidente fu la first lady Eleanor Roosevelt. Lo studio viene presentato venerdì al News Museum di Washington e sarà accompagnato da un live web cast che si potrà scaricare sul sito Freedomhouse.org.

CLASSIFICA - Nell’annuale classifica di Freedom House, l’Italia va indietro come i gamberi, insieme a Israele, Taiwan e Hong Kong. «Un declino che dimostra come anche democrazie consolidate e con media tradizionalmente aperti non sono immuni da restrizioni alla libertà», ha commentato Arch Puddington, direttore di ricerca per Freedom House. Su un punteggio che va da 0 (i Paesi più liberi) a 100 (i meno liberi), l’Italia ottiene 32 voti: unico Paese occidentale con una pagella così bassa. I «migliori della classe» restano le nazioni del Nord Europa e scandinave: Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia (prime cinque a livello mondiale). Le «peggiori»: Corea del nord, Turkmenistan, Birmania, Libia, Eritrea e Cuba.

PROBLEMA ITALIA - Il «problema principale dell’Italia», secondo Karin Karlekar, la ricercatrice che ha guidato lo studio, è Berlusconi. «Il suo ritorno nel 2008 al posto di premier ha risvegliato i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida», spiega. Altri fattori: l’abuso di denunce per diffamazione contro i giornalisti e l’escalation di intimidazioni fisiche da parte del crimine organizzato. Intanto giovedì il Committee to Protect Journalists, un’organizzazione non-profit che lavora per salvaguardare la libertà di stampa nel mondo, ha pubblicato la top ten dei peggiori Paesi al mondo per i blogger. La Birmania guida la lista, seguita da Iran, Siria, Cuba e Arabia Saudita. Sesto il Vietnam, seguito a ruota da Tunisia, Cina, Turkmenistan ed Egitto.

Alessandra Farkas

L'asino che...

Egiziano confessa l'omicidio di un romeno. "Mi aveva provocato offendendo Allah". L'uomo avrebbe rimarcato davanti al magistrato il proprio odio per gli slavi: "Dalla terra vengono e alla terra devono tornare"

In cella continua a pregare e a lavarsi, non vuole cibo se non pane, Mohammed Nadir, l'egiziano di 25 anni che ha confessato di aver ucciso un romeno perché ha offeso Allah e l'ha preso a calci mentre stava pregando. C'è in realtà un omicidio a sfondo religioso e con un contorno di odio razziale dietro a quello che era sembrato un drammatico incidente ferroviario nel quale aveva perso la vita Marian Mortu, un romeno di 39 anni, che viveva nel campo nomadi di via Troya, periferia sud-ovest di Milano. Lunedì sera, pioggia fitta. Mohammed Nadir, manovale, in Italia da un anno e rigoroso seguace del Corano, come lui stesso ha raccontato, per ripararsi si inginocchia scalzo su un cartone sotto il cavalcavia di via San Cristoforo, vicino al passaggio a livello e ai binari della linea Milano-Genova. Sono circa le 21 ed è l'ora della preghiera serale. Mentre rivolto alla Mecca comincia a genuflettersi, si avvicina il rom che prima gli dà un gran calcio nello stomaco e poi attacca: "Cosa preghi a fare? Sei un musulmano di merda e il tuo dio del c... non ti ascolta". Troppo pesante questa frase, troppo offensiva per Mohammed. Così l'egiziano si alza e sferra un pugno al romeno. Scoppia un violento litigio che finisce tragicamente. L'islamico scaraventa il suo avversario contro un vagone del treno che, seppur a velocità ridotta, stava passando di lì. Il romeno batte la testa e muore all'istante mentre l'egiziano, come se nulla fosse, cambia luogo, sale sopra il cavalcavia, e sempre scalzo, riprende a pregare, in ginocchio sul cartone. Ed è proprio così che lo trovano più tardi i carabinieri della caserma di Porta Magenta, guidati dal capitano Vittorio Stingo. Avvisati da un cittadino che aveva visto in zona alcuni rom armati di spranghe e bastoni, si sono precipitati sotto quel cavalcavia dove da poco, stando alla Polfer, un uomo era finito accidentalmente sotto un treno. Nessuna traccia del gruppo di nomadi, ma solo la presenza di quell'egiziano a cui chiedono se avesse notato qualcosa. "Qui ci sono soltanto zingari di merda", dice. "Se siete venuti qui per il morto - aggiunge - era soltanto un altro romeno di merda. Loro nella vita chiedono soltanto elemosina oppure rubano". E ancora: "Dalla terra era venuto e sotto terra è ritornato". A questo punto Mohammed Nadir viene portato in caserma, dove crolla dopo tre ore di silenzio. "Ha offeso il mio dio - ha ammesso - Non stavo disturbando nessuno, ma solo pregando quando è arrivato e mi ha preso a calci. Ora sono molto pentito davanti ad Allah per quel che ho fatto". E non senza negare il suo disprezzo nei confronti dei rom ha ripetuto: "Vengono in Italia per elemosinare o rubare mentre tutti gli altri immigrati per lavorare". Dopo di che ha chiesto vestiti puliti perchè quelli che indossava durante l'omicidio, ha detto, "sono macchiati dal peccato".

Adesso mi aspetto una levata di scudi da TUTTI, che essi siano di destra o di sinistra. Voglio le proteste contro un cretino che dice qualcosa contro i rom. Ma finora non ho sentito granchè in giro. O forse perchè lui è egiziano, allora bisogna rispettarlo? Ribadisco, gli islamici non hanno nulla in comune con gli occidentali.

Clandestini

Ci risiamo. Scommettiamo che finisce com'è finita la vicenda Pinar?

Una vicenda che ricorda quella della Pinar. Lampedusa: motovedetta maltese con 66 migranti non autorizzata a sbarco. Gli extracomunitari soccorsi da un peschereccio tunisino in acque di competenza maltesi e poi trasbordati

PALERMO - Le autorità italiane non hanno consentito l'ingresso nelle acque territoriali nazionali e l'attracco a Lampedusa a una motovedetta di Malta con a bordo 66 extracomunitari. Lo si apprende dal comando generale delle capitanerie di porto. I migranti erano stati soccorsi da un peschereccio tunisino mentre erano su un gommone alla deriva in acque di competenza maltesi. La motovedetta ha quindi ripreso la navigazione dirigendosi a Malta.

VICENDA PINAR - La motovedetta aveva preso a bordo i migranti, tra i quali ci sono due donne, dal peschereccio tunisino. L'operazione era avvenuta a circa 23 miglia a sud di Lampedusa e a 120 da Malta, in acque di competenza maltese per quanto riguarda gli interventi di ricerca e soccorso. Ma le autorità maltesi anche in questo caso, come già avvenuto in occasione della vicenda della Pinar, sostengono che gli immigrati debbano essere trasferiti nel porto più vicino, e cioè a Lampedusa.

Ah bhe...

Prima di parlare così... bisognerebbe conoscere le proprie di candidature. No, perchè altrimenti si rischia pure di fare la figuraccia di quella che cade dal pero.

Compagni di scuola

A San Vittorino Romano. Studente accoltellato da un coetaneo. Alla scuola media Giovanni Falcone. Ricoverato al Sandro Pertini, non è un pericolo di vita

Uno studente di 15 anni della scuola media Giovanni Falcone di S. Vittorino Romano, vicino a Roma, è stato accoltellato ad un fianco da un compagno di scuola romeno, suo coetaneo, durante un litigio davanti all'istituto. Secondo quanto si è appreso, lo studente ferito, ricoverato all'ospedale romano Sandro Pertini, non è in pericolo di vita; il ragazzo romeno è stato fermato dai Carabinieri della stazione di S. Vittorino Romano ed è in questo momento interrogato dai militari. Ad avvertire i Carabinieri sono stati alcuni professori della scuola media di via Fosso dell'Osa, ai quali gli studenti hanno raccontato della lite e del ferimento, avvenuto poco prima dell'orario di entrata. Il quindicenne ferito è stato colpito con un coltello a scatto al fianco sinistro.

Magistratura

Già libero l'aguzzino del bimbo sciolto nell’acido di Stefano Zurlo

Michele Bidognetti, considerato il successore di Giuseppe Setola alla guida dell’omonima fazione dei Casalesi, è stato arrestato ieri a Casal di Principe. A catturarlo gli uomini della Dia di Napoli nel comune del casertano, roccaforte del clan. L’uomo è ritenuto l’attuale reggente dell’omonimo gruppo criminale. Bidognetti è il fratello di Francesco, soprannominato «Cicciotto ’e mezzanotte», storico capo del gruppo camorristico. L’uomo, ritenuto l’amministratore dei notevoli beni del clan e portaordini per conto del fratello, è stato arrestato in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea. Nel corso dell’operazione, denominata «Principe», sono stati sequestrati beni per un valore superiore ai 5 milioni di euro appartenenti a prestanome della famiglia Bidognetti-Setola. Tra questi, appartamenti, ville e aziende agricole. La famiglia Bidognetti era venuta alla ribalta nei mesi scorsi a causa degli omicidi di pura marca stragista perpetrati da Giuseppe Setola. Secondo il presidente dell’Antimafia, Beppe Pisanu, l’attività investigativa ha evidenziato che Michele Bidognetti agiva su impulso del fratello Francesco, ora al carcere duro, e questo significa che «neppure le condizioni così severe di detenzione previste dal regime del 41 bis riescono ad evitare che si stabilisca una qualche forma di comunicazione».

Lui? Lui invece si che è davvero pericoloso, reo soltanto di aver cercato di salvarsi la vita e il proprio lavoro.

Interessi

Eh, vabbè, ho ceduto alla tentazione di fare gossip anche io...

La first lady: «Sono una donna oramai abituata alla solitudine». Veronica, tormento e affondo. «Prima o poi penserò a me». Lo sfogo: lotto per i ragazzi. La «sorpresa» di Marina e Piersilvio

MILANO
- È l’ora, in parti­colare, ad aver stupito tutti: le 22 e 38. Chi la conosce bene, sa che i colpi di testa non appartengo­no a Veronica Lario. E invece, quel comunicato inviato all’An­sa a tarda sera, dimostrerebbe l’esatto contrario. Ecco perché molti si sono chiesti che cosa possa aver scate­nato l’irritazione improvvisa del­la moglie del presidente del Con­siglio. Arrivati a questa fase del­la vicenda, sono rimasti in pochi a credere al movente della gelo­sia. Al di là delle foto ufficiali e dei servizi posati e concordati— come quello a Portofino con tut­ta la famiglia allargata — per i Berlusconi il Mulino Bianco sem­bra essere un’idea oramai sbiadi­ta. D’altronde, da anni Veronica Lario coltiva con passione la sua immagine di donna forte, anti­conformista e intellettualmente indipendente, anche rispetto al marito. Basta ricordare le sue di­chiarazioni su alcune vicende pubbliche, come la fecondazio­ne assistita o il caso Englaro. E per questo appare difficile imma­ginare che possa ancora ingelo­sirsi per le boutade o le iniziati­ve folcloristiche di Silvio Berlu­sconi. Lei stessa nella sua lettera pubblica del 31 gennaio 2007 scriveva: «Nel corso del rappor­to con mio marito ho scelto di non lasciare spazio al conflitto coniugale, anche quando i suoi comportamenti ne hanno creato i presupposti».

Allora la lite fu composta con le pubbliche scu­se del consorte, che misero a ta­cere anche le insistenti voci di di­vorzio. Poi arrivò la «trasforma­zione» di Veronica: capelli mossi e non più lisci, abiti colorati neo-folk, l’adorato nipotino Ales­sandro, il figlio di Barbara, esibi­to con orgoglio. E spesso accan­to, per un improvviso restyling familiare, Silvio Berlusconi. Tutto inutile. La tregua appa­rente è stata rotta l’altro ieri da quel comunicato carico d’ira e d’indignazione. E nulla esclude che Veronica possa rendere an­cora più esplicito il conflitto e abbandonare le convenienze. Sa­rebbe nel suo stile. A infastidir­la, stavolta, l’improvvisata di Berlusconi a Napoli, alla festa di 18 anni di Noemi Letizia. In un momento delicato in cui forse lei avrebbe preferito che il mari­to rimanesse a casa, magari ac­canto alla figlia Barbara, al setti­mo mese di gravidanza, in atte­sa del secondo bambino. Ma in­tanto chi conosce bene i Berlu­sconi sa che vivono da anni in case diverse: Veronica a Mache­rio, Silvio ad Arcore. Difficili da credere, dunque, le frequenti battute del premier su episodi di quotidianità familiare.

Alle amiche più care, poche e selezionate, la riservatissima Ve­ronica avrebbe più volte confida­to la sua solitudine: «Abbiamo esistenze separate. Io sono una donna oramai abituata alla soli­tudine. Ma per fortuna mi onora e mi rafforza il mio ruolo di mamma e di nonna. È per i miei figli che vivo. E combatto. A me? Ci penserò solo quando tutto sa­rà a posto». Una frase sibillina. Che però, chi la conosce bene, interpreta nell’ottica della grande questio­ne, tuttora irrisolta, della sparti­zione ereditaria. Aspetto che sa­rebbe pesantemente dietro la sua esternazione di martedì se­ra. Il futuro manageriale e patri­moniale dei suoi tre figli — Bar­bara, Eleonora e Luigi — sta par­ticolarmente a cuore a Veronica Lario. Che spesso avrebbe mani­festato i suoi timori di vederli pe­nalizzati rispetto a Marina e Pier­silvio, nati dal primo matrimo­nio del Cavaliere con Carla Elvi­ra Dall’Oglio. È la Fininvest, la «cassaforte» di famiglia, ad esse­re al centro della contesa. C’è poi da definire l’eredità patrimonia­le di Berlusconi. Nel 2006 è stato assegnato a ognuno dei tre figli avuti da Veronica Lario il 7,6 per cento di Fininvest.

Ma c’è anco­ra da fare. Sia per quanto riguar­da il 63 per cento del gruppo an­cora in mano al Cavaliere, sia per stabilire chi comanderà dav­vero domani. Ciò nonostante, se­condo indiscrezioni, Marina e Piersilvio ieri avrebbero accolto con sorpresa la dichiarazione al­l’Ansa di Veronica. Infine, un’altra questione di fondo riguarderebbe l’esito di un’eventuale separazione. Di qui quel «poi penserò a me», spesso ripetuto alle amiche. Si dice in­fatti che la sua lettera pubblica del gennaio 2007 avrebbe dato il via a una sorta di «lodo» (smenti­to dall’avvocato del premier, Nic­colò Ghedini) che prevedereb­be, in caso di separazione, una diversa e più cospicua sistema­zione patrimoniale per Veronica Lario. Fin qui le ipotesi. Resta il ge­sto di grande rottura scelto dalla signora Berlusconi. Rispetto al quale sono arrivati, naturalmen­te, apprezzamenti da sinistra. Ad esempio quello di Giovanna Me­landri. Ma il «popolo» azzurro ha gradito davvero poco. Ieri, in­fatti, il sito del Pdl è stato bom­bardato con email d’ira e di pro­testa. Il bersaglio, si capisce, era lei, Veronica. Il capo d’imputazio­ne: ha danneggiato l’immagine del premier. E così c’è chi, come Andrea, scrive: «Caro Presiden­te, dica a sua moglie di compor­tarsi da vera first lady e di accom­pagnarLa nei suoi viaggi istitu­zionali come fanno le altre. Altro che comunicati indignati».

Angela Frenda

Euroscetticismo

L’esempio di Václav Klaus, per l’Europa dei popoli

Il presidente ceco Václav Klaus, noto per il suo euroscetticismo - fu uno di quelli che espressero giubilo per la bocciatura irlandese al Trattato di Lisbona - oltre che per le sue posizioni molto conservatrici, ha rinunciato lo scorso 6 dicembre a Praga alla carica di presidente onorario del Partito liberale (Ods), di cui egli e' stato li leader dal 1991 al 2002.La carica di presidente onorario gli era stata attribuita quando nel 2003 era diventato presidente della repubblica. L'Ods e' stato guidato da Mirek Topolanek, ex capo del governo noto a differenza di Klaus per un maggiore filo-europeismo. ''Da tempo non riesco ad identificarmi con molte posizioni sostenute dall'Ods e piuttosto dai suoi dirigenti'', ha detto Klaus nel corso di un congresso del partito.Questo a suo parere ''da partito civico e di destra si e' trasformato in una formazione centrista che difende i lobbisti''. Klaus non ha detto esplicitamente quali sono i motivi di contrasto con Topolanek, ma e' chiaro che la sua decisione e' connessa con il suo pervicace rifiuto dell'Europa Unita lungo le linee centraliste e integrazioniste tracciate dall'Europarlamento basato sull'aspirazione sovranista degli Stati Uniti d'Europa. A febbraio Klaus e' intervenuto in veste di presidente di turno UE alzando la voce contro il deficit democratico dell'Europarlamento, alcuni eurodeputati hanno abbandonato l'aula, quelli euroscettici lo hanno applaudito. A gennaio era già nato l'Sso composto dai "miliziani" cechi anti Bruxelles, ispirati dal presidente Václav Klaus, sfruttando con sapiente tempismo i riflettori puntati su Praga durante questo semestre ceco di presidenza Ue, è stato così presentato ufficialmente il Partito dei cittadini liberi (Strana svobodnych obcanu, Sso). Lo stemma che li rappresenta raffigura un montone rampante e bianco su sfondo verde. "Abbiamo scelto il montone perché vogliamo dare un'idea di forza, di sfida di energia, e soprattutto di consapevolezza degli obiettivi che vogliamo colpire" ha spiegato Petr Mach, l'economista di 33 anni, riga in mezzo anni '70 (ma che da queste parti evidentemente va ancora di moda), stretto collaboratore del presidente Klaus. L'incontro con la stampa è avvenuto a Praga nell'Autoclub della Repubblica ceca, proprio davanti alla stazione centrale e a pochi passi dalla Piazza Venceslao. Il primo obiettivo che il montone deve raggiungere, e possibilmente abbattere, è il Trattato di Lisbona. "Questo Trattato darebbe alla Ue la possibilità di attribuirsi nuovi poteri senza il consenso degli Stati membri" ha affermato il giovane Mach, parlando su una pedana dominata dal montone rampante. "Dobbiamo fare di tutto - ha aggiunto - per impedirne la ratifica del Patto di Lisbona e contribuire alla creazione di un nuovo statuto europeo, che in modo sintetico e comprensibile assicuri la democrazia in tutti gli stati che compongono la Ue". Al suo fianco gli altri quattro componenti del comitato fondatore del nuovo partito: Jiri Payne, un ex deputato dell'Ods, Jaroslav Bachora, responsabile della fondazione di Václav Klaus e della moglie Livia, Miloslav Bednar, filosofo, e Benjamin Kuras, scrittore e giornalista. E' proprio quest'ultimo a ribattere seccamente a una giornalista che gli chiede, con tono di rimprovero, di spiegare questa sua scelta, "di un intellettuale schierato a destra, con una formazione euroscettica", che quindi in qualche modo tradisce l'orientamento politico indicato agli intellettuali dal drammaturgo britannico, recentemente scomparso, Harold Pinter. "Pinter - continua - nel 1988 disse che gli Stati Uniti occupavano la Gran Bretagna allo stesso modo con il quale l'Urss occupava la Cecoslovacchia. E' da quel tempo che per me le posizioni politiche di Pintner non hanno alcuna rilevanza". Subito dopo la conferenza stampa, poi, Kuras così precisa ad Apcom la sua posizione euroscettica: "Sono scappato a Londra dalla Cecoslovacchia appena invasa dai russi nel 1968. Nella mia patria sono potuto rientrare solo dopo la Rivoluzione di velluto nel 1989. Ho lavorato per anni alla Bbc, e ho vissuto anche in Italia e in Francia, tanto quanto basta per non dover prendere lezioni di Europa e di democrazia dai burocrati di Bruxelles, sempre più lontani dagli effettivi bisogni della gente, dei popoli che compongono l'Europa. Burocrati che con la loro arroganza, sembrano sempre più dei dittatori. La Repubblica ceca non è il solo paese dove la gente si sta stufando. Francesi e Olandesi si sono già espressi contro questo modo di costruire l'Europa, così come lo hanno fatto anche gli Irlandesi".

(fonti: Ansa, Apcom)

Rep.ceca/ Eurodissidente Klaus incombe su finale presidenza Ue. Voci su rinvio Vertice europeo giugno, nervosismo a Praga

Praga, 29 apr. (Apcom - Nuova Europa) - La possibilità che l'eurodissidente Vaclav Klaus, il presidente ceco che rifiuta di esporre la bandiera dell'Ue, odia il Trattato di Lisbona e non crede ai piani di stimolo fiscale contro la crisi, domini il resto della presidenza ceca dell'Ue turba i sonni degli euroburocrati di Bruxelles. Ma anche nei palazzi del potere di Praga è evidente la poca disponibilità a commentare l'ipotesi che Klaus presieda il Consiglio europeo del 18-19 giugno. Tuttavia, la diplomazia ceca nega che per evitare l'incognita Klaus il vertice Ue verrà spostato a luglio sotto presidenza della Svezia, e sostiene che le critiche alla gestione Ue di Praga sono frutto di gelosie e ripicche di qualche partner Ue. A prospettare la possibilità che Klaus voglia sfruttare la caduta del governo di Mirek Topolanek - che verrà sostituito dal 'tecnico' Jan Fischer il 9 maggio - per ritagliarsi il ruolo di primo piano a Bruxelles che finora gli è stato negato è stata la stampa locale ceca. Le voci sono state raccolte da un giornalista del Financial Times, Tony Barber, il quale ha avanzato l'ipotesi del rinvio del vertice Ue per impedire a Klaus di "rovinare" il summit di aprile, che dovrebbe sancire la conferma di José Manuel Barroso alla guida della Commissione europea e fornire all'Irlanda le garanzie giuridiche richieste per rivotare sul Trattato di Lisbona. Tale ipotesi, smentita fermamente dal portavoce ceco a Bruxelles Jan Sliva, è stata però subito commentata con durezza dai fedelissimi di Klaus. "Nell'Ue non esiste alcuna opposizione concreta ed efficace, come le conosciamo nelle normali democrazie. I burocrati di Bruxelles e i leader europei si sono ormai abituati a questo andazzo, per il quale non accettare altre opinioni se non quelle della cosiddetta maggioranza" afferma Peter Mach, leader del Partito dei cittadini liberi, lo schieramento anti Ue fondato dai fedelissimi di Klaus. "Il nostro presidente è un politico esperto e sarebbe una notizia assolutamente positiva per la Ue se fosse proprio lui a presiedere il summit di giugno" continua Mach, sorvolando sul fatto che il ruolo di un presidente di turno Ue è di trovare una posizione comune dei Ventisette, non di rappresentare una "opposizione concreta ed efficace". "In politica esistono differenti punti di vista e questo i leader Ue dovrebbero saperlo. Se ci fosse un solo punto di vista, allora sarebbe assolutamente inutile organizzare questi vertici", continua il leader dei 'cittadini liberi' cechi. Secondo gli accordi stipulati con Topolanek prima della sua caduta (in cui si sospetta ci sia lo zampino di Klaus), l'unica apparizione del presidente ceco a Bruxelles sarebbe dovuta essere l'allocuzione al Parlamento europeo il 19 febbraio, in cui ha accusato l'eurocamera di non essere un'istituzione democratica. Inoltre Klaus è previsto rappresentare l'Ue nei vertici previsti a maggio con Giappone, Russia, Corea del sud e Cina. Ora però la 'divisione dei ruoli' europei è tutta da rinegoziare con Fischer, capo dell'ufficio statistico nazionale che guiderà una 'grande coalizione' tra l'Ods di Topolanek e l'opposizione socialdemocratica del Cssd. "Il capo del governo Topolanek non è in grado di sapere cosa succederà durante il vertice Ue del 18 giugno. Rimane però ferma l'opinione da lui stesso espressa lo scorso gennaio: il presidente Klaus sa come si fa a coordinare un vertice della Ue, indica Frantisek Potuznik, portavoce del premier dimissionario. Prima di parlare con il presidente Klaus del vertice Ue di giugno, il premier Fischer preferisce aspettare che il suo governo riceva la fiducia del Parlamento" taglia corto il portavoce Roman Prorok. Da Palazzo Cernin, sede del ministero degli Esteri, arriva la reazione sbrigativa ma chiaramente imbarazzata di Zuzana Opletalova, portavoce del ministro Karel Schwarzenberg: "Non è nostra abitudine commentare anticipazioni di stampa, né tanto meno notizie di presunti nervosismi in sede Ue, di cui non abbiamo alcun segnale". Ieri l'agenzia France presse ha diffuso un lancio in cui, citando fonti diplomatiche di Belgio e Finlandia, ha sostenuto che "la presidenza ceca ha perso il controllo su numerosi dossier", prendendo ad esempio la mancanza di coordinamento Ue sulla conferenza Onu sul razzismo 'Durban 2', le polemiche con la Commissione europea su Israele e la "scarsa preparazione" del vertice del 7 maggio a Pragav sul 'Partenariato per l'Est'. Per una fonte diplomatica ceca a Bruxelles, si tratta dell'ennesimo 'sgarro' da Parigi, il cui presidente Nicolas Sarkozy aveva sparato a zero contro Praga all'inizio del suo semestre europeo. Mentre per quanto riguarda gli attacchi dal Belgio, si tratterebbe di "una ripicca" per il fatto che non gli è stata concessa la parola al summit Ue-Usa del 5 aprile con il presidente Barack Obama. "Da allora il ministro degli Esteri Karel de Gucht non perde occasione per sparare contro di noi", racconta la fonte, sostenendo che il Belgio ha interesse ad affossare la presidenza ceca in modo che il suo semestre europeo, tra un anno, non possa sfigurare al confronto.

Veline, letterine e letteronze

No, no... non si possono fare paragoni ma l'ipocrisia è talmente tanta che... alla fine è come il bue che dice cornuto all'asino. Però le loro veline sono dei geni e quelle del Pdl (se mai ci sono) sono oche, puttanelle, arriviste, ecc, ecc...

"Non potete fare paragoni con il Pdl e Berlusconi". A Firenze il Pd candida l'ex 'schedina' Elisa: "Sì a veline preparate". Il candidato sindaco ha inserito in una delle due liste civiche a suo sostegno la 26enne show-girl. Che dice: "Veronica Lario ha esagerato, non si può fare di tutta l'erba un fascio"

Firenze, 29 apr. - (Adnkronos) - Il candidato sindaco di Firenze, del centrosinistra, Matteo Renzi (Pd), ha candidato in una delle due liste civiche a suo sostegno Elisa Sergi, 26 anni, ex 'schedina' della trasmissione 'Quelli che il calcio' dal 2001 al 2003. Elisa Sergi attualmente conduce una trasmissione di sport sulla tv locale Rtv38. La notizia e' stata anticipata stamani dal quotidiano 'Il Firenze'.

Islamizzazione con l'aiuto della curia

Bergamo Iniziativa in una piscina della Curia. L'ora di nuoto riservata alle islamiche. Accesso vietato agli uomini, «così si rispetta il Corano». La Lega: ostacolo all'integrazione

A volte succede che un semplice gesto sia capace di portare alla luce in tutta la sua flagranza questioni cruciali che in tante discussioni teoriche non cessano di apparire farraginose e astratte. È il caso della decisione — illuminata, buonista, regressiva, ipocrita? — presa dai gestori della piscina Siloe, di proprietà della Diocesi di Bergamo. I quali hanno stabilito che per un'ora, ogni giovedì mattina, gli spazi delle loro strutture simil-balneari verranno riservati alle donne islamiche, per permettere loro di stare al riparo dagli occhi maschili, come detta il Corano. Decisione che, è facile intuirlo, contiene in sé ogni sorta di ambivalenza: un segno di democrazia e tolleranza o, viceversa, il primo sintomo di complicità verso la ghettizzazione? Mai rischio di cerchiobottismo fu più comprensibile. Sì, ma. No, però. Fatto sta che, piaccia o non piaccia, dopo anni di battaglia, una mediatrice culturale tenace come Maida Ziarati, iraniana approdata in Italia 17 anni fa dopo aver conseguito una laurea a Londra, ha compiuto un passo importante verso quello che definisce un progetto di integrazione. D'ora in poi un gruppo di musulmane tunisine, marocchine, iraniane, egiziane e anche italiane potrà lasciare a casa eventuali burqini, ma soprattutto abbandonare i vestiti tradizionali, burqa e velo compresi, calzare una banale cuffia e nuotare in deshabillé nelle compiacenti acque orobiche messe del centro «Scala di Giacobbe». Che a pensarci bene sin dal nome rappresenta una forma di involontario ecumenismo, accostando uno dei Padri dell'Ebraismo all'oggetto sacro dall'alto del quale Maometto una notte ebbe dagli angeli guardiani la prima rivelazione dell'Aldilà, episodio che diede luogo nel Medioevo al famoso Libro della Scala. «All'inizio — dice trionfante Maida Ziaradi — alcune erano titubanti e timorose, qualcuna non aveva mai nuotato prima, altre hanno fatto un notevole sforzo mettendosi a gambe nude, qualcuna aveva addirittura il terrore dell'acqua e ora non si perde una sola lezione». Se le cose stanno così, è sicuramente una saggia decisione, quella di affidarsi a una maestra di nuoto. La vera preoccupazione delle natanti però — a sentire la signora Ziaradi — sulle prime non era tanto quella di riuscire a stare a galla, ma aveva ragioni ben più radicate: e coincideva con il vero e proprio terrore che ci fossero nei paraggi telecamere di sorveglianza. E varrà la pena notare che, giusto per una coincidenza che potrà far discutere a piacere i fautori come i detrattori della «Siloe», proprio in questi giorni in Arabia le autorità politiche hanno indetto una crociata contro le palestre femminili private, considerate offensive per il comune senso del pudore islamico. Le voci dei fautori e dei detrattori che vedono solo il nero o il bianco si sentono già rimbombare nell'aria. «Così si torna indietro, questo non è certo un modo per integrare, non dobbiamo legittimare le loro usanze ma fare in modo che accolgano le nostre», ha sentenziato Daniele Belotti, consigliere regionale e comunale per la Lega Nord. Altri potrebbero obiettare che in fondo sessanta minuti alla settimana non è una gran concessione. Ma significherebbe ridurre tutto a una faccenda di contabilità. Mentre la questione (ben lungi dall'essere una questione di costume nel senso proprio) ha ben altri contorni, che vanno a incrociare concetti molto dibattuti, negli ultimi anni, da filosofi, da antropologi e da schiere di politici dei vari fronti. Concetti che hanno suffissi ben noti in -zione, -ismo, -anza e simili: multiculturalismo, pluralismo, integrazione, tolleranza, mescolanza, convivenza, accoglienza, nelle loro più sottili declinazioni, dalla più ingenua e benevola alla più cinica. Ma qui si ricade all'ambivalenza iniziale, che si traduce in mille possibili domande destinate, forse, a non perdere mai il punto interrogativo. Da una parte: chi può privare gli altri delle proprie abitudini, quando queste non vanno a intaccare serie ragioni di moralità? Piuttosto che attraverso i divieti, non è meglio puntare su un'assimilazione lenta e paziente? Dall'altra: è realizzabile un'integrazione che prescinda dalla mescolanza? Seguendo il modello «Siloe» non si rischia per caso di costruire una società ghettizzata e blindata senza ritorno, dove gli ospiti, fingendo di accogliere le esigenze dell'altro, in realtà si mettono al sicuro nei loro bunker etnici? O forse ha ragione Tzvetan Todorov quando ricorda che la salvezza degli europei è sempre stata la capacità di capire, di essere mutevoli ed elastici?

(ha collaborato Diana Campini) Paolo Di Stefano

Senza tanti cazzi...


mercoledì 29 aprile 2009

Meningite

... come dicono sempre i buonisti, mica è vero che i "migranti" che arrivano in italia sono malati. No, no, le malattie le prendono in italia infatti. Però vogliono farli uscire subito dai cpa... pur sapendo che lì vengono anche curati.

Immigrati: casi di meningite tra ospiti del Cpa Caltanissetta.

Palermo, 29 apr. - (Adnkronos) - Un caso di meningite conclamata e tre sospetti sono stati registrati nel centro di prima accoglienza di Pian del Lago a Caltanissetta. Riguarderebbero quattro cittadini nigeriani, attualmente ricoverati all'ospedale nisseno di Sant'Elia, arrivati in Sicilia bordo del cargo Pinar, oggetto un paio di settimane fa di un braccio di ferro tra Italia e Malta.

Lega Nord e federalismo

Idv: «il Paese merita innovazione». istituita roma capitale. Via libera da Senato, il federalismo è legge. A favore Pdl, Lega e Italia dei Valori. Il Pd si è astenuto e l'Udc ha votato contro. Il Carroccio: «Momento storico»

ROMA - Via libera dal Senato al ddl sul federalismo che diventa dunque legge dello Stato. A favore hanno votato Pdl, Lega e Italia dei Valori. Il Pd si è astenuto (tranne Marco Follini, che ha espresso voto contrario) e l'Udc ha votato contro. I voti favorevoli sono stati 154, i contrari 6 e 87 gli astenuti.

ROMA CAPITALE - Più autonomia per Regioni, Province e Comuni, un tetto alla pressione fiscale, "bicameralin" per il parere sui decreti attuativi, maggiore trasparenza nei meccanismi finanziari, istituzione di 10 città metropolitane. Questi i punti cardine del provvedimento sul federalismo fiscale, cui si aggiunge l'istituzione di Roma Capitale. Roma non è più semplicemente Comune ma un nuovo ente territoriale con speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria. Tra le nuove funzioni quelle relative alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, allo sviluppo economico con riferimento al settore turistico, alla mobilità e ai trasporti, all'edilizia pubblica e privata alla protezione civile. Queste funzioni sono disciplinate con regolamenti del consiglio comunale, che diventa Assemblea capitolina e che entrò sei mesi deve varare un nuovo statuto. Previste anche maggiori risorse e il trasferimento dei beni dello Stato.

IDV: «INNOVAZIONE» - «Votiamo a favore di questa legge non per fare un favore a una parte politica che tanto tiene a questa riforma, ma perché riteniamo che questo Paese meriti l'innovazione e l'Idv accetta questa sfida» ha detto il capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato Felice Belisario durante le dichiarazioni di voto, sottolineando che il partito «controllerà».

LA FESTA DELLA LEGA - «Il federalismo fiscale non andrà a dividere ma farà sviluppare il Paese - ha spiegato il capogruppo della Lega Federico Bricolo -. Questo è un momento fondamentale per il nostro Paese: cambieranno tante cose, cambieranno in meglio, si andrà a smantellare la zavorra dell'assistenzialismo. Daremo finalmente autonomia finanziaria ai Comuni. I soldi che i cittadini pagano in tasse resteranno sul territorio, non andranno più a Roma. Saremo finalmente padroni in casa nostra». Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha parlato di «giornata storica». Quando il presidente del Senato Schifani ha letto i risultati della votazione, i senatori del Carroccio si sono alzati in piedi sventolando i fazzoletti verdi. Tra i banchi del governo ci sono stati abbracci e strette di mano con il leader del Carroccio Umberto Bossi e gli altri ministri leghisti. Dalla tribuna ospiti ha assistito alla votazione anche il figlio di Bossi, Renzo.

... e mentre quel cretino di Franceschini si occupa della signora Lario e delle veline (che non esistono) nelle liste del Pdl, la Lega, il governo e l'Idv approvano finalmente il Federalismo. Ed è arrivata l'ora di rinnovare e cambiare le regole. Non è vero, signor Franceschini?

L'ultimo show di Franceschini

Referendum: «Il sì del premier umilia la Lega». Franceschini: «Ignora le donne vere». Il segretario del Pd attacca Berlusconi: «Cosa ne sa un miliardario della fatica che fanno sul lavoro?»

ROMA - «Devo ricorrere alla saggezza popolare dei proverbi: tra moglie e marito non mettere il dito. E qui mi fermo. È una questione che non mi pare possa diventare oggetto di commmento politico». Il segretario del Pd Dario Franceschini intervenuto alla trasmissione Faccia a faccia su Radio Tre, non commenta le parole di Veronica Lario, seconda moglie di Silvio Berlusconi, sull'uso delle donne in politica e la composizione delle liste del Pdl per le Europee.

«NON CONOSCE DONNE VERE» - Ma poi approfitta di una conferenza stampa per la presentazione di un disegno di legge sul lavoro femminile per lanciare lo strale: Berlusconi, con il suo stile di vita da «miliardario», ignora le donne italiane così come sono nella realtà. Franceschini attacca l'annuncio del premier di fare la campagna elettorale con le candidate-veline e ironizza sulle critiche ai candidati del Pd, definiti «vecchi arnesi della politica»: «È nervoso - dice il segretario del Pd - e questo è comprensibile; è meglio non farlo innervosire ancora di più. Berlusconi ha in mente un'Italia che non c'è. Cosa ne sa un miliardario, che viaggia in aereo tra una villa e l'altra, delle donne italiane, della fatica che fanno sul lavoro? Lui ha in mente un mondo di lustrini, veline e denaro, ben diverso dall'Italia vera».

«ITALIANI BUGGERATI» - Parlando delle elezioni europee, Franceschini prevede che gli italiani saranno «buggerati» da Berlusconi e dagli altri leader politici che si candideranno per poi dimettersi «un minuto dopo il voto». Il leader del Pd dunque non si candida «per serietà». «Mi interessa il punto di vista degli elettori e non degli opinionisti. È una questione di serietà. L'Italia deve smettere di ricorrere sempre alle furbizie. Negli altri Paesi europei nessun capo di governo o leader politico chiede il voto agli elettori sapendo di doversi dimettere un minuto dopo per ragioni di incompatibilità».

REFERENDUM: «UMILIA LA LEGA» - Franceschini ha parlato anche del referendum elettorale del 21 giugno, sul quale Berlusconi ha dichiarato che voterà sì: «Il sì di Berlusconi umilia la Lega nord». «Quando un uomo politico si ritiene talmente potente da poter fare tutto perde i freni e comincia a diventare un problema serio - ha aggiunto parlando del possibile tentativo di Berlusconi di procedere a maggioranza alle riforme costituzionali -. Le regole vanno cambiate insieme. Se Berlusconi scegliesse ancora una volta la modifica a maggioranza andrà a sbattere contro un muro perché nel referendum confermativo gli italiani gli diranno di no per la seconda volta».

ALESSANDRA MUSSOLINI - Le stesse parole di Franceschini sulla vicenda Veronica-Silvio sono state usate anche dalla deputata del Pdl, Alessandra Mussolini: «Meglio che non commenti perché tra moglie e marito, come recita il proverbio, è meglio non mettere il dito. Da tutta questa vicenda le donne italiane ne escono male, anzi malissimo». Nunzia De Girolamo, parlamentare del Pdl che non sarà candidata alle europee dopo che molte voci la davano in lista: «Non entro nelle questioni familiari e personali del presidente del Consiglio, perché la vita personale va sempre rispettata».

Riposto: «È nervoso - dice il segretario del Pd - e questo è comprensibile; è meglio non farlo innervosire ancora di più. Berlusconi ha in mente un'Italia che non c'è. Cosa ne sa un miliardario, che viaggia in aereo tra una villa e l'altra, delle donne italiane, della fatica che fanno sul lavoro? Lui ha in mente un mondo di lustrini, veline e denaro, ben diverso dall'Italia vera». Certo che una frase come questa detta da un Franceschini, fa specie davvero. Anche lui, cosa ne sa della fatica quotidiana delle donne? Lui che per primo non ha mai lavorato in vita sua... che si immagina un Pd che non esiste... Qui, siamo per davvero alla frutta. E, a non avere argomenti migliori dei quali discutere, è davvero grave.

Francesco Caruso

Camera: defini' "assassino" Marco Biagi, no a insindacabilita' per ex deputato Prc Caruso

ROMA
- Sara' processato l'ex deputato del Prc Francesco Caruso per aver definito "un assassino" Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle Nuove brigate rosse il 19 marzo 2002. La giunta per le autorizzazioni della Camera gli ha infatti negato l'insindacabilita'. ''Tra quello che lui ha detto - spiega il relatore Maurizio Turco, parlamentare del Pd - e il suo ruolo di deputato non c'era nessuna relazione. Pertanto abbiamo deciso di dire no all'insindacabilita'. E solo su questo aspetto noi come giunta potevamo esprimerci''.

In effetti, uno che parla così, è imbecille già di suo. Per tanti inutili e futili processi che si fanno ogni giorno, questo di sicuro futile e inutile non lo è affatto. Non andrà in galera ma che almeno risarcisca i familiari della vittima per averla pesantemente insultata.

Neo - Totalitarismi

Preso in prestito da Scettico

Hal G. P. Colebatch: La Gran Bretagna sembra diventare il primo Stato neo-totalitario.

Come professore occasionale di scienza politica e di diritto internazionale, non utilizzo il termine totalitario alla leggera. Non ci sono campi di concentramento o di gulag, ma ci sono polizie del pensiero dotate di poteri senza precedenti per imporre modi di pensiero ed individuare l'eresia, ed i dissidenti possono vedersi imporre pesanti pene. Nikolai Bukharin ha affermato che uno dei principali compiti della rivoluzione bolscevica consisteva "nel modificare la psicologia del popolo". La Gran Bretagna non è bolscevica, ma una campagna che mira apertamente a modificare la psicologia del popolo e creare un nuovo Homo britannicus è in corso. Il governo avanza con un progetto di legge che converte in azione penale scherzi o barzellette politicamente scorrette, accompagnate da pene che possono andare fino a sette anni di prigione. La Camera dei lord ha tentato di inserire un emendamento che protegge la libertà d'espressione, ma il segretario della giustizia, Jack Straw, lo ha fatto affondare. È questo stesso Straw che ha già invitato a ridefinire l'Englishness, e suggerito che “il bagaglio imperiale„ spiegasse la violenza manifestata “da uomini bianchi razzisti e xenofobi„ in occasione degli incontri di calcio. Ha sostenuto che è a causa della loro “tendenza alla violenza„ che gli inglesi avevano sottomesso l'Irlanda, la Scozia ed il Galles, e che come razza, gli inglesi erano "potenzialmente molto aggressivi". Nel corso degli ultimi 10 anni, ho accumulato numerosi esempi di pene draconiane, compreso l'arresto e l' incolpazione criminale di bambini, per crimini del pensiero ed offese contro il politicamente corretto. Il presidente del Countryside Restoration Trust e cronista Robin Page ha detto in occasione di una manifestazione contro le leggi che proibiscono la caccia nello Gloucestershire nel 2002: "Se voi siete una lesbica con una sola gamba, nera-musulmana-vegetariana-camionista e richiedente d'asilo, voglio gli stessi diritti vostri". Page è stato arrestato, e dopo quattro mesi,ha ricevuto una lettera che dice che nessuna accusa sarebbe formulata contro di lui, ma soltanto "se nuove prove che gli riguardano sono portate alla nostra attenzione, chiederemo che delle procedure siano avviate contro di voi". Gli sono stati necessari cinque anni per lavare il suo nome. Almeno Page era un adulto. Nel settembre 2006, un allievo di 14 anni, Codie Stott, ha chiesto ad un insegnante se potesse aggiungersi ad un altro gruppo per realizzare un progetto scientifico, poiché le ragazze del suo gruppo parlavano soltanto l' urdu. Secondo Stott, la prima reazione dell'insegnante è stata di gridare: "Questo é razzismo, avrai a che fare con la polizia!" Stupefatta e spaventata, l'allieva è uscita per calmarsi. L'insegnante ha chiamato la polizia ed alcuni giorni dopo - le autorità che avranno probabilmente con maturità riflettuto - è stata arrestata e portata ad un commissariato dove le sue impronte digitali e la sua fotografia sono state prese. Secondo la sua madre, è stata messa in una cella spogliata durante 3 ore e mezza. È stata sottoposta ad un interrogatorio col sospetto di avere commesso un crimine razziale d'ordine pubblico, quindi rilasciata senza incolpazione. Sembrerebbe che la scuola si dedichi ad altre misure da adottare, non contro l'insegnante, ma contro Stott. Il direttore Edkins Anthony avrebbe dichiarato: "C'é stata una seria allegazione che riguarda un'osservazione razzista. Cerchiamo di garantire un atteggiamento di tolleranza verso gli allievi di ogni origine etnica, e rigettiamo il razzismo di ogni specie". Un bambino di 10 anni è stato arrestato e portato davanti ad un giudice per avere chiamato un ragazzo di 11 anni "Paki" e "Bin Laden" in occasione di una discussione nel cortile di ricreazione di una scuola elementare (l'altro ragazzo l' aveva trattato di moffetta e di teletubbie). Al momento dell'udienza, l'affare aveva già costato 25 mila sterline ai contribuenti. L'imputato è stato così tanto scosso che ha lasciato la scuola. Il giudice Jonathan Finestein ha dichiarato: “Siamo realmente arrivati al punto dove perseguitiamo bambini di 10 anni a causa del politicamente corretto? Crimini più gravi sono commessi altrove e la polizia cosà fà...??? Ciò non ha alcun senso„. Finestein è stato attaccato senza sosta dai dirigenti del sindacato dell'insegnamento, come in questi processi di caccia alle streghe in cui coloro che prendevano la difesa di un imputato o dipendevano dalla lacune nelle persecuzioni erano immediatamente trattati di streghe e promessi al macello. L'unità dei crimini odiosi della polizia ha indagato su Basil Brush, un burattino sotto forma di volpe in un'emissione televisiva per bambini, che aveva fatto uno sketch sui zingari. La BBC ha ammesso che Brush si era comportato in modo inadeguato ed ha assicurato la polizia che l'episodio sarebbe bandito. Un vescovo ha ricevuto un avvertimento dalla polizia che gli rimprovera di non compiere sufficientemente sforzi “per celebrare la diversità„, cosa che sembra essere diventata una norma dove l'applicazione spetta alla polizia. Una casa per anziani cristiana per membri del clero e del personale religioso ha perso una sovvenzione perché non aveva rivelato agli indiscreti ufficiali il numero di residenti omosessuali. Il fatto che la precisazione non era stata mai chiesta ai residenti è stato preso in considerazione come una prova di omofobia. L'anno scorso, una scuola ha accomodato dei genitori musulmani che si opponevano al fatto che si consegnino ai loro bambini in età bassa dei libri che pronando il matrimonio e l'adozione delle coppie omosessuali. Il materiale che li offendeva è stato ritirato dalla scuola dove studiavano i loro figli. Quest'anno, dei genitori musulmani e cristiani si sono opposti allo stesso materiale in un'altra scuola; ma, non solo le loro domande sono state respinte, ma sono stati minacciati di persecuzione se ritirassero i loro bambini. Ci sono stati, negli ultimi mesi, innumerevoli casi di persone che sono state licenziate dalle scuole, ospedali ed altre istituzioni per questioni di religione. In molti casi, come precedentemente in Germania dell' Est, non si trattava di opinioni gridate fanaticamente sui tetti, ma di scambi in conversazioni private, che sono stati denunciati alle autorità. Il ricezionista di una scuola elementare, Jennie Cain, la cui figlia di cinque anni é stata rimproverata dopo avere parlato di Gesù in classe, è stata messa alla porta per avere chiesto l'appoggio della sua chiesa. Un e-mail privato che aveva inviato ad altri membri della chiesa per sollecitare di pregare è finito nelle mani dalle autorità scolastiche. Presi cosí, isolatamente, ciascuno di questi incidenti può essere interpretato come un'aberrazione, ma presi nell'insieme - ho citato soltanto un piccolo campione, altri sono riportati quasi ogni giorno - danno un'immagine piuttosto chiara della situazione.

Fonte: Thought police muscle up in Britain

Eccesso di legittima difesa

Ha sparato per non essere ucciso Ma secondo i pm si è difeso troppo di Massimo De Manzoni

Allora ditelo. Spiegate a tutti che in Italia la legittima difesa non esiste, abolita d’ufficio dai magistrati. Così almeno sappiamo, ci mettiamo il cuore in pace e non ci pensiamo più. Sì, perché se anche Remigio Radolli finisce indagato, significa che in questo Paese difendersi dai banditi, se non è ancora vietato, è quanto meno fortemente sconsigliato. Per capirci, Remigio Radolli è quel gioielliere di Cinisello Balsamo, nel Milanese, che il 16 aprile scorso reagì a una selvaggia aggressione a scopo di rapina sparando tre colpi di pistola che ferirono (non uccisero: ferirono) uno dei malviventi. Forse lo ricorderete: le foto del volto devastato e sanguinante di quest’omone di 59 anni finirono sulle prime pagine di tutti i giornali. O meglio, di tutti meno tre: il manifesto e Liberazione decisero di non dare neppure la notizia; l’Unità scelse di non pubblicare l’immagine: troppo pericolosa, parlava più di mille articoli enonera funzionale all’automatica e implicita condanna dei negozianti- pistoleri. E poi, i rapinatori fossero almeno stati dei ragazzotti italiani figli di buona famiglia. Macché, erano albanesi. E per di più clandestini. Quindi, un pezzo a pagina 14 (con rituale attacco al centrodestra «che specula sulle paure della gente») e poi via, verso nuove e più esaltanti avventure. Non è noto se il pubblico (...) ministero che ha iscritto Remigio Radolli nel registro degli indagati per eccesso di legittima difesa, la dottoressa Stefania Di Tullio, sia un lettore di uno di questi tre giornali. Magari no, magari li aborrisce. Ma è certo che nella magistratura italiana, così come nella sinistra, il concetto che una persona ha diritto di difendere se stessa, i propri cari e i propri beni fa una maledetta fatica a trovare cittadinanza. Nel caso in questione, il gioielliere non ha inseguito i rapinatori fuori dal negozio per sparare loro alla schiena. Non ha neppure ingaggiato con loro una sfida, risultando il più veloce (cosa che peraltro, davanti a un’arma spianata, riteniamo perfettamente lecita). No, prima di fare fuoco, si è fatto massacrare. Il giovane albanese, Blerim Mani, 25 anni, l’ha ripetutamente colpito alla testa, al volto e al torace con la pistola che brandiva. «Una violenza inaudita», come hanno scritto i carabinieri nel loro rapporto, che ha lasciato tracce vistose: 18punti di sutura, un occhio tumefatto, uno zigomo fratturato, un paio di costole incrinate. Solo dopo (dopo) aver subito tutto questo, il commerciante è riuscito a mettere le mani sulla sua calibro 22, regolarmente denunciata, e a salvarsi la pelle. Se non è legittima difesa questa! E invece no: ha ecceduto, va indagato. Perché? Dice: ma il povero albanese aveva una scacciacani e Radolli colleziona armi, è un esperto, doveva rendersi conto che la pistola del bandito era finta. Certo, semplicissimo. Vi stanno rovinando di botte e voi vi concentrate sulla canna della sputafuoco: «Ma guarda te, questa non è una vera Smith & Wesson. No, no: la zigrinatura è diversa. Beh, allora...». Allora, tranquilli. E che importa se quell’«arma giocattolo», comela definisce bonariamente l’Unità, viene adoperata come un martello per spaccarvi in due la testa. E qual è il problema se tra un attimo chi la impugna aprirà la porta del negozio al complice che è rimasto fuori e che è ansioso di menare un po’ le mani anche lui. Surreale? Magari. E comunque, nel dubbio si indaga. Caro lei, sembra legittima difesa, ma potrebbe esservi eccesso: vai con l’avviso, vai col marchio. «Un atto dovuto», siaffrettano a spiegare. Come no. «È per tutelare il gioielliere», aggiungono. E c’è bisogno di dirlo? Del resto anche voi non vi sentireste meglio garantiti una volta che il vostro nome figurasse nel mitico registro degli indagati? Beh,sì, c’è la seccatura della vostra reputazione, però in cambio siete salvaguardati. Ah già e poi quella cosuccia che dovreste prendervi un avvocato. E pagarlo, visto che siete persone perbene. Fa niente, no? E vi disturba se nel frattempo vi impediamo di lavorare? No, perché naturalmente la gioielleria resta sotto sequestro: siete un indagato, perbacco, mica un cittadino qualsiasi. Incredibile? Purtroppo no: le cose stanno esattamente così. E questo nonostante la legge in vigore, opportunamente modificata dal Parlamento nel febbraio 2006, durante il precedente governo Berlusconi, stabilisca che non è punibile chi usa «un’arma legittimamente detenuta al fine di difendere la propria o l’altrui incolumità e i beni proprio altrui,quando vi è pericolo di aggressione». A Cinisello Balsamo non c’è stato «pericolo di aggressione». C’è stata un’aggressione talmente brutale che il responsabile è accusato di tentato omicidio. E Radolli è molto semplicemente quello che stava per essere ammazzato, la parte lesa come suggeriscono i giuristi, e solo a questo titolo dovrebbe entrare nel processo. Invece è indagato. E nei tribunali ti raccontano la favola bella che non si poteva fare altrimenti, che la legge non consente altro mezzo per compiere determinati accertamenti, che loro non ne hanno colpa e che casomai si dovrebbe cambiare il Codice. Finché non trovi un magistrato che esce dal coro e, come fa Maurizio Laudi intervistato in queste pagine, spiega che non è affatto vero. Che non c’è proprio nulla da cambiare se non la testa di qualche collega. Grazie, procuratore. Che il re fosse nudo, la gente che usa un po’ di buon senso l’aveva sospettato, per così dire. Ora sa chenonera una allucinazione.

550 (n)euro

«Epifani ha speso 550 euro a notte? È un fatto grave» di Sabrina Cottone

Milano - C’è chi ricorda Giuseppe Di Vittorio, lo storico segretario della Cgil che in parlamento si vantava di aver dormito nelle cafonerìe, baracche di legno in cui passava la notte con i compagni di lavoro nei campi. Ma forse il paragone è troppo ingeneroso per Guglielmo Epifani, come spesso lo è per gli eredi che si voltano indietro a guardare i maestri. «Eravamo abituati a sentire di un segretario che quando arrivava a Milano andava a dormire dai parenti» ironizza un esponente del Pd che conosce bene il mondo della Cgil e forse anche per questo preferisce rimanere anonimo. Invece Epifani, nella sua visita milanese in occasione del corteo del 25 aprile, ha soggiornato in due alberghi da 550 euro a notte, il Pierre, cinque stelle lusso in via de Amicis, e il de la Ville, quattro stelle superior in via Hoepli, dotato di piscina sul tetto e solarium con vista sulla Madonnina.È incredulo Giorgio Cremaschi, battagliero esponente del direttivo della Fiom, il sindacato di categoria dei metalmeccanici della Cgil. «La cosa mi stupisce e mi sembra anche grave. Se fosse vero, sarebbe antipatico e grave. Non me ne sono ancora occupato. Lo apprendo da voi e non voglio concedere un’intervista sul tema, che intendo approfondire. Non è una questione irrilevante. Per il momento dico solo questo» commenta al telefono Cremaschi, che non sembra troppo convinto neppure dalla replica dell’ufficio stampa di Epifani. La portavoce del segretario della Cgil ha spiegato infatti che il Salone del mobile, che si è svolto negli stessi giorni delle manifestazioni per la Liberazione, ha creato problemi nell’organizzazione della trasferta milanese. «Dove dorme Epifani sono affari del signor Epifani. Rilevo solo che in quei giorni a Milano c’era un’importante manifestazione e ricordo che con un avvenimento del genere è difficile per tutti trovare un albergo» è la dichiarazione della portavoce. Quel che molti sottolineano, dentro la Cgil, è il trattamento standard che si riservano gli esponenti del sindacato in missione fuori dalla propria sede. «Quando sono a Milano vado in una pensione da settanta euro» racconta un dirigente nazionale. D’altronde, a guardare i rimborsi della Cgil in Lombardia, non si tratta di cifre da capogiro. Il regolamento impone un tetto massimo di spesa per i sindacalisti in trasferta che, in tempi di crisi, tende al ribasso a seconda del bilancio delle varie sedi. Ma veniamo ai numeri: la somma media a disposizione di un segretario regionale per la consumazione di due pranzi giornalieri è di circa 80 euro, per il soggiorno invece il limite è di 100/120 euro a notte. Le cifre variano in base alla posizione che si occupa all’interno del sindacato. L’ufficio stampa romano della Cgil, nonostante le richieste, non ci ha ancora fornito le tabelle ufficiali per i dirigenti nazionali e per il segretario. I rimborsi per chi si sposta continuamente, come un dirigente nazionale, sono a carico della Cgil, ma sempre entro un certo limite, e solitamente si tratta di standard diversi da quello su cui ha potuto contare Epifani nel suo ultimo soggiorno a Milano. Niente a che vedere con l’Hotel Pierre o con l’Hotel de la Ville. Quando un dirigente sindacale si sposta da Milano a Roma, la soluzione che viene solitamente adottata è un albergo a tre stelle. Per fare qualche esempio nella Capitale, l’Hotel Flavia oppure il Center Hotel che di stelle ne ha due. I listini di questi alberghi prevedono tariffe che vanno da 70 a 90 euro per una camera singola e da 80 a 130 euro per una doppia. «Piuttosto che pagare 550 euro, avrei cercato di dormire da un amico», osserva il sindacalista che riassume le tabelle. Ma resta sempre l’incognita del tutto esaurito.

martedì 28 aprile 2009

Notizie

Giusto un paio, non di più. Direttamente da Dagospia:

D´ALEMA: GIUSTO COSTRUIRE IL MURO DI PADOVA... Da "la Repubblica" - Massimo D´Alema rilancia: diritto di voto alle amministrative per gli immigrati regolari, perché se no in Italia «si vive come nell´antica Sparta e non in una moderna democrazia». Ma, allo stesso tempo, mano dura contro la violenza e i traffici illegali, «senza pietismi inutili, col bisturi se occorre, perché non può accadere che alcune parti del nostro paese finiscano occupate da tribù». E qui l´ex presidente del Consiglio - intervenuto alla presentazione del libro "Il Muretto" di Livia Turco, insieme a Gianni Alemanno (che sta preparando una lettera per il sindaco di Parigi Delanoe dopo le polemiche sui saluti romani) e Marianna Madia, deputato pd - ha parlato in particolare della vicenda del muro di via Anelli a Padova, che il sindaco ds Zanonato fece innalzare fra mille polemiche in un quartiere controllato ormai dagli spacciatori. D´Alema la rivendica come un´iniziativa giusta. «Il sindaco di sinistra che fa una cosa di destra, il «muro di Padova»: la solita koinè di cretini, intellettuali e opinionisti, che in genere non sa nulla, ci ha ricamato a lungo. Quel muro invece ha creato sicurezza, ha separato un´enclave di violenza, se lo Stato non si fosse presentato in quel modo avrebbe prevalso la cultura della sopraffazione». E con un lieto fine, secondo D´Alema: la legalità è tornata in via Anelli.

TREMAGLIA A PD: PENSIONE PER RSI C'E' GIA' DAL 1978. LEGGE FIRMATA DA PERTINI, ANDREOTTI E PANDOLFI (Ansa) - La pensione per i 'repubblichini' c'e' gia', risale al 1978 e a 'firmare' la relativa legge furono tre pericolosi 'fascisti' come Sandro Pertini (presidente della Repubblica), Giulio Andreotti (presidente del Consiglio) e Franco Maria Pandolfi (ministro delle Finanze). A ricordarlo al segretario del Pd e' Mirko Tremaglia, oggi esponente del Pdl ma, nel 1943 e a soli 17 anni, aderente alla Rsi. 'Il tentativo di Franceschini, inteso a fare ritirare la legge sui 'repubblichini', e' totalmente fallito' perche' quanto previsto dalla proposta Barani, sottolinea Tremaglia, e' gia' compreso nel Testo Unico delle norme in materia di pensione di guerra' in vigore dal 23 dicembre 1978. 'Il tentativo di Franceschini di riaccendere un conflitto che doveva avere come obiettivo i soldati che hanno combattuto 'dalla parte di Salo', riaccendendo un pesante scontro politico - afferma ancora Tremaglia - non ha alcun senso, ne' nazionale ne' sotto l'aspetto legislativo. 'Siamo andati a vedere qual era la realta' - continua - ed abbiamo scoperto che il riconoscimento e' gia' stato fatto ed i pericolosi 'neo-fascisti' da incriminare, per avere messo sullo stesso piano quelli della RSI con i partigiani, sono espressione massima della democrazia. Infatti, il provvedimento che riguarda il riconoscimento della pensione di guerra ai soldati della RSI e' il dpr del 23 dicembre 1978 n. 915, il Testo Unico delle norme in materia di pensione di guerra, firmato da Pertini, Andreotti e Pandolfi'. Aver gridato allo 'scandalo' per la proposta Barani ora, secondo Tremaglia, 'si ritorce contro Franceschini' perche' 'I pericolosi 'fascisti' sono il capo dello Stato, il presidente del Consiglio, il ministro delle Finanze' dell'epoca. 'Franceschini - conclude Tremaglia - e' autore di un ridicolo e penoso tentativo di riportare faziosita' e polemica tra le parti politiche'.

La terza notizia tratta da Repubblica Blog sull'emendamento della censura di D'Alia.

Sicurezza

Fa ridere. Quando sono gli "altri" a sentirsi minacciati dai niqab o dai burqa, allora è allarmismo, discriminazione, razzismo e xenofobia. Ma quando sono gli islamici ad adottare misure "drastiche" per proteggere il loro lavoro e i loro negozi, allora è sicurezza. Vorrei sapere adesso, giusto per coerenza, se c'è qualcuno che grida alla discriminazione.

Rapporto

... eeh si, perchè bisognerebbe accoglierli tutti col tappeto rosso. E bisogna togliere soprattutto agli italiani per far si che le organizzazioni umanitarie non abbiano a che ridire.

Il rapporto dell'organizzazione umanitaria «Save the Children». Migranti, in 10 mesi arrivati 2000 minori. L'allarme: «Più della metà sono scappati». «Peggiorate le condizioni di accoglienza. Bambini a rischio sfruttamento»

ROMA
- Da maggio 2008 a febbraio 2009 più di duemila minori migranti sono sbarcati a Lampedusa. Di questi, più della metà sono fuggiti dalle strutture di accoglienza. È l'allarme lanciato da Save the Children, organizzazione umanitaria che si occupa di tutela dei bambini, sulla situazione dei bambini immigrati arrivati sull'isola siciliana nell'ultimo anno: il 60% di quelli inseriti nelle comunità alloggio è fuggito, e molti di questi ragazzini sono sprovvisti di permesso di soggiorno e dunque a forte rischio di sfruttamento.

IL RAPPORTO - I dati emergono dal Rapporto «L'accoglienza dei minori in arrivo via mare», un dossier nel quale confluiscono i risultati dell'attività di monitoraggio condotta da Save the Children sulle strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati del territorio siciliano. Sono stati 1.860 i minori stranieri non accompagnati ospitati nelle comunità alloggio sul territorio siciliano da maggio 2008 a febbraio 2009, quasi esclusivamente provenienti da Lampedusa.

CHI FUGGE - In dieci mesi l'organizzazione umanitaria ha registrato l'arrivo sull'isola di 1994 minori non accompagnati e 300 accompagnati. Dei primi, come si diceva, 1860 sono stati accolti nelle comunità alloggio ma solo 741 sono rimasti nei centri. A fuggire, si legge nel Rapporto, sono soprattutto i ragazzi egiziani, eritrei e somali. In particolare, dalle dichiarazioni raccolte, risulta che gli egiziani cercano subito un lavoro per ripagare il debito contratto dalle famiglie con i trafficanti. Al momento dell'allontanamento, inoltre, i minori versano in una condizione di grave vulnerabilità poiché spesso sprovvisti di permesso di soggiorno e quindi potenziali vittime dello sfruttamento, soprattutto di tipo lavorativo. Secondo Save the Children, dei 1119 minori fuggiti dalle comunità alloggio solo 65 avevano già ottenuto l'apertura della tutela e 12 erano in possesso del permesso di soggiorno.

LE CAUSE DEGLI ALLONTANAMENTI - «Un numero di fughe così elevato è da imputarsi al peggioramento delle condizioni di accoglienza in comunità», ha spiegato Valerio Neri, direttore generale dell'organizzazione, «ma anche alla mancanza d'informazione sulle opportunità che la legge italiana può offrire a questi ragazzi, nonchè di chiari percorsi formativi e professionali per i minori». La gestione dell'accoglienza sul territorio siciliano, ha continuato Neri, «deve essere ricondotta ai parametri fissati dalla normativa nazionale e regionale, procedendo alla chiusura delle strutture che non rispettano tali requisiti e al conseguente trasferimento dei minori che vi sono inseriti». Per questo, «è necessario agire su tutti i livelli del sistema, da quello nazionale che è ancora privo di una pianificazione basata sulla previsione degli arrivi, a Prefetture, Comuni e comunità, affinchè si possa garantire un'effettiva protezione e garanzia dei diritti dei minori migranti».

LA DENUNCIA - Save the Children ha anche denunciato che, tra novembre e dicembre, circa 200 ragazzi sono stati trasferiti in strutture non destinate all'accoglienza dei minori. Inoltre, l'organizzazione umanitaria ha lamentato il «notevole peggioramento» della situazione dopo la trasformazione della struttura di Lampedusa da Centro di Pronto Soccorso e Accoglienza (Cpsa) a Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie), a causa della quale alcune imbarcazioni intercettate a largo di Lampedusa sono state fatte attraccare a Porto Empedocle, dove non esistono procedure adeguate per una corretta identificazione dei minori, né strutture per dare loro soccorso e accoglienza.

LE COMUNITÀ MONITORATE - Le comunità alloggio siciliane monitorate sono state 39, la maggior parte delle quali è ubicata nei comuni della provincia di Agrigento (14), ma anche nelle province di Trapani (11), Catania (6), Palermo (3), Caltanissetta (2), Ragusa (1), Enna (1) e Siracusa (1). «Da un lato il sovraffollamento, dall'altro i problemi di copertura finanziaria - spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia - si traducono nell'abbassamento degli standard di accoglienza». La scarsa erogazione di beni essenziali - dal vestiario e kit igienici alle carte telefoniche e pocket money - e la mancanza di opportunità d'inserimento scolastico e lavorativo, spinge i minori nei circuiti di manodopera irregolare e li espone a rischio di sfruttamento. Solo un numero limitato di comunità si avvale di servizi di mediazione culturale e un terzo dispone di educatori in grado di parlare una lingua straniera. Pertanto, minori appartenenti a determinati gruppi linguistici rimangono esclusi dall'accesso a informazioni rilevanti per il loro percorso di inserimento.

Negazioni islamiche

Su internet una campagna contro la decisione del governo. Arabia: chiudono le palestre femminili, e le donne protestano. «Perché ai maschi è permesso frequentarle mentre a noi deve essere proibito»

Ma sì, “lasciamole ingrassare”. Un gruppo di donne saudite ha lanciato su internet una campagna di protesta con questo slogan, per opporsi alla decisione delle autorità di chiudere le palestre femminili private in Arabia. La rigida interpretazione dell’Islam in vigore nel Regno saudita impone la totale segregazione tra i sessi: uomini e donne sono separati a scuola, al lavoro - e anche in palestra. Esistono «centri di benessere» solo per donne legati a ospedali governativi e cliniche, ma specialmente le più giovani dicono che sono troppo costosi. Le prime palestre private solo per donne sono nate sei anni fa e sono oggi molto popolari, come luoghi di relax e per combattere l’obesità o i chili di troppo (un problema per il 66% delle saudite, secondo la stampa locale). Ma mentre il dipartimento dello sport e della gioventù concede licenze alle palestre private maschili, non le dà a quelle femminili. Né esiste alcun dipartimento governativo che lo faccia. «Perché ai maschi è permesso frequentare le palestre indipendenti, che non sono certificate e non hanno supervisione medica, mentre alle donne è proibito?», ha protestato Sara Abdulla. «Noi abbiamo le stesse esigenze». La ragione, dice al quotidiano Arab News l’avvocato Abdulaziz Al Qasim, è che nessuno nel governo vuole essere attaccato dalle autorità religiose, che hanno definito le palestre femminili “una vergogna” e una tentazione che porta le donne ad allontanarsi da casa trascurando così marito e figli (una settimana fa è stata emanata pure una fatwa che le definisce “immorali”). In Arabia Saudita lo sport è vietato anche nelle scuole statali femminili, non c’è alcuna federazione che organizzi attività sportive per le ragazze, pochi stadi sono aperti a loro e non possono partecipare alle Olimpiadi (l'attivista Wajeha Al Huwaider, che si batte anche per il diritto delle donne alla guida, ha criticato questo divieto con un video diffuso su YouTube in occasione dei Giochi del 2008. «Aisha, moglie del profeta Maometto, praticava ogni genere di sport ai suoi tempi - afferma nel video -. Sapeva andare a cavallo e combattere»). Nonostante i divieti, squadre femminili di calcio, basket e pallavolo nascono e giocano semi-clandestinamente. Ed esistono decine di palestre indipendenti - illegali - a Gedda, Medina, Riad: spesso vengono chiamate “centri di bellezza”. Ma il ministero degli Affari municipali e rurali ha dichiarato di voler porre fine alla loro esistenza, secondo i giornali sauditi. D’altra parte, proprio il viceministro per gli Affari municipali e rurali, il principe ­Mansour bin Muteb, ha suggerito giorni fa che, per la prima volta, le donne saudite potrebbero essere autorizzate a votare quest’anno nelle amministrative (solo gli uomini hanno votato in quelle del 2005, le prime elezioni nazionali dalla crezione dello stato nel 1932). Una prova dei progressi lenti e contraddittori sulla strada delle riforme promesse dal re Abdullah.

Viviana Mazza

Col velo...

"Grazie al mio velo dialogo Obama-islamici" di Rolla Scolari

Dalia Mogahed sarà la prima donna a varcare regolarmente la porta della Casa Bianca con il capo coperto da un velo stretto sotto il mento, per fede. Barack Obama l’ha appena nominata consigliere sull’islam. Farà parte di un nuovo comitato dal nome lungo: Advisory Council on Faith-Based and Neighborhood Partnerships. I suoi membri, 25, arrivano da tutte le comunità religiose degli Stati Uniti e lavoreranno al dialogo interreligioso. «Al presidente spiegherò che gli islamici non sono soltanto alla fonte del terrorismo, ma sono anche le sue principali vittime», ha detto lei. Mogahed, nata in Egitto e cresciuta in America, è presidente del Gallup Center for Muslim Studies, istituto di ricerca che fornisce numeri e sondaggi sull’opinione pubblica musulmana. Sulle sue analisi ha scritto un libro pieno di dati («Who Speaks on Behalf of Islam? What a Billion Muslims Really Think», con John Esposito, professore universitario accusato da alcuni d’essere apologeta del radicalismo islamico). La nomina ha suscitato già controversie online. Mogahed pensa infatti sia possibile la strada del dialogo con il gruppo islamista dei Fratelli musulmani, movimento cardine dell’islamismo mondiale. Dall’ideologia della Fratellanza, nata nel 1928 in Egitto e oggi fuorilegge al Cairo, sono nati gruppi terroristici come al Gamaa al Islamiya e Hamas, sulla lista nera di Washington e Bruxelles. «Gli Stati Uniti devono considerare quando e come parlare con movimenti politici che hanno un sostegno pubblico sostanziale e hanno rinunciato alla violenza». «I Fratelli musulmani potrebbero essere in questa categoria», è scritto in un rapporto, «Changing Course», del The Project on U.S. Engagement with the Muslim World, di cui Mogahed fa parte. Assieme, tra gli altri, a Madeleine Albright, ex segretario di Stato americano.

Quale sarà il suo primo consiglio al presidente Obama? «Gli dirò che il terrorismo è un nemico comune. Non è soltanto qualcosa che ha origine nel mondo musulmano, ma anche qualcosa di cui il mondo musulmano è vittima. Gli estremisti sono una piccola minoranza».

Per molti, la maggioranza moderata islamica non avrebbe fatto abbastanza per denunciare gli atti di terrorismo della minoranza. «La premessa che non ci siano state critiche non è reale. Quello che abbiamo trovato lavorando sui dati è che la maggior parte dei musulmani in diversi Paesi dice no alle violenze e alla domanda: “Cosa fanno i musulmani per migliorare le relazioni con l’Occidente?”, molti hanno risposto: “Cercano di controllare l’estremismo”. Quando agli abitanti di Pakistan, Marocco, Algeria chiedi: “Di cosa hai maggiormente paura?”, la riposta è: “Di essere vittima di un attacco terroristico”. I musulmani sono le principali vittime del terrorismo islamico e di conseguenza sono i più spaventati dal terrorismo islamico».

Qual è la sua opinione sul dialogo con gruppi come Hamas, Hezbollah? E con i Fratelli musulmani? «I nostri dati mostrano che molti musulmani non credono che il mio Paese sia serio quando parla di sostenere la democrazia nella loro parte di mondo. Per affrontare la questione, una commissione di cui ho fatto parte, in un rapporto, «Changing Course», ha consigliato al governo americano di parlare con qualsiasi gruppo sia pronto a rispettare pacificamente le norme del processo democratico».

Hamas e Hezbollah sono gruppi armati... «Ci sono condizioni da rispettare. Non c’è dialogo senza la rinuncia alla violenza. Nel caso di Hamas il rispetto delle richieste del Quartetto - Stati Uniti, Unione europea, Russia e Onu - (rinuncia alla violenza, smantellamento degli apparati terroristici e riconoscimento d’Israele, ndr)».

E i Fratelli musulmani? «Sarebbe possibile un approccio, per via della rinuncia alla violenza».

Cambierà la percezione degli Stati Uniti nel mondo arabo-musulmano con Obama? «Se ci saranno miglioramenti è perché non sta delegando ad altri la questione. Ma è troppo presto per dire se ci saranno o no; forse c’è un leggero cambiamento nella natura della conversazione all’interno dello spazio pubblico islamico: non ci si chiede più se l’America sia o no in guerra con una fede, l’islam. Ora il discorso è più focalizzato sulla politica. Si tratta di un cambiamento importante».

E prima, con la precedente amministrazione? «L’Amministrazione Bush aveva già iniziato a focalizzare la questione sulla politica e non sullo scontro tra religioni. Sono stati fatti errori all’inizio, nell’uso delle parole, non dal presidente ma da alcuni membri del partito».

Paga Pantalone...

Tre nuovi giornali: la sinistra ora ne ha 8 (e li paghiamo noi) di Gianni Pennacchi

Roma - E otto! Ma quanto scrivono a sinistra: spuntano quotidiani come funghi, manco non bastassero i cinque che già sgomitano per contendersi uno spazio sempre più angusto, ora son diventati sei, dal 1° maggio saranno sette e poi a seguire otto. Un’epidemia di inchiostro che non si sa dove possa finire, perché questo boom esplode proprio mentre impazza la crisi delle vendite. La gente, anche il popolo della sinistra, va sempre meno all’edicola, preferisce i tigì e i giornalini regalati alle fermate dell’autobus, e se proprio deve spendere un euro va a comprarsi l’unico grande giornale di sinistra, Repubblica, che insieme agli slogan dà qualche notizia in più e tanti inserti patinati. Perché allora, nella sinistra i giornali di partito si moltiplicano come pani e pesci? Grazie ad un’avvertenza che figura nella «gerenza», e che li accomuna tutti. Recita: «La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7/10/1990 n° 250». Vuol dire che loro li scrivono, nessuno li legge, e Pantalone paga. S’avvicinano le urne delle Europee, la propaganda elettorale costa, perché rinunciare ad un volantinaggio quotidiano che costa poco o niente? I rubinetti del finanziamento pubblico sono ancora aperti anche per gli esclusi dal Parlamento nazionale, sino al 2011. Se uno a giugno riesce a centrare un paio d’eurodeputati, la canna dell’ossigeno s’allunga di altri cinque anni. L’anno prossimo poi, arrivano le regionali: e concorrere a quel rimborso è molto più facile. Insomma, finché c’è vita c’è speranza, anche se sei uno zombie insalvabile. E in ogni caso, sputare sul piatto delle legge che finanzia la stampa di partito sarebbe un peccato, un insulto a chi ha perso il lavoro. È ricca e generosa, la 250/90: regala soldi a palate ai giornali che hanno - o che avevano - la firma di un gruppo parlamentare, ed anche a quelli che come coop promuovono comunque un’azione «culturale» e «politica». Muoviamo dalla ricognizione dell’esistente, con l’Unità ed Europa che sono ambedue organi ufficiali del Pd. Il finanziamento pubblico se lo dividono secondo le rispettive vendite: ma qualcuno sa spiegare che cosa ci faccia un partito, seppur grande, con due quotidiani che coprono lo stesso bacino? E stanno pure in crisi - come il partito, del resto - se l’Unità fondata da Gramsci e diretta da Concita De Gregorio sta per licenziare altri 17 giornalisti. Ma lo scialo è di moda nel Pd: non hanno anche due tv due, una di D’Alema e l’altra di Veltroni-Franceschini, ambedue riccamente finanziate dai contribuenti? Ma avanti coi giornali d’annata a sinistra. C’è l’antico e glorioso Manifesto, «quotidiano comunista», ciclicamente sull’orlo della chiusura ma sempre redivivo. Poi Liberazione, organo del Prc ora diretto da un sindacalista, Dino Greco. E infine il Riformista, nato dalemiano e ancora diretto da Antonio Polito, che di recente s’è ingrandito raggiungendo le 24 pagine. Non bastavano, per una compagnia che perde consensi ad ogni curva elettorale e che non sa più cosa dire al suo popolo, stenta a parlare, figurarsi a scrivere? E invece eccoti da una decina di giorni Terra, quotidiano dei Verdi fatto di 16 pagine con carta dichiarata «ecologica» ma non riciclata. È brutto e zuppo d’inchiostri, non trovi una notizia esclusiva e interessante. Non facevano meglio a risparmiare quel mezzo albero al giorno che sciupano in carta inutile? Dispendioso non si può dire perché sapete ormai chi paga, ma vanta una redazione di 12 giornalisti e un «comitato scientifico» da paura. Avanti un altro, sarà in edicola il 1° maggio appunto l’Altro, sottotitolo «la sinistra quotidiana». È il nuovo giornale degli scissionisti di Rifondazione, Nichi Vendola e Franco Giordano, diretto da Piero Sansonetti «espulso» da Liberazione, che s’accontenta di uscire con 12 pagine. Sarà dura, strappare lettori a già poco numerosi di Liberazione, che a sua volta li aspirava agli scarsi del Manifesto. Ma è la legge della sopravvivenza, e poi a giugno si vedrà. I sette nani non son finiti, invece di Biancaneve arriva l’ottavo che reggerà invece ben oltre le urne delle europee, se non altro perché Marco Travaglio fa le bizze e vorrebbe che uscisse in autunno, un po’ perché «non siamo pronti» e un po’ per non passare come «operazione elettorale». È Il Fatto, quotidiano dipietrista diretto da Antonio Padellaro, ex direttore dell’Unità. Si spera che non seguano Tonino, almeno sui congiuntivi. Ma a proposito, non era Di Pietro che tuonava contro il finanziamento pubblico dei partiti e dei loro giornali?

Parentele...

E Lady Santoro assolve l'uomo di Tonino di Filippo Facci

E pensare che Luigi De Magistris su parentele e legami vari ci ha costruito intere e vagheggianti inchieste, tutte miseramente fallite. De Magistris, per dire, ha inquisito la madre di una sua collega di tribunale prima che ovviamente fosse prosciolta. De Magistris ha indagato il marito di un’altra sua collega prima che ovviamente fosse assolto anche lui. Tutte le sue istruttorie-patacca del resto sono intrise di «Tizio è molto amico di Caio», «ho visto Sempronio baciare Caia», poi varia gente «cugina di» e «parente di». Parentele e legami come preavvisi di colpevolezza. Il Consiglio giudiziario di Catanzaro, nel bocciare la sua nomina a magistrato di Corte d’Appello, nel giugno scorso stigmatizzò le sue «inconcludenti fonti di prova» in quanto corrispondenti a semplici «rapporti personali tra gli indagati». Legami e parentele, per lui, erano tutta roba buona. E adesso? Che direbbe, ora, di uno come lui? Lui, mediaticamente, è stato fatto esplodere da Michele Santoro: e ora, a Salerno, è stato prosciolto da una cognata di Michele Santoro. Immaginarsi la connection che ci costruirebbe lui medesimo, considerando che un suo cognato (di De Magistris) è pm a Catanzaro e che una zia di sua moglie (la moglie di De Magistris) lavora proprio a Il quotidiano, giornale schieratissimo a suo favore. Chissà. Intanto è stato prosciolto dalla cognata di Santoro, anche se resta inquisito per calunnia a Firenze e per svariate altre imputazioni a Salerno. Sarà divertentissimo leggere le motivazioni scritte dalla cognata: anche perché le prove dei reati attribuiti a De Magistris (abuso d’ufficio e concorso in diffusione di notizie coperte da segreto) a noi mortali parevano davvero smaccate, perbacco. Che Luigi De Magistris abbia fatto indagini anche a tempo scaduto non è un’ipotesi: è prova scritta, cartacea, stracerta. Per sapere che c’è stato uno scambio di notizie dalle inchieste di De Magistris ai giornalisti (Carlo Vulpio del Corriere incontrò De Magistris persino ad Eurodisney) basta leggere gli stessi giornali o, meglio ancora, le intercettazioni del caso. De Magistris, nell’agenda del suo cellulare, aveva memorizzato i numeri di Marco Lillo dell'Espresso, Sandro Ruotolo di Annozero, Carlo Vulpio del Corriere (una telenovela, la loro), e poi di Federica Sciarelli di Raitre (la incontrò in un albergo) e Antonio Massari della Stampa (che gli dedicò anche un libro) e Peter Gomez de l'Espresso (con cui cenò alla presenza di Gioacchino Genchi) e ancora Stefania Papaleo del Quotidiano: e molti, molti altri ancora. Due giornaliste andarono a casa sua, di De Magistris, a serata inoltrata; e una delle due preparò addirittura una rassegna stampa estiva personalizzata per il magistrato. Ma va tutto bene, non c’è stata violazione né niente. L’ha deciso la cognata di Santoro. Ci mancava pure lei.

Piccole giustizie

Le famiglie non pagano la retta niente mensa per i bimbi immigrati. L'azienda che gestisce la ristorazione nella scuola di Pessano con Bornago, nel Milanese, lascia a digiuno 22 ragazzini (20 sono figli di immigrati, tra cui 14 rom): i genitori sono morosi. Il sindaco: "Se non pagano, è giusto che non abbiano il servizio". Le maestre, indignate, ogni giorno offrono ai ragazzi il proprio pasto
di Franco Vanni

Ventidue ragazzini senza piatto in tavola. Studenti delle elementari e delle medie, in maggioranza figli di immigrati. I genitori non pagano da mesi la cedola della mensa e una settimana fa la società di ristorazione ha tagliato il servizio. Nella scuola, l’istituto comprensivo di Pessano con Bornago, in provincia di Milano, scoppia la polemica contro il Comune, che si rifiuta di pagare quei pranzi. Le maestre offrono il loro pasto agli studenti, per non lasciarli senza cibo. Il preside Felice Menna fa pressioni sul sindaco denunciando «una discriminazione inaccettabile e offensiva» e chiedendo che sia l’amministrazione a pagare. Ma Giuseppe Caridi, primo cittadino eletto con il centrosinistra, non ci sta: «Le regole sono regole e le famiglie vanno responsabilizzate — dice — non pagano da anni sapendo che qualcuno lo farà al posto loro, adesso basta». La Dussmann Service srl, società di ristorazione con sede a Trento, ha crediti con le 1.027 famiglie della scuola per 28mila euro, accumulati quest’anno. Un buco cresciuto a furia di cedole non pagate. A febbraio, l’azienda ha inviato a scuola l’elenco delle famiglie morose da lunga data, annunciando per i loro figli l’ interruzione dei pasti. Il debito è in media di 700 euro per ogni studente, la lista conteneva 59 nomi. Da allora, molti hanno saldato ricorrendo a rate e aiuti comunali. Oppure, se l’orario scolastico lo consentiva, hanno rinunciato al servizio. Ma per 22 non c’è stato nulla da fare: sospesi per morosità. Quattordici sono rom e vivono in un campo autorizzato. Due soli gli italiani, gli altri sono stranieri di varia provenienza. Quasi tutti frequentano le elementari, un paio le medie. «Gli stranieri non riescono a pagare — dice il preside — perché non hanno aiuti, non avendo qui la residenza». Per la stessa ragione, qualunque sia la loro situazione economica, pagano 3.80 euro a pasto, il massimo. Un centinaio di genitori della scuola insceneranno una protesta in consiglio comunale. «Andremo in aula e mangeremo panini — dice Simona Villani, mamma e portavoce del comitato — è una discriminazione scandalosa». Anche il direttore scolastico provinciale, Antonio Lupacchino, in una lettera al sindaco chiede «un ripensamento rispetto a scelte che creano forte disagio in minori incolpevoli», e annuncia la possibilità che la scuola interrompa il servizio mensa. Dura anche la posizione di FlcCgil: «La situazione è inaccettabile — dice il segretario provinciale, Attilio Paparazzo — la condotta del sindaco è incomprensibile». Caridi si difende: «Investiamo molto in assistenza — dice — ma siamo contrari all’assistenzialismo. Se potessimo, pignoreremmo alle famiglie televisori e auto anziché togliere il piatto ai bambini, ma i tempi delle esecuzioni sono troppo lunghi». Per Dussmann Service srl parla Agostina Rossini, la responsabile territoriale: «Non facciamo altro che applicare il contratto con il Comune», taglia corto.

Per avere un servizio, BISOGNA pagare. E' la normalità quotidiana. Se una persona non paga il servizio, è giusto che il servizio venga tolto. Anche gli italiani a volte non sono in grado di pagare i servizi. E se non pagano, quei servizi non possono comunque averli. E' discriminazione anche quella? Ovvio che no...

Milano

Il sindaco e il prefetto delineano una "zona rossa" in centro. Insorge la Cgil, la Lega media: divieto solo per sei mesi. Duomo di Milano off-limits per cortei e preghiere islamiche di Alessia Gallione

MILANO - Nella direttiva scritta dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, non veniva mai citato esplicitamente. Ma lo scopo, dopo le polemiche che aveva scatenato e le grida "alla sacralità violata" arrivate dal centrodestra, era chiaro: vietare che si ripetesse la possibilità per gli islamici di pregare in piazza Duomo, come avvenne il 3 gennaio al termine di un corteo pro Palestina contro la guerra a Gaza. Ed è proprio piazza Duomo il fulcro della prima "mappa dei luoghi sensibili" da "proteggere dalle manifestazioni pubbliche" varata a Milano. Un elenco scritto dal sindaco, Letizia Moratti, e dal prefetto Gian Valerio Lombardi, che traccia un perimetro "rosso" lungo tutto il centro: dalla via dello shopping, corso Vittorio Emanuele, a piazza Mercanti, da piazzetta Reale a piazza Sant'Ambrogio, da piazza Cordusio a piazza Scala. Luoghi che, presto, potrebbero non vedere più bandiere, striscioni, palchi o comizi. "Sarà un percorso condiviso con tutti", assicura il Comune. Ma dal segretario della Cgil, Onorio Rosati, arriva un preventivo e deciso "no": "Piazza Duomo è il simbolo della tradizione democratica di Milano. Venerdì celebreremo lì il Primo maggio e contiamo di farlo anche il prossimo anno. E' solo un tentativo di utilizzare strumentalmente un episodio per limitare il diritto di manifestare e la libera espressione delle idee". La mappa c'è. "Luoghi scelti - fanno sapere dal Comune - per rispondere alla necessità di contemperare tanto ai diritti alla libertà di manifestare quanto alla tutela del patrimonio artistico e storico della città e alla salvaguardia del fondamentale diritto alla mobilità e alla libera circolazione dei cittadini". Adesso dovrà essere studiato un protocollo - come è già avvenuto a Roma - che sarà trasmesso alle organizzazioni politiche, sindacali e sociali. I divieti dovrebbero partire in via sperimentale prima dell'estate e verranno previste eccezioni per appuntamenti di particolare significato civico o ricorrenze religiose, come spiega il vicesindaco e parlamentare del Pdl, Riccardo De Corato: "Per date istituzionali come il 25 Aprile o il Primo Maggio, ci potranno essere deroghe". Cortei studenteschi, dei centri sociali, comizi politici o sindacali: d'ora in poi le grandi adunanze verranno incanalate in percorsi che non toccheranno i luoghi "sensibili" della città. Ma ancora prima che siano decisi i dettagli, la nuova "zona rossa" scatena reazioni. "A Roma sono molte le piazze importanti, ma a Milano è piazza Duomo il luogo dove, da sempre, si raccogli la comunità - protesta Rosati - Siamo contrari a qualsiasi limitazione del diritto di manifestare in modo democratico e nel rispetto delle leggi. Milano ha ben altri problemi". Anche il Pd, con il capogruppo in Consiglio comunale, Pierfrancesco Majorino, bolla il divieto come "un atto sbagliato e dannoso per l'idea di convivenza civile". Per il deputato della Lega, Matteo Salvini: "Da un lato la direttiva è stata inevitabile per impedire ai violenti e ai cretini di deturpare la città. Ma dall'altro è una sconfitta: dispiace per quanti hanno sempre manifestato senza dare fastidio a nessuno". Per questo si augura che il provvedimento "sia una soluzione a tempo, valida per sei mesi. La via maestra dovrebbe essere: chi sbaglia paga, con una cauzione in caso di danni".

Immigrazione

Nel ddl sicurezza emendamenti di Maroni su vigilantes e permanenza nei Cie. Ma sarà battaglia anche nel Pdl. La Mussolini chiede di cancellare il reato di clandestinità. Clandestini, via la denuncia dei medici ma tornano ronde e detenzione lunga. Alfano ripropone l'obbligo per il Csm di trasferire le toghe nelle sedi rimaste vuote di Liana Milella

ROMA - Roberto Maroni, il ministro dell'Interno, è stato di parola: ronde e centri d'espulsione (Cie) a sei mesi tornano alla Camera come emendamenti del governo (e della stessa Lega) al ddl sicurezza per diventare al più presto operativi (lui s'augura in due mesi ma il testo dovrà tornare al Senato). La permanenza lunga nei Cie (dagli attuali 60 ai futuri 180 giorni) è stata impallinata dai franchi tiratori del Pdl prima a palazzo Madama e poi a Montecitorio; i "volontari per la sicurezza", alias ronde a disposizione dei sindaci, erano state stralciate dall'ultimo dl su stupri e stalking per garantirne la conversione. Ma il Carroccio ha puntato i piedi: o rientrano o il governo cade. E ieri, nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, ronde e Cie sono riapparsi. In compenso, dal ddl esce la norma sui medici-spia, liberi di denunciare uno straniero che va in ospedale ma non ha il permesso di soggiorno. Regola che ancora ieri mattina il presidente della Camera Gianfranco Fini, visitando l'ospedale San Gallicano che s'occupa solo di immigrati, ha giudicato "un errore giuridico e di miopia politica". I relatori Francesco Paolo Sisto e Jole Santelli ne sottoscrivono la soppressione. Indispensabile peraltro dopo la clamorosa protesta di Alessandra Mussolini che un mese ha raccolto le firme di 101 deputati concordi nel chiedere un passo indietro. Il Pd è soddisfatto, ma resta la dura valutazione su una legge che Donatella Ferranti bolla come "xenofoba e razzista". Per il dipietrista Massimo Donadi è un testo "dannoso per il funzionamento delle istituzioni". Lo scontro è assicurato. Il primo assaggio ci sarà, tra oggi e domani, in commissione. Poi toccherà all'aula, a partire da giovedì. Col solito trucco la maggioranza conta di partire il 30 aprile con la discussione generale, per andare al mese successivo con i tempi contingentati. L'opposizione annuncia che non farà sconti sui 66 articoli che introducono norme severissime contro gli immigrati, a partire dal reato di clandestinità. Ma sarà maretta pure nella coalizione. Come dimostrano i venti emendamenti della Mussolini, a partire proprio dalla richiesta di sopprimere quel nuovo delitto. E poi la tassa di 200 euro sui permessi di soggiorno e il divieto di iscrivere i figli all'anagrafe se la casa è sotto gli standard igienico-sanitari. "Sarò in commissione perché voglio assolutamente difendere le mie modifiche sostenute da una decina di colleghi" dice la Mussolini. Si riaffaccia, con lei, il dissenso nel gruppo e il rischio di sorprese nel corso delle votazioni segrete. Le occasioni sono molte. Lo dimostrano i quasi 400 emendamenti, 167 Pd, 30 Idv, 21 Udc, ma una settantina anche del Pdl. Il governo insiste sulla linea della durezza. Non arretra con la tassa dei 200 euro, con la stretta sulla possibilità per lo straniero di restare in Italia grazie ai legami familiari (saranno ammessi solo quelli di secondo grado). Neppure il Guardasigilli Angelino Alfano rinuncia a una rentrée: ripropone l'obbligo per il Csm di trasferire le toghe nelle sedi prive di domande. L'Anm aveva fatto balenare lo sciopero. Ma lui insiste. Solo un ammorbidimento per l'oltraggio al pubblico ufficiale: resta, ma sarà estinto se c'è il risarcimento del danno (Santelli).

Vorrei ricordare alla signora Mussolini che il reato di clandestinità esiste TUTTORA in TUTTO il mondo.