lunedì 27 novembre 2017

De Micheli e il sisma

Ok, hanno la pretesa di combattere le fake news perchè LORO sono i detentori della verità. E non ci provano nemmeno più a raccontarla la verità... Posto il link del commissario straordinario alla ricostruzione del sisma 2016 e vi chiedo di perdere qualche minuto per leggere i commenti prima che questi svaniscano magicamente. Il post è questo.

#leopolda8 Ho conosciuto altre ricostruzioni come L'Aquila e l'Emilia, ma mai prima un #governo aveva proposto subito, nei mesi successivi al #sisma2016, un impianto normativo adeguato e un poderoso finanziamento. Siamo stati noi in un momento difficile di emergenza dare le necessarie certezze per la #ricostruzione. Ora il tessuto sociale sta rinnovandosi e lentamente sta riprendendo la vita normale


venerdì 24 novembre 2017

Parte la Leopolda...


Ci siamo: è il gran giorno. Oggi comincia la Leopolda 8, imperdibile sin dal nome: “L8”. Per sceglierlo, i renziani hanno preso tre mesi di ferie. Certo, forse non sarà l’edizione migliore. Non ci sarà la regista Simona Ercolani, stranamente non confermata dopo le edizioni precedenti e la gloriosa campagna referendaria del 4 dicembre. Non ci saranno vip. A dirla tutta, non ci vuole andare nessuno. Non importa: se c’è Renzi, c’è spettacolo. Garantisce Eugenio Scalfari. La Leopolda 8, anzi “L8”, si preannuncia imperdibile. Lo staff renziano sta selezionando le nuove leve da sfoggiare per le prossime elezioni. Il “Renzi Casting” è partito da alcune settimane nel RenziTrain, che sta attraversando l’Italia con straordinario insuccesso e trasversale ignominia. Il Fatto Quotidiano, grazie a un’operazione di hackeraggio ordita dai sommamente vili Marco Lillo e Davide Vecchi, può qui anticipare i requisiti che l’Amena Lince Goffa di Rignano chiederà ai suoi sudditi. Vediamoli in dettaglio.
 
- Età. I candidati non dovranno avere più di 40 anni, per ostentare sin dall’anagrafe quel senso di nuovo e rottamatorio che esonda – come noto – da tutto ciò che è renziano. Coloro che oseranno candidarsi pur essendo nati prima del 1977 verranno, se va bene, passati per le armi. Se invece andrà loro male, saranno abbonati a forza a “Democratica”, la pubblicazione clandestina diretta da Andrea Romano. Che non legge neanche Andrea Romano.
 
- Bruttini. I candidati dovranno essere bruttini. Ciò si ritiene necessario per far sì che Renzi possa continuare a coltivare l’illusione di non essere la copia stinta di Mister Bean, ma la variante aitante di Johnny Depp. E’ per questo che il Diversamente Statista si fa circondare dai Nardella, Lotti, Faraone, Anzaldi e Filippo Sensi. Nei rari casi in cui ad accompagnarlo c’è uno appena più guardabile (e non ci vuol molto), Renzi si cruccia. E a quel punto infierisce. E’ il caso di Matteo Richetti, zimbellato settimane fa in una diretta Instagram perché “stai perdendo i capelli.” Richetti ci è rimasto malissimo, ma non ha detto nulla: fedele al Duce, fino alla fine. Eia Renzi alalà.
 
- Carfagne Deboli. Le candidate dovranno corrispondere allo stereotipo, da tempo sdoganato in tivù, delle droidi invasate. Meglio ancora, delle “Carfagne che non ce l’hanno fatta”. Carucce, ma poi non così tanto. Fedelissime al Capo, ma ancor più impreparatissime. Quelle che, quando ti ci imbatti, pensi: “Accidenti, in confronto Mara Carfagna pare Rosa Luxemburg”.
 
- Gessati. Il look dei puledri renziani dovrà uniformarsi ai gessati di Ernesto “Ciaone” Carbone, affinché il quadro d’insieme ricordi Goodfellas di Martin Scorsese.
 
- Poster. Tutti i candidati dovranno avere in camera il poster di Dario Nardella vestito da John Wayne ne Il grinta. I poster sono in vendita nel sito ufficiale di Maria Teresa Meli a 600 euro l’uno. Scontati.
 
- Frasi forti. I candidati dovranno improvvisare alcune frasi da usare qualora fossero ospiti in radio o tivù. Qualche esempio: “Noi siamo per il futuro”. “Il cambiamento è Salvezza”. “Chi dice no è un gufo”. “Renzi è Luce, Boschi è Vita, Orfini è il nuovo Ardiles”. “Kennedy l’ha ammazzato Di Maio”. “La Gualmini mi ricorda Nilde Iotti, però io ci ho poca memoria”. E via così.
 
- Voodoo Raggi. I Balilla Renziani più dotati verranno premiati con “Voodoo Raggi”, un bambolotto cucito a mano da Pina Picierno grazie al quale si potrà metaforicamente infilzare il sindaco di Roma. Per portarle sfiga, o anche solo per passare il tempo.
 
- Filosofo di riferimento: Mario Lavia.
 
- Programma preferito: La ruota della fortuna, ma solo perché è lì che ha iniziato Renzi. E tutto sommato, almeno come preparazione, lì è rimasto.
 
- Artisti preferiti: Bono Vox. Però solo quello recente.
 
- Giornalista preferito: Claudia Fusani. Che forse non è neanche una giornalista. Quindi è perfetta.
 
- Scrittore preferito: Massimo Recalcati. Anche se non lo si è mai letto. Soprattutto se non lo si è mai letto.
 
- Momento più bello della vita. Cenare a Eataly a lume di candela con Gozi, ascoltando Il Volo e riguardando Dirty Dancing, magari immaginando che “Baby” sia Alessia Morani e Patrick Swayze quel rubacuori impenitente di Genny Migliore.

sabato 18 novembre 2017

Di fake news, testate e rai

Nel frattempo, con questo giochetto idiota, un tizio viene rinchiuso dentro ad un carcere di massima sicurezza perchè la testata è un gesto di stampo "mafioso"... Inoltre, per tutto questo tempo, è circolata una "fake news" (di quelle che la Boldrini vuole debellare) e chi sapeva, ha taciuto.


Spuntano nuove verità sulle botte al giornalista Rai di Nemo picchiato dal clan Spada a Ostia. "Nel corso delle audizioni di oggi in Commissione Vigilanza Rai è emerso che Daniele Piervicenzi, giornalista colpito a Ostia da Roberto Spada, non solo non ha un contratto con la Rai, bensì con la Fremantle, ma anche che lavora come programmista-regista e non come giornalista". Lo dichiara in una nota Michele Anzaldi, deputato del Partito democratico e segretario della Commissione Vigilanza Rai. "Questo fatto è doppiamente grave. Primo perché, a milioni di italiani, è stato fatto credere che quello ferito a Ostia fosse un giornalista Rai, quando, in realtà, si tratta di un precario sotto contratto con un'azienda che ha a sua volta un appalto con la Rai. In altre parole, per una settimana è stata data e ripetuta migliaia di volte una notizia falsa". "In secondo luogo", continua il piddino, "se tutti i giornalisti che vengono mandati, come Daniele Piervincenzi, a fare interviste in periferie o aree pericolose come Ostia, non come giornalisti ma come programmisti-registi o ancora peggio come consulenti a Partita Iva, si pone un serissimo problema di tutele. I lavoratori come Daniele Piervincenzi, infatti, non godono di alcuna garanzia in caso di infortuni". Piervincenzi, in quanto esterno alla Rai, sarebbe pagati il 50% in meno di un lavoratore assunto. Tanto basta per fare urlare (alcuni) allo scandalo. "Sarebbe opportuno e ora che (..) la Rai mettesse fine una volta per tutte all'odiosa e illegale pratica di contrattualizzare lavoratori come programmisti registi per poi far svolgere loro un lavoro da giornalisti", conclude.

Dal fronte immigrazione

Altre notizie sulla salvifica immigrazione qui e anche qui... poi, fate voi se si può andare avanti così, invasi da migliaia e migliaia di clandestini e in moltissimi casi, avanzi di galera...

Via da Conetta, vincono i profughi: il Viminale ne trasferisce 248. Tensione in Veneto. I profughi hanno deciso di svuotare il campo di accoglienza che da due anni li ospita e ci sono riusciti di Serenella Bettin

Venezia - Alla fine hanno vinto loro: i profughi. Quello che sta accadendo a Conetta, nel veneziano, probabilmente rimarrà nella storia. I profughi hanno deciso di svuotare il campo di accoglienza che da due anni li ospita e ci sono riusciti. Ieri pare sia arrivato anche l'ok dal Viminale per ricollocare 248 migranti scappati da Conetta, di cui ora cinquanta, almeno fino a ieri, sembrerebbero non trovarsi più. E c'è il rischio che anche gli altri ottocento, dei 1.119 totali, seguano i loro compagni.

È da lunedì che i richiedenti asilo ospitati nell'ex base militare di Conetta manifestano per le strade, bloccano i centri dei paesi, protestano, urlano, gridano; gridano che a Conetta non ci vogliono più stare, che se ne vogliono andare e così martedì hanno deciso. In centoventi hanno preso le loro cose e si sono messi in viaggio, chi a piedi, chi in bici, tutti a marciare verso Venezia per incontrare il prefetto. È da martedì che i paesi sono invasi dal codazzo dei migranti ed è da martedì che tutti seguono il loro corteo: poliziotti, carabinieri, il patriarca di Venezia che spalanca le porte delle chiese, questori, sindaci, prefetti, giornalisti e parroci. Tutti a seguire i migranti che avanzano nel loro cammino. Perché ora a decidere sono loro. Intere strade bloccate e volanti e lampeggianti delle forze dell'ordine a tutto spiano. Martedì sono partiti da Conetta, poi dopo diciotto chilometri, si sono fermati a «dormire» in un parcheggio di un bar di Codevigo nel padovano, nonostante le proteste della titolare. Il giorno dopo sono ripartiti, ma fatti pochissimi chilometri, si sono fermati davanti la chiesa di Codevigo; qui, gettati davanti le porte della casa di Dio, hanno montato le cucine da campo, si sono tolti le scarpe e si sono accampati. Ma passa qualche ora, e uno di loro, un ivoriano di trentacinque anni, Sadif Laore, mentre fuggiva da Conetta e andava a raggiungere i suoi amici, viene investito, travolto da una monovolume e muore. Un volo di una decina di metri, il cranio fracassato e un telo verde che lo copre. La notizia arriva in Diocesi a Padova e la Diocesi batte i pugni: aprite le porte della chiesa.

Così i profughi, il cui numero intanto era salito a quasi duecento, dal piazzale sono migrati dentro la struttura religiosa e qui, tra banchi e inginocchiatoi hanno dormito. Il giorno dopo hanno ripulito e se ne sono andati, sempre alla volta di Venezia. Sono arrivati a Mira, con dei pullman, ma qui la situazione era diventata ormai ingestibile e il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia dà disposizioni alle parrocchie per accoglierli. Da lì è una corsa contro il tempo, i profughi vengono sistemati per una notte in quattro parrocchie di un comune veneziano e in un istituto di missionari nel rodigino. Da ieri sera invece li hanno smistati verso altre strutture sparse nella regione del Veneto. Questo fino a oggi, quello che verrà dopo sarà l'inizio di una nuova odissea. Amen.

giovedì 9 novembre 2017

Da Marte alle zone terremotate...


Meglio tardi che mai. Anche se forse è già troppo tardi. Ieri, infatti, anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è accorto che qualcosa non va nella ricostruzione, anzi nella non ricostruzione. «Ma qui siamo fermi al 30 ottobre?» con questa domanda, rivolta al vicesindaco di Visso Luigi Spiganti Maurizi, il presidente ha da un lato manifestato tutta la sua preoccupazione, ma dall’altro ha evidenziato il distacco, ormai evidente, tra Istituzioni e cittadini. Già, perché il fatto che sui Sibillini le cose siano sostanzialmente ferme al 30 ottobre, non può non essere cosa nota al presidente della Repubblica. Certo le responsabilità non sono sue, è chiaro, ma essere al corrente di quanto accade nel suo Paese dovrebbe essere un fatto scontato. Specialmente nel caso di una serie di terremoti devastanti. Che hanno piegato case, strade e anime. Quelle della gente che si è sentita abbandonata e, purtroppo, non ha retto. Ieri, a Favalanciata, è stato un ragazzo a decidere di farla finita. Con lui sale a 8 il numero delle persone che, prostrate dalla situazione, hanno deciso di dire basta. Perché il terremoto, i suoi danni e le difficoltà hanno aumentato il dolore. Un dolore accresciuto dalla rappresentazione distorta degli eventi, con le false promesse dei politici e la negazione della sofferenza che, al contrario, è fortissima. Così si è uccisa la speranza. Che muore insieme ai paesi. Troppo. Troppo forse per questo ragazzo. Si era comprato un camper pur di restare nel suo paese. E aveva 38 anni. La mia stessa età. 

 

venerdì 3 novembre 2017

I terremotati devono pagare le tasse


Questa è un’azienda terremotata. O meglio quello che ne rimane. Non è importante il nome, né il luogo. Perché è una storia che si ripete in tutto il cratere. Lì, dove c’era un capannone crollato ora non c’è quasi niente. Rimane una base vuota che attende la ricostruzione. Questa è un’azienda terremotata. Danneggiata pesantemente ma, per fortuna, non completamente. E per questo ancora attiva. Negli spazi risparmiati dal sisma si lavora. Con il caschetto di sicurezza a portata di mano. Perché non si sa mai. Perché le scosse continuano. Puntuali. Come puntuale è arrivata un’altra mazzata sulle spalle dei terremotati. A mezzo lettera, infatti, il commissario straordinario per la ricostruzione, Paola De Micheli, ha comunicato che «dal 16 dicembre i terremotati devono tornare a pagare le tasse». Niente da fare per i «titolari di reddito d' impresa e di lavoro autonomo e le attività agricole»: la riscossione dei tributi riprenderà dalla metà del mese prossimo, per le imposte dovute nel periodo dall' 1 dicembre 2017 al 31 dicembre 2017 che erano state sospese dopo la scossa del 24 agosto. Da qui la rabbia: perché l’economia di quei luoghi è ancora in ginocchio, con decine di migliaia di sfollati ancora alla ricerca di una soluzione e tanti piccoli imprenditori esasperati da ritardi e assenza di interventi in loro favore. Ma non è solo questo ad irritare gli imprenditori terremotati. Nella missiva del commissario nominato dal Governo infatti si suggerisce, infatti, di attivare dei mutui con le banche per dilazionare i pagamenti. In pratico lo stesso Governo che non ha fatto niente per loro, o nel migliore dei casi ha fatto molto poco, ora chiede il conto, invitandoli ad indebitarsi. Dimenticando, come denuncia un imprenditore, «che per un’azienda colpita dal sisma il danno non è solo quello strutturale, bensì anche il mancato pagamento dei crediti per via della cancellazione di colpo di una fascia di clienti come bar, ristoranti, pizzerie, hotel ed altre strutture ricettive inagibili». Con l’aggiunta che l’accensione di un mutuo da parte di una azienda già inginocchiata e che si trova magari in piena zona rossa, rappresenta solo ed esclusivamente un ulteriore costo a fronte di zero entrate». Non capire questo, caro commissario De Micheli, significa solo una cosa: ignorare deliberatamente la gravità della situazione.