sabato 30 aprile 2011

Immigrazione ed arricchimenti culturali...

... per il signor napolitano, la signora Boldrini e tutti i dementi come loro. Un pò di notizie dall'italia razzista e fascista: qui, qui e dal sito di Repubblica:

Tragedia sfiorata ad Agrigento dove un’immigrata minorenne tunisina di 15 anni ha accoltellato una coetanea marocchina dopo una lite scoppiata per motivi banali. La tunisina era arrivata poco meno di un mese fa su un barcone insieme ad altri immigrati a Lampedusa. Da lì era stata trasferita in una comunità dell’agrigentino. La ragazza, data la giovanissima età, non è stata arrestata per tentato omicidio ma solo denunciata alla Procura dei minori.

Il reato non sussiste...


Arrestati perché trovati all’inter­no di un’abitazione, dove avevano forza­to l’ingresso, ma rimessi in libertà senza neanche finire sotto processo. Sembra impossibile a credersi, invece è accaduto ieri in Tribunale a Sanremo. La cittadina del Festival, nonostante la sua fama turistica, sta combattendo da settimane con l’emergenza immigrazio­ne nell’estremo ponente della Liguria. In particolare si tratta di tunisini che, in atte­sa di riuscire a entrare in Francia, stazio­nano nei pressi del confine. Sanremo, es­sendo solo ad una ventina di chilometri dalla frontiera, viene così scelta come di­mora temporanea dai clandestini. Spesso questi extracomunitari vengo­no trovati all’interno di case di villeggiatu­ra, dove si introducono illegalmente. Gio­vedì, in occasione dell’ennesimo blitz dei carabinieri, sono così stati arrestati tre clandestini con l’accusa di violazione di domicilio.L’abitazione dove sono stati sorpresi, nel centro storico di Sanremo, era di proprietà di una coppia di turisti di Milano. I militari, entrando nell’alloggio, lo hanno trovato trasformato in un bivac­co, in condizioni igienico-sanitarie terri­bili. L’operazione dei carabinieri era scatta­ta per arginare un problema che rischia di aumentare a dismisura. Eppure quan­do il sostituto procuratore di Sanremo, Monica Supertino, si è trovata davanti il fascicolo non ha chiesto gli arresti, la­sciando liberi i tre tunisini senza nean­che processarli. Liberi, insomma, di tor­nare a forzare i portoni per occupare nuo­ve abitazioni, forti del fatto di non rischia­re nulla. Alla base di questa singolare decisione del sostituto procuratore c’è latesi secon­do cui il reato deve essere «immediato», ovvero che inizia e finisce al momento dell’ingresso nell’appartamento. Quindi se i tunisini fossero stati sorpresi al mo­mento di forzare la porta, sarebbero finiti a processo. Ma il loro permanere abusiva­mente può essere perseguito solo in caso di consenso dei proprietari. A smentire quest’interpretazione è sta­to lo stesso procuratore capo di Sanremo, Roberto Cavallone, che nei giorni scorsi aveva convalidato gli arresti di altri tunisi­ni fermati per una vicenda analoga. Nel successivo processo i clandestini in que­stione erano stati condannati e portati in carcere. Insomma, pur ammettendo la piena au­­tonomia di ogni magistrato servirebbe, al­meno all’interno di una stessa Procura, una certa uniformità di giudizio. Sembra che lo stesso procuratore Cavallone ab­bia intenzione di riunire i magistrati san­remesi per analizzare la situazione e sta­bilire le direttive da seguire. Intanto i citta­dini, seppur con una certa incredulità, as­sistono impotenti a queste decisioni. La prima reazione è giunta dal sindaco di Sanremo Maurizio Zoccarato. «La situa­zione è gravissima e i cittadini sono esa­sperati - ha detto - ora ci aspettiamo una risposta forte da parte dello Stato». La sensazione è quella di sentirsi sem­pre meno tutelati davanti alle ingiustizie. Allo stesso modo, da vicende come que­sta, c’è anche il rischio di demotivare le forze dell’ordine nello svolgimento del lo­ro difficile lavoro. Intanto tra i clandesti­ni, che sono molto più organizzati di quanto si creda, si sta spargendo la voce. Perché la morale di questa storia sembra essere: «Venite e sfondate pure le case, tanto non vi accadrà niente».

100 all'ora...

Per la felicità di quella demente della signora Boldrini e per la felicità di quelli altrettanto dementi come lei.


Continua l'invasione di Lampedusa. Due barconi carichi di migranti sono arrivati tra la scorsa notte e questa mattina a Lampedusa, dove sono più 2.000 gli stranieri giunti nelle ultime 24 ore. Una delle due imbarcazioni, con a bordo 360 persone, è giunta sulla spiaggia di Isola dei Conigli, mentre un altro natante che trasportava 500 profughi è stato soccorso a una decina di miglia dall’isola. Entrambe le barche erano salpate dalla Libia, come quelle che ieri hanno portato a Lampedusa un migliaio di profughi. La situazione dell’accoglienza è nuovamente al limite, con il centro di contrada Imbriacola e l’ex base Loran al massimo della capienza. Un altro barcone con oltre 500 profughi a bordo, secondo quanto hanno riferito gli stessi extracomunitari, ha lanciato l’Sos con un telefono satellitare. l’imbarcazione si trova a circa 40 miglia da Lampedusa, in acque Sar (le operazioni di ricerca e soccorso ndr) di competenza maltese. Le condizioni meteo nel Canale di Sicilia sono in netto peggioramento, con mare forza 5-6 e forti raffiche di vento. L’allarme è stato girato alle autorità maltesi. Intanto sta per giungere a Lampedusa, scortato dalle motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, un altro barcone con circa 500 migranti soccorso questa mattina a poche miglia dall’isola. Un’altra imbarcazione era approdata in nottata a cala Galera. I carabinieri hanno bloccato a terra fino ad ora circa 360 profughi.

Tunisia - Italia: centosettanta euri

Dal blog di Pseudosauro

Dopo aver letto queste brevi notizie, da me raccolte quasi gratis, e in meno di cinque minuti, cominciate a domandarvi a che serva la strapagata "informazione" ufficiale. Domandatevelo e, magari, agite di conseguenza. Una delle tante agenzie di viaggi - eh gia', esistono anche li' - tunisine. Si puo' telefonare - pare che in Tunisia esistano financo i telefoni - dall' Italia a tariffe "popolari". Risponde in un francese perfetto una bella voce di donna: parla perfettamente anche italiano.

"Dovrei prenotare un viaggio per l'Italia per un cittadino tunisino, ci sono difficolta' politiche?"

T: "Nessuna difficolta', basta che la persona abbia i documenti in regola".

"E' difficile reperire i documenti in Tunisia?"

T: "No, e' quasi come in Italia". "Preferisce l'aereo o la nave?"

Trasecolo. "Mi dia i prezzi piu' bassi che ha per un volo".

T: "Trecento € e' la tariffa piu' economica per volare con la nostra compagnia di bandiera, ma le consiglierei una bc a quattrocentoottantanove €: e' piu' comoda e conveniente."

Beh, conveniente... Hanno anche una compagnia di bandiera... loro. - Mento - "Devo ancora parlare con la persona. Eventualmente le daro' il nome della sua agenzia e provvedera' egli stesso. Grazie e arrivederci." Rinuncio a chiedere la tariffa per il traghetto - stupite, esistono anche i traghetti - mi basta il sapere che con 300 € si puo' venire in Italia, ma la Provvidenza si materializzera' solo pochi giorni dopo.

Mi trovo alla stazione ferroviaria quando mi avvicina un giovane con un trolley (insomma, una valigia). E di che nazionalita' puo' essere, di questi tempi, un viaggiatore in italia? Tunisina? Risposta esatta. Mi chiede soldi per il biglietto di un treno per Livorno. Ha il Bancoposta (italiano) - pure il Bancoposta hanno in Tunisia... - che non funziona, dice. E' appena giunto con il traghetto e mi mostra dei fogli di carta che sono il "biglietto". Prezzo 165 € circa. Non vuole andare al suo consolato... preferisce non chiedere un anticipo alla Polfer... gatta ci cova, ma tra tutti quelli che ci vengono paracadutati dal "nostro" Ministero della Difesa ogni giorno del Domineiddio, questo sembrerebbe proprio un tipo onesto. Dice che chi viene con i barconi sono i libici e i senza documenti. I libici? Merci M'sieur le Pre'sident... mai visto un libico su di un barcone prima di due mesi fa. E i senza documenti chi sono? Sono i galeotti liberati dai "rivoluzionari" in Tunisia, Libia, Egitto - e perdonate se non mi sovviene di tutte le spontanee rivoluzioni avvenute o ancora in corso - piu' qualche profugo vero, messo li' per fare colore; di quelli che non hanno mai visto il mare e che all'occorrenza vengono buttati fuori bordo come si fa con la zavorra; e che come la zavorra vanno a fondo senza nemmeno tentare di galleggiare. Chiunque non sia un giornalista - i giornalisti non hanno tempo da perdere con queste bazzecole - puo' verificare se cio' che ho riferito e' vero o falso. Non ci vorra' piu' tempo di quello che ci ho speso io.

Ed ora, qualche riflessione.

Una volta appurato che un cittadino tunisino puo' liberamente venire in Italia spendendo dai 170 ai 300 € di tariffa minima; perche' mai a Lampedusa arrivano barconi stracarichi di "tunisini" che hanno pagato dai 1.500 ai 3.000 € per un viaggio che avrebbe potuto costare loro la vita? E che "poveri" sono questi, che spendono dalle cinque alle dieci volte il prezzo di un biglietto ordinario, quando con tale cifra un'intera famiglia tunisina puo' vivere per circa tre mesi senza farsi mancare niente?

E come ci si puo' venire a raccontare che e' la famiglia che da la bella cifra di 1.500 € al figlio? Non fa parte della mentalita' locale. E poi, dove trova i soldi? Solo una "famiglia" come Cosa Nostra ha i mezzi per farlo. Chi e' in realta' questa gente senza identita'? L'ONU e le sue alte ramificazioni, la Caritas e le sue caritatevoli appendici, sono informate del fatto che i "tunisini" che scelgono questo mezzo sono - con ogni probabilita' - degli avanzi di galera che bruciano i documenti prima ancora di partire per non essere identificati ?

E il nostro governo lo sa? Berlusconi ne accenno' - al solito, senza essere creduto - qualche tempo fa, ma Napolitano viene tenuto all'oscuro, pover uomo... qui sono in gioco i "Diritti umani"... I francesi sembrano meglio informati, anche se e' lecito sospettare che facciano parte di quella congrega di "alleati" che si diverte a provocare rivoluzioni alle porte di casa nostra per poi fare aprire le galere e spedirci "risorse" di questo tipo come siluri umani. Siluri che non attendiamo nemmeno che ci arrivino sulle coste. Li mandiamo a prendere a meta' strada dalla nostra Marina Militare. E pazienza se esplodono solo una volta giunti alla destinazione finale.

Disinformazione? Complotto? Tradimento? Sono parole grosse, ma come definire cio' che leggiamo ogni santo giorno sui giornali? Che pensare di "alleati" che ci fanno letteralmente sputare sangue con le armi in pugno in deserti lontani per poi ricompensarci cosi' generosamente? Che fare di governi che hanno rinunciato a difendere la Nazione per meglio servire gli "alti commissariati" e i "Diritti Umani" di delinquenti che vengono appositamente liberati e poi spediti in Italia ad esercitare la loro nobile professione di tagliagole?

La questione e' talmente incredibile che, appunto, non vi si crede; ma e' proprio come scrisse l'indomita Ida Magli qualche tempo fa: "Ci vogliono morti". Non paghi di sostituire fisicamente gli italiani autoctoni con ogni sorta di umanita' pescata a caso sul globo, ci riempiono di delinquenti per fare prima. E guai ai "razzisti" che non li "accolgono": come per l'eutanasia per i vecchi e i malati, siamo di fronte ad un suicidio collettivo. Un suicidio obbligato per tutelare i "Diritti umani" degli altri.

Laura Boldrini esulta

Partiamo come spesso mi capita ultimamente, da un commento:  eustachio68 scrive: 

"In altri tempi avrei scritto un post di contumelie, ma adesso no: mi sono convertito. Spero che l’azione a tenaglia delle Nazioni Unite e dei paesi europei del Nord, unita alla spinta dall’Africa, faccia definitivamente collassare le frontiere, e che l’Italia sia letteralmente invasa. A quel punto, col crollo del poco welfare che ci resta, la vita ancora più difficile per chi non vive in quartieri chic, o non può permettersi sanità privata, nidi privati e così via, scatterà la reazione. Dopo poco Borghezio sarà ricordato come un vecchio zio un po’ brontolone ma tutto sommato inoffensivo, rispetto a quelli che arriveranno. Ci sarà da divertirsi, per chi avrà il lusso di godersi lo spettacolo".

E ora passiamo al post della signora milionaria Boldrini ancora seduta sulla sua poltrona di pelle umana (rigorosamente italiana) che, ovviamente esulta della decisione di altri parassiti identici a lei:


Dai commenti dei politici sulla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea resa nota ieri viene veramente da chiedersi che cosa la Corte abbia di fatto stabilito. La sentenza infatti non si pronuncia, come in molti hanno interpretato, sul reato di ingresso e soggiorno irregolari ma sul reato di inottemperanza all’ordine di allontanamento dal territorio. Vale a dire che se un migrante irregolare ha ricevuto un decreto d’espulsione e non ha lasciato l’Italia non può essere immediatamente mandato in carcere. Infatti questa misura non è compatibile con la direttiva rimpatri della UE che impone un principio di gradualità negli strumenti di allontanamento e quindi un uso limitato della detenzione. Tale principio va applicato anche se l’Italia non ha ancora recepito nell’ordinamento interno la direttiva europea. Per questo motivo i giudici di Lussemburgo, rispondendo ad un ricorso sollevato da un giudice della Corte d’appello di Trento che chiedeva quale fosse la corretta interpretazione della Direttiva, hanno stabilito che la normativa nazionale non compatibile con la direttiva rimpatri vada disattivata.

venerdì 29 aprile 2011

Coincidenze


Dopo oltre una settimana di tregua, sono ripresi gli sbarchi di immigrati a Lampedusa. Secondo quanto confermato da fonti della Guardia di finanza, ieri notte è approdata sull’isola un’imbarcazione con a bordo 178 persone di origine subsahariana. Il natante, partito dalla Libia, è stato intercettato a sud di Lampedusa da una motovedetta delle Fiamme gialle che l’ha scortato fino al porto. Tra i profughi, tutti in buone condizioni di salute, presenti anche donne e bambini. Ieri sera, invece, erano giunti sul molo di Lampedusa 77 tunisini per i quali già nelle prossime ore saranno attivate le operazioni di rimpatrio. Gli immigrati sono in prevalenza di nazionalità eritrea, somala e sudanese, ma tra di loro c’è anche qualche egiziano. I due bambini che hanno viaggiato sul barcone hanno poco più di un anno di età. I profughi sono stati condotti nel centro di accoglienza di contrada Imbriacola. Le condizioni di salute dei migranti sono apparse buone e nessuno di loro ha avuto bisogno di cure mediche. Ma gli arrivi non si placano. Infatti sono sbarcati al porto Bunker di Lampedusa altri 264 profughi subsahariani soccorsi in mattinata da alcune motovedette della Guardia costiera a poche miglia dall’isola. Tra i migranti ci sono anche 14 donne e un bambino. E un altro barcone con circa 300 migranti a bordo sta arrivando al porto di Lampedusa, scortato da capitaneria di porto e guardia costiera. E come se non bastasse, altri ottocento migranti su due barconi si trovano al largo di Lampedusa su due barconi. Sono scattati i soccorsi perché il forte vento di scirocco fa temere per la stabilità dei natanti dove sono stipati gli extracomunitari. Sul posto un aereo della Guardia costiera monitora la situazione. In azione anche sei motovedette: quattro della Capitaneria di porto e due delle Fiamme gialle. Secondo fonti della Capitaneria, su un primo natante, localizzato 30 miglia a sud dall’isola, ci sono circa 500 persone; sul secondo, oltre 40 miglia dalla costa, si trovano 300 migranti.

Sinistri centri sociali


Napoli - Giornata di follia a Napoli. Quando si parla di aggressioni ci vanno di mezzo sempre loro: i centri sociali. Non bastava l'agguato di Padova ai danni del consigliere comunale del Pdl, Vittorio Aliprandi, ferito alla testa e pestato, adesso cambiano set e gravità ma l'intento è sempre lo stesso. Sono stati gli uomini della Digos della questura di Napoli a sventare l’aggressione al candidato del Pdl, Gianni Lettieri, in piazza San Gaetano.

Il tentativo, secondo quanto si è appreso, è stato effettuato da aderenti ai centri sociali che hanno avvicinato il politico spintonandolo e facendolo oggetto di sputi. Lettieri è riuscito poi a nascondersi per sottrarsi ai suoi aggressori. Al momento, risulta che alcuni componenti dello staff del candidato, in particolare uno dei suoi addetti stampa, abbiano comunque subito percosse. Uno degli aggressori è stato identificato dagli agenti della Digos di Napoli. Si tratta di un elemento dei centri sociali. Sarebbe uno dei 40 che ha partecipato nel primo pomeriggio di oggi all’assalto all’ex presidente degli industriali di Napoli. Nella fattispecie il militante avrebbe colpito Lettieri con uno sputo.

Alta tensione a Napoli dopo la rissa all’università e la tentata aggressione al candidato del Pdl Gianni Lettieri da parte di esponenti di centri sociali. Due poliziotti sono rimasti feriti nel tardo pomeriggio durante alcuni tafferugli scoppiati nei pressi della sede del Pdl in piazza Dante. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, un gruppo di appartenti a un collettivo studentesco di sinistra che stava partecipando al corteo che sfilava per la città dopo la rissa di questa mattina all’università tra studenti di opposte fazioni, si è diretto verso la sede del Pdl nel centro della città e ha cominciato a lanciare oggetti contro gli agenti che presidiavano la piazza. Sono partiti dei tafferugli, gli agenti hanno risposto con lancio di lacrimogeni. Due poliziotti sono rimasti feriti, di uno ha ricevuto dei colpi alla testa.

"Invito tutti ad abbassare i toni perché questi atti di gravissima violenza denotano i tentativi di esasperare una campagna elettorale che sino ad ora abbiamo condotto con equilibrio sia pur nella dialettica politica". Così, Gianni Lettieri ha commentato quanto successo. "Evidentemente le idee di libertà, di sviluppo, di crescita da me propugnate - ha aggiunto Lettieri - non sono gradite a quanti preferiscono che in questa città si dia spazio più alla tensione che alla programmazione". Il prefetto Mario Morcone, candidato di Pd-Sel a sindaco di Napoli, ha espresso "solidarietà piena ed amicizia" al candidato del Pdl, Gianni Lettieri. "È intollerabile - ha detto Morcone - che si costruisca una linea di violenza in città proprio nel momento più alto della democrazia, che è quello elettorale. La mia è una condanna senza esitazioni per un atteggiamento che danneggia la vita civile e ciascuno di noi".

Altrove la legge esiste


Roma - Il carcere per gli immigrati irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione, può negare i diritti fondamentali. Così la Corte di giustizia europea motiva la bocciatura delle norme italiane che nel 2009 hanno introdotto il reato di clandestinità. Sono in contrasto con la direttiva Ue sui rimpatri, dice, quando prevedono la detenzione da 1 a 4 anni.

Gli stati membri, secondo i giudici di Lussemburgo, possono sì prevedere sanzioni penali in materia d’immigrazione, ma le regole non devono essere più severe di quelle fissate a livello comunitario, con le procedure di allontanamento degli irregolari. E la direttiva che l’Italia (come altri 19 Paesi) non ha recepito come doveva entro il 2010 parla di arresto al massimo di 18 mesi, solo se è impossibile l’allontanamento coatto. Una sentenza, condivisa dalla Commissione europea, che scatena le proteste della maggioranza e gli applausi dell’opposizione. Ma Pdl e Lega non hanno intenzione di fare marcia indietro sulla linea dura contro i clandestini e già parlano di possibili «rimedi», come annuncia il ministro dell’Interno. «Ci sono altri paesi europei - dice, insoddisfatto, Roberto Maroni- che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati. Vorrei capire perché l’Italia, sempre e solo l’Italia. Così, si rischia di rendere impossibili le espulsioni, trasformandole solo in intimazione ad abbandonare il territorio nazionale entro 7 giorni».

Dopo essersi consultato con il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, il sindaco di Roma Gianni Alemanno spiega che la sentenza «non cancella il reato di clandestinità, ma la pena di reclusione». «Ora è ancora più urgente - dice- un decreto legge del governo che metta in ordine i meccanismi legati all’immigrazione extracomunitaria e neocomunitaria». Esultano invece gli esponenti della minoranza, parlando di «schiaffo» al governo e alle sue leggi «xenofobe». Per il segretario Pd Pier Luigi Bersani, «la politica dell’immigrazione della Bossi-Fini è finita in niente».  La presidente Rosi Bindi, attacca «norme approvate solo per fare propaganda e dall’efficacia pari a zero». Il leader Idv Antonio Di Pietro definisce il governo «mussoliniano» e quello dell’Udc Pier Ferdinando Casini ironizza: «Berlusconi spiegherà che i giudici europei sono comunisti».

La Corte di Lussemburgo si pronuncia sul caso di un algerino condannato alla fine del 2010 ad un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l’ordine di espulsione. Ma la sentenza farà giurisprudenza a livello europeo e si potrà applicare sia negli altri 11 casi italiani analoghi pendenti, sia negli altri Paesi dell’Unione. La Commissione Ue invita ad evitare «ogni indebita semplificazione o fraintendimento». Cioè, sembra di capire, interpretare la sentenza come un no tout court al reato di clandestinità, previsto in altri Paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania, Danimarca e Spagna, come la detenzione (insieme o in alternativa alle multe), ma per un anno al massimo. L’obiettivo, spiegano dalla Commissione, dev’essere il rimpatrio del clandestino, mentre la detenzione interrompe le procedure previste dell’Ue. Insomma, la pronuncia della Corte andrà letta con attenzione per valutarne le ricadute. «La legge complessivamente tiene- afferma il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli-, ci sarà bisogno di qualche aggiustamento». E Maurizio Gasparri aggiunge che governo e centrodestra «riproporranno delle norme per tutelare la nostra nazione dallo sbarco e dagli arrivi di clandestini».

Gli impostori della Ue


L’Unione europea ha det­to l'ennesimo «no» a una nor­mativa italiana nei confronti degli immigrati. Si tratta del­l’ingresso e del soggiorno clandestino: la clandestinità per l’Ue, non è un reato. Vi­sto, però, che dall’Europa non giunge mai una soluzio­ne ai gravissimi problemi che ci affliggono, ma sempre e sol­tanto dei «no» che vietano qualsiasi soluzione a favore dell’Italia, dobbiamo neces­sariamente guardare in fac­cia questa realtà e analizzar­ne con la massima obiettività possibile i vari aspetti prima di decidere che cosa fare. Il presupposto che ha dato origine alla costruzione euro­pea è «l’uguaglianza» di tutti gli Stati membri: si tolgono i confini e il territorio diventa uno solo, così come diventa­no una cosa sola le popolazio­ni, i costumi, le leggi.

Stru­mento principe per passare sopra alle differenze dei po­poli realizzando l'uguaglian­za, è la carta dei diritti umani, che, infatti, si riferisce ai sin­goli individui, di là da qualsia­si connotato di gruppo. Spari­sce, così, ogni aggregato so­ciale: famiglia, nazione, cul­tura, religione, e si passa di­rettamente all'universalità. Universalità che nelle aspira­zioni di economisti e banchie­ri significa mercato mondia­l­e, e nel prossimo domani go­verno mondiale. L’Unione europea dovrebbe rappre­sentarne il riuscito prototipo. Gli Stati europei, però, persi­stono nel non essere uguali, neanche nei dati fondamen­tali. Se mettiamo a confron­to, per esempio, quelli più si­mili all'Italia, troviamo che la Francia ha un’estensione di 547.030 chilometri quadrati e la Spagna di 504.782, quasi il doppio dell’Italia con i suoi 301.230 km. quadrati oltretut­to pieni di monti, di fiumi e di spiagge non abitabili. L'indi­ce della densità demografica è al contrario il maggiore per l'Italia con i suoi 197 abitanti per km. quadrato in confron­to ai 111 della Francia e agli 80 della Spagna.

L'Italia è riu­scita, però, a mantenersi sem­pre «Italia», con le meraviglio­se creazioni del pensiero che la contraddistinguono, nel­­l’arte, nella scienza, nella mu­sica, nel diritto, nella lettera­tura, perché ha impegnato il massimo sforzo nel difender­si, nonostante la sua rischio­sissima posizione geografi­ca, da tutti quelli che voleva­no stabilirvisi, pirati, barbari o musulmani che fossero. Ve­nire meno a questa difesa si­gnificherebbe in brevissimo tempo la morte degli italiani e dell'italianità. L’Italia,dunque,non avreb­be mai dovuto aderire a Schengen, se non altro a cau­sa della sua posizione geogra­fica. Dato che l'ha fatto, biso­gna in qualche modo correre ai ripari: sospendere imme­diatamente l'adesione, come già proposto dalla Francia, dandosi così il tempo per con­vincere l'Unione a cambiare quelle normative che non sol­tanto cozzano contro ogni buon senso, ma mettono a ri­schio la stessa sopravvivenza culturale e fisica dei popoli in quanto tali. Il territorio di un popolo è la sua casa, il confi­ne è la porta di questa casa. Non è dunque più un reato entrare di forza in un'abita­zione? I ladri faranno salti di gioia nel sentire tale procla­ma. Speriamo che le sinistre vo­gliano collaborare nel con­vincere l'Europa, malgrado l'intangibilità che le hanno in­spiegabilmente costruito at­torno. A dire il vero questo ti­po di «sacralizzazione» da parte delle sinistre, che scat­ta in modo automatico di fronte a qualsiasi verbo scen­da da Bruxelles, fa venire in mente un'altra sgradevolissi­ma sacralizzazione, quella dell'Urss. Questa volta, però, è in gioco la sopravvivenza dell'Italia: cerchiamo di esse­re, e di comportarci tutti sol­tanto come italiani.

giovedì 28 aprile 2011

Avviso

Da stamattina, per poter commentare c'è bisogno di fare la registrazione, quindi risulterà impossibile commentare come utente anonimo. Blogger non ha dato alcun avviso in home per noi utenti. Comunque... probabilmente emigrerò e tornerò su Wordpress sempre che riesca a ripescare il mio vecchio account ma per ora devo restare qui almeno finchè ho la possibilità di lavorare durante tutta la giornata. Mi dispiace per chi non ha voglia di registrarsi e lo capisco. In effetti è stata una "mossa" quantomeno bizzarra... perchè in altre piattaforme non c'è alcun obbligo simile a questo.

Arricchimenti culturali

Dalla tunisia con furore...


Un giovane italiano, per difendere la sua ragazza molestata con pesanti avance da un gruppo di tunisini, ha scagliato la seggiola sulla testa di uno degli extracomunitari lasciandolo a terra in una pozza di sangue. Gli ha spaccato una sedia in testa in mezzo a via Palazzo. La furente reazione è stata quella di un giovane italiano, che per difendere la sua ragazza, molestata con pesanti avance da un gruppo di tunisini, ha scagliato la seggiola sulla testa di uno degli extracomunitari del gruppo lasciandolo riverso a terra, in una pozza di sangue. Nel cadere il tunisino ha anche frantumato il vaso di un negozio. Dopo aver tentato di respingere il più focoso dei magrebini, il ragazzo italiano si è visto “recapitare” un pugno in mezzo al volto. Il resto del branco degli immigrati si è poi subito scagliato contro la coppia di malcapitati. Ma la pronta reazione dell’italiano a messo fine alla contesa. Pare che alcuni fra i tunisini fermati siano senza permesso di soggiorno.


Sanremo - I dettagli dell'operazione verranno resi noti piu' tardi. Si tratta dell'ennesimo intervento dei militari, nel centro storico, per appartamenti occupati da stranieri. Tre immigrati tunisini, in possesso di regolare permesso di soggiorno temporaneo e appartenenti agli ultimi sbarchi di Lampedusa, sono stati arrestati, stamani, all'alba, dai carabinieri di Sanremo, in un'abitazione della Pigna, che avevano occupato abusivamente, riducendola in stato pietoso. Si tratta dell'ennesimo intervento dei militari, nel centro storico, per appartamenti occupati da stranieri.A finire in manette sono stati: Bilel Hasnaoui, di 23 anni; Mohammad Amdi Bouhami Ali', di 29 anni e Riad El Quassti, 21 anni. Sono tutti accusati di violazione di domicilio aggravata. L'operazione e' nata in seguito a una segnalazione del carabiniere di quartiere.


GORIZIA, 27 APR - I nove minorenni egiziani approdati sulle coste friulane hanno abbandonato la struttura protetta di Cividale (Udine) cui erano stati affidati. Tra ieri e oggi erano stati previsti per i giovani clandestini uno screening sanitario e appositi colloqui con psicologi e formatori. Dei 35 clandestini immigrati approdati giovedi' a Grado (Gorizia), 20 erano stati immediatamente rimpatriati con un charter partito venerdi' sera alla volta del Cairo. Gli altri sei erano rimasti in Italia dopo aver fornito informazioni utili a capire le modalita' del loro arrivo.

Cancellazione delle leggi

In francia succede che: Fermati a Parigi 60 nordafricani: Irregolari saranno rimandati in Italia

Una sessantina di persone, in maggioranza tunisini appena arrivati in Francia, sono stati fermati ieri sera a Parigi per “infrazione della legislazione sul soggiorno”. Lo ha reso noto la prefettura, che ha precisato che la loro posizione sarà controllata: quelli che risulteranno in regola saranno rilasciati, mentre i clandestini saranno rimandati in Italia (se vengono da lì) o in Tunisia. (ansa)


Ancora uno schiaffo dall'Europa: "L'Italia deve tenersi i clandestini" di Clarissa Gigante

Bruxelles - Le polemiche sul trattato di Schengen e sulla concessione dei permessi temporanei ai clandestini non bastavano. L'Unione europea è tornata a condannare l'Italia anche sulla norma che prevede che la clandestinità sia un reato punibile con la reclusione da uno a quattro anni. Che fare allora? Secondo le leggi europee, l'unica soluzione legittima è quella di rimpatriare gli immigrati irregolari.

La norma bocciata. La Corte di giustizia Ue ha quindi bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità e l’arresto per gli immigrati irregolari, perché è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei migranti irregolari. Direttiva che "osta ad una normativa nazionale che punisce con la reclusione il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato ad un ordine di lasciare il territorio nazionale", come riferisce la Corte Ue in un comunicato. "Una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali", si legge ancora. Da questo momento, quindi, il giudice nazionale dovrà, secondo i giudici europei, "disapplicare ogni disposizione nazionale contraria al risultato della direttiva e tenere conto del principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".

Le leggi sui rimpatri. E in questa occasione la Corte ne ha approfittato per richiamare l’Italia anche su un altro tema, quello dei rimpatri. Il Paese, infatti, non si sarebbe ancora adeguato alle norme europee, mantenendo una procedura di allontanamento che "differisce notevolmente" da quella europea. La legge italiana prevede infatti l’accompagnamento coattivo alla frontiera come modalità ordinaria di espulsione mentre la direttiva prevede un rimpatrio volontario entro un termine compreso tra sette e trenta giorni. La legislazione penale è di competenza degli stati membri e non della giurisdizione europea, ma le norme interne devono comunque rispettare il diritto Ue e non possono comprometterne la realizzazione degli obiettivi. Per questo motivo, ha concluso Lussemburgo, "gli stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva". Il carcere, infatti, "rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva" di Bruxelles, ossia "l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali".

Due pesi e due misure. Durissimo il contrattacco del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che boccia la sentenza della Corte di giustizia europea. "E' una decisione che mi lascia insoddisfatto - tuona il titolare del Viminale - perché primo ci sono altri Paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati". In seconda battuta, continua il ministro leghista, "l’eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rimpatri rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni".

L'ira di Borghezio. Una sentenza che non piace affatto all'euro deputato leghista Mario Borghezio, che commenta. "Tutto il mondo civile - Stati Uniti in testa, ma anche vari Paesi europei - persegue e sanziona penalmente l’immigrazione clandestina e relativi racket mafiosi. Ma, sul punto, la Corte di giustizia sanziona esclusivamente la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, con una motivazione che non sta nè in cielo nè in terra". Poi sbotta: "Come mai? Forse perchè in Europa, come ho avuto più volte modo di affermare senza peli sulla lingua, l’Italia non conta un c.... E, allora, cosa ci stiamo a fare in questa Ue?"

Un appiglio per la sinistra. E l'opposizione non si fa sfuggire l'occasione per criticare il governo. Duro l'attacco di Antonio Di Pietro: "È ormai provato che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell’uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali". Il leader Idv approfitta della sentenza per sparare a zero su Berlusconi: "È gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone. Siamo alla vigilia di un nuovo Stato fascista che va fermato e l’occasione saranno le amministrative e i referendum del 12 e 13 giugno".

Il Vaticano soddisfatto. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che boccia il reato di clandestinità introdotto in Italia "dimostra attenzione alla persona umana anche quando si trova in una situazione irregolare". Lo dichiara il presidente del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, monsignor Antonio Maria Vegliò. "La sentenza dimostra attenzione e sensibilità verso la dignità della persona umana - ha detto monsingor Vegliò - anche se essa, cioè la persona umana, si trova in situazione irregolare. Questa attenzione alla persona - ha aggiunto - è alla base della sollecitudine pastorale della Chiesa e della sua dottrina sociale. Ovviamente - ha detto ancora Vegliò - i governi si trovano a dover individuare il giusto equilibrio che rispetti sia le esigenze di sicurezza interna e internazionale, sia le forme di legalità previste dai singoli sistemi normativi".

Una norma bocciata anche in Italia. Non è la prima volta che il reato di clandestinità viene criticato: già lo scorso giugno, la Corte Costituzionale considerò illegittimità l’aggravante di clandestinità nei confronti degli immigrati che si trovano irregolarmente sul territorio italiano. La norma venne introdotta nel 2008 col primo pacchetto sicurezza del governo, che prevede un aumento di pena fino ad un terzo. Allo stesso tempo, però, la Consulta ha sostanzialmente dato il via libera alla legittimità dello stesso reato di clandestinità, punito con l’ammenda da 5 mila a 10 mila euro. La Corte italiana considera quindi "discriminatoria" l’aggravante della clandestinità perchè in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione "che non tollera irragionevoli diversità di trattamento".

mercoledì 27 aprile 2011

Condannato ma libero


Per mesi un 46enne marocchino ha vessato la moglie con minacce e violenze, arrivando a farle sbattere la testa contro il bidet. Condannato a un anno e due mesi per maltrattamenti, potrà beneficiare dell'indulto perché i fatti risalgono al 2003. Salvata da un volo dall'ottavo piano grazie all'intervento dei carabinieri. E' una triste storia di violenze domestiche quella che si è conclusa oggi con una sentenza di condanna arrivata ben sette anni dopo la denuncia che ha messo fine all'incubo di una donna marocchina. Il suo aguzzino era il marito, un connazionale 45enne immigrato a Parma con la famiglia. E' un uomo violento che non perde occasione per tenere la donna in una condizione di subordinazione completa, sotto la minaccia delle botte. Una situazione che si protrae fino all'ottobre del 2003, con episodi di violenza inaudita: una volta, l'uomo sbatte la testa della moglie contro il bidet del bagno. Un'altra volta, i militari intervengono per una lite in famiglia e lo fermano mentre cerca di spingere la moglie verso la finestra, minacciando di buttarla giù dall'ottavo piano. Denunciato per maltrattamenti, oggi l'imputato è stato condannato a una pena di un anno e due mesi di reclusione, condonati per effetto dell'indulto.

Chi ci perde?


Su Libero di oggi, mercoledì 27 aprile, Maurizio Belpietro sottolinea come "le intese raggiunte ieri prevedono di cedere il governatore della Banca d'Italia alla Bce, la Parmalat alla Lactalis e i nostri aerei agli interessi militar-elettorali del signor Bruni. In cambio otterremmo di tenerci i tunisini e tutti gli altri in arrivo sulle nostre coste". Belpietro spiega: "Essendo più esperti in fregature (subìte) che negli affari, non abbiamo i requisiti per poter impartire lezioni sicché non ci mettiamo a discutere con il Cavaliere, che le fregature è solito darle e non riceverle: Fini e Bersani ne sanno qualcosa". Il direttore, però, avavanza una seconda domanda: "Non potevamo tenerci Draghi e cedere i clandestini a Sarkò?".

Di seguito la cronaca di martedì 26 aprile di Tommaso Montesano

La stretta di mano iniziale non sembra troppo calorosa. Ma poi, nel corso della conferenza stampa congiunta che a villa Madama chiude il 29esimo vertice bilaterale tra Italia e Francia, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy magnificano il risultato dei colloqui. Per il presidente del Consiglio, la riunione ha prodotto una «forte convergenza su tutti i temi che abbiamo affrontato». Ovvero immigrazione, Libia, cooperazione economica e industriale, Mediterraneo e nucleare. «Abbiamo trovato una soluzione comune ai problemi», concorda il presidente francese, che parla di «accordo totale». Dichiarazioni che servono a superare, ma solo in apparenza, le tensioni accumulate nelle ultime settimane tra Roma e Parigi soprattutto su crisi libica e gestione dei flussi migratori dal nord Africa. Eppure al di là dell’ufficialità dal vertice di Roma esce un solo vincitore: Sarkozy. Ecco perché.

"RISTABILIRE I CONTROLLI AI CONFINI"

Il piatto forte del faccia a faccia è una lettera scritta a quattro mani da Berlusconi e Sarkozy e indirizzata ai leader dell’Unione europea: il presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy, e il numero uno della Commissione, José Manuel Barroso. Oggetto: la pressione migratoria sulle frontiere dell’Ue, causa dello scontro tra i due Paesi sull’onda dei permessi temporanei di protezione umanitaria concessi dall’Italia ai tunisini sbarcati a Lampedusa. L’ondata di arrivi dal Maghreb, denunciano Berlusconi e Sarkozy, rischia di generare una «crisi in grado di minare la fiducia che i nostri concittadini ripongono nella libera circolazione all’interno dello spazio Schengen». Da qui l’appello in vista del Consiglio europeo di giugno: «Appare indispensabile adottare nuove misure». La più importante, per Italia e Francia, dovrebbe prevedere «la possibilità di ristabilire temporaneamente controlli alle frontiere interne in caso di difficoltà eccezionali nella gestione delle frontiere esterne comuni». Una proposta che va incontro alle necessità di Parigi, che aveva addirittura accarezzato, sulla scorta dei respingimenti alla frontiera di Ventimiglia, l’idea di sospendere gli accordi di Schengen salvo deviare, alla vigilia del vertice di villa Madama, sulla richiesta di rivedere le clausole di salvaguardia. E così è stato. «Vogliamo che il trattato di Schengen viva, ma perché viva deve essere riformato», esulta Sarkozy.

Quanto all’emergenza immigrazione sulle coste italiane, Berlusconi deve accontentarsi del richiamo a Bruxelles affinché sia rafforzata Frontex, l’agenzia incaricata di vigilare sulle frontiere comunitarie. L’«ampliamento delle sue capacità operative», scrivono il Cav e Sarkozy, «costituisce un imperativo prioritario» e «il suo bilancio dovrebbe essere adeguato di conseguenza». Buoni propositi e nulla più, gli stessi che compaiono nella parte in cui i due chiedono all’Ue di adottare, in caso di «afflusso massiccio di profughi dalla Libia», piani di intervento fondati su «meccanismi di solidarietà specifici per la concessione della protezione temporanea» agli immigrati. Gli stessi piani rifiutati da Bruxelles quando a proporli è stato Roberto Maroni, ministro dell’Interno. In ogni caso, precisa Berlusconi, il discorso non riguarderebbe Parigi: «La Francia ogni anno accoglie 50mila migranti. L’Italia ha una media di 10mila. Lo sforzo della Francia è quindi 5 volte superiore». Non c’è nessuna volontà, dunque, di «accusare» l’alleato di comportamenti inadempienti «che non ci sono stati».

LE BOMBE CONTRO IL COLONNELLO

Sarkozy incassa a piene mani anche sul fronte libico. La decisione italiana di partecipare ai raid aerei contro il regime di Gheddafi soddisfa in pieno Parigi. E Sarkozy non fa nulla per nasconderlo: «Ci rallegriamo della decisione dell’Italia di inviare gli aerei in Libia». Un rafforzamento del nostro profilo militare sul quale la Francia, nel corso dei colloqui preparatori in vista del vertice, aveva premuto sull’acceleratore. A Berlusconi, così, non è rimasto altro che provare a minimizzare il maggiore coinvolgimento italiano circoscrivendo la nostra azione a «interventi con razzi di estrema precisione su singoli obiettivi militari».

Poi c’è la partita economica. Pur definendo «singolare» il fatto che la francese Lactalis abbia lanciato l’Opa su Parmalat il giorno del vertice, il premier si è affrettato a precisare di non considerare «ostile» la mossa del gruppo transalpino. «È una strada da seguire quella di dare vita a grandi gruppi internazionali franco-italiani e italo-francesi». Sarkozy ringrazia: «Non c’è motivo di farci la guerra. Lactalis è la maggior azionista di Parmalat, siamo costretti a trovare una soluzione». Questa: «L’Italia ha piccole e medie imprese molto forti e la Francia grandi gruppi. Creare gruppi franco-italiani è un gran vantaggio per noi e per l’Italia». Un accordo nel quale rientra l’appoggio di Parigi alla nomina di Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia, al vertice della Banca centrale europea: «Siamo felici di appoggiarlo, è un uomo di valore», concede Sarkozy. Il capo dell’Eliseo ha buon gioco anche nel maramaldeggiare sul nucleare alla luce del dietrofront italiano sulla strada del ritorno all’atomo: «Il giorno in cui i nostri amici italiani decideranno di tornare indietro, la Francia sarà sempre un partner aperto e accogliente».

Dal blog di Nessie, giusto per incazzarci un pò di più appena dopo Pasqua:

Capitolo 2 - Ai tunisini sbarcati a Lampedusa, 1.500 euro per ciascuno.

Non è finita.Credevate che con Ventimiglia ci fossimo tolti dai piedi i clandestini? Errore. Una parte considerevole è qui da noi non solo col fatidico permesso semestrale, ma secondo un interessante articolo di Andrea Morigi (sempre su Libero del dì di Pasqua) con 1500 euro al mese da ripartirsi in questo modo:

Diaria giornaliera di 30 euro elargita dai Comuni. In più è sempre il comune che deve provvedere a tenerli occupati onde evitare vagabondaggi e delinquenza. Si fa così scattare il meccanismo dei "lavori socialmente utili". La retribuzione è scarsa e non supera i 3 euro all'ora, ma se si ha voglia di darsi da fare, si possono guadagnare 24 euro al giorno che moltiplicato per i 26 giorni lavorativi, fanno 624 euro che sommati ai 900 euro al mese spettanti di diritto, fanno un totale di 1524 euro mensili. Uno dei nostri cassintegrati se la sogna, questa sommetta!

Ma dove sono i clandestini? ecco il quadro dei "migranti economici" (così li chiama la Boldrini dell'ONU) regione per regione per un totale di oltre 19.000.
 
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I disoccupati che non riescono a trovare lavoro (e non quelli che certi lavori non li vogliono più fare), sentitamente ringraziano.

martedì 26 aprile 2011

Buone notizie per i milanesi...


Una gioiosa macchina da guerra. O, meglio, una gioiosa macchina e basta. O meglio ancora: un gioioso camper. Giuliano Pisapia è felice, anzi, gioioso. Anche lui. Finalmente il suo camper elettorale è pronto. E così lui, l’uomo nuovo, che si è impegnato a scalzare Letizia Moratti da Palazzo Marino, potrà scorazzare in giro per fiutare, alla buon’ora, gli umori della città. Lo ha inaugurato ieri, il suo camper gioioso della sua gioiosa e sfarfalleggiante campagna elettorale. Ci è saltato sopra bello e contento. No, non a bordo, proprio sopra. Sul tetto. Ed è stata davvero un’ottima occasione, perché, come peraltro, aveva già anticipato nel suo blog: «Il giorno della Liberazione è un giorno di festa, e lo è anche ovviamente per me che il 25 di aprile mi sono fatto tutti i cortei fin da quando avevo i calzoni corti...». Così ieri l’avvocato della riscossa, che non convince nemmeno il suo partito e i suoi alleati, ha fatto festa. Una volta di più. Perché a lui, e questo gli fa onore, piace pensare positivo, e perché a lui piace far felici i milanesi, promettere ai milanesi la felicità. Se non eterna, almeno per i prossimi cinque anni.

«Abbiamo l’ambizione di rendere i milanesi più felici e ottimisti», ripete piuttosto insistentemente Pisapia ad ogni adunata pubblica o privata. E per questo motivo che una settimana fa ha imbastito una serata-spettacolo, al Teatro Dal Verme. Con Ricky Gianco che ha dedicato Sola, sei rimasta sola a Letizia Moratti, con un videomessaggio di Roberto Vecchioni, con autorevoli testimonial come Eva Cantarella, Franco Bomprezzi, Daria Colombo. Mentre, in contemporanea, al Teatro della sala della Provincia andava in scena una no stop in ricordo di Ivan Della Mea. «...Mancava poco all’una di notte quando è finita ma c’era chi non era ancora stanco e avrebbe voluto che continuasse» ricorda Pisapia ai suoi potenziali elettori internauti. E subito li rassicura: «Tranquilli: questo è stato solo un assaggio. Presto, quando ci saremo noi a Palazzo Marino, noi che crediamo che anche la felicità abbia un posto importante nelle priorità del sindaco, questa sarà la realtà quotidiana». Una fissa, insomma, la sua. D’altra parte, come dargli torto?

Pensare alla felicità, sognare ad occhi aperti significa, anche e soprattutto non vedere i problemi, non parlare dei veri temi che, non si sa mai, magari all’elettorato milanese potrebbero interessare. Se non dovesse organizzare kermesse musicali ed happening vari, l’avvocato dovrebbe raccontare, per esempio, ai milanesi dove vorrebbe far costruire una o più moschee, o che cosa pensa del Leoncavallo e degli altri centri sociali per i quali (visto quanto è accaduto a dicembre in corso Buenos Aires) ha mostrato una certa simpatia. E ancora come si potrebbe risolvere, a suo avviso, la questione dei campi rom. Non sarebbe male se cominciasse a parlare almeno di questi quisquilie visto e considerato che sulle unioni gay, sui black bloc eccetera, il suo pensiero è fin tropo conosciuto. Come è risaputa l’amarezza con la quale Pisapia, in quanto legale della famiglia di Carlo Giuliani, costituitasi parte civile durante l’inchiesta seguita al G8 di Genova del 2001, ha dovuto recentemente incassare il verdetto definitivo della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, alla quale si era rivolto. Verdetto che non solo ha assolto l’Italia dalle accuse di responsabilità nella morte del giovane ma ha anche dato torto ai Giuliani su tutti i punti del loro ricorso, compresa la conduzione dell’inchiesta sulla morte del figlio.

Dal tetto del camper, come cantava Gaber, che l’avvocato Pisapia ama molto, il candidato sindaco del centrosinistra declama che «la libertà è partecipazione». E siccome più si partecipa più la campagna elettorale ne guadagna, ecco che il gioioso camper viene preceduto per le vie di Milano da altrettanto gioiose staffette in bicicletta e a piedi che distribuiscono il giornale propagandistico, le spille, gli adesivi da appiccicare all’auto, i volantini. Ed ecco che, sempre per continuare ad essere felici, felici supporter, ad ogni happening festaiolo viene proposto il kit con tutto il materiale destinato all’elettore felice e trasognante che, nel suo stato di beatitudine, può anche compilare, considerato che nel kit è compreso, il bollettino di conto corrente postale prestampato per contribuire alla campagna. Già, perché se non ci sono i soldi non si può nemmeno far festa. Per non parlare poi dei problemi veri di Milano, che possono aspettare.

Anche quella della mancanza di finanziamenti è un po’ una fissa dell’avvocato Giuliano Pisapia, che accusa spesso e volentieri i suoi avversari di avere grandi e potenti mezzi mentre lui è costretto ad arrancare come può. Arrancherà anche, non avrà mezzi se non finalmente adesso il suo agognato camper, ma l’avvocato del cambiamento è iperattivo e mondano. Lo trovi al parco per le merende, a teatro, in libreria, alle biciclettate amatoriali, nei mercati, in corteo con la Fiom e persino, quando capita, a fianco dei black bloc. E poi parla e scrive tanto, anche se come si diceva, per non guastare la felicità dei milanesi, di certi problemi non parla. Pensate che appena sceso in campo tra il 9 luglio e il 23 agosto è riuscito a inviare ai giornali e persino a farsi pubblicare qualcosa come 83 articoli, una media record di quasi due al giorno. E, altro che scarsi mezzi, attraverso il suo efficacissimo ufficio stampa, ha diramato sette comunicati nei primi 15 giorni d’agosto. Sui temi più disparati: dai troppi negozi chiusi in città dall’inizio dell’anno, alla mancata costituzione di una commissione antimafia in Comune, all’omelia del cardinale sull’immigrazione. Da allora ha tenuto lo stesso ritmo. Sempre per regalare la felicità ai milanesi, s’intende.

Islam


Immaginate se un sa­cerdote diffondesse da un altoparlante is­sato sopra il campani­le della chiesa il seguente appello per invitare i fede­li a prendere parte alla messa: «Testimonio che nostro Signore Gesù Cri­sto è l’unico vero Dio! Te­stimonio che il suo Vica­rio, il Papa, Sommo Pon­tefice della Santa Roma­na Chiesa Cattolica Apo­stolica, è l’unico custode della vera fede! Unitevi al­la preghiera! Gesù Cristo è il nostro Signore! Non vi è altro Dio al di fuori di Ge­sù Cristo!». Immaginate se duemi­la cristiani irrompessero nello spazio antistante la Grande moschea di Ro­ma o di Milano Segrate dopo aver forzato il posto di blocco delle forze del­l’ordine e ferito cinque agenti, si mettessero a re­citare il rosario con l’in­tenzione dichiarata di sal­vare le anime dei musul­mani in quanto eretici, in­tonassero degli inni che affermano l’assolutezza della verità in Cristo e des­sero alle fiamme delle bandiere islamiche con la mezzaluna. Ebbene, io non ho al­cun dubbio. Tutte le Pro­cure d’Italia interverreb­bero per aprire fascicoli su fascicoli denunciando l’arbitrio di un sacerdote che, oltre a violare la quie­te pubblica, diffonde dei contenuti fortemente le­sivi della libertà e della pluralità d’opinione san­cita dalla nostra Costitu­zione; così come eviden­zierebbero una serie di re­ati perpetrati dai manife­stanti cristiani, dall’as­sembramento e occupa­zione di spazio pubblico senza autorizzazione, ag­gressione alle forze del­l’ordine, incitamento al­l’odio razziale nei con­fronti dei musulmani, of­fesa a un simbolo religio­so.

Tutto ciò è effettiva­mente accaduto a parti in­verse, con i musulmani nel ruolo degli aggressori e noi italiani, al di là del nostro essere cristiani, credenti o praticanti, nei panni delle vittime. Ma, come era prevedibile, co­sì come la Procura di Mila­no non intervenne quan­do il 3 gennaio 2009 gli islamici occuparono Piaz­za Duomo, almeno fino a questo momento la Pro­cura di Milano- che è così solerte ad intervenire quando vuole - non ha aperto nessun fascicolo per appurare il fatto de­nunciato da Il Giornale nella domenica di Pa­squa, 24 aprile, in un arti­colo dal titolo «Lo scanda­lo del minareto di Mila­no. Per la prima volta il muezzin invita alla pre­ghiera di strada. E nessu­no si indigna». Piaccia o meno, dobbia­mo prendere atto che nel nostro stato di diritto ci sono due pesi e due misu­re a seconda se a violare la legge siamo noi o se so­no i musulmani. I fatti stanno a indicare che la certezza del diritto e della pena vale solo per noi, mentre per i musulmani vale solo la certezza di un diritto assoluto che culmi­na­nell’arbitrio e nell’ille­galità senza alcuna san­zione.

Ecco perché è arrivato il momento di opporci a questa auto-discrimina­zione che, da un lato, ci impedisce di beneficiare del principio secondo cui «la legge è uguale per tut­ti» e, dall’altro, ci trasfor­ma in vittime della schie­ra di magistrati, politici, banchieri, imprenditori, massoni, intellettuali che, pur di scagliarsi con­tro la civiltà giudaico-cri­stiana che esprime valori non negoziabili e certez­za delle regole, finiscono per trasformarci sempre più in sudditi dell’islam qui a casa nostra. È il momento di dire ba­­sta! Di chiedere quanto­meno che i musulmani si attengano alle nostre leg­gi così come fanno gli ebrei, i cristiani o i bud­dhisti. Di esigere che le moschee operino con le stesse norme a cui sono sottoposte le sinagoghe, le chiese o qualsiasi tempio di culto eretto sul suolo italiano. Visto che la realtà delle nostre istituzioni è quella che abbiamo descritto, ebbene, è arrivato il momento di prendere noi cittadini italiani l’iniziativa, promuovendo una legge di iniziativa popolare, così come previsto dall’articolo 71, comma 2, della Costituzione, che consente ai cittadini italiani, attraverso una raccolta di almeno 50.000 firme, di presentare al Parlamento un progetto di legge, affinché questo sia poi discusso e votato.

Chiariamo subito che i principi che ci ispirano sono: 1) L’articolo 8 della Costituzione dove noi evidenziamo che «le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti», ma a condizione che «non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano». Così come rileviamo che l’islam come religione, non avendo finora stipulato un’intesa con lo Stato per il profondo contrasto che persiste tra le associazioni islamiche, opera in un contesto di arbitrio giuridico non essendo stati definiti i rapporti con lo Stato. 2) La determinazione che qualsivoglia intesa tra lo Stato e le comunità religiose islamiche debba fondarsi sull’assoluto rispetto delle nostre leggi e delle regole fondanti della civile convivenza. Significa che le moschee devono essere delle case di vetro dove, al pari delle sinagoghe e delle chiese, si parla in italiano e si diffondono valori che ispirano alla vita, all’amore e alla pace, e dove chiunque possa entrare, sedersi, ascoltare e condividere una spiritualità comune al di là della fede diversa.

Questo non è affatto il caso dei predicatori d’odio, di violenza e di morte che si sono annidati in gran parte dei circa 900 luoghi di culto islamici presenti sul nostro territorio nazionale. Non possiamo più continuare a subire l’arbitrio degli islamici, il lassismo dei magistrati, la connivenza ideologica dei politici e degli intellettuali relativisti, laicisti, buonisti e islamicamente corretti che, odiando la civiltà giudaico- cristiana che tutela la loro vita, la loro dignità e la loro libertà, è come se odiassero se stessi. Siccome noi invece ci amiamo, non intendiamo rassegnarci.

lunedì 25 aprile 2011

Contro la libia... a favore del terrorismo


MILANO - Silvio Berlusconi ha dato il via libera al bombardamento della Libia da parte degli aerei italiani. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio lo ha annunciato in una telefonata al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Si tratta di una modifica della posizione italiana, in quanto il 15 aprile in Consiglio dei ministri Berlusconi era invece orientato a escludere il coinvolgimento italiano nei bombardamenti della Libia. Ma negli ultimi giorni, come ha spiegato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è maturata in seno al governo la considerazione di cambiare la natura della missione «perché la situazione a Misurata è diventata terribile». Dopo il vertice a Berlino e una serie di incontri, prosegue La Russa, «Berlusconi ha avviato una riflessione che è sfociata nella decisione comunicata a Obama». Il ministro riferisce inoltre che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, era stato avvertito prima che fosse diffusa la nota ufficiale.

OBIETTIVI MIRATI - L'Italia accoglie così l'appello lanciato dalla Nato agli alleati e Roma risponde con il sì «ad azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati per proteggere la popolazione civile libica, nei limiti delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu e in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento». I ministri degli Esteri e della Difesa sono pronti a riferire davanti alle commissioni congiunte Esteri-Difesa, prosegue la nota ufficiale. «Non saranno bombardamenti indiscriminati, ma missioni di precisione su obiettivi specifici», precisa La Russa, sottolineando che l'obiettivo è quello di «evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile. Prima facevamo una parte nella squadra e ora ne facciamo un'altra. Non ci sono più rischi o meno rischi, né per i militari né per il Paese». Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha precisato che la decisione italiana è la «naturale prosecuzione di una missione che non cambia» ed è la risposta del governo a una precisa richiesta dei ribelli di Bengasi. «Diamo il benvenuto all'annuncio che l'Italia ha deciso di fare un passo in più», ha detto un responsabile dell'Alleanza Atlantica.

REAZIONI - Prime reazioni alla nota di Palazzo Chigi. «Il mio voto non l'avranno mai», ha affermato il leghista Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione, chiarendo però che non ci sarà una crisi di governo su questo tema. «Resto contrario a qualunque intervento in Libia. Abbiamo già fatto abbastanza mettendo a disposizione le basi, l'appoggio logistico e il pattugliamento anti-radar. Personalmente non avrei dato neanche questa disponibilità se non in cambio di un concreto concorso degli alleati al respingimento dei clandestini e alla condivisione dei profughi». Sulla stessa posizione di Calderoli il collega leghista Castelli. «La dichiarazione di Calderoli apre di fatto la crisi di governo», è la lettura di Italo Bocchino, vice presidente di Fli, ma il suo capogruppo, Benedetto Della Vedova, precisa che «Futuro e libertà, come ha già fatto a suo tempo, manterrà anche questa volta un atteggiamento responsabile nell'interesse dell'Italia». «Di nuovo il governo ha mentito agli italiani», ha detto Massimo Donadi, capogruppo di Idv alla Camera. «Avevano detto che non avrebbero mai bombardato e invece hanno cambiato idea». Per Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato del Pd, «il nostro riferimento continua a essere la risoluzione dell'Onu. Se verranno confermati i confini di quella risoluzione il Pd non farà mancare il suo assenso. Quello che troviamo gravi sono le divisioni irresponsabili che continuano a manifestarsi dentro il governo con la Lega che continua a prendere le distanze dalle decisioni di Berlusconi». Per il vicario di Tripoli, monsignor Martinelli, la decisione dell'Italia è una «scelta rovinosa». «Ci vuole prudenza, dialogo e confronto prima di prendere delle decisioni. Evitiamo di dividerci», è l'ammonimento di Luciano Sardelli, del gruppo dei Responsabili, e il suo collega Elio Belcastro dà «sostegno convinto al governo».

RAID - La Nato nella notte tra domenica e lunedì ha bombardato il quartier generale di Gheddafi a Tripoli provocando tre morti e 45 feriti. Il rais non risulta essere rimasto coinvolto. Le truppe fedeli al colonnello hanno sferrato in mattinata un attacco a Misurata, ma fonti dei ribelli hanno detto che è stato respinto al costo di 30 morti e 60 feriti.

Colpa dell'italia, ovvio, no?

Chissà perchè i francesi se la prendono con l'italia e non con l'america che ha pagato le rivoluzioni nel maghreb... che poi l'italia gli sbagli li ha fatti a prenderseli, non lo si può negare ma la colpa è di altri.


Parigi - L'immigrazione clandestina a Lampedusa? Colpa dell'Italia. A ribadirlo è il consigliere speciale di Sarkozy, Henry Guaino, che alla vigilia del summit franco-italiano a Roma torna a parlare sulle colonne di Le Monde del problema. "Se li lasci entrare senza consultarti, senza associarti con i tuoi partner, dopo non puoi mandare dal tuo vicino tutti quelli che hai lasciato entrare", ha detto Guaino assicurando che domani ci sarà una discussione tranquilla e serena sul tema.

"I tunisini non sono rifugiati". Alla domanda se la Francia non si stesse ripiegando su se stessa, Guaino risponde: "No, la Francia non si chiude, ma la priorità dev’essere aiutare i popoli del Sud a trovare la strada della democrazia, dello sviluppo economico, dell’occupazione, e non semplicemente di aprire le porte assorbendo tutta le loro risorse vive". Inoltre, per Guaino, i migranti tunisini non possono pretendere lo status di rifugiati, in quanto in Tunisia "non c’è una guerra civile".

"Assurdo voler uscire da Schengen". Quanto alla richiesta di Parigi di rivedere gli accordi Schengen, il consigliere di Sarkozy spiega che "forse c’è stata un’espressione un pò rapida sull’argomento che è stata male interpretata". "È stato detto che la Francia vuole uscire da Schengen. Tutto questo è assurdo - prosegue Guaino - Ciò che chiede la Francia è la revisione della clausole di salvaguardia in modo che in situazioni particolari si possano stabilire dei controlli alle frontiere nazionali a partire dal momento in cui ci sono delle situazioni eccezionali". Per il fedelissimo di Sarkozy, "l’esistenza di queste clausole permetterà di fare in modo che tutti agiscano nello stesso senso per evitare di doverle applicare. Mi sembra una posizione del tutto ragionevole e che non ha nulla di anti-europeo".

Parassiti ricattatori


Per comprendere perché è stato difficile, se non impossibile, trovare un accordo forte con la Tunisia che blocchi il flusso di clandestini su Lampedusa e ne permette il rientro in patria, e ne sia stato firmato ieri a Tunisi uno del tutto inadeguato, è indispensabile avere presenti due cifre: 150 milioni di euro a fronte di 5 miliardi di euro. La prima somma è quella messa a disposizione dal governo italiano a quello tunisino per risolvere il contenzioso. La seconda somma è quella chiesta dal governo tunisino per firmare un accordo cogente. Appare così alla luce del sole quanto è stato chiaro sin dal primo giorno, ma che non è stato messo in luce con chiarezza dai media. Il governo tunisino sta usando dei flussi di clandestini in una logica di filibustering. Non controlla cioè volutamente le sue coste per impedire ai trafficanti di carne umana di partire e si rifiuta di permettere il ritorno dei clandestini perché sa benissimo che questa è una forma vincente per ottenere dall’Italia quei consistenti aiuti economici (5 miliardi di euro, appunto) che giudica necessari per uscire dall’emergenza economica che ha già concorso alla fine del regime di Ben Ali. Nel secolo XVI°, Inghilterra e Francia concedevano delle “lettere di corsa” ai vari Francis Drake per autorizzarli a operare contro le potenze avversarie, con ogni mezzo. Passati cinque secoli, l’Albania, caduto il regime comunista del satrapo Enver Hoxa elaborò un più raffinato e moderno sistema di “guerra di corsa”: permise a organizzazioni senza scrupoli (gli “scafisti di Valona”) di riversare sulle coste pugliesi decine di migliaia di clandestini, fino a quando non riuscì ad ottenere da Roma quanto intendeva avere: consistenti aiuti economici per ricostruire il paese devastato (la “Operazione Arcobaleno”). Passati alcuni anni, Gheddafi, saltate nel 2008, durante il governo Prodi, le trattative con D’Alema per il trattato con l’Italia, ha replicato la stessa tecnica. Ha lasciato volutamente incustodite le sino ad allora super sorvegliate coste libiche a centinaia di imbarcazioni di tutti i tipi dirette a Lampedusa, e strada assolutamente libera sulla dozzina di carovaniere che permettevano di attraversare il Sahara ai convogli di decine di migliaia di profughi dell’Africa sub sahariana. Come per miracolo, non appena Berlusconi riuscì infine nel 2009 a concludere quel difficile e complesso trattato (va ricordato, garantendo appunto 5 miliardi di euro di investimenti alla Libia, a carico dell’Eni, non del contribuente italiano), il traffico di carne umana sul Canale di Sicilia cessò. Anche perché la saggia decisione italiana di effettuare i respingimenti in mare e di ricondurre –Gheddafi infine consenziente- le imbarcazioni sulla costa libica, convinse rapidamente le organizzazioni criminali che le armavano a desistere da un impresa ormai diventata non più redditizia. Nell’arco di tutto il 2010 furono 27, solo 27, i clandestini sbarcati a Lampedusa. Risultato clamoroso e indicativo che peraltro avrebbe dovuto zittire tutti i critici, Onu in testa, della “cinica” politica italiana dei respingimenti. Rendere non più redditizio il trasporto dei clandestini via mare, infatti, ha salvato la vita a centinaia, migliaia di loro che –come purtroppo si è visto ieri e in queste settimane- muoiono affogati prima che la flotta italiana –che opera in modo meraviglioso- li possa intercettare, salvandoli. Il dramma è che l’accordo siglato ora a Tunisi dal ministro Maroni, proprio a cagione del fatto che non si è trovata la mediazione tra i 5 miliardi richiesti e i 150 milioni offerti, è assolutamente inadeguato (“'E’ come se stessimo in un suk”, hanno dichiarato sconsolati gli “sherpa”, i diplomatici italiani). Questo perché l’Ue, unica istituzione in grado di mettere sul tavolo investimenti della portata di quelli richiesti dalla Tunisia mette la testa sotto la sabbia e rifiuta di prendere atto dell’evidenza: siamo di fronte all’anteprima di una emergenza epocale che, secondo quanto stima l’Onu, non appena cesseranno le ostilità in Libia, riverserà nel Canale di Sicilia non meno di 250.000 clandestini. Ennesima prova dell’inesistenza di una Europa politica e della cecità di un Ue che altri non è se non un eccellente mercato unificato con una forte moneta, ma che è diretta da burocrati e politici assolutamente inadeguati.

Sull'unione europea

Sguardo sull'Europa di Ida Magli

Guardiamola, dunque, quest’Europa! E’ davvero ripugnante. Ripugnante per la sua vigliaccheria, per la sua infame ipocrisia, per la sua proditoria aggressione a popoli infinitamente più deboli quali gli Africani, ma soprattutto per la sua volontà di uccidere i propri cittadini e la loro civiltà addossando loro anche il costo dell’omicidio. Che fine ha fatto l’Unione europea? Si è dissolta. Nessuno delle migliaia di politici che risiedono a Bruxelles ha neanche ricordato, in questi giorni di negazione bellica della fondazione “pacifista” dell’EU, di aver trionfalmente nominato soltanto pochi mesi fa, a completamento della costituzione-trattato di Lisbona, un ministro degli Esteri, per giunta britannico a sottolinearne la forza e l’importanza (la baronessa Ashton) con l’assunzione di ottomila funzionari per l’apertura di ambasciate in ogni paese del mondo. La politica estera ogni Stato se la fa per sé.

L’Unione era un bluff e serviva a rendere l’Europa oggetto passivo della conquista islamica, in base alle leggi e normative appositamente predisposte: eliminazione dei confini e dei controlli doganali per le persone e per le merci; rigorosissima protezione degli stranieri contro gli interessi, di qualsiasi genere, degli abitanti; mandato di arresto europeo per “reati” inesistenti come il razzismo, ma inventati anche questi per difendere gli stranieri e severamente perseguiti tramite la Lega Antidiffamazione e le sue diramazioni. Tutte cose che ormai sappiamo a memoria e che, se stupiscono, è perché non si riusciva a credere fino in fondo che i governanti d’Europa avessero davvero come unico scopo, nel costruire l’Unione, la distruzione dei propri Stati, insieme alla morte culturale e fisica dei loro Popoli.

Adesso ne abbiamo delle prove talmente evidenti che è impossibile sbagliarsi. La Francia ha aggredito la Libia e la Costa d’Avorio, mandando in frantumi perfino il tabù della parola “guerra”, senza neanche consultarsi con i tanto amati “fratelli” europei. Ma nessuno creda che i politici non conoscessero bene i motivi che hanno preparato e scatenato l’attacco: le pseudo ribellioni praticamente contemporanee di tutti gli Stati nord africani sono state istigate e finanziate dagli Stati Uniti per avere un’ apparenza di giustificazione “democratica” nel mettervi i piedi, collocarvi governi di suo gusto, e non andarsene più. E’ una vecchia e consolidata strategia americana quella di provocare guerre “democratiche” e non vincerle mai del tutto. Servono esclusivamente per potervi rimanere e occupare per sempre il suolo straniero. Perdite di vite? Enormi spese militari? Immagine negativa? Ma certo. Queste sono tutte cose che pagano i sudditi, quelli americani e quelli dei paesi associati alle sue imprese; per l’America quello che conta è essere presente per omologare a se stessa a poco a poco tutti i popoli, oltre ovviamente ad impadronirsi del loro petrolio o delle loro miniere.

La conseguenza inevitabile, però, per gli Stati europei che le si affiancano, è il travaso in Europa delle popolazioni africane. Neanche se supponessimo di essere governati da totali idioti, potremmo credere che non avessero messo nel conto che, bombardandoli a casa loro, sarebbero scappati da noi. Anzi, dato che radunare i soldi per il viaggio richiede una lunga preparazione, gli è stato soltanto offerto il momento e l’occasione propizia. Quello che sta succedendo nella gestione degli immigrati tunisini fra Italia e Francia rappresenta soltanto una piccolissima prova della macroscopica menzogna con la quale è stata costruita l’Unione europea: siamo uguali, siamo fratelli, abbiamo la stessa patria, la stessa cittadinanza, lo stesso territorio, la stessa moneta, ci vogliamo tanto bene, non ci faremo mai più la guerra. Ce la faremo, invece (questa è una facile previsione), ma costituirà soltanto l’ultima fase della nostra agonia. Lo scopo sarà stato raggiunto: distruggere l’Europa della civiltà, della scienza, della filosofia, dell’arte, del cristianesimo, del diritto, della bellezza, e mettere al suo posto l’Europa degli Africani, ossia di chi non ha mai prodotto “pensiero” e che quindi non sarà di nessun ostacolo a coloro che stanno appunto, in silenzio, aspettando di veder passare lungo il fiume il cadavere europeo: la Russia e la Cina. Sarà un grave indebolimento anche per l’America, questo è certo. Anche gli Americani, infatti, non sanno “pensare”: sono stati quasi soltanto gli immigrati dall’Europa - Tedeschi, Francesi, Italiani - a dare il massimo contributo alla produzione intellettuale americana. Cosa di meglio, però, possono sperare popoli che sanno pensare quali i Russi e i Cinesi?

Ancora sui rom


Roma - I rom che in questi giorni hanno trovato riparo nel chiostro della Basilica di San Paolo, assistiti dalla Caritas diocesana di Roma, da questa sera saranno trasferiti presso una struttura di accoglienza individuata dalla stessa Caritas e gestita dalla cooperativa sociale Domus. Lo rende noto la Caritas precisando che poco dopo le 19 cominceranno le operazioni di trasferimento con alcuni pullman.

La messa e gli sfollati. Mentre nella basilica di San Paolo si celebra la messa di Pasqua all'esterno i rom da tre giorni occupano chiostro e il parco adiacente la chiesa. E la situazione resta immutata. Partiti ieri per il rimpatrio assistito un paio di gruppi per poco più di una decina di nuclei familiari ai quali sono stati offerti mille euro, i negoziati si sono interrotti e non sono più ripresi. Oggi, a metà mattina, la basilica era affollata di fedeli. Molti hanno donato uova e colombe ai bambini e alle donne che erano sdraiati sul parco adiacente alla chiesa. Il sacerdote ha poi celebrato la messa incentrando l'omelia sul significato della Pasqua e della risurrezione. Sui nomadi, non un accenno.

Le transenne. Durante la notte scorsa la gendarmeria ha transennato l'interno del chiostro per evitare che i rom si avvicinassero al cancello d'ingresso, così come è successo ieri. E mentre il personale di vigilanza e quello della gendarmeria vaticana controllava l'ingresso, i bimbi rom si avvicinavano ai cancelli nella speranza di incrociare lo sguardo di uno dei genitori rimasti dentro o di altri familiari. Da ieri mattina, ai nomadi che uscivano dalle stanze dove avevano trascorso la notte non veniva più consentito di fare rientro. Così, le famiglie e i gruppi si sono separati: al di qua e al di là del cancello.

La richiesta di aiuto. Dopo la messa, una delle donne rom, in lacrime e in preda a un momento di crisi, rivolgendosi alle persone che si allontanavano dalla Basilica ha urlato "Aiutateci! Aiutateci". Alcuni fedeli si sono fermati vicino al prato incuriositi ma, saputo quanto stava accadendo, si sono allontanati in fretta. ''Chiediamo semplicemente una casa - ha aggiunto la donna in lacrime - perché non vogliamo andare a vivere lontano da Roma". Sul prato è stato affisso anche uno striscione con la scritta "Comune&Vaticano... restiamo umani''. Intorno, numerosi volontari di diverse associazioni hanno offerto assistenza ai nomadi. Nella tarda mattinata sono stati allestiti dei tavoli ed è stato distribuito il pranzo pasquale a base di affettati, uova, pasta e carne. Dopo le prime resistenze, i rom hanno consumato il pranzo anche se molte donne continuavano a piangere e a invocare aiuto. Un gruppo di bimbi inizialmente è rimasto a poca distanza dai tavoli, poi, esortati dai volontari, si sono avvicinati ai tavoli per pranzare. E intanto ci si organizza, in previsione di trascorrere la terza notte.

domenica 24 aprile 2011

Bestie italiche


Padova - Il consigliere comunale Vittorio Aliprandi, aggredito a Padova il 21 aprile da un gruppo vicino ai centri sociali, è stato ricoverato in ospedale per una crisi respiratoria in prognosi riservata. Aliprandi era stato dimesso ieri con una prognosi di 25 giorni per una ferita alla testa e politraumatismo in tutto il corpo. Nella notte ha accusato una progressiva difficoltà respiratoria che ha portato i medici a decidere un nuovo ricovero nel reparto di pneumologia dell'ospedale di Padova. I medici hanno deciso di porlo sotto sedazione. Aliprandi respira con l'ausilio dell'ossigeno ed i medici per il momento si riservano la prognosi.

Insufficienza respiratoria. La situazione clinica del consigliere comunale Vittorio Aliprandi, 56 anni, capogruppo della civica "Per Padova con Marco Marin" (Pdl), si è aggravata nel corso della notte. All'origine delle sue attuali condizioni i medici non escludono possa esserci un'embolia o altra causa connessa al pestaggio subito giovedì mattina, quando, mentre si trovava in compagnia del figlio Giovanni, 19 anni, in piazza Duomo a Padova, era stato vittima di un agguato da parte di quattro attivisti vicini al centro sociale Pedro. Il consigliere è stato colpito alla testa, mentre il figlio, nel tentativo di difendersi, ha riportato una frattura alla mano destra.

La condanna per razzismo. L'aggressione è avvenuta all'indomani di una sentenza di condanna per razzismo pronunciata a carico di Aliprandi dal giudice monocratico per le frasi contro i rom che il consigliere comunale aveva scritto sul proprio profilo Facebook. Due aggressori sono stati fermati dai passanti e arrestati con l'accusa di lesioni aggravate. Per entrambi, Alex Favaretto, 28 anni, e Michele Nigro, 25, il giudice ieri ha convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare in carcere. Ancora senza nome gli altri due partecipanti all'agguato.

La condanna del sindaco. Il sindaco di Padova Flavio Zanonato, appresa la notizia dell'aggravarsi delle condizioni del consigliere comunale Vittorio Aliprandi, ha espresso "la più ferma condanna per i violenti. Chi pensa di poter usare la violenza deve essere bandito dalla comunità - ha detto il sindaco - è stato confermato l'arresto di due degli aggressori, a dimostrazione del fatto che il reato commesso è molto grave. E' un provvedimento - ha aggiunto - che io condivido pienamente".

Islam, il cancro del mondo


«Allah è grande! Testimonio che non vi è altro Dio se non Allah! Testimonio che Maometto è l'in­viato di Allah!». La voce del muez­zin, in lingua araba, rimbomba da un altoparlante collocato su una torre di metallo eretto a minareto nella moschea di Cascina Gobba al civico 366 di via Padova alle ore 13.09 di venerdì scorso 22 aprile 2011. È una data storica: per la pri­ma volta in Italia una moschea ha diffuso l’appello alla preghiera islamica. È la sfida più significati­va dell’islam radicale al nostro sta­to di diritto dopo l’occupazione di piazza Duomo da parte di circa 2mila musulmani il 3 gennaio 2009, ostentando provocatoriamente la preghiera collettiva islamica di fronte al simbolo della cristianità. Se allora si trattò manifestamente della prova dell'occupazione del nostro spazio fisico, ora si è trattato della prova dell’occupazione del nostro spazio valoriale e identitario. In entrambi i casi noi veniamo trattati come se fossimo una terra di conquista venendo percepiti come una landa deserta. Milano si conferma la capitale italiana dei fanatici di Allah. In viale Jenner sorge la moschea più inquisita e più collusa con il terrorismo islamico internazionale. Il suo imam, Abu Imad, nome di battaglia di Arman Ahmed El Hissini Helmy, è in carcere con una condanna a tre anni e otto mesi per «associazione a delinquere aggravata da finalità di terrorismo». Nella motivazione della sentenza si specifica che ha personalmente praticato il lavaggio di cervello e ha trasformato un certo numero di fedeli in terroristi islamici suicidi e di cinque di loro abbiamo la certezza che si sono fatti esplodere in Irak. Fu proprio Abu Imad a guidare l'occupazione di piazza Duomo. Così come a Milano davanti alla caserma Santa Barbara il 12 ottobre 2009 tentò di farsi esplodere il terrorista libico Mohamed Game. Al tempo stesso Milano emerge come la capitale dell’islamicamente corretto. Il cardinale Tettamanzi il 4 settembre 2010 ha nuovamente auspicato la costruzione di una grande moschea a Milano, raccogliendo il sostegno di monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale della Cei (Conferenza episcopale italiana) per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. E guarda caso anche il plauso della sedicente «Comunità islamica di Milano» proprietaria della moschea di Cascina Gobba che venerdì scorso ha diffuso il primo appello alla preghiera islamica della storia d’Italia. In un comunicato del 5 settembre 2010 si legge che la Comunità islamica di Milano «accoglie con grande soddisfazione le dichiarazioni dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi e lo ringrazia per la sua grande sensibilità verso le esigenze cultuali dei musulmani di Milano. Auspichiamo che il sindaco, le istituzioni e la società civile milanese recepiscano il messaggio di civiltà che il presule ha voluto rivolgere e inizi un percorso affinché anche Milano, come tutte le grandi città dell’Europa, possa avere quanto prima una grande moschea degna del suo prestigio e dell'importante Comunità islamica che ospita». Per la verità Milano non ha bisogno di una nuova grande moschea perché esiste già ed è proprio la moschea di Cascina Gobba! Si tratta di un immobile di complessivi 3.091,26 metri quadrati, costituito da piano seminterrato, piano rialzato, primo piano e parzialmente da un secondo piano. Sorge su un’area ex Aem (Azienda elettrica municipale), acquistata da Maher Mohamed Kabakebbji, presidente della fondazione del Waqf al Islami (Beni islamici) dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), espressione del movimento estremista islamico internazionale dei Fratelli musulmani. La richiesta al Comune di Milano per poter creare «un nuovo complesso adibito a centro di manifestazioni culturali e luogo di preghiera» fu presentato nella primavera del 2007 da Asfa Mahamoud, imam algerino della Casa della cultura islamica di via Padova, presieduta dal siriano Mohamed Baha' el-Din Ghrewati, coinvolto in un'inchiesta della magistratura sulla struttura di propaganda dei Fratelli musulmani, reo-confesso di poligamia. Ebbene la moschea di Cascina Gobba potrebbe accogliere oltre 2mila fedeli. Come la totalità delle moschee in Italia viene registrata ufficialmente come associazione culturale islamica per ottenere due vantaggi. Innanzitutto la possibilità di iscriversi negli appositi albi dei Comuni, delle Province e delle Regioni e usufruire dei fondi pubblici destinati all' attività culturale in aggiunta alla possibilità di fruire del 5 per mille dalle libere detrazioni delle tasse da parte dei cittadini. In secondo luogo si aggira l'iter legale e burocratico necessario per essere riconosciuti ufficialmente come moschee, intesi come luoghi di culto paragonabili alla sinagoga e alla chiesa. Il risultato è che loro costruiscono delle moschee spacciandole come centri culturali e a sovvenzionarle di fatto siamo noi! Anche se non sappiamo affatto che cosa vi accade all' interno perché parlano l'arabo e pur avendo la certezza che non vi si diffondono valori condivisi e fondanti della nostra civile convivenza. Bene, è ora di dire basta! Basta con le moschee occulte che diffondono l'odio, la violenza e la morte! Basta con le moschee che operano sotto mentite spoglie violando la nostra legge e facendosi beffe di noi sfruttando la nostra ingenuità, la nostra ignoranza, il nostro buonismo e persino la collusione ideologica dei cristiani che finiscono per essere più islamici degli islamici infervorandosi per la costruzione di nuove moschee mentre le chiese si spopolano sempre di più! Basta con l'islamizzazione strisciante di Milano e dell'Italia da parte di coloro che credono nel precetto della dissimulazione e che riescono ad accrescere sempre più la rete delle moschee, delle scuole coraniche, degli enti assistenziali e finanziari islamici, prefigurando la costruzione di cittadelle islamiche regolate dalla sharia, la legge coranica, in seno al nostro stato di diritto! È arrivato il momento che i milanesi conoscano la verità dell'occupazione islamica della loro città, che gli italiani si sveglino dal torpore dell'ideologia relativista e buonista, che le istituzioni assumano la responsabilità di salvaguardare il nostro stato di diritto e la nostra sovranità, che la Chiesa si attenga all’unica verità in Cristo e la smetta di prodigarsi per la costruzione delle moschee. È arrivato il momento di scegliere se riscattarci per essere pienamente noi stessi, orgogliosi delle nostre radici giudaico-cristiane, credenti nei valori non negoziabili, certi delle regole che si sostanziano di diritti e doveri, oppure proseguire nella china suicida del relativismo, del buonismo e dell’islamicamente corretto che ci ridurrà a diventare schiavi di Allah senza più certezza del bene della vita, della dignità e della libertà.