lunedì 30 aprile 2012

Pierferdy il viscido

E questo'altro era uno di quelli che quando si stava leggermente meglio e c'era quel dittatore di B., ogni due per tre, davanti alle telecamere berciava con la bavetta ai lati della bocca che, "le famiglie non hanno aiuti e non arrivano a fine mese e lo stato non fa nulla per loro"... ora non bercia più. E le famiglie davvero non ci arrivano più a fine mese. Non mi chiedo manco più se ci è o ci fa ma mi auguro che i suoi elettori rinsaviscano per le prossime elezioni. Lui è uno dei tanti che andrebbe punito e rimandato a casa a fare compagnia alla sua donna.


ROMA - «Sono disperato, lei non ha capito nulla di quello che io ho detto». Pier Ferdinando Casini sbotta davanti a Fabio Fazio che a "Che tempo che fa" chiede dove si collocherà alla fine il Polo della Nazione, se con il centrodestra o con il centrosinista. «Noi non vogliamo essere l'ago della bilancia, non vogliamo determinare la vittoria di questo o di quello, perché vincere con il 51% serve solo a dividere il Paese», spiega il leader Udc. «Vogliamo essere ago e filo e ricucire, tessere, continuare uno sforzo come quello che stiamo facendo oggi a sostegno del governo Monti», prova a chiudere il siparietto Casini. Fazio incalza. Lei quindi vuole Monti dopo Monti?, incalza Fazio. «Stavolta ha capito bene...». E Monti lo sa? «Non mi interessa che lo sappia, non lo deve sapere. Monti riconsegnerà le chiavi alla politica al termine di questa legislatura. Starà alla politica il compito di assumersi poi le proprie responsabilità». Berlusconi. Intanto Casini "liquida" senza troppe perifrasi le offerte di riappacificazione arrivate da Silvio Berlusconi. «Non è che non voglio più Berlusconi, ho delle idee diverse da lui. Rispetto le sue e lui rispetti le mie - da diverso tempo andiamo per strade diverse e non credo che l'interpretazione dei voti moderati che ha dato Berlusconi in questi anni sia convincente. Per cui pace e bene a tutti: a lui, agli altri....».

Casini fa capire chiaramente che non si scappa dalla maggioranza allargata che oggi sostiene Monti. «Se Berlusconi è d'accordo con Alfano che è d'accordo con Bersani...», si lancia in una sorta di sciarada, prima di ribadire le ragioni di una legge elettorale che condanni il falso bipolarismo che ha regnato in questi anni. «Basta con le armate Brancaleone che mettono insieme tutto ed il contrario di tutto - afferma -. Che c'entra Bersani, che è stato serio ed ha rinunciato ad elezioni che avrebbe vinto, con Vendola e Di Pietro? Che c'entra Alfano, che stimo, con la Lega. E dov'era Maroni, che oggi parla di protesta fiscale, quando il governo ha tolto l'Ici facendo venir meno risorse e costringendo oggi Monti a mettere l'Imu?». Il voto. «Mi sembra che siano tutti smemorati, tutti Alice nel Paese delle Meraviglie - conclude Casini -. Sembra quasi che se oggi c'è la pressione fiscale sia colpa di Monti...». In ogni caso, per Casini, non si andrà al voto ad ottobre. «Chi vuole farlo non ha il coraggio di dirlo o di provocare le elezioni - conclude Casini -, quindi si andrà a scadenza...».

Traveggole

A tale proposito, visto che in questo post si parla anche di RCA, intelligentemente, alcune provincie della mia terzomondista e terzomondistica regione, hanno deciso di aumentarle del 16% esattamente dal primo maggio. Le provincie sono Ascoli Piceno, Fermo e Pesaro. Quindi, non solo dobbiamo pagare la benzina a prezzi da capogiro (alcuni dicono che in questa regione la si paghi più caro che altrove), dobbiamo comprare gli pneumatici da neve e le catene per l'inverno e se sprovvisti fioccano multe costosissime come se nevicasse, curare la manutenzione delle auto e adesso, l'aumento della RCA senza un apparente motivo... perlomeno, io non l'ho capito e NON avere uno straccio di autobus o mezzo pubblico che ci porti da una cazzo di cittadina all'altra perchè gli autobus fanno solo orari scolastici. Eh, ma le liberalizzazioni di monti ci faranno risparmiare un botto.


Le misure di Monti e del suo governo commissariale sono tali e tante che alcune norme, spesso impacchettate tra le cosiddette liberalizzazioni, sono passate quasi inosservate.Tra queste ve ne sono alcune che solo ora stanno dispiegando il proprio effetto distruttivo o distorsivo. Non parlo dell’IMU, sulla quale sono già scorsi fiumi d’inchiostro, mi riferisco invece a quei provvedimenti “minori”, quali l’obbligo di azzerare le commissioni per rifornimenti di carburante fino a cento euro (analogo alla richiesta di conto corrente a zero spese per i pensionati), oppure il tentativo di equiparare i costi della RCA dal Brennero a Lampedusa. E’ noto che l’assicurazione auto ha costi molto diversificati, a seconda della residenza dell’assicurato, con un premio che cresce rapidamente per alcune aree del sud, Napoli in testa, rispetto al nord ed alla media nazionale. Con l’ennesima convulsione dirigistica, il governo Monti aveva statuito (art. 32 del decreto sulle liberalizzazioni!) che “Per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive e oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte”. Un chiaro obbligo per le compagnie, secondo le intenzioni dell’esecutivo, ad uniformare i trattamenti prescindendo dalla collocazione geografica dell’assicurato (purché “virtuoso” nel suo passato di guidatore). Un’altrettanto chiara follia era però pretendere che lo facessero veramente.

Poiché il premio assicurativo deve tener conto del rischio coperto, è onestamente assurdo non considerare il fatto, assodato, che in alcune aree del meridione, Napoli in testa, il rischio di incidenti è maggiore, proporzionalmente, che altrove, ed è altrettanto se non più vero che proprio molti di quegli incidenti sono risultati tentativi di truffa ai danni delle compagnie. Il desiderio del governo avrebbe perciò comportato un onere potenzialmente molto significativo per le compagnie che non avrebbero potuto fare altro che riversarlo sugli automobilisti del resto d’Italia, attirandosi mille critiche. Le compagnie hanno quindi puntato i piedi, sulle orme della Camusso, ottenendo l’ennesima retromarcia del governo. Ora viene al pettine un’altra questione: quella delle commissioni, da azzerare, sul rifornimento di carburante fino a cento euro. Ovviamente anche in questo caso qualcuno avrebbe dovuto farsi carico dell’onere, giacchè installare, mantenere e difendere le “macchinette” per il pagamento con carta di credito o Bancomat non avviene gratuitamente. Si tratta di un servizio che ha dei costi che, se non pagati dall’esercente e dal cliente, sarebbero interamente a carico dell’istituto di credito che peraltro si fa anche carico di eventuali truffe, rapine e quant’altro. Pur con tutta l’antipatia per le banche, soprattutto in questo periodo, non si può quindi negare anche in questo caso che la norma montiana ha un che di assurdo, ben oltre l’evidente dirigismo statalista che la ispira. Di nuovo, quindi, ci siamo trovati di fronte ad una reazione che, c’è da scommetterci, finirà per costringere il governo ad una retromarcia, esattamente come con le licenze di taxi e farmacie, coi conti correnti a zero spese, con la riforma dell’art. 18. Non possiamo pretendere che i professori al governo le azzecchino tutte, né che riescano in un batter d’occhio dove hanno sbagliato generazioni di politici, vorrei però sommessamente chieder loro di evitarci almeno tirate propagandistiche e voli pindarici. Alla luce di tali e tanti flop, sarebbe infatti opportuno smetterla di vantare iperboliche potenzialità di crescita del PIL, dovute proprio a queste “liberalizzazioni”.

L'esempio, l' e-commerce Groupon


MILANO - C'è chi ha parlato di contratti a orologeria, connotando negativamente una pratica ampiamente consolidata nelle strategie di gestione del personale di Groupon Italia. C'è chi invece ne sottolinea il carattere profondamente meritocratico di un modus operandi con poche imitazioni nell'atrofizzato mercato del lavoro italiano. I detrattori parlano di illusione diffusa, di pratica abusata che alimenta un forte turnover del personale, i sostenitori rilanciano la tesi del posto di lavoro legato esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi, alla produttività e all'interiorizzazione dei valori aziendali legati a doppio filo alla velocità dell'internet economy e al vero boom della scontistica correlata ai gruppi di acquisto collettivi, di cui Groupon ne è l'esempio più lampante.

LA STRATEGIA - La strategia è questa: l'azienda con quartier generale negli Stati Uniti assume i suoi dipendenti italiani - al netto degli stagisti impegnati in programmi di formazione universitaria - con un contratto (da subito) a tempo indeterminato. Un investimento importante, nessuna considerazione sull'articolo 18 che ingesserebbe il mercato del lavoro per la presunta mancata flessibilità in uscita, soprattutto il tentativo di smarcarsi dalla precarietà diffusa che penalizza le scelte (anche di vita) dei giovani.

IL PERIODO DI PROVA - La contropartita che richiede l'azienda è però chiara: il periodo di prova lo è a tutti gli effetti. I 60 giorni lavorativi (tre mesi solari) vengono utilizzati dal management per testare il neo-assunto. Se non è sufficientemente "smart" (per dirla utilizzando un lessico caro agli anglosassoni) e non dà prova di abnegazione totale viene messo alla porta. E' una tendenza evidente soprattutto per le funzioni aziendali di tipo commerciale, in cui la produttività viene valutata anche per l'eventuale raggiungimento degli obiettivi. Ma sostengono i suoi detrattori è una pratica che interesserebbe altri dipartimenti (dal legale all'amministrativo) e sarebbe diventata preponderante, tanto da dar seguito a un forte turn-over del personale. In termini di diritto del lavoro - segnala la giuslavorista Maria Vinciguerra (di Kpmg Advisory) - «è tutto perfettamente legittimo, anzi sarebbe persino auspicabile da parte delle imprese usare al meglio questo periodo-finestra per valutare attentamente il candidato», per evitare poi di trovarselo sul "groppone" (in attesa della riforma Fornero). Considerazione condivisa anche dell'azienda che parla di «criteri meritocratici, dove chi ha competenze ha possibilità di far carriera e crescere professionalmente».

LE ASSUNZIONI - Resta un interrogativo: in 60 giorni lavorativi si riesce a valutare minuziosamente le qualità di un candidato? Dalla sede milanese di Groupon assicurano di sì. Eppure - segnalano alcuni dipendenti messi alla porta prima del termine del periodo di prova - soltanto da marzo sarebbero cominciate le prime lettere di licenziamento individuali e molti avrebbero abbandonato la loro scrivania venerdì, non rientrando il lunedì (e alimentando "un clima di tensione diffuso"). I maligni sostengono che il boom delle assunzioni (Groupon ha 430 dipendenti e in quest'ultimo anno ha contrattualizzato centinaia di giovani, grazie alla definitiva sedimentazione dei consumi legati agli acquisti collettivi) si sarebbe arrestato per la crescita dei reclami degli utenti e con la difficoltà di far fronte ai rimborsi. Ma - al netto delle considerazioni di tipo economico - Groupon sembrerebbe anticipare il principio-ispiratore del disegno di legge Fornero: «Il posto di lavoro legato alla produttività», come ha segnalato il titolare del Welfare in un recente forum di Corriere Tv. Eppure qualche malessere c'è.

Fabio Savelli

Imbecilli incapaci ma laureati

Per lo "spending rewiew"... (chiamarlo revisione di spesa noo, visto che viviamo in italia e parliamo italiano?) nessuno del governo è buono a farlo e quindi, per totale incapacità, forse e dico forse, s'è deciso di chiamare qualcun' altro. Ma il peggio forse deve ancora arrivare perchè si mormora di "esodare" o mandare in prepensionamento circa 40 mila persone... quindi, non si capisce dove stia la differenza. Beppe Grillo dice che la mafia è meglio dello stato... forse forse, che abbia ragione di straparlare così? E tuttavia, non lo rivaluto ma ha ragione su milioni di cose. Dico, perchè dobbiamo risarcire le famiglie dei due pescatori morti ammazzati si, ma non dagli italiani? Non è mafia anche quella?

domenica 29 aprile 2012

Ancora un suicidio


La crisi economica continua a mietere vittime. Ogni giorno un tragico suicidio, ogni giorno un imprenditore che getta la spugna. I debiti, l'incertezza nel futuro, il fallimento: l'Italia, stretta nella morsa della recessione e della crescita zero, assiste immobile e inerme a una strage che si consuma quotidianamente. Proprio oggi un impresario edile di 55 anni, originario di Mamoiada, un paese nel Nuorese, si è tolto la vita dopo che la sua azienda, a causa della crisi economica, aveva chiuso. L'imprenditore, costretto a licenziare i propri figli, non ha retto il colpo e ha deciso di farla finita, di dire "basta" e di suicidarsi. Secondo la ricostruzione fatta dall'Unione Sarda, l'imprenditore 55enne si sarebbe suicidato con un colpo di pistola venerdì pomeriggio, nella vigna di proprietà. L’uomo non ha lasciato alcun biglietto d'addio, ma molte persone che lo conoscevano sussurrano che può trattarsi dell’ennesima cronaca di una disperazione dovuta alla mancanza di lavoro. Da impresario G.M. aveva dato lavoro a diversi giovani del suo paese, pendolari verso la costa per costruire case di villeggiatura. Poi, negli ultimi mesi, il precipizio della recessione, che si è tradotto nel fermo dell’azienda, fino alla difficilissima decisione di licenziare i due figli che si trovano alle sue dipendenze. "Non potevamo immaginare nemmeno lontanamente il dramma interiore che quest’uomo stava attraversando - racconta all'Unione Sarda il sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana - faceva parte di una famiglia molto unita, era una persona in gamba".

... e poi c'è l'imbecille che non vorrei manco come amministratore del mio condominio

Bersani fa il gradasso: "Troppo facile vincere le elezioni a ottobre". Il leader Pd non vuole andare alle urne: "Non intendo vincere sulle macerie del Paese". Ed è pieno di sé pure per la riforma del lavoro: "So dove prendere i soldi" di Clarissa Gigante

"Non possiamo in questi mesi destabilizzare il Paese, la crisi è ancora lì. In questi mesi dobbiamo far girare le politiche europee, e Monti può avere la credibilità sufficiente per farlo. Non intendo vincere sulle macerie del mio Paese". Dopo che Giorgio Napolitano ha escluso qualsiasi possibilità che si vada alle elezioni prima della fine della legislatura, Pier Luigi Bersani ricorda un po' l'atteggiamento della volpe che non può arrivare all'uva. Da un po' di tempo nella sinistra il clima è quello della campagna elettorale e, nonostante le smentite del leader del Pd, la sensazione era proprio quella che i democratici spingesse per andare al voto il prima possibile, forse anche per contrastare l'ascesa nei sondaggi dei grillini. Ma il niet del Colle ha scombussolato i piani e Bersani può ergersi a vincitore senza nemmeno andare alle urne.

È un Bersani pieno di sé quello che risponde ai microfoni di SkyTg24. Il leader del Pd sostiene anche di avere la ricetta per trovare la quadra della riforma del lavoro - in ballo da mesi ormai - in appena una settimana: "Servono ammortizzatori per i parasubordinati, si tratta di 300-400 milioni di euro che noi sappiamo dove poter prendere", ha detto aggiungendo che "si può chiudere sulla riforma già la prossima settima con questo aggiustamento". Sui tagli invece dà fiducia al governo: "So che c'è la possibilità di alleggerire la spesa pubblica. Sono sicuro che un uomo come Giarda pensa di entrare col cacciavite in questi meccanismi perché usare la mazza non va bene. Abbiamo dei punti di spreco e dei punti di sofferenza. Spendiamo male". Anche sulle questioni europee il segretario democratico ha da ridire. Se infatti in Francia dovesse vincere Hollande, "porrà un tema serio dicendo che a quel fiscal compact bisogna aggiungere misure per la crescita. Noi come progressisti abbiamo una piattaforma precisa a questo proposito". E ancora: "Vogliamo farla una tassa sulle transazioni finanziarie perchè la finanza paghi parte di quello che ha fatto e non ricada tutto sulle spalle del debito pubblico?". A sentirlo parlare, Bersani non sarebbe spaventato da Beppe Grillo: "C’è rabbia in giro per la situazione sociale ed economica, per le favole finite in niente, per una cattiva idea che si è creata sulla politica e si mette insieme tutto. È una rabbia che capisco e Grillo la sta interpretando. Ma il cambiamento ha bisogno di binari altrimenti si finisce in proposte che non portano a nulla".

Italia violenta e bloggers criminalizzati

... tuttavia, secondo la Severino (guardasigilli italiano abusivo), a fare i danni peggiori sono i pericolosissimi bloggers...


Il catalogo di rapine selvagge nelle case e per la strada, di stupri commessi a tutte le ore e in tutte le località del Paese, di morti ammazzati per caso o perché si sono provati a reagire, di commercianti vessati condannati per aver osato armarsi e difendersi, si fa tutti i giorni, ed è doloroso, è in crescita esponenziale. Sarà la fame da crisi nera, sarà che in dieci anni il numero degli stranieri è triplicato, e con la gente che viene per lavorare importiamo allegramente fior di delinquenti. Ma sarà anche e prima di tutto che non se ne occupa nessuno, che siamo in regime di polizia finanziaria, siamo col Parlamento a casa anche se ancora ufficialmente in stanca funzione, siamo in una zona grigia, in una morta gora che è peggio di un golpe? Peggio, se pure la violenza della cronaca nera non fosse, e lo è, superiore ad altri periodi della storia recente, se per ipotesi fossimo di fronte ad una recrudescenza episodica, ricorrente e perfino fisiologica, e non lo è, provate a pensare di vivere ancora in una nazione a gestione democratica, dove governano e legiferano eletti dal popolo italiano, e riflettete su quel che accadrebbe, su quel che è già accaduto in vicende analoghe sotto un governo Prodi o un governo Berlusconi che sia.

Responsabilità - Partirebbe una polemica politica locale e nazionale, scambi di accuse furibonde fra esponenti di maggioranza e opposizione, interrogazioni parlamentari, relazioni del ministro dell’Interno, decisioni eccezionali, potenziamenti delle forze dell’ordine, invio di truppe speciali. Succederebbe un casino sano e salvifico, la dialettica che tiene vive anche le democrazie più cialtrone e slabbrate. Invece no, tutti buoni, tutti zitti, che non si disturbi il manovratore tecnico, lo stesso che per intenderci probabilmente ci guida verso lo sfracello, non gli si chieda di rispondere della ondata di violenza, di prendere iniziative. Tutti zitti. A, B e C studiano alchimie elettorali e forme nuove di finanziamento ai partiti, il Cav si rianima solo su giudici e Rai, per il resto conferma la fiducia nel professor Monti, e chissà se si continua sentire in magica sintonia con gli italiani. Le elezioni amministrative si tengono tra una settimana e non si capisce un tubo di chi è alleato con chi e chi si nasconde dietro l’ennesima sigla fasulla, pardon, lista civica. Nel momento di maggior distacco fra cittadini e potere della storia repubblicana, c’è ancora qualcuno in Parlamento, scranno alto, che si permette di chiedere «Grillo chi?», ma non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Cancellieri come pensa di rispondere alla criminalità che colpisce gli italiani onesti, e che ne è stato delle efficaci scelte politiche del suo predecessore, Roberto Maroni; non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Riccardi come concilia le sue raffinate teorie sulla commistione fra culture con l’ondata di delinquenti romeni che ci affligge; non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Terzi che fine hanno fatto i nostri due marò prigionieri in India, e con loro la nostra dignità nazionale. Se questo non è golpe che cos’è?

Il caso Reggiani - Gli episodi di violenza di questi ultimi giorni mi hanno ricordato l’orrendo omicidio di Giovanna Reggiani a Roma nel 2007. Fu uno spartiacque del buonismo, che sarebbe riduttivo attribuire solo al sindaco Veltroni, e che voleva gli stranieri integrati e contenti nella capitale; la polemica politica che seguì a quel delitto fu pesante ma giusta, fu utile per cambiare almeno per un po’ atteggiamento. Alla Corte d’Assise che scelse di concedere all’assassino romeno delle attenuanti e di non condannarlo all’ergastolo, toccarono invettive e critiche pesantissime, mi onoro di esserne stata apri strada; toccò anche a quella Corte di essere smentita seccamente dalla Corte d’Assise d’Appello, che raccolse il senso della polemica e della richiesta pubblica di severità.

Tempo scaduto - È possibile e perfino legittimo che un governo formato da amministratori delegati, diplomatici e commis di Stato non sia oggettivamente in grado di far fronte alle complesse richieste della gestione di un Paese, e che non sia giusto chiederglielo, tanto meno pretenderlo, e che l’ordine pubblico, la lotta alla criminalità appartengano invece e fino in fondo ai doveri di un esecutivo politico. Per questa ragione si chiamano governi di emergenza, durano il tempo necessario per portare alle elezioni senza traumi o cesure improvvise. Ma qui i mesi passano, al 2013 manca ancora un anno, il consenso dei partiti è al minimo tollerabile, nessuna delle riforme sperate è stata messa in campo. La sensazione è ancora più dolorosa e allarmante, è che l’indifferenza che gli eurocrati mostrano per i bisogni della gente, quell’accanimento tutto burocratico nel caricare di pesi insopportabili e nel minacciare poliziescamente chi non sia in grado di farvi fronte, si trasferisca anche a ordine pubblico e lotta alla criminalità. Questo succede, voi politici tutti zitti? E vi chiedete «Grillo chi?».

di Maria Giovanna Maglie

Tagli alla difesa


Dopo quella degli esodati, sta per arrivare la bomba degli esoldati. Il governo di Mario Monti ha infatti intenzione di mandare a casa 40mila militari attualmente inquadrati nelle varie forze (esercito, marina, aeronautica). Una dismissione umana graduale, da qui al 2024, che dovrebbe fare scendere l’organico delle attuali forze armate da 190 a 150 mila militari. Questo significa che con il turn over annuo di entrate e uscite si dovranno in media lasciare a casa 3.333 stellette ogni anno. Così si potranno risparmiare 2,2 miliardi di euro l’anno a regime rispetto ad oggi. Il piano è contenuto in un disegno di legge delega a firma del ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola. E difficilmente sarà popolarissimo sia nell’uno che nell’altro schieramento politico che dovrebbe assicurare la maggioranza per farlo diventare legge. Nel Pdl sarà facile catalizzare il malumore degli esoldati, nelle fila del Pd chissà quanti approveranno un’operazione che si propone di investire tutti quei 2,2 miliardi di euro risparmiati all’anno in tecnologie e armamenti. Assai probabile che buona parte della sinistra oggi fuori dal Parlamento possa insorgere di fronte a questa ipotesi di scambio (semplifichiamo) fra uomini e bombe: meno uomini per avere più bombe.

La strage in ogni caso non sarà assoluta, anche perché mandare via i militari non è progetto di facilissima realizzazione: secondo i dati forniti dallo stesso ministero in forza oggi ci sono solo cinque alla vigilia del 65° anno di età, 6 alla vigilia del 64°, 24 alla vigilia del 63° e in tutto circa 800 militari dai 60 anni in su. La maggiore parte dei reclutati ha meno di 50 anni, e il grosso della truppa è fra i 30 e i 40 anni. I costi medi sono molto differenziati. Al lordo di Irap e oneri previdenziali gli ufficiali (esclusi i dirigenti) costano in media 72.349 euro l’anno. I sottoufficiali vanno da una media di 39.524 euro per i sergenti ai 54.993 euro dei marescialli. I volontari di truppa costano in media 35.717 euro. Per risparmiare di più è necessario dunque essere selettivi, e cercare un costo medio di circa 50mila euro l’anno per la scelta degli esoldati. L’obiettivo finale che si vuole raggiungere è quello di 115.330 militari in servizio permanente (più di 35mila meno di oggi) e 34.700 in posizione di ferma (circa 4 mila meno di oggi).

Come scatterà la riduzione? In tre modi. Il primo è il più banale: si ridurrà sensibilmente il reclutamento in modo da non rimpiazzare quelli che naturalmente se ne devono andare via per limiti di età o di servizio. Il secondo sarà il tentativo di civilizzare i militari facendoli passare nei ruoli organici dei ministeri per rispondere al loro turn over. Ma si prevede già che l’appeal di questa misura sarà scarsino fra le truppe. Il disegno di legge delega allora cambia alcune norme attuali per facilitare la terza strada, inserendo «alcune misure volte a facilitare, con ogni necessaria garanzia per ciascuno, l’anticipazione dell’esodo del personale militare rispetto ai limiti di età: si tratta di una serie di possibili misure, fra le quali quelle dell’estensione dell’ambito applicativo dell’aspettativa per riduzione di quadri anche al personale di livello non dirigenziale e del ricorso a forme di sospensione del servizio».

Leggendo Di Paola si scopre così che la riforma delle pensioni fatta da Elsa Fornero nel decreto salva-Italia dello scorso 6 dicembre vale per tutti, ma non per i militari che al momento possono ancora essere baby-pensionati. Per l’innalzamento della loro età pensionabile infatti tutto è stato demandato a un apposito regolamento, che nessuno si è finora immaginato nemmeno di scrivere in bozza. E difficilmente lo sarà ora con l’esigenza di mandare a casa prima del tempo migliaia di stellette. Analoga cura dimagrante è prevista anche per il personale civile in forza al ministero della Difesa. Secondo Di Paola entro l’anno prossimo già scenderà a 29.525 unità e in un decennio dovrà attestarsi sulle 20 mila unità, con un esodo di circa 10 mila dipendenti. Qui non si sa bene come funzionino le regole previdenziali perché nella pianta organica 2011 risulta in servizio un dipendente classe 1939 (73 anni), due del 1940 (72 anni), uno del 1942 (70 anni), due del 1943 (69 anni), due del 1944 (68 anni), 26 del 1945 (67 anni), 30 del 1946 (66 anni) e 118 del 1947 (65 anni). I dipendenti civili sono divisi in tre aree funzionali che costano lorde fra 30.177 e 44.783 euro l’anno.

di Franco Bechis

Cambiare mentalità e diventare poveri in canna

Un commento: "mentre continuano a discutere di art.18 annacquato, le tasse aumentano, le aziende chiudono, i disoccupati aumentano, le bollette enrgetiche aumentano ed aumentano le fasce di cittadini che sono ridotte ormai ai limiti della povertà. E nonostante ciò sia evidente il governo e tutta la banda di incapaci che siedono al parlamento nulla hanno fatto per ridurre le spese dello stato. Difendono all'arma bianca i loro privilegi. Bisogna abbattere questo sistema non andando a votare fino a quando vedremo sparire le solite figure che hanno occupato i seggi parlamentari da più di 30 anni. Se l'italia è in questo stato la prima responsabilità cade sulle loro spalle. Gente che si è arricchita con la politica senza aver mai lavorato.VERGONATEVI!.Toglietevi di mezzo prima che vi si spazzi via con la violenza!"


"Sulla flessibilità in uscita è vero che stiamo togliendo qualcosa all’articolo 18, ossia la garanzia che impediva il licenziamento consentendo al giudice di reintegrare il lavoratore, ma non lo abbiamo smantellato". Ad assicurarlo è il ministro del Welfare, Elsa Fornero nel corso del suo intervento a un convegno dell’Udc a Torino. Il ministro ha spiegato che "abbiamo cercato di fare un ragionamento prendendo in considerazione che c'è un'area che fa impresa che in certi momenti può avere un motivo economico vero per licenziare le persone e indennizzarle economicamente senza che intervenga il giudice. Questo non è sottrarre una protezione anche perché era limitata ad una cittadella di lavoratori, i giovani ne sono fuori e in parte anche le donne, il nostro obiettivo è distribuire meglio la protezione su una platea più ampia". Insomma, per Fornero, "la vera rivoluzione per l’Italia sarebbe una modifica del sistema di ammortizzatori sociali in cui non va protetto il posto di lavoro, ma il lavoratore nel mercato del lavoro".

Il titolare del dicastero del Welfare è poi tornato a parlare della sua visita alla fabbrica dell'Alenia per spiegare direttamente ai lavoratori la riforma del lavoro. Secondo il ministro, la sua visita "è stata una prova di democrazia" e con l'Alenia "è stato un confronto vero, duro, autentico, dove nessuno ha concesso niente all'altro. Io l'ho trovato prima di tutto una forma di cortesia, perché 1300 persone hanno firmato per chiedermi un incontro e poi - e lo dico senza enfasi - una prova di democrazia. Loro sono rimasti della loro idea ma credo che abbiano apprezzato l'onestà intellettuale del lavoro di ministro". Tornando alla riforma del lavoro, Fornero ha spiegato che "abbiamo preso uno schema di assicurazione sociale per l’impiego, in cui il disoccupato si deve attivare per trovare una nuova occupazione ma lo Stato non lo lascia solo con politiche di riqualificazione, formazione e servizi per l’impiego". Sulle partite Iva, Fornero ha spiegato di ritenerle "una bella cosa perché sono sinonimo di lavoro autonomo ma quando una commessa lavora a partita iva siamo in presenza di una distorsione".

Dunque, "noi vogliamo salvare le partite Iva ma anche evitare che troppe persone siano costrette a lavorare a partite Iva. Con la riforma del lavoro che seppure non ha molti estimatori, io continuo a difendere abbiamo cercato di fare un’operazione delicata, preservare la flessibilità cercando di ridurre gli abusi. Trovare un equillibrio è delicato". Infine, per quanto riguarda il sistema pensionistico, il ministro ha dichiarato che "bisogna separare la previdenza dall’assistenza. I contributi sociali che oggi diamo sono eccessivi. Non si può far gravare l’assistenza sui contributi ma deve essere finanziata con la tassazione progressiva e prendere di più da chi ha di più. Ci vuole il sostegno al reddito per disoccupati, ma condizionato al fatto di essere attivi. Un 40enne disoccupato ha il diritto e il dovere di riqualificarsi, di non rifiutare corsi, né opportunità di lavoro fornite". Insomma, così come Monti giorni fa aveva detto che gli italiani devono cambiare modo di pensare e di vivere, anche la Fornero si colloca sulla stessa linea di pensiero e dice: "Dobbiamo cambiare mentalità, non dire ti devi aspettare l'indennità da disocupato" ma: "ti devi attivare per trovare un lavoro, ma io non ti lascio solo, oltre al reddito ti do formazione, riqualificazione e servizi per impiego. Questa sarebbe la vera rivoluzione in Italia". "La nostra società ha negato per anni l'esistenza del rischio della disoccupazione, addirittura non chiamando un lavoratore "disoccupato", ma "cassaintegrato o prepensionato".

sabato 28 aprile 2012

Stupri a Milano


MILANO - Impressionante serie di violenze e molestie contro le donne a Milano: in pochi giorni cinque diversi episodi.

IL CASO PIU' GRAVE - La mamma di 42 anni aggredita nel parco di Villa Litta giovedì mattina è stata ascoltata negli uffici della Squadra mobile. I poliziotti le hanno concesso 24 ore di tregua perché la donna, dopo la violenza subita, era in stato di profondo choc. Quello che filtra fa pensare: si dovrebbe trattare di un uomo che parla un buon italiano (ma forse italiano non è), è biondo e ha i capelli corti. Quando ha aggredito la quarantaduenne che aveva da poco lasciato il bambino a scuola, l'uomo pare indossasse dei guanti di lattice. In mano stringeva qualcosa. Minacce, botte, poi la violenza. Sul singolare profilo del violentatore è ora al lavoro la squadra degli specialisti della squadra mobile. Il particolare dei guanti indossati potrebbe nascondere la premeditazione, o forse l'abitudine a colpire.

LA SERIE DI VIOLENZE - Negli ultimi tre giorni in città si sono registrati altri quattro episodi di violenza. In via Bruzzesi, al Giambellino, di prima mattina un uomo si è infilato in casa di una 66enne e dopo averla rapinata ha cercato di abusare di lei. Non c'è riuscito ed è fuggito. In via privata Iglesias, nel tardo pomeriggio, a Gorla, i carabinieri hanno arrestato un senegalese di 27 anni che aveva appena violentato un'amica camerunense di 24. Due donne sono state aggredite da un maniaco in metropolitana. Le due, di 24 e 32 anni, sono state palpeggiate in due momenti distinti all'interno del mezzanino da un giovane cingalese che poi è stato bloccato dal personale dell'Atm e quindi arrestato dalla polizia.

LE POLEMICHE - L'ex vicesindaco Riccardo De Corato del Pdl ha attaccato la giunta: «È il fallimento del modello sicurezza di Pisapia». Accusa respinta a stretto giro di posta: «Chiediamo più rispetto. Il dolore delle donne non venga utilizzato strumentalmente»

Milano

Qualche commento: "I FRUTTI DEL COMUNISMO. Il comunismo è quella malapianta che genera frutti conosciuti in tutte le misere nazioni nelle quali è stato o è ancora al potere. Essi sono: la mancanza di libertà, miseria materiale e culturale, parassitismo statalista, ignoranza e violenza ideologica e il codazzo beota. Milano sta diventando la nuova Cuba e come essa, alla facciata del Duomo e di via Montenapoleone, fa riscontro un retrobottega raccapricciante di lerciume e degrado ai marximi livelli. D' altra parte il marximo godimento dei comunisti consiste nel distruggere i simboli del benessere e nell' utilizzare i miserabili per insozzare tutto. Ai milanesi che non l' hanno votato suggerisco di fare una class action contro pisapippa per disastro ambientale. Agli italiani del centrodestra dico che la fine di Milano la farà l' Italia intera se non andiamo tutti, magari tappandoci il naso, a votare. Difendiamoci dai folli."

"Sarà sempre peggio. Preparatevi, vendete le vostre abitazioni o scegliete di vivere in un paese di montagna. Oggi sul Corriere della Sera sono pubblicati i dati Istat: gli stranieri sono triplicati in cinque anni, l'incremento demografico è SOLO per opera degli stranieri, altrimenti si sarebbe in recessione, le coppie italiane hanno in media un nucleo familiare di 2,4 persone (quindi nemmeno mezzo figlio a famiglia), nei prossimi anni l'incremento immigrato sarà stratosferico, esponenziale, un asintoto verso l'infinito. Contando solamente i "regolari", cioè quelli censiti. Attorno a questa demografica esplosione multietnica, bivaccheranno e si stanzieranno tutti gli irregolari, i Rom, i clandestini d'Europa. Quelli che in paesi altrettanto "benedetti" dall'immigrazione, come la Germania, il Belgio o l'Olanda, non vanno. Là non possono restare. Qui sì, nessuno li espellerà mai più. Questa è Milano, questa è l'Italia. Questo è lo scenario dei prossimi vent'anni."

E il pirla che non capisce un cazzo ma ride come un deficiente: "ahahahah grandi sudditi hardcoriani.non vi passerà mai la rosicata per Pisapia.occhio al fegato ahahahahahh".


Gentile direttore, le scrivo perché voglio denunciare pubblicamente il continuo degradarsi di Milano. Mi sono rivolto ripetutamente all'amministrazione comunale e alla polizia locale, ma è stato tutto inutile. Da anni abito in viale Francesco Crispi, a due passi da corso Como e da corso Garibaldi, e negli ultimi mesi ho assistito al continuo degradare della zona. Gli zingari hanno letteralmente invaso tutto il quartiere: sembra di vivere in una favela. Dove un tempo sorgeva l'autolavaggio, a due passi da Porta Volta, svariate decine di rom hanno costruito baracche in lamiera e cartone: vivono in pianta stabile nell'indifferenza dei vigili che ogni sera, invece, girano nella zona per multare aspramente i cittadini che parcheggiano in sosta vietata. Oltre alle baracche i cittadini devono sopportare la sporcizia, gli escrementi e i vetri rotti. Basta fare un giro per via Pasubio, piazza Baiamonti e via Ceresio per capire che l'intero quartiere è nelle mani dei rom. Alcuni di loro dormono addirittura all'interno delle automobili abbandonate a due passi dal Cimitero Monumentale. Se di notte gli zingari bivaccano tra le baracche sorte nell'ampio spiazzo di Porta Volta, di giorno prendono d'assalto i semafori, dove fanno i lavavetri, oppure i parcheggi, dove obbligano anche i residenti a farsi dare qualche euro per poter parcheggiare l'automobile.

E il nostro sindaco cosa fa? Niente. Da quando Giuliano Pisapia è a Palazzo Marino, l'Amsa non pulisce più l'area: nelle giornate di caldo e sole i residenti lamentano infatti la puzza di escrementi e cibo in decomposizione. Anche la polizia municipale non interviene più: i nomadi possono accamparsi dove vogliono e continuano ad aumentare. Cosa può fare un normale cittadino come me per chiedere giustizia? È troppo chiedere di vivere in un quartiere pulito e non degradato? È troppo chiedere maggiore sicurezza e non avere paura quando si rientra a casa? Oppure, per il sindaco Pisapia, è normale che sotto casa mia vivano una quarantina di rom che occupano abusivamente un'area privata, che costruiscano baracche dove vogliono, che possano gettare la propria sporcizia per strada senza che nessuno la pulisca? Questa è viale Francesco Crispi, a due passi da corso Garibaldi, dal centro di Milano. Spero che questa mia mail serva a smuovere qualcosa, ma dubito che Pisapia si muova per sgomberare questi rom abusivi.

Giovanni

Strane storie


Adama, la donna senegalese che aveva denunciato di essere stata picchiata e stuprata da un connazionale, si sarebbe inventata tutto, commettendo anche una lunga serie di reati. Di questo è convinta la procura di Forlì che, come anticipato dalla stampa locale, ha notificato alla donna, attualmente ospite di una struttura protetta, la fine delle indagini con a suo carico una dozzina di capi d'imputazione. La vicenda prese il via lo scorso mese di dicembre, quando l'africana, dal Cie di Bologna, denunciò, tramite un legale, di essere stata vittima, due mesi prima in un piccolo comune del forlivese, della violenza, provocando le critiche di alcune associazioni contro le forze dell'ordine, accusate di non essersi adeguatamente attivate. Ne nacque un caso nazionale, raccolta di firme, sino all'intervento anche del ministro dell'interno Cancellieri. La storia di Adama venne addirittura scelta come simbolo per la giornata mondiale della violenza contro le donne, e diverse associazioni lanciarono un appello affinchè l'africana fosse liberata, come poi avvenne, inviata in un casa protetta e dotata di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Le indagini avviate per identificare il presunto stupratore hanno però completamente ribaltato, secondo la magistratura, i contorni della vicenda.

Adama non solo si sarebbe inventata l'aggressione e lo stupro, ma avrebbe prodotto falsi documenti di un matrimonio, si sarebbe sostituita ad una connazionale e con la falsa identità avrebbe aperto conti correnti, denunciato lo smarrimento di un bancomat, chiesto un ricongiungimento famigliare facendosi assumere da una grande azienda alimentare con sede sull'Appennino forlivese, per poi dichiarare all'autorità giudiziaria che l'amministratore delegato dell'azienda (in realtà, secondo le indagini, ingannato dai falsi documenti presentati) era a conoscenza del suo status di clandestina. Al termine dell'indagine la procura forlivese ha archiviato il fascicolo riguardante il presunto stupratore, mentre Adama dovrà rispondere di duplice calunnia, sostituzione di persona, truffa e una serie di falsi. Per la donna potrebbe anche scattare il provvedimento di espulsione.

Hunger

Questo film ha avuto stranissime vicissitudini. In italia, la sua distribuzione non interessava a nessuno e qualche anno fa, uscì solo in inglese e senza sottotitoli. E invece, ora finalmente esce anche in italia. Bhe, infondo è la storia di Bobby Sands (sconosciuta ai più)... storia scomoda. Ma probabilmente ora hanno deciso di distribuirlo dopo il successo di Fassbender in Shame e non per altro...


venerdì 27 aprile 2012

Neurodeliri


MILANO - Il premier Mario Monti è oggi a Bruxelles per parlare di crescita ad una conferenza dell'European Business Summit. Ad una domanda dei giornalisti al suo arrivo al centro conferenza, se oggi il tema del giorno fosse la crescita, Monti ha risposto: «Mi sembra di sì». «Ora l'Europa ha bisogno di politiche di aumento della crescita potenziale, ma deve continuare ad evitare politiche che darebbero l'impressione di contribuire alla crescita in modo effimero e perseguire politiche che facilitano la crescita generata da riforme strutturali. Su questo deve fondarsi la crescita». La riforma del mercato del lavoro in Parlamento «sarà convertita in legge piuttosto rapidamente» ha ribadito il premier.

LA CRESCITA - «Il governo sostenuto da tre gruppi politici che in passato quasi non si parlavano, lavora alla disciplina di bilancio e a riforme strutturali. L'Italia è stata la prima a sottolineare la crescita nell'agenda Ue e quindi accogliamo con favore questo punto per affrontare tutti insieme il tema delle crescita senza che sia in conflitto con la disciplina di bilancio a cui si è arrivati grazie al contributo della Germania e dell'Ue».

ASSE ROMA-BERLINO E FISCAL COMPACT - Poi il premier è ritornato anche sulla collaborazione con Berlino per fare fronte alla crescita: «Stiamo lavorando strettamente con la Germania. Per ora non ci sono ricette specifiche». E non solo. Monti ha spiegato che una revisione del «fiscal compact», il trattato firmato dai venticinque paesi dell'Ue sulla disciplina di bilancio, «non è all'ordine del giorno».

IL PAREGGIO - In seguito il premier è tornato anche sul pareggio di bilancio dicendo che l'Italia sta facendo un grande sforzo per raggiungere l'obiettivo già nel 2013 e rifiuta «politiche illusorie» e «vecchio stile» che puntano a generare crescita con politiche pro-deficit. «Non dobbiamo mettere in questione gli strumenti fiscali per ottenere la disciplina di bilancio, ma evitare che in due tre anni seguano una via di sfacelo come è successo per il patto di stabilità». E ha aggiunto: «Dobbiamo lavorare molto velocemente su un contesto strategico per avere crescita senza che questo contrasti con il buon lavoro sulla disciplina fiscale atto inizialmente su impulso della Germania».

Diritti umani, necrofilia egiziana legale...

Ok, dalle mie parti (e forse anche altrove), si usa l'espressione "basta che respiri e se è tiepido/a, va bene uguale" ma appunto, è una espressione che si usa con chi ama l'altro sesso così tanto ma difficilmente trova l'oggetto del desiderio fisso ed è soprattutto un gioco di parole. E, dopo la necrofilia per legge... bhe, a questo punto io non ho davvero più parole.

La necrofilia è una rara perversione sessuale (parafilia) nella quale viene raggiunto l'orgasmo mediante atti, eterosessuali od omosessuali, compiuti su un cadavere. La parola deriva dal greco antico: νεκρός (nekròs; "cadavere" o "morto") e φιλία (philìa; "amore"). Il termine viene anche usato in senso figurato per descrivere il desiderio di controllo totale su un'altra persona, tale da annullare completamente la volontà dell'altro riducendolo a un oggetto completamente dipendente, come appunto un cadavere.  La necrofilia è in genere considerata eticamente inaccettabile e un atto sessuale con un cadavere viene normalmente considerato simile a uno stupro. Sono conosciuti rari casi in cui il morto aveva, prima di morire, dato il consenso ad un rapporto sessuale dopo la sua morte: tali casi pongono difficili quesiti etici sulla loro liceità.


Fare sesso con la propria moglie morta. In tutto il mondo è necrofilia. In Egitto, presto, potrebbe diventare legale. Secondo quando riporta il Daily Mail, è stata inserita una nuova norma in un pacchetto di provvedimenti che il parlamento, a maggioranza islamica, voterà a giorni. L'unico limite è quello temporale: si potranno avere rapporti sessuali col cadavere della consorte solo entro le prime sei ore dopo il decesso. Alla legge è stato dato il grottesco nome di "Rapporto d'addio". Tra le altre norme in discussione, l'abbassamento dell'età matrimoniale a 14 anni e l'eliminazione del diritto per le donne di avere istruzione e impiego.

Polemiche furibonde - Subito si è scatenato un dibattito, con reazioni molto accese. Il consiglio nazionale egiziano per le donne ha afferma: "Queste leggi emarginano e indeboliscono la condizione delle donne incidendo negativamente sullo sviluppo del paese". Anche i media egiziani si sono schierati apertamente contro la legge. Il conduttore televisivo Jaber al-Qarmouty ha affermato il suo sdegno nei confronti del rapporto d’addio: "La questione è davvero seria. Sarebbe una catastrofe dare ai mariti un tale diritto sulle proprie mogli. Davvero la tendenza islamica si è spinta a tal punto? Ci sono davvero persone che la pensano in questo modo?". La notizia è in prima pagina su tutti i media egiziani, anche se c’è chi sostiene che la legge non esista e si tratti di un depistaggio operato da giornalisti leali all’ex presidente Mubarak.
Giusto qualche notizia, su finmeccanica, sulle autoblu nuove e sull'afghanistan.


“Vuol sapere un segreto?”, dice Carlo Secchi con la voce impastata durante un’ora di colloquio a murare domande e tramandare leggende. La Commissione Trilateral, origine americana e desideri di tecnocrazia, dollari e diplomazia, maneggia sapientemente i segreti. Secchi è il presidente italiano, nonché ex rettore all’Università Bocconi e consigliere d’amministrazione di sei società quotate in Borsa tra cui Italcementi, Mediaset e Pirelli: “Quando il nostro reggente europeo Mario Monti ha ricevuto l’incarico dal Quirinale, e stava per formare il governo, noi eravamo riuniti: curiosa coincidenza, non l’abbiamo scelto noi”. Questo è un tentativo di respingere i complotti che inseguono la Commissione.

Monti premier, promosso o bocciato? La Trilateral guarda l’Italia con grande interesse. Tutti sono contenti e ammirati per il lavoro di Mario Monti. È inevitabile che ci sia un’ottima considerazione del premier, che è stato un apprezzato presidente del gruppo europeo. Prima osservava e giudicava, ora è osservato e viene giudicato. Ovviamente i princìpi di fondo – su economia, finanza, riforme, bilancio, sviluppo – sono ancora condivisi. Mario non li ha rinnegati: c’è continuità fra il Monti in Commissione Trilateral e il Monti a Palazzo Chigi. È un fatto positivo. Non è l’unico che passa per le nostre stanze: da Jimmy Carter a Bill Clinton, da Romano Prodi fino al greco Lucas Papademos.

Cos’è la Trilateral? Una storia di quarant’anni, a breve onoreremo l’intuizione del banchiere David Rockefeller e le visioni di Henry Kissinger. Avevamo una struttura tripolare che rispettava i poteri di un secolo fa: americani, canadesi e messicani; l’Europa democratica, cioè occidentale; Giappone e Corea del Sud. Adesso ci spingiamo verso i paesi orientali, quelli più rampanti: India e Cina, Singapore e Indonesia. Siamo una specie di G-20 allargato. La Croazia è l’ultima ammessa.

Che ruolo giocate? Favorire il dialogo su temi di carattere economico e geopolitico. Vogliamo coniugare l’interesse fra le istituzioni e gli affari.

Bella definizione, teorica però. Chi seleziona i componenti? Siamo divisi in gruppi continentali e nazionali con un numero limitato. In Europa non possiamo superare i 200 membri, mentre in Italia siamo 18. Posso citare, per fare un esempio, Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Enrico Tomaso Cucchiani (Intesa), John Elkann (Fiat). Io sono entrato come rettore della Bocconi.

Chi si dimette fa un nome per la successione, ma si cercano figure simili. Soltanto un banchiere può sostituire un banchiere. Il nostro disegno è quello di contenere la società italiana: professori universitari, esperti militari, ambasciatori, imprenditori, politici, giornalisti. Ci vediamo due volte all’anno con vari argomenti da approfondire e cerchiamo di trovare una soluzione. Lanciamo idee.

E chi le raccoglie? Ciascuno di noi ha un collegamento con le istituzioni. Il nostro presidente può chiedere un incontro con i commissari europei. Noi elaboriamo proposte, non facciamo pressioni. Non votiamo mai per un nostro piano, discutiamo, punto.

Differenze con il Club Bilderberg? Le nostre porte sono più aperte, c’è un profondo ricambio generazionale. A volte si può assistere ai dibattiti, invitiamo personalità a noi vicine, ma con un divieto assoluto: non è permesso riportare dichiarazioni all’esterno. Questo serve a garantire la nostra libertà.

C’è tanta massoneria fra di voi? Personalmente non me ne sono accorto, può darsi che qualcuno dei membri maschi sia massone. Non c’è nulla, però, che rimandi a una loggia. Più che i grembiulini, noi indossiamo una rete: è chiaro che, avendo numerosi contatti sparsi ovunque, ci si aiuti a vicenda.

Come influenzate i governi? Soltanto in maniera indiretta, non abbiamo emissari, non siamo un sindacato né un partito. Non mi piace il verbo influenzare. Ma non posso negare che le nostre conoscenze siano ampie.

Scommettete contro l’Euro morente? Non posso portare fuori il pensiero interno alla Trilateral. Posso raccontare spezzoni, elementi messi insieme durante l’ultima assemblea di Tokyo. Quando ragioniamo sull’euro ci rendiamo conto che siamo di fronte a una creatura incompiuta e quindi consigliamo un mercato europeo comune, non soltanto una moneta.

Previsioni? La Cina è un chiodo fisso, a Tokyo è stata protagonista. Cina vuol dire crescita e integrazione, e il timore che quel mezzo potentissimo possa rallentare. Invece gli americani si sentono tranquilli, ma credono che l’Europa sia un po’ lenta a risolvere i suoi problemi e sono molto insoddisfatti di Bruxelles.

Meglio i tecnici o i politici al governo? Ci sono tecnici ad Atene e Roma.

Papademos e Monti, due ex illustri esponenti della Trilateral. Il prossimo modello, forse anche in Italia, sarà una coalizione trasversale come in Germania. Poi cambia poco se i ministri saranno o no dei partiti.

Quali sono i vostri amici nel governo italiano? Oltre a Monti e al sottosegretario Marta Dassù (Esteri), per motivi professionali, dico i ministri Lorenzo Ornaghi (Cultura) e Corrado Passera (Sviluppo economico).

La Trilateral è potente perché misteriosa? Siamo semplicemente una rete forte, la migliore al mondo. Non prendiamo direttamente decisioni importanti, ma ci siamo sempre nei momenti più delicati. Jimmy Carter non è diventato presidente perché era il capo americano: una volta alla Casa Bianca, però, sapeva di avere un gruppo di persone con cui consigliarsi.

Nuovi aumenti


Ogni mese ce n'è una. Tasse, imposte, balzelli, rincari. Mentre gli stipendi sono fermi al palo, le bollette continuano a inasprirsi. I contribuenti non solo devono far fronte alle nuove imposte volute dal governo Monti, che hanno portato la pressione fiscale oltre il 45%, ma devono anche sobbarcarsi bollette sempre più care. Carburanti, elettricità, acqua e gas: i rincari sono all'ordine del giorno, appunto. A maggio toccherà alla bolletta della luce che si fa sempre più cara. Come ha annunciato oggi l’Authority dell'Energia, la tariffa elettrica aumenterà, a partire dal primo maggio, del 4,3%. Una maggiore spesa annua di oltre 21 euro a famiglia.

L’adeguamento conferma le stime dello scorso 30 marzo quando l'Authority aveva approvato l’aggiornamento per il secondo trimestre del 2012 per le sole componenti legate alla materia prima, alle tariffe di rete e agli oneri di dispacciamento (+5,8%,). Già un mese fa, infatti, era stato annunciato che a fine aprile si sarebbe reso necessario un ulteriore incremento per coprire la componente A3 per salvaguardare i diritti acquisiti agli incentivi. "L’obiettivo di allora era di richiamare l’attenzione dei decisori pubblici sulla necessità di rivedere alcuni parametri dei meccanismi di incentivazione, in quanto alcuni indicatori della politica energetica erano quasi raggiunti", ha sottolineato il presidente dell’Authority Guido Bortoni facendo presente che, a partire da quel momento, il decisore pubblico ha avviato un processo per una rinnovata programmazione degli incentivi, in un percorso di coerenza generale per contemperare la sostenibilità delle bollette con i legittimi interessi dei soggetti attivi nella green economy. Per l’Authority dell'Energia questo significa una white-green economy, cioè "sviluppo di tutte le fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica".

Una ola a Frank Miller

No, Frank Miller non è nè uno sprovveduto e nè tantomeno un cretino. Miller è solo realistico e non ha paura di dire la verità. Sono i cretini che si nascondono dietro ad un dito raccontando un mare di menzogne sull'islam.


Frank Miller, prima di realizzare Sacro Terrore (Bao Publishing, euro 19), deve essersi seduto al tavolo da disegno con un’idea fissa in testa: come posso realizzare una graphic novel che faccia saltare i nervi agli opinionisti perbene e possibilmente infuriare mezzo mondo? Dopo di che ha congegnato un brutale romanzo a fumetti ambientato a Empire City, immaginaria capitale dell’Occidente attaccata dai fondamentalisti islamici.

La copertina di Sacro TerroreIngrandisci immagineLe prime due pagine sono occupate solo da una frase attribuita a Maometto: «Se incontri l’infedele, uccidilo». L’ultima da una rispettosa dedica al regista olandese Theo Van Gogh, assassinato nel 2004 da un fanatico musulmano a causa del film Submission sulla grave condizione della donna nella cultura islamica. In mezzo c’è un campionario di immagini e prese di posizione che sembrano fatte apposta per attirare sull’autore le accuse di razzismo e fascismo. Frank Miller non è uno sprovveduto, essendo stato autore in passato di capolavori acclamati a destra e sinistra quali Ronin, Sin City, 300 e Batman Year One. Quindi l’operazione, così esagerata da sembrare a tratti un’autoparodia, è consapevole. Volendo, i critici di Miller hanno abbondanza di materiale col quale lapidarlo: il fumetto inneggia all’Occidente, e fin qui tutto bene; accetta la tortura e la sospensione della legalità al fine di preservare la sicurezza; tratta Obama (molto simile a una scimmia in almeno una tavola) come un alleato di fatto dei peggiori dittatori del pianeta; ritrae la comunità musulmana d’America come fiancheggiatrice dei terroristi; considera i Paesi arabi come un angolo di arretratezza in un mondo moderno; esalta il ruolo di Israele e innalza un monumento al Mossad. Il tutto è espresso con una franchezza alla quale decenni di politicamente corretto ci hanno disabituato.

La trama è di una semplicità assoluta, e sembra richiamare le storie di propaganda a uso e consumo dei militari. Kamikaze, teste mozzate, donne lapidate, missili Stinger, aerei dirottati sulla statua della giustizia. Questo è lo scenario di guerra in cui è calata Empire City, presa di mira da Al Qaeda. Una adolescente suicida, Amina, dà il via alle danze, seducendo un ragazzino in un locale e bevendo un sorso di birra, il suo primo: «Dove sono nata io non usiamo l’alcol». «E dove sarebbe, il Medioevo?». «Forse il futuro, vedremo». Segue l’esplosione, che fa strage di giovani. A questo punto, mentre mezza città salta in aria, intervengono due singolari giustizieri, The Fixer e la Gatta (in origine dovevano essere Batman e Robin ma la Dc Comics si è sfilata dall’impresa). I supereroi danno ai fondamentalisti ciò che vogliono (la morte e il sacrificio) salvando le vittime innocenti. Per raggiungere l’obiettivo non disdegnano la tortura: i «Mohamed» (tutti gli islamici, secondo Frank Miller, si chiamano come il profeta) devono rendere piena confessione. Di mezzo ci sono anche poliziotti corrotti e politici cattivi, in testa ai quali si collocano Obama e Hillary Clinton. The Fixer e la Gatta hanno un alleato: David, ex spia del Mossad, con la faccia tatuata da un enorme stella, appunto, di Davide. Insieme, per vendetta, progettano di distruggere la moschea di Empire City con un cannone laser orbitale. Ma l’operazione «Sacro terrore» di Al Qaeda è appena iniziata e riserva ancora molte sorprese. Alla violenza dobbiamo rispondere con la violenza, dice Frank Miller. Perché siamo dalla parte della ragione, contrariamente al nostro nemico. Semplicistico, come è parso ai detrattori? Senz’altro. Però Frank Miller, tra i pochi conservatori in un mondo di progressisti, ha almeno un pregio: non si nasconde dietro a un dito e non ha paura di essere messo al bando.

giovedì 26 aprile 2012

Barzellette montiane


Leggo sul Corriere della Sera un titolo altisonante: Merkel-Monti, patto sulla crescita”, poi però leggo l’articolo, che recita:

Un patto per la crescita sull’asse Roma-Berlino. Trae linfa vitale dall’incontro di un mese fa a palazzo Chigi tra il premier Monti e la Cancelliera Angela Merkel. L’obiettivo – condiviso – è trovare soluzioni in grado di garantire il superamento della crisi, soprattutto per individuare politiche che possano stimolare la crescita.

Bene, mi dico, hanno capito. Poi però si legge che:

Per la crescita e il lavoro la priorità va data al rigore dei conti, unica strada per ritrovare la fiducia degli investitori. È chiaro il premier Monti, coerente con la linea che ha riparato l’Italia dal fuoco incrociato dei mercati e con i dettami Bce.

E allora sono costretto ancora una volta a ricredermi. Sono le attuali, assurde (perché sproporzionate) misure di austerità a provocare una crisi che colpisce profondamente l’economia reale, ben più di quanto avvenuto nel 2009. Che la Merkel, nella sua ottusità, non lo capisca, non mi meraviglia. Ma in fondo non mi stupisco nemmeno di Monti. Questa è solo una conferma sull’irresponsabilità di un professore che vive in una bolla, che non sa cosa sia la realtà, privo di qualunque empatia e buon senso. Un uomo che molti considerano il salvatore della Patria, ma che verrà ricordato l’affossatore della Patria, colui che ha sradicato violentemente il tessuto di piccola e media impresa, l’Italia degli artigiani, degli indipendenti, dei negozianti.

Scrivete ciò che sta bene a noi...


PERUGIA - Controlli su blog e facebook. Filtro alle intercettazioni. Punizioni per giornalisti, editori e aziende nei casi di pubblicità camuffata da informazione. Queste le tre regole fondamentali da applicare all’informazione secondo il ministro della Giustizia Paola Severino presente al panel Etica e giornalismo al Festival internazionale di Perugia.

FILTRI - In tema di pubblicazione delle intercettazioni, il Guardasigilli parla di un «filtro» durante le indagini, in occasione di provvedimenti, ordinanze cautelari, sequestri o perquisizioni. Secondo Severino «è nelle fasi interlocutorie delle indagini che più di frequente avviene la comunicazione e la diffusione della notizia». La selezione spetta quindi, secondo il ministro, al pubblico ministero o al giudice, a seconda dei momenti. «L'idea di base è lasciare al magistrato il compito di escludere le notizie che non sono rilevanti e attengono esclusivamente alla sfera personale delle persone interessate dal provvedimento, anche in quelle fasi nelle quali il provvedimento stesso viene consegnato alle parti» ha spiegato.

INTERESSI DA EQUILIBRARE - Un testo ufficiale, dice il ministro, non c’è. Ma c’è uno schema che prevede di bilanciare gli interessi delle indagini, quelli degli indagati e quelli del diritto all’informazione. In pratica quella cui sta pensando il ministro è una regolamentazione imperniata su tre cardini. Primo fra tutti la libertà della magistratura i secretare informazioni che metterebbero in crisi le indagini e allo stesso momento «salvaguardare la sfera personale». Perché, sostiene il ministro non è utile, neppure ai giudici, che si divulghino elementi non riconducibili alle indagini. I tre punti sono: «il diritto-dovere del giornalista di informare su fatti che hanno una rilevanza sociale, quello del magistrato di portare avanti le proprie indagini con una tutela della riservatezza indispensabile in alcune fasi e infine il diritto del cittadino, anche sotto indagine, di vedere pubblicate notizie che attengano all'inchiesta ma non esclusivamente la sua vita privata e anche di non vedere sui mezzi d'informazione contenuti di intercettazioni non rilevanti per il procedimento».

PAROLA ALLA DIFESA - Il ministro ha insistito sull’importanza che i media affrontino le indagini a tutto campo, riportando quindi non solo le voci dei magistrati ma, con la stessa rilevanza, anche quelle della difesa e dell’indagato. La stessa cosa deve valere quando si arriva a un'assoluzione a distanza di molto tempo dalla diffusione delle informazioni sulle accuse. Certo, ammette il ministro, il grande problema italiano è la lunghezza dei processi. E’ proprio in quell’estensione di tempo che deve intervenire il «filtro» della legge.

BLOG – «I blog possono fare più danni dei giornali», ha detto Severino, accennando a una regolamentazione in sede di Unione europea per evitare ch i provider si possano trasferire in Paesi dove le maglie della legge sono più larghe. «Il cittadino ha il diritto di interloquire con un altro. Ma deve seguire le regole», ha detto il ministro creando non poco scompiglio nel mondo digitale dove i tweet sono subito impazziti. «Scrivere su un blog non autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se si sta trattando di diritti di altri. I blog hanno capacità di diffondere pensiero ma questo non deve trasformarsi in libertà di arbitrio», ha ripeuto Severino che appunto prevede presto una forma di regolamentazione. Anche se sarà «difficile pensare a un'obbligo di rettifica nei blog». E conclude con un monito: «Sappiate che quello che voi fate ad altri potrà essere fatto a voi. Cominciate ad autoregolamentarvi».

Il salvatoredellapatria monti e i politici incapaci

Si, siamo daccordo, i politici italici sono incapaci. Ma se lo diciamo noi comuni mortali, è una cosa del tutto normale e abbiamo ragione a lamentarcene vista la situazione odierna. Ma se lo fa un imbecille che sta dove sta (e senza essere stato eletto da nessuno) proprio grazie ai politici incapaci, bhe, questo non mi sta proprio bene. E il peggio è che lui, il salvatoredellapatria monti, non s'accorge (o s'accorge) che è incapace allo stesso modo dei politici che tanto deride. Voglio dire, razza di idiota che, ad aumentare le tasse e fare niente altro, è capace anche un mentecatto qualsiasi senza alcuna laurea in mano.


Sarà l'aria frizzantina di bruxelles, che lo fa ritornare col pensiero e lo spirito a quando faceva il prof prestato alla commissione europea. O che lì lo conoscono meno di noiche dobbiamo sorbirci tutte le sue tasse senza ancora vedere l'uscita del tunnel della crisi. Fatto sta che quando va a Bruxelles, Monti si atteggia ancora da Supermario qual era nel novembre scorso, quando salì a Palazzo Chigi come Salvatore dell'Italia.Così oggi, intervenendo allo European Business Summit nella sessione intitolata "How can skills get Europe out of the crises", il premier italiano ha detto che le capacità politiche sono oggi nell’Europa affetta dalla crisi una risorsa di cui si sente la mancanza. In pratica, dando ai politici degli incapaci. "Mi prendo la libertà di interpretare la parola skills, capacità, in due modi - ha spiegato Monti nel suo intervento - come capacità professionali e nel senso, più audace, di capacità politiche". E "di capacità politiche che possono portare l’Europa fuori dalla crisi in questo momento c'è carenza nonostante gli sforzi". Lui, ovviamente, non si considera un politico.

mercoledì 25 aprile 2012

Un giorno come un altro


MILANO - «Varare una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti, e non di votare dei nominati dai capi dei partiti». In Piazza del Popolo a Pesaro, Giorgio Napolitano sottolinea come oggi si siano create le condizioni «più favorevoli. Non esitino e non tardino i partiti a muoversi concretamente nel trovare l'accordo sulle riforme necessarie per il Paese». È l'appello che lancia forte il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel giorno della festa della Liberazione. «Dinanzi alla crisi che ha investito l'Italia e l'Europa, abbiamo bisogno di attingere alla lezione di unità nazionale che ci viene dalla Resistenza e abbiamo bisogno della politica come impegno inderogabile», ha detto il Presidente della Repubblica. «Occorre impegnarsi perché dove si è creato del marcio venga estirpato, perché i partiti ritrovino slancio ideale, tensione morale, capacità nuova di proposta e di governo». «Diversi partiti» dalla Resistenza in poi «sono scomparsi, altri si sono trasformati, ne sono nati di nuovi e tutti hanno mostrato limiti e compiuto errori, ma rifiutarli in quanto tali dove mai può portare». Poi in un passaggio del suo discorso: «Ci si fermi a ricordare ed a riflettere prima di scagliarsi contro la politica». «I partiti facciano la propria parte, si rinnovino per non dare fiato alla cieca sfiducia contro i partiti e a qualche demagogo di turno». E riferendosi alle riforme da approvare in Parlamento ha aggiunto: «È oggi possibile concordare in Parlamento soluzioni che sono divenute urgenti, anzi indilazionabili». Infine l'appello: serve una nuova «legge elettorale che consenta a cittadini di scegliere i rappresentanti in Parlamento e non di votare nominati dai partiti che debbono, rinnovandosi decisamente, fare la loro parte nel cercare di concretizzare risposte ai problemi più acuti, confrontandosi fattivamente con il governo fino alla conclusione naturale della legislatura».

MONTI - Sulla stessa linea il presidente del Consiglio. Come l'Italia riuscì a liberarsi dall'occupazione nazifascista, ora deve imparare a liberarsi da «alcuni modi di pensare e di vivere» che le hanno finora impedito di pensare al futuro delle prossime generazioni. Mario Monti, al termine della visita al museo di via Tasso, traccia un parallelo tra liberazione e uscita dalla crisi economica. È questo il messaggio che il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha voluto inviare al Paese nella giornata di celebrazione durante una visita al Museo storico della Liberazione di via Tasso, a Roma. Per Monti «si tratta di rigenerare un'esperienza di liberazione, meno drammatica, certo, ma di liberazione da alcuni modi di pensare e vivere a cui ci eravamo abituati e che impedivano al Paese di proiettarsi nel futuro. Sui muri di questo museo - ha aggiunto Monti - c'è l'evidenza di un'esperienza drammatica di tanti giovani che hanno contribuito, con le loro sofferenze, a liberare il Paese».

NO SCORCIATOIE -«Non esistono facili vie di uscita, né scorciatoie per superare la crisi. Il rigore porterà gradualmente alla crescita sostenibile e al lavoro», ha detto Monti tracciando un parallelo tra la Liberazione dai nazifascisti e l'attuale fase di crisi economica. «Riusciremo a superare le difficoltà economiche e sociali se tutti, forze politiche, economiche, sociali e produttive, lavoreremo nell'interesse del paese e del bene comune». «La Resistenza è, con il Risorgimento, uno dei pilastri su cui sono fondate la nostra democrazia e nostra libertà, beni inalienabili dell'individuo» ha detto il presidente del Consiglio. «La visita di queste stanze è stata per me commovente: su queste pareti è testimoniata l'esperienza di chi ha sofferto per il Paese che ci richiama al fatto che il 25 Aprile è la Festa di Liberazione di tutti gli italiani».

LA CORONA - In precedenza il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deposto una corona d'alloro davanti alla tomba del Milite Ignoto al Vittoriano a Roma in occasione del 25 aprile. Il capo dello Stato era accompagnato dal presidente del Consiglio, Mario Monti, e dai presidenti del Senato, Renato Schifani, e della Camera, Gianfranco Fini. Tra le altre autorità presenti alla cerimonia per l'anniversario della liberazione anche il vicepresidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini e il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti.

I PICCHETTI D'ONORE - All'arrivo Napolitano è stato salutato dai picchetti d'onore dei Carabinieri, della Marina, dell'Esercito, dell'Aeronautica e della Guardia di Finanza. Schierati ai lati della scalinata del Vittoriano in alta uniforme i corazzieri. Prima di deporre la corona d'alloro il presidente della Repubblica ha reso omaggio ai reparti militari schierati sul piazzale antistante l'Altare della Patria.

ALEMANNO - Intanto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, presente alla cerimonia, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano un commento al fatto che non è stato invitato dal corteo dell'Anpi per celebrare la Liberazione ha detto: «Non è pervenuto nessun invito ufficiale, ne prendo atto senza farne un dramma». «Ci sono molti modi - osserva Alemanno - per ricordare il 25 aprile e faremo in modo che la città di Roma ricordi l'anniversario».

Accomodamenti...


Nei giorni della sobrietà, delle tasse e dei sacrifici, il governo tecnico di Mario Monti dovrebbe dare il buon esempio. Come sottolineano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, "Palazzo Chigi dovrebbe fare un passo dirompente: rinunciare all'autonomia assoluta per riportare il proprio bilancio sotto la verifica della Ragioneria". In soldoni, anche il governo dovrebbe ricominciare a rendere conto delle sue spese. Così facendo, la presidenza del Consiglio darebbe un clamoroso esempio: rinuncerebbe all'autonomia totale dei propri bilanci e permetterebbe alla Ragioneria Generale dello Stato e alla Corte dei Conti di vigilare sulle spese (e sugli abusi) di Palazzo Chigi.

Il decreto di D'Alema - Il punto è che i conti di Palazzo Chigi furono sottratti alle competenze del Tesoro nel 1999: era il 30 luglio quando con un decreto legislativo venne sancità l'opacità del bilancio governativo. Chi era il premier dell'epoca? Massimo D'Alema, che volle equiparare la posizione di Palazzo Chigi a quelle del Quirinale, Senato e Camera, che non erano soggetti al controllo delle spese. Il risultato del decreto voluto da D'Alema, come ha ricordato nei giorni scorsi il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, è che "alcuni miliardi di euro vagano senza controlli sostanziali nei bilanci statli".

Spese impazzite - Rendere conto delle proprie spese renderebbe certamente più virtuoso chi amministra: sono i numeri a dimostrarlo senza margini di incertezza. Dal varo del decreto di D'Alema (ossia il 1999) al 2010 per esempio le spese del segretariato generale sono più che raddoppiate, schizzando da 348 miliardi di lire ai 488 milioni di euro. Come sottolinea il Corriere della Sera, l'aumento in termini reali e calcolata l'inflazione è pari al 116 per cento. Emblematico anche il caso di quanto accadde nel 2000, ossia nel primo anno di autonomia contabile, quando le spese, nell'arco di 12 mesi, schizzariono del 28,7 per cento.

L'equità del governo monti


Avete presente quelli che appena arrivati al governo hanno alzato l’età pensionabile, spiegandoci che 65 anni per gli uomini (...) e 60 per le donne erano pochi, che l’addio al lavoro deve essere «indicizzato all’aspettativa di vita», che portandolo in tempi rapidi a quota 67 e poi ancora più su avremmo avuto «il sistema pensionistico più solido d’Europa»? Ecco: scherzavano. Sono come gli altri, quelli di prima, che almeno non se la tiravano così tanto. Anche questi le leggi le fanno come vogliono e poi le interpretano come preferiscono. Strozzata nella culla la spending review (è bastato affidarla al ministro Piero Giarda), a tutt’oggi il governo può vantare un solo provvedimento capace di ridurre davvero la spesa corrente: la riforma delle pensioni, fiore all’occhiello di Mario Monti, che ogni volta che va all’estero lo sfoggia orgoglioso. Ma anche questo si è appassito e ammosciato. Colpa dei partiti spendaccioni e dei sindacati irresponsabili? Stavolta no: i professori hanno preso appunti e imparato, adesso riescono a fare tutto da soli. Il pasticcio degli esodati, risolvibile solo attingendo alle casse dello Stato, non è un’eccezione solitaria. Il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, chiamata – al pari dei suoi colleghi – a inventarsi qualcosa per sforbiciare le uscite del proprio dicastero, dopo averci riflettuto per settimane ha partorito l’ideona: «Vorrei ridurre del 10 per cento i dipendenti civili del ministero, grazie a uno scivolo, un pensionamento anticipato, senza traumi», ha spiegato al Corriere della Sera. Per tenersi buoni i sindacati promette anche di assumere un numero di giovani pari a quello dei lavoratori allontanati. Scivolone, prepensionamenti e nuove assunzioni: la ricetta deve avergliela passata Clemente Mastella, e se il Luigi Einaudi di Ceppaloni non lo ha fatto gli conviene chiedere i diritti d’autore.

Il presidente del Consiglio non ha commentato la proposta. La speranza è che non se ne sia accorto, impegnato com’era a controllare il grafico dello spread che s’impennava a sfondare il soffitto e quello dell’indice di piazza Affari che sprofondava sotto il pavimento. Perché l’idea del ministro Cancellieri pare fatta apposta per demolire quel che resta della credibilità del governo. E il fatto che costei abbia ha la fama di essere uno dei migliori nella squadra di Monti, visti i risultati, non consola. Anzi. Se applicato, il «lodo Cancellieri» annuncerebbe al Paese che nemmeno il governo del rigore crede ai propri provvedimenti, che persino Monti è pronto a sbracare sulle regole da egli stesso imposte. Confermando – proprio lui, che gode quando in Europa lo chiamano «il tedesco» - gli aforismi di Giuseppe Prezzolini sull’indole maneggiona degli italiani: «In Italia nove decimi delle relazioni sociali e politiche non sono regolate da leggi, contratti o parole date. Si fondano sopra accomodamenti pratici ai quali si arriva mediante qualche discorso vago». Anche perché, una volta applicato ai dipendenti del Viminale l’«accomodamento pratico» escogitato dalla Cancellieri, il giorno dopo i responsabili dell’Istruzione, della Difesa e di qualunque altra amministrazione desiderosa di alleggerire i costi del personale scaricandoli sull’Inps - che è come dire sul contribuente - avrebbero buon diritto di pretendere la stessa cosa. Ci sarebbe, infine, il dettaglio dell’equità. Per quale motivo i dipendenti privati debbono essere condannati al lavoro a vita (o poco ci manca) in nome dell’equilibrio del sistema previdenziale, mentre quelli pubblici avrebbero pronta la via di fuga dello scivolo, per di più finanziato con i soldi di tutti, inclusi quelli costretti a lavorare sino all’ultimo? E perché mai lo Stato manterrebbe il diritto di scaricare i costi del personale sugli enti previdenziali, mentre a un’azienda questa possibilità sarebbe negata? A meno che, aperta la porta dei pensionamenti anticipati, non si decida di mantenerla socchiusa per far scappare altri buoi ogni volta che torna comodo a qualcuno, ente statale o privato che sia. Se l’unico provvedimento con cui il governo ha abbassato la curva della spesa pubblica nei prossimi anni è destinato a fare questa fine, meglio saperlo subito e prepararsi per la Grecia. E non sarà una vacanza.

di Fausto Carioti

Suicidi e tentati suicidi

E qualche imbecille parla invece di questo,  altri imbecilli pensano a questo (invece che abolire i rimborsi del tutto) e qualche altro imbecille ci viene a dire che ci sono troppe tasse (un genio, eh, ci ha studiato pure) mentre chi ha queste morti sulla coscienza, se ne va dai padroni.


Un altro suicidio. Ormai è uno stillicidio continuo. La crisi ammazza ancora. E il fisco strangola imprenditori, artigiani, liberi professionisti strozzati dall'ondata delle nuove tasse varate dal governo Monti. Non saremo arrivati ai livelli della Grecia (ferma a quota 1725 persone che si sono tolte la vita), ma la lista dei suicidi si allunga costantemente. L'ultima tragedia ha colpito un imprenditore di 52 anni che si è ucciso lanciandosi nel vuoto dal balcone del suo appartamento in via Cilea, nel quartiere Vomero a Napoli. Lunedì scorso l'uomo aveva già tentato di farla finita. Salutata la moglie, era rientrato a Posillipo, dove aveva scavalcato la ringhiera di protezione e si era avvicinato a uno strapiombo di 50 metri di altezza. La moglie, che aveva forse intuito le sue intenzioni, aveva avvertito la polizia, che lo aveva localizzato attraverso le celle della rete telefonica. Gli agenti lo avevano trovato con gli occhi chiusi e il corpo semisospeso nel vuoto e lo hanno salvato. L'imprenditore aveva spiegato che la ragione del gesto risiedeva nell'angoscia per le cartelle di Equitalia dalle quali era gravato. Oggi ci ha riprovato. E purtroppo questa volta non c'è stato nessuno a salvarlo. L'uomo era un agente immobiliare, era sposato e aveva due figli di 14 e 9 anni. Interrogata dopo la tragedia, la moglie dell’imprenditore avrebbe riferito agli investigatori che il marito non aveva debiti e non aveva in sospeso cartelle esattoriali che lo preoccupassero. La donna, insegnante, non sa darsi spiegazioni sull’assurdo gesto del marito e ha riferito agli investigatori che la sua famiglia "non ha problemi economici".

Prima di lui, a Bosa, in provincia di Oristano, Giovanni Nurchi, artigiano edile 52enne, si era tolto la vita, lasciando moglie e tre figli. L'uomo aveva perso il lavoro e non riusciva a mantenere la famiglia. Il 20 aprile scorso Due giorni fa è uscito di casa, disperato, ed è stato trovato due giorni dopo dal cognato, nel suo magazzino, appeso con una corda al collo. Ai suoi piedi aveva lasciato un appunto: "Scusatemi, ma forse non è solo colpa mia". Come se non bastasse, una signora, lodigiana di 55 anni, ha tentato il suicidio, tuffandosi nell'Adda a Pizzighettone (Cremona). Per fortuna, Carlo Musti, assistente della polstrada di Pizzighettone, l'ha salvata. Alla base del gesto estremo c'era una situazione economica disperata. "Non riesco a pagare la multa, siamo senza soldi e ci stanno tagliando le utenze", aveva detto poco prima in caserma alla polizia stradale, dove si era recata con il marito a protestare per una contravvenzione. La donna era andata con il marito dalla polizia che il giorno prima gli aveva elevato una contravvenzione perché alla guida di un furgone sprovvisto di tagliando assicurativo. I due avevano nel frattempo provveduto a pagare l’assicurazione e volevano ritirare il mezzo. Ma è stato loro spiegato che non era possibile, se non avessero pagato la sanzione di 200 euro. E così in preda alla disperazione, ha tentato di togliersi la vita.