domenica 25 luglio 2021

La riflessione di Giorgia

Quelli di “abbraccia un cinese, l’unico virus è il razzismo”, degli aperitivi contro la fobia contagio, del “il Covid non viaggia sui mezzi pubblici”, del “il Covid non arriva coi barconi degli immigrati”; quelli che hanno trasformato il Covid in una mangiatoia per il solito circuito degli amichetti della sinistra con mascherine farlocche e strapagate, consulenze milionarie, appalti a società fantasma; quelli dei banchi a rotelle, quelli che un anno fa pubblicavano libri su come avevano sconfitto il Covid; quelli che in un anno e mezzo non hanno fatto nulla per potenziare la sanità pubblica e le cure domiciliari. Questi, proprio questi, con la faccia di bronzo di chi non si vergogna di nulla, con tutta la gran cassa dei media di regime, dicono che noi di Fratelli d’Italia siamo “negazionisti”. Solo perché siamo gli unici che hanno il coraggio e la libertà per porre delle domande e pretendere delle risposte chiare dal “governo dei migliori”. Stanno provando a tapparci la bocca in ogni modo, anche calpestando i diritti dell'opposizione, anche diffondendo fake news sul nostro conto. Ma noi non ci facciamo intimidire, e continueremo a batterci a fianco del popolo italiano per sconfiggere la pandemia e salvare la nostra economia e i posti di lavoro.


Giorgia Meloni

Quando racconti verità

Stamattina una mia amica, persona molto gradevole, da diverso tempo in contatto con me su questo social, mi ha fatto notare che sto esagerando. E’ possibile che io, in deroga al mio usuale codice linguistico in uso comune, abbia in effetti pronunciato parole più forti del solito, ma, credo, sempre nel rispetto delle regole civili. Mi chiedo però, allora,  se possano essere definite esagerazioni anche le esternazioni di Draghi (“Chi non si vaccina muore e fa morire”), di Burioni ( che augura ai sorci che non si vaccinano gli arresti domiciliari), di certa stampa che ha bollato le manifestazioni di ieri come “di estrema destra”e di “poveri mentecatti”, di una dottoressa che ha auspicato la morte nelle camere a gas ed i campi di concentramento a chi nutre dubbi sulla vaccinazione. Le parole sono importanti, ricordiamocelo tutti.

Non credo di esagerare se definisco le misure prese da molti governi come inefficaci ed insensate contro i contagi; non credo di esagerare se affermo che esistono molti modi di affrontare il problema e quelli scelti finora non sono stati felici; non credo di esagerare se dichiaro che questa situazione surreale ha tirato fuori la parte peggiore di molti, (ma anche la parte migliore di altri). Un buon governante non lo si giudica nella normale amministrazione, ma nell’”ora più buia”, per dirla alla Churchill, perché solo nei momenti più difficili si può misurare la sua effettiva forza e la sua vera competenza. Di certo mettere gli uni contro gli altri è proprio di chi non ha una equilibrata concezione del potere, ma si sa, fin dai tempi del Manzoni, la caccia all’untore è uno sport che  nessuno, o quasi, disdegna praticare.


Dalla bacheca di Stefano Burbi

martedì 20 luglio 2021

Pratiche infami

𝗜𝗹 𝗴𝗿𝗲𝗲𝗻 𝗽𝗮𝘀𝘀, 𝘂𝗻'𝗶𝗻𝗳𝗮𝗺𝗲 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗮𝘁𝘁𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 di Diego Fusaro


Occorre avere l'onestà ancor prima del coraggio di dirlo apertamente, senza perifrasi e senza timori: il green pass o passaporto vaccinale che dir si voglia è una infame pratica ricattatoria indegna di un Paese civile e democratico. Si tratta a tutti gli effetti di una pratica discriminatoria oscena, che merita il massimo disprezzo e la massima opposizione da parte della comunità dei cittadini che ancora si riconoscano nei valori fondamentali della democrazia, della libertà e della Costituzione e che non siano disposti a piegarsi allo squallore infinito del nuovo Leviatano tecnosanitario. In particolare, giova rammemorare l'ovvio nel tempo della menzogna universale: i diritti fondamentali previsti dalla nostra Costituzione, dal diritto di movimento a quello di assemblea, non sono in alcun modo vincolati e vincolabili a presunti passaporti verdi, gialli o fucsia. Un diritto non è una gentile concessione revocabile a comando. È, invece, una conquista che nessuno può toglierci e che all'occorrenza deve essere difesa in ogni modo. Chi ci propone un "green pass" per poter riottenere diritti che - ripeto, dalla libertà di spostamento a quella di accesso ai luoghi pubblici - ci sono garantiti dalla Costituzione è un malfattore. E ugualmente un malfattore è chi prova a giustificare tale abominio con il nobile nome della scienza. Non vi è virus al mondo in nome del quale si possano mettere in congedo le libertà, i diritti e la Costituzione. Una scienza che ce lo chiedesse, non sarebbe scienza ma squallida ideologia proprio come squallida ideologia era quella che legittimava in termini falsamente scientifici l'infame dottrina della razza nel 1938 o l'aberrante dottrina eugenetica. Come sono stati possibili i lager nazisti? Facendo finta di nulla, rispondeva Primo Levi, cioè spostando lo sguardo dall'altra parte, accettando in silenzio, ma con passività e, come oggi userebbe dire, con "resilienza". Ormai dovrebbe essere chiara a tutti la mistificazione del nuovo ordine terapeutico: hanno trasformato la società in una clinica, i cittadini in pazienti sottomessi a prescrizioni mediche corrispondenti ad altrettante norme repressive. Cure, terapie, virologi e lessico medico compiono l’esodo dall’ambito stricto sensu ospedaliero per occupare l’intero spazio della società, ora ridefinita come una clinica di malati che debbono sottoporsi all’autorità del medico e ai suoi imperativi, presentati come unica salvezza possibile. Per questo motivo, nel quadro del nuovo Leviatano tecno- sanitario non vi sono più i cittadini autonomi, soggetti di diritto, che – come è proprio delle democrazie – decidono della propria esistenza: in luogo dei cittadini soggetti di diritto, vi sono i pazienti da curare, della cui vita decidono gli esperti in camice bianco. La condizione del libero cittadino, legato allo Stato ma pur sempre nella forma di una libera individualità, è spodestata da quella del malato che dipende in toto dalle cure del medico e che ha come obiettivo primario (nel cui nome affrontare ogni sacrificio) la garanzia della propria salute. Né, del resto, è la prima volta nella storia che la medicina si fa ancella ideologica della politica. Come ha ricordato Roberto Esposito nel suo studio "Bios" in relazione al regime nazista, "se il potere ultimo calzava gli stivali delle SS, l’auctoritas suprema vestiva il camice bianco del medico".


In quanto tutti potenzialmente “malati asintomatici”, gli uomini precipitano in un inedito limbo, che li rende destinatari necessari, tendenzialmente anche contro la loro volontà, del tampone e del test sierologico, del vaccino e dell’ininterrotta misurazione della temperatura corporea. Il suddito della nuova locked down society deve sempre essere pronto a esibire i propri certificati “in regola”, che siano i “pass vaccinali” o i “tamponi negativi”. Egli si trova, de facto, privato di diritti e libertà inalienabili (non v’è quasi più diritto che non possa essere sequestrato in nome della protezione della nuda vita) e, insieme, soggetto a sempre aggiornati obblighi che, in nome della salute come dovere, non può esimersi dal rispettare. Nel deserto generale, la notizia buona è che i francesi non accettano in silenzio: stanno già iniziando a rivoltarsi da Marsiglia a Parigi contro l'infame regime terapeutico voluto e imposto dal blocco oligarchico neoliberale transnazionale. Ed è significativo che tutto sia ancora una volta partito il 14 di luglio...Viva la Francia che, memore della propria storia, si ribella in nome della libertà e della dignità. Impartisce una lezione ai popoli europei: quando la dignità e la natura umana vengono calpestate, non si può tacere, occorre reagire.

venerdì 16 luglio 2021

Un anno e mezzo di ritardo

Ormai lo ammettono -anche se a denti stretti- un po' tutti, salvo forse il ministro Speranza e le virostar più chiusuriste (Pregliasco, Galli o anche Bassetti). Lo ammette in parte anche quel Crisanti che vorrebbe togliere ogni diritto alle cure a chi 'legittimamente' non si vaccina: una nuova variante di coronavirus resistente ai vaccini è già dietro l'angolo e -al confronto- la variante Delta è un bruscolino. Eppure la Delta fa diminuire del 30% l’effetto del vaccino. Se salta fuori una variante ancora più resistente è evidente che basare tutta la lotta al Covid sul siero miracoloso (che miracoli non fa: non immunizza, non si sa se funziona e neppure se potrà provocare danni) è un errore madornale. La pensa nell'identica maniera pure il professor Pietro Luigi Garavelli, primario di malatte Infettive a Novara. Mentre il professor Andrea Stramezzi ripete il suo ormai ben noto mantra: "il Covid si cura da casa con farmaci semplici poco costosi e con bassissimi effetti collaterali e se fossero tutti curati probabilmente non morirebbe nessuno”. Una tesi che Crisanti non ha mai condiviso, ma che adesso indirettamente è costretto suo malgrado a considerare, visto che ora puntare tutto sui vaccini sarà sbagliato.


Insistere ora con l'approccio esclusivamente vaccinale al Sars -Covid 19 non è sufficiente a risolvere il problema, lo dice l'evidenza dei fatti  e ciò accade dopo mesi di censura e di feroce ostracismo verso autorevoli voci mediche alle quali non è stata concessa la ribalta mediatica, poichè non allineati al pensiero unico e dunque messi alla gogna come eretici. Davanti a un virus che cambia così velocemente è impossibile aggiornare i vaccini e rimanere al passo con le varianti. È un inseguimento che è destinato a fallire. Per riformulare il vaccino ci vogliono almeno un paio di mesi e quindi per distribuirlo altri sei, nel frattempo il virus ha galoppato ed è cambiato ancora. "A questo punto" -parole di Garavelli- "è palese che vaccinare tutti quelli che ancora non sono stati sottoposti a inoculazione, e in più farlo  con un Vaccino suo malgrado già 'vecchio' non è moralmente corretto". E basterebbe già questo a far cadere ogni discorso su obblighi, green pass e discriminazioni sociali.


Anche perchè ora è lo stesso Crisanti che si domanda se non sia davvero opportuno provare a ripensare tutto l'approccio alla malattia, ma puntando soprattutto sulle Cure Precoci e magari sdoganando le attuali cure bandite dal Cts: Idrossiclorochina e Ivermectina. E farlo in tutta Europa, Italia inclusa. E i famosi e strombazzati farmaci antivirali specifici, annunciati pomposamente alcuni mesi fa? Beh, se è sbagliato puntare solo ed esclusivamente sulla politica vaccinale per contenere la malattia, forse sarebbe stato meglio strombazzare un po' meno e ascoltare un po' di più chi le cure domiciliari non le ha mai abbandonate. Medici come Nino Pignataro, Luigi Cavanna, Andrea Mangiagalli, gli stessi Garavelli e Stramezzi, sbertucciati e inascoltati per mesi quando dicevano che suggerire 'Tachipirina e vigile attesa' era cosa inadeguata e chiedevano a gran voce -ma inascoltati da Cts e Aifa- delle linee guida chiare per le cure domiciliari. Voci che su questo profilo ho sempre sostenuto, rimediando in cambio blocchi e censure.


Il professor Andrea Stramezzi, medico che ha avuto in cura oltre 800 persone colpite dal virus, ma che non ha mai avuto il piacere di veder prese in considerazione le sue idee, non ha dubbi: "La strategia migliore sarebbe una terapia precoce ai malati invece che tentare di ottenere un’immunità di gregge vaccinale che di fatto non ci sarà mai". Difatti basta guardare attentamente i dati della Gran Bretagna, della Finlandia, di Israele, dei Paesi dove ci sono stati molti vaccinati, ma nei quali adesso la situazione è degenerata. Con un virus a Rna di questo tipo si avranno sempre molte mutazioni, e di conseguenza non si potrà ottenere un’immunità di gregge. Quindi delle due l'una: o si continua a vaccinare ogni mese le persone, con tutti gli eventuali effetti collaterali/avversi che già conosciamo, oppure, ed è ovvio che è la soluzione migliore, si curano i pazienti. Se fossero tutti curati probabilmente non morirebbe nessuno.


Lucio Rizzica

giovedì 15 luglio 2021

Sul ddl Zan

I duri e puri e lo splendore della sconfitta di Niram Ferretti 


L'uomo che venne da Parigi, il duro e puro Enrico Letta non molla, "boia chi molla", non proprio una esortazione di sinistra. "Nessuna trattativa" dice perentorio, mascella volitiva, sguardo freddo e implacabile dietro le lenti degli occhiali. Letta va avanti sulla legge Zan, da vero mensch. Non importa se si andrà a sbattere contro un muro, se i numeri molto probabilmente non ci saranno, perchè quello che conta è mostrare che si lotta per la civiltà contro la barbarie, per il progresso contro la reazione di cui Matteo Salvini è qui in Italia l'incarnazione maggiore, saranno i posteri poi a emettere la sentenza. Letta ha dalla sua Monica Cirinnà, la martire, Dolores Ibárruri.


Cirinnà, la quale ha dichirato perentoria,  «Sì, voglio morire in battaglia, insieme a gay, trans, bambini libellula. Ha ragione Piero Ignazi, la qualità del combattente si vede nella sconfitta. Del resto, in questo contesto politico non abbiamo altre possibilità». I bambini libellula... Avere a fianco Monica Cirinnà per Letta è corroborante e commovente. Nobili nella sconfitta per difendere la civiltà: nerboruti maschi che gareggiano con donne perchè affermano di esserlo, bambini che si percepiscono bambine e devono essere amorevolmente accompagnati verso un percorso che possibilimente gli farà cambiare sesso, cessazione dei pronomi personali maschile e femminile per intestarsi iniziali o numeri. Bisogna difendere il diritto di essere diversi, di declinarsi come più ci piace. Letta e Cirinnà sono i più indicati per dare corpo al magnifico verso di Taliesin Ben Beirdd, il più antico poeta di lingua gallese: "Sempre entrarono in battaglia, e sempre soccombettero".

sabato 10 luglio 2021

La difesa dei diritti

La vestale UE e la difesa dei diritti di Niram Ferretti


Da David Sassoli apprendiamo alcune cose fondamentali su come funzioni il progresso incarnato dalla UE. Sassoli, in una intervista a Il Corriere della Sera, così risponde alla seguente domanda. Eppure, nell’Europa di oggi molti chiedono la difesa della propria identità contro l’omologazione del «SuperStato bruxellese». «Un conto è il rispetto delle differenze nazionali, culturali, che sono un arricchimento per l’Europa e che ben si riassumono nel nostro motto “uniti nella diversità”. Su questo noto una riflessione in corso anche in gruppi che un tempo volevano dividerci e ora invece chiedono un’Europa più governativa e meno federalista. Discutiamone. Altra cosa è se autorità locali, invece, dichiarano il loro territorio come “Lgbt free zone”. Quando sento parlare di zone “libere da qualcuno” mi vengono in mente i nazisti, che nel 1942 dichiararono Belgrado prima città “Judenfrei”. In Europa i diritti di ogni persona sono diritti di tutti. Da noi non possono esservi discriminazioni su base politica, religiosa, etnica o di orientamento sessuale. Punto. Bene che la Commissione abbia dall’inizio dell’anno aperto circa 40 casi di infrazione legati alla protezione dello Stato di diritto. Il Parlamento farà la sua parte».


Il riferimento, ovviamente è Orban e la recente legge promulgata dal Parlamento ungherse. Dunque, secondo il presidente del Parlamento europeo, il premier ungherese sarebbe paragonabile ai nazisti, Budapest sta a Belgrado. Là, nel 1942, il Terzo Reich prese le sue misure per togliere di mezzo gli ebrei, oggi, nel 2021, Orban ne prende di analoghe per una sanificazione legislativa contro quelli che una volta venivano chiamati i "diversi". La legge ungherese a tutela dei minori contro l'indottrinamento LGBT è per l'Unione europea una legge discriminatoria e, per il presidente del Parlamento europeo, addirittura "nazista". A questo scopo bisogna dichiarare il falso: «La legge ungherese equipara omosessualità e orientamenti sessuali alla pornografia e usa la protezione dei bambini come pretesto per discriminare le persone sulla base del loro orientamento sessuale. Tutto questo è contrario ai nostri principi sul rispetto delle minoranze, dell’uguaglianza e della dignità umana. Siamo determinati nel difendere con forza l’articolo 2 del nostro trattato». L'affermazione che la legge voluta dal parlamento europeo usi la protezione dei bambini come "pretesto" per la discriminazione degli omosessuali è del tutto apodittica, così come è falso che l'omosessualità e altri orientamenti sessuali ("altri" quali?) vengano equiparati alla pornografia. Equiparazione che anche solo sotto il profilo della pura logica è del tutto priva di senso, perchè esiste la pornografia omosessuale come quella eterosessuale, quella omosessuale non ha l'esclusiva. 


Sassoli o mente sapendo di mentire o non sa di cosa parla. Ecco cosa dice la legge incriminata: “E' vietato mettere a disposizione dei minori un contenuto che presenta qualsiasi rappresentazione della sessualità fine a se stessa, qualsiasi deviazione dall'identità corrispondente al proprio sesso assegnato alla nascita, cambio di sesso o promozione dell’omosessualità”. In altre parole la legge ha il fine di proteggere i minorenni dalla pornografia in senso generale, come è chiaramente esplicitato dalla frase, "qualsiasi rappresentazione della sessualità fine a se stessa" e poi anche da contenuti specificamente orientati al transessualismo, al transgenderismo e alla "promozione" dell'omosessualità. "L'eguaglianza" e "i diritti umani", sono il solito e ben noto abracadabra demagogico che viene sempre messo in campo tutte le volte che una minoranza agguerrita vuole imporre la propria agenda. Agenda di cui Sassoli, in virtù del ruolo che ricopre, è, ovviamente zelante vestale. Ma proseguiamo.

giovedì 8 luglio 2021

No, non sempre sono diritti umani

I diritti da plasmare a proprio piacimento di Niram Ferretti 


"Tutti noi abbiamo un'identità di genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino lo percepisce diverso da quello biologico. E' un diritto umano". Così parlò Alessandro Zan, da cui prende il nome del famoso DDL, ormai diventato lo spartiacque tra bene e male, tolleranza e intolleranza, progresso e regresso. Le parole affatturanti sono sempre le medesime, si tratta dell'abracadabra dei giorni nostri, "diritti umani". E' un diritto umano, dichiara Zan, percepirsi come si crede. No, non è un diritto umano. Non si trova, al momento, in nessuno degli elenchi dei diritti umani questo presunto diritto. Si tratta, infatti, di una percezione psicologica. Se io, con un corpo maschile, mi sento donna e voglio affermare di essere donna, ho il diritto di poterlo fare attraverso un apposito iter chirurgico che faccia di me quello che io percepisco di essere e che è in contrasto con la mia identità biologica. Mi è consentito. Posso farlo. 


Se io sono un uomo che si percepisce donna ma vuole conservare la sua apparenza maschile e il proprio sesso biologico e pretendo dunque di potere godere di due vantaggi, quello di avere un corpo maschile che mi dà mediamente più forza di quello di una donna e però sentendomi donna mi fa concorrere per esempio a gare femminili, dove il fatto di essere maschio mi concede un maggiore vantaggio fisico, è un diritto umano che io pretenda di esercitare questa prerogativa? Se invece io, uomo, non mi percepisco nè maschio nè femmina, ma voglio essere considerato neutro, e non voglio che si usino nei miei confronti pronomi che mi identifichino come maschio o femmina, ma pretendo che ci si riferisca a me come XYU o UXT, è un diritto umano?


Se, in altre parole, la soggettività diventa dominante rispetto ad ogni altra istanza, dovremmo necessariamente ammettere che chi soffre di disturbi mentali abbia il diritto umano di volere essere considerato e trattato come Mosè o come Alessandro Magno se si percepisce come tale, o come uno scarafaggio o un topo, sempre che si percepisca in questo senso. Dove è il limite dell'estensione del concetto di "diritto umano" se lo si disancora da qualsiasi criterio oggettivo, dalla adesione normativamente statuita tra nome e cosa? La risposta è semplice. Non c'è. Si cade, infatti, in questo modo, dentro la gora senza fondo del nominalismo puro, dove la realtà si disintegra per diventare magma informe che ognuno può plasmare a proprio piacimento.