La visita del Papa a Lampedusa ha occupato per vari giorni le prime pagine dei giornali. Ha costituito l'occasione perché molte fra le “penne più brillanti” del nostro giornalismo si producessero, come si dice, in pezzi di bravura; simbologie nazionalpopolari, discorsi terra terra che “non suscitano il sorriso grazie all'autorità di chi li pronuncia” – così, rasentando a sua volta il comico, ho sentito declamare entusiasta un cronista radiofonico -; relitti di barche usati per croci ed altari, nel giubilo dei pauperisti; sbarchi di “migranti” in perfetto tempismo, bambini – possibilmente neri – da baciare, profughi interreligiosi schierati nell'ovazione... Intanto, “l'Unità” titola la sua prima pagina come “l'Osservatore romano” non osa, mantenendosi più composto, e le trasmissioni radiofoniche sono monopolizzate fra giornali-radio dedicati all'isola mediterranea, e cronache e dibattiti dedicati alla parca ma grandiosa cerimonia. Una vera kermesse di entusiasmo buonista, di generosità a basso costo, di accoglienza ipocrita e un po' untuosa: ma di questo ci accorgeremo fra qualche giorno, una volta passata la festa. Per conto mio, non riesco a togliermi l'impressione che il dramma dell'emigrazione – gestito per giunta da bande di delinquenti prezzolati e da assassini senza scrupoli – dovrebbe essere affrontato con tutte le cautele del caso: con rispetto per il dramma terribile delle vittime, ma anche con la coscienza del fatto che le nostre parole – a molto maggior ragione quelle del Papa – peseranno come macigni sulle scelte e sui comportamenti dei numerosi mercanti di carne umana che ingrassano su tutto questo, e ancor più sulle decisioni dei poveretti che proprio da questi lampi di cronaca si costruiscono un'idea per il proprio futuro e formulano i programmi di una nuova vita, spesso non solo per sé, ma per l'intera famiglia.
Un invito alla pietà ed all'accoglienza – pur pronunciato con le migliori intenzioni e seguendo la logica propria della religione cristiana – non può non essere visto da molti disperati come un incoraggiamento a tentare la traversata e a indebitarsi fino al collo per salire su una carretta del mare pericolante, nella convinzione di trovare sull'altra sponda un'accoglienza meravigliosa e una serie di grandi occasioni per un futuro diverso. È un invito che per giunta – anche se rivolto al mondo – non potrebbe non venir letto con un riferimento chiaro alle coste più vicine: a Lampedusa, a Pantelleria, a Malta, alla Sicilia, da parte di disperati che di Unione europea e di geopolitica poco si intendono; e che rischia per giunta di far cadere sul nostro Paese un ulteriore, pesante aggravio di impegno e di spesa, senza che abbiamo minimamente la possibilità di risolvere stabilmente i problemi dei nuovi sbarcati. È invero difficile concepire realisticamente uno Stato che faccia coincidere la carità – virtù propria degli individui – con l'assistenza pubblica, quest'ultima a spese della collettività intera. Anche da questo episodio si potrebbe concludere, insomma, che l'Italia è un paese che non può essere governato senza i cattolici e i cattocomunisti – sono tanti... –, ma non può realisticamente essere governata nemmeno con loro e con le loro idee.
2 commenti:
Pare che in Vaticano le leggi sull'immigrazione siano, come dire, severe.
Bello fare i pro-immigrazione con le frontiere degli altri
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Grazie Ele. Ormai la sinistra si confonde la chiesa e la chiesa si confonde con la sinistra.
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