«È giunto il momento di avviare una seria riflessione sulla legge Bossi-Fini e, più in generale, sulla disciplina che regola l’immigrazione». Eh no, la Bossi-Fini è probabilmente una legge migliorabile, ma con questi chiari di luna non si tocca, giù le mani. Il ministro Cecile Kyenge, italiana di origini congolesi, deve imparare prima o poi, assieme al governo di bravi ragazzi che - ahimé - ci rappresenta, a essere prima di tutto italiana, dunque a rappresentare, coltivare, garantire prima di tutto la sicurezza, la vita, le garanzie degli italiani. Si può dire senza essere stucchevolmente accusati di razzismo? Lo dico in ogni caso, i razzisti sono gli altri - e ha veramente stufato chi pensi di darci lezioni di morale terzomondista oggi che le peggiori previsioni degli ultimi due anni si stanno avverando. Aggiungo che la portavoce del gruppo Pdl alla Camera, Mara Carfagna, farebbe meglio a trovarsi argomenti seri di dichiarazioni agostane, invece di ammonire che «la sola repressione è un costo sociale troppo elevato da sostenere nei confronti di chi fugge dalla disperazione». Che avrà mai voluto dire, la Carfagna? «Inviamo questo segnale all’Europa, indichiamo la via da seguire, che di certo non è quella del rifiuto» è l’appello dell’esponente Pdl, che non ci specifica se lo fa a titolo personale o rappresentativo del ruolo. «La negazione genera sempre odio. E l’odio è il germe della violenza». Non è finita: Carfagna ci spiega seriosamente che non si può più «considerare la maggior parte di questa povera gente che sbarca sulle nostre coste come dei semplici clandestini, autori di un reato». È veramente troppo: se aspira a un posto del governo dei bravi ragazzi, per favore non lo faccia a spese dei suoi elettori, potrebbero trarne delle conseguenze, porcellum o no.
Oggi che sbarcano mille a mille, che rivendicano lo status di rifugiati politici in massa, che andrebbero controllati più del solito perché la Fratellanza Musulmana coltiva terroristi e martiri, carne da macello in nome del fondamentalismo islamico; oggi che l’Unione Europea in seduta straordinaria, poveri noi, si appresta a varare sanzioni e ritorsioni in favore dei Fratelli Musulmani invece che occuparsi di cristiani perseguitati, che il governo dei bravi ragazzi e delle ampie pretese non ci pensa proprio a chiedere all’Europa di dividere per il numero di nazioni che compongono l’Unione l’onere dei rifugiati da Egitto, Siria, Libia, Tunisia, da tutti quei posti nei quali si festeggiò con infinita stoltezza la primavera araba, e che sono rapidamente diventati dei Paesi da incubo. La Kyenge parla molto, e poco degli italiani. Dice per esempio: «A settembre avvieremo un tavolo per un confronto sulla riforma della legge sull'immigrazione. La legge va rivista, ma seguendo un metodo fondato sulla condivisione e sul coinvolgimento di tutti gli attori sociali, senza preclusioni e ascoltando anche chi ha idee alternative». Quindi non dice niente, perché se dovesse ascoltare tutti capirebbe che non c’è niente da cambiare. Poi parte l’attacco politically correct, quello che dovrebbe farci sentire in colpa: «Gli immigrati sono persone, non clandestini. La crisi in Egitto determinerà un’impennata dell’immigrazione verso l’Italia e il governo sta rafforzando le strutture per l’accoglienza: dopo quelle in Libia e in Siria, le violenze in Egitto spingeranno molte persone a scappare alla ricerca di un futuro». Per non parlare di quelli che dichiarano davvero a vanvera. Dal lontano e sicuro Friuli sentite la presidente Serracchiani - Dio ce ne scampi - dichiarare che «la necessità di abolire la Bossi-Fini si conferma ogni giorno anche nel fallimento del sistema dei Cie: strutture inadeguate sia a ospitare pacifici migranti in fuga sia a contenere violenti e facinorosi». Ovvero: devastano, saccheggiano e bruciano il centro di Crotone, a dimostrazione che facciamo entrare di tutto, i dati sulla criminalità sono quelli che conosciamo, ma la soluzione è farne entrare ancora di più e senza il minimo controllo. In tutto questo casino, qualcuno del governo dei bravi ragazzi ha pensato di chiedere ufficialmente e seriamente di dividere l’onere dell’accoglienza, del controllo e della sistemazione per 27, vale a dire per tutti i Paesi dell’Unione? Attendiamo risposta.
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