sabato 19 maggio 2012
Sul come rubare case (di proprietà) agli anziani
Aziende, istituti di credito e finanziarie si apprestano a partire all’attacco di uno dei più vasti mercati disponibili: le case degli anziani. Il pericolo che si corre è quello di finire nelle fauci di chi eroga i prestiti vitalizi ipotecari: una sorta di “esproprio coatto”, ma legale, dell’immobile in cambio di pochi soldi. Lo stato ha sempre meno risorse per l’assistenza, il carovita incalza, e allora, per assicurarsi un’esistenza dignitosa ai nonni non resta altro che impegnare l’unico bene disponibile, frutto di una vita di lavoro. Uno scenario che comincia ad affacciarsi anche in Italia, dove 8,5 mln di famiglie sopra i 65 anni sono titolari di un patrimonio immobiliare di 900 mld di euro, ma su di loro incombe il rischio di finire intrappolati in un contratto che nasconde furbizie, trucchi, clausole penalizzanti, come ha scoperto l’Osservatorio della Terza Età in una recente indagine.
A far scattare la corsa all’unico bene ancora disponibile per i pensionati è stata la norma della Finanziaria sul prestito vitalizio ipotecario, a metà strada fra un prestito personale e il classico mutuo ipotecario, che consente “finanziamenti a medio e lungo termine con capitalizzazione annuale di interessi e spese, e rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza, assistiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali, riservati a persone fisiche con età superiore ai 65 anni compiuti.” Il prodotto, peraltro già presente sul mercato, offre la possibilità di ottenere una somma variabile fra il 20 ed il 50% del valore dell’immobile di proprietà, lasciando agli eredi il compito di restituirla, con i dovuti interessi e spese. La percentuale della somma erogata, rispetto al valore del bene “casa”, è in funzione dell’età del richiedente: più si è in là con gli anni e maggiore sarà l’importo ottenibile. A prima vista sembrerebbe una nuova forma di credito per 8 milioni di anziani con casa, da utilizzare per curarsi, aiutare i figli, ecc., ma se si approfondisce la materia ci si accorge che lo scenario è inquietante.
L’OTE ha, infatti, rilevato che esso rappresenta un “eccellente affare” per gli operatori del settore, che si candidano ad acquisire una cospicua fetta di patrimonio immobiliare italiano, erogando in media somme per circa un terzo del valore della casa, remunerate con tassi variabili (oggi tra il 6 e il 6,5%), e con spese fisse determinate da una serie di clausole e di condizioni capestro. Una grande speculazione che si abbatterà come una scure sugli eredi, che corrono il rischio di perdere il bene patrimoniale, perché impossibilitati a risarcire una somma enormemente superiore a quella erogata. L’esperienza italiana, anche se alle prime battute, ha ben mutuato l’esempio degli altri paesi, soprattutto anglosassoni, in tema di sottrazione “legale” degli immobili. Sul mercato si possono già ottenere “anticipi” sul valore della casa, partendo dai 65 anni in su. Quello che molti italiani non sanno è che dopo la firma del contratto l’immobile diventa, di fatto, di proprietà della banca, perché sarà vietato sub affittarla, ristrutturarla, adibirla a sede di una attività imprenditoriale propria, e nemmeno si potrà cambiare domicilio o residenza. L’anziano, fino alla sua morte, praticamente non potrà più disporre a suo piacimento dell’immobile, né compiere qualsiasi atto di disponibilità, mentre la parte finanziatrice può modificare le condizioni economiche del contratto, in qualunque momento in ragione di incrementi di costi legati a variazioni di legge o di regolamenti. Praticamente un “nodo scorsoio” che si stringe anno dopo anno.
Dopo l’aspetto “normativo”, l’OTE ha osservato la parte finanziaria, che contiene “fuochi pirotecnici” degni della migliore tradizione. Nel momento in cui viene erogato un prestito vitalizio ipotecario, ad esempio, di 55 mila euro, bisognerà sottrarre circa il 20% di oneri fissi (spese notarili, rogito, perizie, assicurazione, spese banca, ecc.), che riducono a 45 mila euro la somma effettivamente consegnata nelle mani del pensionato. Dopo dieci anni, ammesso che i tassi di interesse non abbiano subito variazioni, chi eredita il bene immobile dovrà restituire ben 98 mila euro, a cui vanno aggiunti altri 5-6 mila euro, e forse più, già pagati annualmente (rinnovo polizza assicurativa, spese registrazione,invio estratti conto, ecc). Quindi, a conti fatti, si ottengono 45 mila euro e se ne versa un importo pari a due volte e mezzo. Un bell’affare, ovviamente per chi presta i soldi e aspetta la dipartita del vecchietto per entrare in possesso della casa. Una prospettiva che potrebbe essere evitata solo con il pagamento del “riscatto” finale da parte dei familiari, che deve avvenire entro dodici mesi. Come l’esperienza anglosassone insegna, però, in molti casi questo non avviene e l’eredità sfuma.
“Uno scenario del genere ci preoccupa” afferma Roberto Messina, Segretario generale dell’Osservatorio della terza età. “Non si può tacere – sottolinea - sulle implicazioni sociali e i potenziali pericoli che questo strumento finanziario possa determinare nella situazione patrimoniale degli anziani e nei conflitti potenziali con gli eredi. Come dire – conclude Messina – lo Stato prima non riesce ad assolvere alle sue funzioni e poi getta milioni di cittadini nelle fauci delle banche, delle assicurazioni e delle società finanziarie. Forse era il caso di affidare ad una società pubblica la gestione di questo strumento, in maniera da ridurre drasticamente gli oneri e gli interessi per chi ricorre al prestito. Mi auguro che si riesca a mettere a fuoco tutti questi aspetti per tutelare gli anziani, che in questo caso sono la parte debole. Ai nonni, invece, voglio dire che, in caso di bisogno, possono ricorrere anche alla vendita della nuda proprietà o ad un mutuo acceso dai familiari giovani, garantito con la casa: entrambe le soluzioni sono di gran lunga meno onerose del prestito vitalizio ipotecario, ma soprattutto permettono di mantenere sempre la disponibilità dell’immobile comprato con i sacrifici di un’intera vita”.
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4 commenti:
Ora avrai capito da te a che cavolo è servito quel rompicapo (per non dire "rompi" di altre parti del corpo) di censimento. Certamente NON a snidare i clandestini e gli illegali, ma a mettere a punto la rapina nei nostri confronti e nei confronti dei nostri vecchi.
E' una porcheria, per come è stata impostata. Perchè l'idea di fondo è ottima e sviluppa quel che alla fine dell'articolo suggerisce il signor Messina (la vendita della nuda proprietà) mantenendo però la titolarità dell'intero bene in famiglia. Ma per come viene realizzata diventa peggio di un esproprio, perchè gli stessi che erogano il finanziamento sono quelli che chiudono il rubinetto della pensione. C'è anche da dire che con l'imu, molti che hanno ereditato e per ragioni affettive continuano a tenere, proprietà di famiglia nelle località di origine, adesso si trovano a pagare centinaia di euro senza usufruire del bene. E' sbagliata l'imu, sono sbagliate le tasse e come vengono imputate e utilizzate. In pratica sarebbe da far tabula rasa di tutto e ricominciare dalle fondamenta.
Notizia utile, che insegna a ricorrere alla vendita della nuda proprietà piuttosto che ricorrere a questo genere di vitalizio.
Ma la notizia è utile soprattutto per quanti credono di potersi "liberare" degli anziani senza pagare pegno: se l'anziano ricorre al vitalizio, perchè non ce la fa più a tirare avanti con i suoi mezzi, e nessun familiare intende prendersi cura di lui perchè, dicono, "tanto ci sono i Servizi Sociali", addio eredità per loro, che hanno così inteso "scaricare" l'anziano sul servizio pubblico. La questione non è di poco conto, e casi del genere ne ho visti abbastanza. Lo spauracchio del ricorso al prestito ipotecario, da parte dell'anziano che si vede abbandonato, servirà quanto meno a ricompattare "certe" famiglie.
Non concordo affatto con la visione di Marsh. Ricorrere alla "nuda proprietà" è vero che è il male minore rispetto all'acquisto dei "prodotti finanziari" voluti dalla Fornero, ma è sempre ugualmente una débacle per chi si è fatto il mazzo tutta la vita e ha pagato REGOLARMENTE i suoi contributi pensionistici detratti dalla busta paga; contributi che in luogo di essere stati accantonati, altri si sono pappati al posto suo.
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