domenica 1 luglio 2012
L'esecutivo dei puliti
Altri guai per il governo: Corrado Passera è indagato. Il ministro dello Sviluppo accusato di reati fiscali come ex ad di Intesa di Gian Maria De Francesco
Divisi dalla vita ma uniti dal destino. Anche al ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, è toccata la stessa sorte dell’ex collega banchiere Alessandro Profumo: l’attenzione della magistratura nei confronti di alcune operazioni effettuate in passato. Secondo quanto riferito dalla Stampa, la Procura di Biella avrebbe iscritto nel registro degli indagati il superministro per presunti reati fiscali.
In particolare, all’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo vengono contestate operazioni di «arbitraggio fiscale internazionale» effettuate tra il 2006 e il 2007 dall’allora controllata del gruppo milanese Biverbanca (a fine 2007 ceduta a Mps e da pochi giorni passata nell’orbita della Cassa di risparmio di Asti). Passera sarebbe indagato per «dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici» (pena da un anno e sei mesi a sei anni) e per dichiarazione infedele (pena da uno a tre anni), in quanto rappresentante firmatario della dichiarazione fiscale per il 2006. La Procura di Biella, competente territorialmente su Biverbanca (che ha sede nel capoluogo piemontese), avrebbe emanato il provvedimento sulla base dei riscontri investigativi della Guardia di Finanza di Milano che ha scrutinato i conti del gruppo aprendo un processo verbale di contestazione presso l’Agenzia delle entrate. Sotto questo punto di vista, la vicenda si è già conclusa giacché alla fine del 2011 Intesa ha chiuso il contenzioso con gli uomini di Befera giungendo a un accordo transattivo per 270 milioni su una contestazione totale di 1,15 miliardi. Ma che cosa viene rimproverato alla ex controllata di Ca’ de Sass? Si tratta di un’operazione di pronti contro termine (un prestito di denaro scambiato con un prestito di titoli, ndr) effettuata con una controparte internazionale, il Credit Suisse che aveva creato un veicolo britannico ad hoc (La Defense II plc). Per il nucleo tributario delle Fiamme gialle milanesi, l’operazione sarebbe stata tesa a sfruttare le asimmetrie tra il sistema impositivo di Italia e Regno Unito, creando un credito fiscale per imposte pagate all’estero.
L’operazione aveva ottenuto l’ok degli uffici legali della banca, ma per i finanzieri si tratterebbe di un «illegittimo extrarendimento». A queste sollecitazioni, l’entourage di via Veneto ha replicato rilevando che «al momento non risulta alcuna iscrizione da parte della Procura di Biella» e che comunque «vista la tipologia dell’ipotetico reato contestato, sarebbe circoscritto all’incarico precedentemente svolto dal ministro». Insomma, c’è serenità negli ambienti vicini a Passera giacché si tratta di un’accusa concernente la sua responsabilità oggettiva nei confronti di una piccola controllata. Il giro di vite dell’Agenzia delle entrate sull’«abuso di diritto», ossia sull’ideazione di operazioni finanziarie con controparti estere per risparmiare sull’Ires che ha l’aliquota più alta d’Europa, ha innescato una reazione a catena. Ne sa qualcosa l’ex numero uno di Unicredit (e attuale presidente di Mps), Alessandro Profumo, che all’inizio di giugno è stato rinviato a giudizio con altre 19 persone per l’«operazione Brontos», una complessa triangolazione strutturata insieme a Barclays e che per la Procura di Milano avrebbe configurato una frode fiscale da 245 milioni. Profumo aveva ribadito la «correttezza del proprio operato» giacché il sistema bancario italiano prima di effettuare questo tipo di operazioni aveva ottenuto pareri favorevoli in campo tributario. Ma Finanza, Agenzia delle entrate e Procure la pensano in modo diverso e così tra 2010 e 2011 le grandi banche hanno preferito «transare»: Bpm ha pagato 200 milioni, Banco popolare 210 milioni, Unicredit 191 milioni, Mps 260 milioni e Intesa - come detto - 270 milioni.
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