sabato 30 giugno 2012
Giornali e immigrazione
Comunicare l’immigrazione non è facile. Soprattutto in un Paese, come il nostro, dove dal 1861 ad oggi, gli stranieri sono aumentati del 7%: da 88.639 nell’anno dell’Unità d’Italia, a 4 milioni 570.317 nel 2010. Dati freschi freschi pubblicati su Comunicare l’immigrazione - Guida pratica per gli operatori dell’informazione, stampata dalla cooperativa Lai-momo di Bologna, in collaborazione con Caritas e Migrantes, nell’ambito di un progetto del ministero del Lavoro e dell’Interno, finanziato con fondi europei. Centosessanta pagine di informazioni, dati e tabelle. Ma quello che, probabilmente, era stato pensato per essere uno strumento di aiuto per giornali, radio e tv, pagina dopo pagina si impantana in una melma zuccherosa di parole e numeri, la cui litania è: «Anche se gli immigrati commettono un alto numero di reati, non è detto che l’equazione immigrati uguale a criminalità sia fondata». Dalla guida si apprende che oggi in Italia vivono tra i 500 e i 750mila clandestini (l’1,09% della popolazione totale) ovvero il 25,6% di tutti i residenti stranieri nel nostro paese. Ma secondo il Viminale sono solo 150mila i clandestini identificati ogni anno, nemmeno un quarto della presenza irregolare in Italia. Sempre secondo l’Interno il numero di immigrati denunciati è il 31,6% del totale delle denunce e l’80% dei reati è commesso proprio da stranieri irregolari. Ma per il manuale buonista sono i giornalisti i cattivi. Se la prende soprattutto con certi giornalacci, colpevoli di causare «ingiustificato allarmismo», di peccare di «superficialità ed eccesso di stereotipi» e di parlare di migranti «nel 52,8% dei casi, solo per articoli di cronaca nera». Giornalisti pazzi visionari, che scrivono sugli immigrati solo quando fanno qualcosa di male. E per rafforzare la predica cita Mario Morcellini, preside di Scienze della comunicazione alla Sapienza, che parla di «gigantografia della paura» da parte dei cronisti.
Poi la guida moralista si mette a dare anche i voti. Bocciato Il Giornale che ha interrotto troppo presto la pagina settimanale di Marina Gersony su Milano multietnica, «che ha avuto vita breve (2005-2007)». Promossi, manco a dirlo, altri «quotidiani più attenti alle questioni legate all’immigrazione» come L’Unità, Metropoli di Repubblica e L’Espresso. Secondo il manuale del buon giornalista le «poche eccezioni» in un mondo di giornalisti senza cuore, sono Radio Articolo 1, collegata alla Cgil, e Radio Popolare, vicina ai partiti e movimenti di sinistra. Insomma, per questa guida è eticamente scorretto parlare dei crimini commessi dagli immigrati. Neppure quando, nel 2010, un marocchino, drogato e senza patente, falciò a morte sette ciclisti nel catanzarese. O quando a Genova, nel 2011, una donna venne stuprata da un ghanese clandestino. E neppure se, un mese fa, una banda di romeni e albanesi venne beccata a spacciare droga ai minorenni nella provincia di Como. Dulcis in fundo, proprio nei giorni in cui il governo Monti vara la riforma delle pensioni, che prolunga di tre anni l’uscita dal lavoro (69 anni), la guida informa: «Lo straniero, al compimento di 65 anni, può richiedere la pensione. Il lavoratore immigrato che vuole tornare nel proprio paese prima di aver maturato il diritto alla pensione, conserva tutti i diritti previdenziali e di sicurezza maturati, e potrà ottenere la totalizzazione dei contributi previdenziali maturati in Italia con quelli versati nel proprio paese». Giornalisti avvisati.
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