Incassata la fiducia a Palazzo Madama, per Enrico Letta la strada a Montecitorio è in discesa. Il presidente del Consiglio si toglie un sassolino dalle scarpe e sottolinea che la fiducia ottenuta al Senato "sia chiaro che è un risultato che ci sarebbe stato comunque, per essere chiari in fondo". E dunque anche senza il sostegno improvviso di Berlusconi. Letta tiene a precisarlo, con un pizzico di orgoglio, nel suo intervento alla Camera. Dunque "è importante che siamo qui, più forte e coesi, a patto che sia chiaro che il risultato sia un voto come lo intendo io, rispetto al quale intendo lavorare mantenendo fermo il punto della separazione tra governo e giustizia". Dopo una settimana in cui "alcuni dentro la maggioranza hanno detto esplicitamente che preferivano il voto anticipato a fine novembre", che sarebbe stato "un errore", "ora siamo qui per riprendere il filo più forti e coesi". E insiste con malcelato orgoglio: "L’Italia ha bisogno che non ci siano più ricatti, tipo 'o si fa questo o cade il governo', anche perché si è dimostrato che il governo non cade". In un passaggio del suo discorso Letta cita il Santo Padre: "Metteremo al centro le parole che Papa Francesco ha pronunciato a Lampedusa sul tema dell’immigrazione". Impassibili i deputati seduti tra i banchi del centrodestra. Applausi, invece, dal centrosinistra. "Si lavorerà con una maggioranza politica coesa - puntualizza il presidente del Consiglio - se questa maggioranza è diversa dalla maggioranza che mi dà fiducia, lavorerò lo stesso con la maggioranza politica. È essenziale che ci sia chiarezza". Letta sottolinea l’importanza del voto di fiducia del Parlamento al governo: "Chi aveva sfiducia nei confronti del governo e nel presidente del Consiglio pensava che non sarei mai venuto qui. Quando dico non avrei governato a tutti i costi lo penso veramente, e quando a partire dalla settimana scorsa è stato chiaro che non si poteva andare avanti da parte mia non c’era altra possibilità che chiedere un chiarimento senza se e senza ma e che poi il Parlamento decidesse se appoggiare il governo o no".
Il governo e la maggioranza, insiste il premier, dovranno dimostrarsi in grado di "dare risposte agli italiani", altrimenti sarà Letta il primo a trarre le conseguenze: "Se non siamo in grado di dare risposte agli italiani non ci sono margini perché questo governo stia in piedi. Sono io il primo a tirare le conseguenze, come ho dimostrato quando ho deciso di venire qui in Parlamento senza avere nessuna certezza sulla fiducia". E aggiunge: "Ho fatto l’elogio della stabilità, su questo sono spesso preso in giro. Ma vorrei ricordare cosa ha significato per il nostro paese la stabilità politica...". Il premier ricorda che gli anni del "miracolo economico" hanno coinciso con un periodo di stabilità politica in Italia ("Abbiamo avuto tre primi ministri") mentre "poi si è succeduto praticamente un governo all’anno, e anche quest’ultimo ventennio abbiamo avuto 14 governi. Nello stesso periodo in Germania hanno avuto tre cancellieri. Insisto su questo punto". Letta finisce il suo intervento alla Camera e fa con le dita il segno della "V" di vittoria. Poi, davanti alla lunga standing ovation di Pd e Sc (immobili i deputati di Sel, M5S, Lega e Pdl) il presidente del Consiglio fa un vistoso inchino, rivolgendosi anche ai banchi del Pdl. Una forte e prolungata stretta di mano, con le braccia tenute bene in vista, del vicepremier Angelino Alfano al presidente del Consiglio, al termine del suo intervento nell’aula di Montecitorio sul voto di fiducia al governo.
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