Correggio (Reggio Emilia) - Le prime a subirne i dolorosi effetti sono state le aziende agroalimentari, che hanno visto chiudersi le porte in faccia. Adesso nella black list chiamata embargo potrebbero finire anche le eccellenze del manifatturiero made in Italy. Il tessile, alta moda in primis , sta già facendo i conti con le prime proiezioni negative in termini di vendite. Con la guerra tra Russia e Ucraina e l'embargo imposto da Mosca le nostre aziende sanno che in ballo c'è la stessa sopravvivenza. Lo sa bene Angelo Marani, l'imprenditore tessile correggese che con la sua casa di moda ha toccato i vertici con creazioni di fascia alta ispirate all'arte contemporanea per le quali i russi impazziscono.
Marani, a che punto è la notte? «Noi italiani ci tiriamo la zappa sui piedi: Putin è il nostro miglior cliente, ma l'Ue non vuole accorgersene».
Quali sarebbero le conseguenze di un embargo verso i nostri prodotti? «Ho un fatturato di 20 milioni, 88 dipendenti interni e circa 300 in indotto tra fornitori e ricamatori, che lavorano solo per noi. La mia azienda è sana, ma le vendite 2015 si stanno assestando su un -10%, lo scorso anno eravamo su +25%. Se l'embargo fosse attuato saremo costretti a far partire la cassa integrazione per 50 operai o peggio ancora i licenziamenti».
Eppure dovrebbe essere evitato. «Non è quello che ci riferiscono i nostri buyers russi, i quali ci hanno già prospettato questo rischio come concreto. La prospettiva di un embargo è concreta, anche se ad oggi non stiamo ragionando di tagli».
Pensa che il problema non sia Putin? «Putin fa i suoi interessi, siamo noi che da dieci anni non facciamo politiche di sostegno per il nostro export . Io faccio tutto a Correggio, siamo tra i pochi rimasti ad avere una produzione verticale tutta interna. Sono passato indenne attraverso la crisi perché ho un prodotto di fascia alta. Ma il governo non si occupa dell'eccellenza del manifatturiero. La moda ha un saldo attivo nella bilancia dei pagamenti di 20 miliardi di euro. Scontiamo le politiche espansionistiche della Germania che sta facendo di tutto per mortificarci».
Come? «Con decisioni che spingono l'Ue a prendere iniziative tutte sfavorevoli al nostro manifatturiero».
Con quali ricadute? «La Germania non punta sulla tracciabilità dei prodotti, invece il nostro prodotto è realizzato e finito in Italia con elevati standard di sicurezza. Ma questo alla Germania non interessa perché non hanno un manifatturiero competitivo come il nostro».
Certo che con un euro così forte... «Infatti la Germania non fa nulla per abbassarne il valore. Sanno di poterselo permettere. In questo modo ad essere iper competitivi sono i cinesi. Ma se esporto in Cina devo preparare una montagna di incartamenti. La Cina però non lo fa. Per importare la Cina pretende quelle regole che a lei non vengono chieste per esportare».
La Regione Veneto ha avviato trattative parallele con i russi per frenare il blocco nell'agroalimentare. «Il governo deve andare in questa direzione, sapendo che noi abbiamo ottime ragioni sul piatto. Tutta la moda è prodotta in Italia: che cosa accadrebbe se mettessimo l'embargo ai marchi che sfilano nelle capitali della moda nel mondo?».
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