Che l’Italia sia avviata verso un destino economico di terzomondizzazione è sotto gli occhi di tutti, anche se molti sembrano ancora non volerci credere, altri cercano di minimizzare il problema. Grazie agli ultimi tre governi divenuti tali perché euro/guidati direttamente dalla Troika e artefici di razzie sociali praticate direttamente sulla carne viva dei cittadini, le condizioni del “Bel Paese” sono sempre più drammatiche. Due italiani su tre infatti ritengono che la Ue abbia danneggiato fortemente l’economia italiana (tranne Beppe Severgnini, schierato quasi quotidianamente in assetto di guerra eurista su 8½). Il tutto è avvenuto grazie al partito più collaborazionista d’Europa, il Pd, che non solo ha concesso la sovranità monetaria ad una banca straniera privata, senza chiedere il consenso agli italiani, ma di conseguenza anche la sovranità economica ed ora è sul punto di cedere anche quella politica, dietro richiesta del Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, Mario Draghi (nomen omen).
Come i fascisti di ieri collaboravano con l’alleato nazista per la deportazione dei vagoni stipati di ebrei, che partiti dalla stazione centrale di Milano arrivavano ad Auschwitz, i fascisti di oggi, che hanno votato in massa il Pd alle ultime elezioni europee, hanno dato il loro consenso ai loro politici di riferimento, gerarchi dell’ideologia neoliberista, agguerriti sostenitori dell’euro e dell’Europa, che hanno firmato tutti i trattati (Maastricht 1993 e Lisbona 2007), hanno introdotto il Fiscal Compact e il conseguente Pareggio di bilancio in Costituzione nel 2012, vincoli di austerità che hanno massacrato l’economia italiana e minano alle radici un possibile ripresa economica. I neofascisti di oggi non si sono accorti di niente? Non hanno capito che il Pd è un partito che collabora con lo straniero? Che sta svendendo l’Italia allo straniero, riducendo sul lastrico migliaia di famiglie, precarizzando a vita il lavoro dei giovani, smantellando i diritti democratici, abbattendo l’art.18 come fosse il grimaldello che servirà a demolire definitivamente lo Statuto dei lavoratori e i Contratti collettivi di lavoro, quando l’Italia è il paese che ha la differenziazione dei contratti atipici più selvaggia d’Europa.
Il Pd si caratterizza infatti come un partito di ispirazione nazionalista, come il Partito Nazionale Fascista (dove la nazione stavolta è l’Europa), autoritario (governa deputati semplicemente nominati, non eletti con le preferenze elettorali, quindi facilmente manipolabili), totalitario (domina tutti i mezzi d’informazione, perché il Pdmenoelle in questo momento è succube del Pdpiùelle). Tale partito, sostenuto dalle forze conservatrici quali Confindustria, (come il Pnf era sostenuto da industriali e agrari) è bensì molto reazionario e populista, e sul piano sociale tende a incrementare la discriminazione della società in classi, anzi sostanzialmente in due sole classi, l’1% di ricchi versus il 99% dei nuovi proletari, dopo aver smantellato la piccola e media borghesia. Mentre il Partito Fascista aveva lanciato una violenta offensiva squadrista contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista, causando numerose vittime, nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine, anche il Pd ha premeditato da anni la strategia della dissoluzione dei sindacati, rendendoli complici del massacro sociale, concordato attraverso la concertazione. Ora i sindacati sono assolutamente impotenti di fronte alla demolizione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, ultimo baluardo a garanzia della certezza del lavoro, e non avranno dunque alcun potere contro le famigerate controriforme renziane. I sindacati infatti stanno vivendo una crisi storica senza precedenti, incapaci di impedire la dissoluzione della piena occupazione, sicura e indeterminata, inadeguati nel difendere la concezione del lavoro inteso come "diritto" e non come "favore", in questo consiste la gravità storica del momento.
Un solo partito, appoggiato dai poteri sovranazionali che contano, sta gestendo il doloroso travaglio di una morente “democrazia liberale” verso una “oligarchia plutocratica”, rappresentata dagli ultimi tre governi e dal prossimo commissariamento della Troika. Un partito che si autodefinisce “democratico”, ma che di democratico non ha più niente, perché asservito direttamente all’interesse delle lobbies finanziarie euro atlantiche e della destra repubblicana Usa. Il Partito “Democratico” sta infatti progettando tragiche pseudoriforme, che mirano alla costruzione di una società governata da oligarchie finanziarie, che poco si interessano di diritti, redditi, lavoro, cultura, previdenza, benessere sociale. Il nuovo modello economico imposto non mira assolutamente alla realizzazione della crescita economica, ma alla conquista di un bacino socio-economico da sfruttare attraverso tassi, interessi, mutui, balzelli medievali, che ricordano appunto il sistema verticistico feudale, dove un'oligarchia aristocratica guerriera parassitaria governava su tutta la società con l'aiuto del potere finanziario e usuraio.
Una sorta dunque di usurocrazia del potere finanziario, che attraverso l’imposizione di una moneta unica, ha demolito la sovranità monetaria, quella economica, ed ora sta demolendo definitivamente quella politica (Mario Draghi: “Gli stati cedano sovranità”). Ma se l’elettorato piddino, quello che ha creduto per lungo tempo cecamente ai mantra fideistici della propria parte, ha ora disertato le ultime primarie per la regione Emilia Romagna (hanno votato appena 55mila elettori, su circa 75mila iscritti), forse comincia ad avere qualche dubbio sulle numerose bufale che gli ha raccontato il suo partito affaristico liberista, forse comincia a capire che stiamo vivendo una tragedia di portata storica, di cui il Pd è diretto responsabile? L’elettorato del Pd dunque non sa che il neoliberismo economico autoreferenziale, adottato dall’establishment mainstream europeo e di conseguenza italiano, punta proprio all'eclissi dell'intervento statale, con particolare riguardo alle liberalizzazioni e privatizzazioni (che favorirebbero il capitale privato), e che l’adozione delle politiche di austerity non hanno fatto che peggiorare i conti pubblici, aumentando il debito nazionale e deprimendo il Pil, con l’innesto di una tragica recessione?
Tragicamente miopi o peggio ancora criminose, appaiono infatti le scelte politiche del Pd, che stanno producendo la deindustrializzazione del paese, la strage della piccole e medie imprese (fiore all’occhiello economico dell’Italia fino a 8 anni fa), l'emigrazione all'estero di capitali, imprese e cervelli, la svendita di beni pubblici, gioielli tecnologici di stato come Finmeccanica, Eni, Enel. Ma le colpe attingono profonde radici nel passato. Dopo la fine del sistema di Bretton Woods 1971, Francia e Germania Ovest, iniziarono a spingere per la creazione di un sistema a cambi fissi tra i Paesi del vecchio continente.
“Agli inizi del 1978 inizia ad essere progettato il Sistema Monetario Europeo. All'interno del PCI vi sono posizioni diverse, ma in sostanza il partito esprime ben presto la propria netta adesione ad un sistema europeo che porti a cambi fissi tra le valute. Lo stesso fa la CGIL di Lama, nonostante siano chiare le conseguenze per i lavoratori che tale scelta comporta. Appare da subito chiaro che se un gruppo di Stati rinuncia alla flessibilità del cambio valutario, e quindi alla possibilità di operare svalutazioni/rivalutazioni, senza introdurre meccanismi di riequilibrio fra le economie in surplus e quelle in deficit strutturale, gli oneri dei necessari “aggiustamenti” ricadono tutti sui lavoratori degli Stati più deboli, chiamati ad accettare minori diritti, maggiore fatica e diminuzione del salario, al fine di tentare il recupero della competitività perduta in favore degli Stati più forti (si noti che la “virtù” degli Stati forti consiste molto spesso nella loro maggior capacità, rispetto ai partner più deboli, di mantenere bassa l'inflazione contenendo i salari e comprimendo la domanda interna, esattamente come fa ora la Germania). Tutto ciò era già perfettamente chiaro a tutti i principali attori politici che discutevano l'eventuale adesione dell'Italia allo SME.” (M.Badiale, F.Tringali, “La trappola dell’euro”)
Quindi era perfettamente chiaro da più di 30 anni che il vincolo esterno avrebbe provocato disastri, sia nel PCI che nella CGIL, è inutile che i loro diretti discendenti ora sgranino gli occhi basiti (Landini), facciano i contestatori fuori tempo massimo (Cremaschi), o gli oppositori interni al partito (Fassina). È inutile che fingano “Sturm und Drang” per l’art.18 (tsunami della precarizzazione), per il Jobs Act (controriforma dei mini jobs), per il Tfr in busta paga (risparmi fiscali per lo stato e strage per le Pmi). Quando poi nel 1981 avvenne il “divorzio” fra Tesoro e Banca d'Italia, il fatto privò il nostro Paese della possibilità di finanziarsi il debito e mantenere bassi i tassi d’interesse, consegnandolo totalmente al mercato per cercare finanziamenti.
Insomma i ceti dirigenti italiani ed europei si avviavano sulla strada dell'attacco totale ai lavoratori, ai diritti conquistati, allo stato sociale, al settore pubblico dell'economia. Il PCI e la CGIL si trovarono quindi di fronte ad un bivio storico: difendere gli interessi dei ceti medi e popolari assumendo posizioni nettamente contrarie al processo di unificazione europeo (che vedeva proprio nello SME il suo fulcro), e avviare così uno scontro molto duro (e dagli esiti imprevedibili) con i ceti dominanti, oppure accettare supinamente le scelte dei ceti dominanti stessi, accantonando le condizioni poste al tempo della discussione sull'ingresso dell'Italia nello SME e proponendosi come forze di governo “responsabili” ed “europeiste”. Sappiamo bene quale strada hanno scelto. (M.Badiale, F.Tringali, “La trappola dell’euro”)
Di chi è la colpa? Crisi delle ideologie dunque, o egemonia assoluta dell’unica ideologia neoliberista dominante? Forse l’unica ideologia oggi esistente ha avuto la meglio proprio perché le altre hanno abdicato ai propri valori in nome dell’unico valore ammissibile nella società liquida, cioè il dio denaro. “Non avrai altro jeans al di fuori di me”, diceva un famoso slogan degli anni ’70, rabbiosamente sprezzato da Pier Paolo Pasolini, perché allegoria di un genocidio che stava avvenendo sotto la presbiopia degli italiani, allora sedotti per la prima volta dalla nuova cultura yankee dei Jesus Jeans: la fine della civiltà contadina e l’inizio di una nuova era fascisto consumistica.
Una nuova era che ha segnato il passaggio dal capitalismo della fine del ‘900 al neocapitalismo finanziario e globale dei giorni nostri, in cui è avvenuta una mutazione genetica della specie umana occidentale, e soprattutto della classe dirigente al potere. È nata infatti una nuova specie di casta politica, reversibile, double face, convertibile, cabriolet, buona per tutte le stagioni, destra e sinistra si confondono a tal punto che non sono assolutamente più identificabili. Per di più si è realizzato anche un processo di spersonalizzazione del capitalismo finanziario, che simile ad una piovra assetata di sangue, come fosse uscito dal più orribile degli horror movie, sta divorando proprio la borghesia, classe sociale che è stata per secoli la sua diretta espressione sociale, favorendo solo la sua versione finanziaria, per cui ci troviamo finanzieri/premier (Monti), come nel medioevo governavano i vescovi/conti. La finanza usuraia, unica ideologia dominante, dopo avere per secoli appoggiato tutti i poteri esistenti e operanti nella società, ha oggi sostituito quei poteri stessi, riducendoli ad effimeri oggetti di vassallaggio (chiesa, politica, borghesia).
Infine dunque anche l’ “homo politicus” contemporaneo ha subito una sorta di metamorfosi, sottoposto a clonazione spersonalizzante, si è mutato in una “nuova forma di vita” docile e camaleontica, liquida e malleabile, arrendevole e conciliante, che ripropone attraverso una sintesi esplosiva l’essenza più profonda del totalitarismo globalizzato. Leitmotiv dunque del nuovo capitalismo finanziario? Dell’epoca più fascistizzata della storia dell’umanità? Dove il fascismo è diventato cibo quotidiano, ideologia partorita dalla stessa cultura occidentale, spalmata quotidianamente sui teleschermi tv, espressione adorante dell’unico slogan tollerabile: “Euro, non avrai altro dio al di fuori di me”.
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