Una proposta nuova di zecca sull'eterna questione della lotta al conflitto di interessi. Nei prossimi giorni, sul tavolo del governo guidato da Matteo Renzi, planerà un testo di legge composto da 20 articoli. Chi li ha scritti? L'Astrid, pensatoio vicino alla sinistra presieduto dall'ex ministro Ds della Funzione pubblica Franco Bassanini, che oggi siede pure sulla poltrona di presidente di quella Cassa depositi e prestiti che è controllata al'80% dal ministero dell'Economia. Non c'è che dire, Bassanini e soci stanno facendo le cose in grande. La proposta sarà infatti discussa in un incontro in programma per il 4 giugno, al quale parteciperà anche il deputato dell'ormai defunta Scelta civica, Gregorio Gitti, incidentalmente genero del banchiere «prodiano» Giovanni Bazoli, dominus di Intesa Sanpaolo. Naturalmente il progetto è tale che non poteva che essere discusso e portato avanti da personaggi che di conflitto di interessi se ne intendono.
Diciamo innanzitutto che la bozza, nelle intenzioni dei «legislatori» di Astrid, dovrebbe essere applicata al presidente della Repubblica, ai parlamentari, ai componenti delle Autorità indipendenti e ai titolari della cariche di governo. Il tutto nell'assunto che, recita l'articolo 2, «sussiste conflitto d'interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica o di un ufficio pubblico è titolare di un interesse economico privato differenziato rispetto a quello della generalità o di intere categorie di cittadini e tale da poter condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche». Ovviamente ci vuole qualcuno che vigili. Per questo la proposta tira fuori dal cilindro l'ennesima Authority «indipendente», che dovrebbe essere costituita sotto il nome di «Autorità di vigilanza sui conflitti di interessi». Composta da 5 membri, potrebbe avere in pianta organica fino a 90 dipendenti. Di più, perché il costo del nuovo carrozzone sarebbe pari «a 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014». Alla faccia della spending review.
Inutile dire che la bozza di Astrid si guarda bene dal toccare situazioni di conflitto d'interessi che il governo Renzi ha regalato nella recente tornata di nomine. Basti pensare a Emma Marcegaglia, nuovo presidente dell'Eni ma contemporaneamente ai vertici della holding di famiglia attivo nella trasformazione dell'acciaio. Attività per la quale il gruppo Marcegaglia è tra i maggiori consumatori di energia. Insomma, può stare la rampolla di famiglia in una società come l'Eni che produce energia? A sentir lei non c'è nessun problema. Tra l'altro l'Eni è uno dei maggiori «finanziatori» della Confindustria, che dai gruppi semi-pubblici associati riceve la quote più sostanziose. Più volte s'è detto che senza questi contributi l'associazione di viale dell'Astronomia andrebbe gambe all'aria. Anche qui, forse non si commette un peccato grave se si arriva a pensare che la Marcegaglia, ex presidente di Confindustria, potrebbe attivarsi per non fare mancare il sostanzioso appoggio finanziario dell'Eni. E poi ci sono gli autori della proposta Astrid sul conflitto d'interessi. Tra questi spicca proprio Bassanini. Il quale ha una certa dimestichezza con il cumulo di poltrone pubbliche e private. Non solo è numero uno della Cassa depositi, ma è anche presidente del consiglio di sorveglianza della società Condotte. Si tratta di uno dei principali gruppi italiani di costruzioni che, guarda caso, spesso e volentieri si trova a sviluppare grandi opere commissionate dagli enti locali e finanziate proprio dalla Cassa depositi. E così Bassanini, che secondo alcuni rumors ambirebbe a inserirsi nella partita della successione a Giorgio Napolitano, tiene un bel piede in due staffe.
All'incontro del 4 giugno, come detto, ci sarà anche Gitti, pronto a discutere del conflitto d'interessi con la massima cognizione di causa. Genero del prodiano Bazoli, dopo un lungo corteggiamento con il Pd nel 2013 è riuscito a strappare uno scranno alla Camera sotto le insegne della ormai esangue Scelta civica. Ma si dà il caso che Gitti sia anche tra i titolari di uno studio legale che offre consulenze lautamente pagate proprio alla Cassa depositi, a Intesa e a Ubi Banca. Del resto i contatti tra Gitti e la Cdp sono favoriti dall'amministratore delegato del colosso pubblico, Giovanni Gorno Tempini, che vanta un passato in Hopa, Mittel e Intesa, in pratica tutta la filiera tanto cara a Bazoli. Così come i contatti tra Gitti e Ubi sono confermati da tutta una serie di poltrone occupate dall'avvocato-deputato, che è presidente di 24-7 Finance srl, Lombardia Lease Finance 4 srl, Ubi Finance 2 srl e Ubi Finance 3 srl, ovvero tutte società veicolo del gruppo bancario. Per non parlare del fatto che, come emerge dall'archivio delle camere di commercio e dalla sua dichiarazione patrimoniale pubblicata sul sito della Camera, Gitti risulta pure consigliere di amministrazione di Skira editore (gruppo Rcs) e della Bassilichi spa, società specializzata in servizi di outsourcing che vede tra i suoi clienti pubbliche amministrazioni come Asl e università. E chi più ne ha più ne metta. Il tutto per un groviglio di interessi che, c'è da scommettere, renderà quanto mai animato il dibattito sulla proposta Bassanini.
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