mercoledì 8 agosto 2012

Doppio suicidio e parlamentari in vacanza

Loro, come già detto qui, se ne vanno in vacanza a spese degli italiani fregandosene di chi ha seri problemi.


Se c'è qualcosa che può lenire la malattia della vecchiaia, come un balsamo a lento rilascio, è assistere alla felicità dei propri figli. Sedersi in poltrona e compiacersi dello spettacolo: tanti sacrifici, tante paure, tante lotte, tutta una vita spesa per loro, ma finalmente vederli sistemati, tranquilli, sicuri.Loro due, che le gelide cronache definiscono solo con le iniziali, lui N.D.E, settantanove anni, lei G.D.D, più giovane di quattro anni, si sono ritrovati al capolinea della vita senza l'ultimo balsamo, senza la consolazione di uno spettacolo familiare edificante. Solo rovina e macerie. Così, non è rimasto altro: solo il coraggio per una fosca decisione. Hanno appeso le corde alla trave del box, quindi si sono impiccati, uniti nell'ultimo abbraccio.E' il finale penoso e allucinante di una tremenda storia italiana. Sullo sfondo di un matrimonio forte e sventurato, lo spettro sempre più invadente della crisi velenosa, questa grande crisi globale che come la grande storia arriva a provocare danni capillarmente, nelle singole case delle singole famiglie. Questa casa e questa famiglia sono di Ancarano, un paesino del Teramano, profondo Abruzzo. Guai enormi prima dell'epilogo. Uno dei figli, cinquantenne, è la classica vittima soffocata dalla feroce congiuntura. Piccolo artigiano, tempo fa si ritrova in mezzo a una strada, letteralmente, per l'implacabile manovra a tenaglia di banche ed Equitalia, questo mostro a due teste che ormai sconvolge il sonno di tanti lavoratori. Gli chiedono di onorare i debiti, presto, tempo scaduto. Ovviamente è un'operazione impossibile, al di sopra della sua stessa volontà. Scatta così la procedura solita: pignoramento della casa e vendita all'asta. Una tragedia personale, senza via d'uscita. Purtroppo, a quest'uomo fuori controllo e fuori di sè non viene altra idea che la più assurda: tentare un'estorsione contro l'acquirente della casa, per riprendergliela nel modo più veloce e più sbrigativo. Un piano folle, che finisce mestamente come finiscono tutte le imprese improvvisate dai dilettanti del crimine: in galera.I genitori, questi genitori anziani che vorrebbero scaldare gli ultimi anni assistendo al successo dei figli, seduti tranquillamente in poltrona, assistono inebetiti allo sfacelo e alla vergogna. La mamma cade in depressione. Il papà deve sopportare anche questo dolore supplementare. Alla fine, non ci sono più forze, morali e fisiche, per continuare. Non ci sono più motivi. Abbracciarsi e lasciarsi andare del tutto, nel vuoto, per sempre, è la soluzione che può apparire accettabile, certo più della realtà.Tocca in sorte all'altro figlio, che vive con loro, alzare la serranda del box e scoprire l'ultima scena. Sconvolto, urla con voce irreale, lo sentono in tutto il paese, ma ormai non c'è più niente che si possa fare. Qualcuno racconta poi che i genitori avrebbero scelto il suicidio per lasciare la casa al figlio in malora. Ma l'avvocato di famiglia si pronuncia subito in modo molto chiaro: Non esiste. Il figlio perderebbe pure questa casa ereditata. La vendita dell'abitazione pignorata non ha coperto tutti i debiti. Equitalia e le banche pignorerebbero pure questa.Nel gioco impietoso del dare e dell'avere, si potrebbe addebitare anche questa enorme tragedia familiare, l'ennesima del periodo, alla spietata tenaglia banche-Equitalia, che molto sta chiedendo al popolo italiano, improvvisamente e velocemente, senza margini e senza sfumature. Troppa gente sta pagando in proprio le nuove regole di gestione, rigide e implacabili, vera procedura d'emergenza che arriva dalla sera alla mattina, dopo anni di allegria, trasferendo sui piccoli, in basso, il peso gigantesco di colpe grandi, là in alto. Lo chiamano rigore, l'hanno scoperto da pochissimo, dopo un sacco di tempo trascorso nei consigli d'amministrazione a giocare da incoscienti, ebbri di euforia, nel subdolo Monopoli della finanza acrobatica.Quel padre e quella madre appesi alla trave, incapaci di trovare ancora un senso e un motivo per imbastire il loro ultimo futuro, certo pagano anche una propria fragilità. Certo da Equitalia e dalle banche non è arrivato nessun killer a portare corde. Non è giusto diventare così astiosi e così grossolani. Però. Il però di tutte queste storie è molto delicato e molto profondo. Nella lunga catena dei suicidi per crisi, non esiste mai un colpevole ben identificato. C'è un intero sistema, un'atmosfera generale, che lentamente si insinua nelle fessure delle singole case, delle singole esistenze, diffondendo solo ansia, pessimismo, disperazione. In questo irrespirabile sentore di fine, farla finita è un'opzione. Un padre e una madre, di fronte alla rovina di un figlio, possono seriamente considerarla l'ultima possibile, l'unica dignitosa.

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