C'è attesa per la decisione del governo indiano sui capi d'accusa con cui verranno processati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i fucilieri italiani detenuti in India da ormai oltre due anni per la morte di due pescatori. Secondo la stampa indiana, il ministero dell’Interno avrebbe autorizzato l’uso della legge antipirateria (il Sua Act), che prevede fino alla pena di morte, come chiesto dalla polizia speciale che indaga sulla vicenda. Tuttavia, secondo la fonte interpellata dal Times of India, la polizia starebbe aspettando "il verdetto della Corte Suprema" sul ricorso dell’Italia prima di formalizzare le accuse. "Quello che fa fede per noi è ciò che dirà la Corte Suprema e non quello che dicono fonti generiche che appaiono sulla stampa", ha commentato l’inviato del governo Staffan de Mistura. Nel frattempo prova a muoversi l'Italia a Bruxelles: il ministro degli Esteri Emma Bonino porterà il caso sul tavolo dei lavori del consiglio Affari esteri, che vedrà riuniti a Bruxelles i capi delle diplomazie dei 28 Paesi Ue.
Il processo rallenta ancora. In una breve seduta, durata appena una decina di minuti, la Corte suprema ha, infatti, chiesto al governo di Nuova Delhi di trovare una soluzione entro due settimane in modo da "riconciliare il conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione". Quindi, hanno rinviato l’udienza al 3 febbraio. "Lo scorso gennaio la Corte Suprema aveva ordinato la costituzione di un tribunale speciale che doveva riunirsi su base quotidiana, ma dopo un anno non sono stati neppure presentati i capi di imputazione". Nell’illustrare il ricorso davanti al tribunale numero 4, l’avvocato Mukul Rohatgi, che guida il team legale dei marò, non usa certo mezzi termini per denunciare i gravi ritardi della giustizia indiana. Ricordando che sono passati quasi due anni dall’arresto dei due militari italiani, Rohatgi ha fatto presente che la polizia speciale Nia si è rivolta a un tribunale diverso da quello che era stato stabilito lo scorso anno per trattare il caso.
L’attorney feneral Goolam E. Vahanvati, che invece rappresenta legalmente il governo, ha replicato ammettendo che "esiste un conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione". Vahanvati si riferisce alle divergenze emerse tra ministero degli Esteri e quello degli Interni sull’applicazione della Sua Act da parte della polizia incaricata di condurre le indagini. Di fronte alle pressioni del team legale italiano, Vahanvati ha ammesso di "avere bisogno di più tempo per conciliare le posizioni". Il giudice B. S. Chauhan, che presiedeva la sezione insieme al collega J. Chelameswar, ha accolto l’obiezione e ha chiesto al governo di ripresentarsi il 3 febbraio con una soluzione. "Ce la farete entro questo tempo?", ha domandato Chauhan sorridendo. "Faremo del nostro meglio...", ha risposto Vahanvati.
La Farnesina chiede all'India di "mantenere le promesse" riguardo al fatto che il processo ai due militari del reggimento San Marco non rientra nei casi che prevedono la pena capitale. "Se così non fosse - ha avvertito la Bonino - tutte le opzioni sarebbero sul tavolo per la diplomazia italiana". Il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, del resto, lo ha detto chiaramente: "Qualora l’India dovesse far ricorso alla legge anti-terrorismo, l’Ue sarebbe costretta a interrompere le trattative per gli accordi per libero scambio e anche a sospendere le facilitazioni tariffarie in atto". "I valori dell’Ue - ha spiegato Tajani - non possono essere barattati con il business, per noi è fondamentale la tutela dei diritti umani e l’Ue ha anche ricevuto il Premio Nobel per la Pace proprio per questo". Non solo. La Bonino ha anche fatto cenno alla possibilità di ostacolare in tutte le sedi le ambizioni di New Delhi per un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Nei giorni scorsi il governo italiano ha chiesto che, a due anni ormai dalla morte dei due pescatori indiani, siano presentati subito i capi d’imputazione contro Latorre e Girone escludendo il ricorso alla Sua Act, la legge antiterrorismo che prevede la pena di morte in caso di omicidio, oppure che si permetta loro di tornare a casa in attesa del processo. A livello internazionale, la Farnesina ha deciso di muoversi facendo pressing sull'Unione europea e portando le carte del processo sul tavolo dei 28 ministri degli Esteri in occasione del primo Consiglio dell’anno. Le Camere hanno deciso di inviare una delegazione per manifestare vicinanza e sostegno ai marò.
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