Di fronte al rinvio del governo indiano della presentazione dei capi di accusa per i due marò, l’Italia ha deciso di presentare un ricorso alla Corte Suprema indiana. Lo scrive l’Ansa. La «petition» - si è appreso - punta a «scongiurare l’uso di una legge antiterrorismo». Il ricorso si propone di sollecitare una presa di posizione della massima corte per ricordare agli investigatori ed al governo indiani che la legge che New Delhi utilizza per reprimere la pirateria marittima (SUA Act) non è fra gli strumenti (codici, leggi e convenzioni) specificate dallo stesso massimo tribunale nelle sue sentenze del 18 giugno e 26 aprile 2013 per condurre l’inchiesta e processare i due Fucilieri di Marina italiani. Una eventuale introduzione di questa legge, ha sostenuto la fonte, «cambierebbe radicalmente lo scenario del processo, perché si tratta di uno strumento antiterrorismo», inapplicabile a personale militare italiano imbarcato in funzioni di lotta alla pirateria. Il SUA Act, approvata nel 2002, capovolge l’onere della prova sull’imputato, si estende in acque internazionali e, soprattutto, prevede una richiesta automatica di pena capitale.
LA MISSIONE - I due marò italiani sono stati arrestati ventuno mesi fa, con l’accusa di aver sparato a due pescatori indiani al largo del Kerala, uccidendoli. L’accelerazione disposta da Roma è stata decisa per mettere fine all’impasse che allunga a dismisura la prospettiva di rientro in Italia dei due marò e scongiurare qualsiasi tentativo di introdurre lo spettro della pena di morte. Dopo le pressioni esercitate sui vertici dell’Unione europea, il Parlamento potrebbe inviare una missione in India: al Senato è in corso una riunione dei presidenti delle Commissioni esteri e Difesa di Senato e Camera, Pier Ferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto, Nicola Latorre ed Elio Vito, per valutare l’invio di una delegazione parlamentare in India per verificare la situazione di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
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