venerdì 14 settembre 2012
Comunque, per quanto riguarda l'islam
... e qualcuno vorrebbe risolvere il problema dando loro le moschee "ufficiali"...
La mappa dei predicatori d'odio che tornano a far paura all'Italia. L'analisi dell'Antiterrorismo: moschee clandestine dove si fa proselitismo, strani flussi di denaro, imam itineranti. Così si prepara la jihad nel nostro Paese di Gian Marco Chiocci Simone Di Meo
Lo Stivale dei predicatori d’odio travestiti, di volta in volta, da imam, guide spirituali, shaid (i martiri), «responsabili», tabligh itineranti, mujaheddin e «lone wolf» (i più pericolosi, i lupi solitari). Copre l’intera penisola la mappa aggiornata dall’antiterrorismo (oltre 820 luoghi di culto, 184 moschee) sulle sponde «religiose», dirette o indirette, del terrore islamico in Italia dove risiederebbero almeno tremila combattenti «in sonno» addestrati nei campi qaedisti in Afghanistan, Yemen e Pakistan. Tre sono le città dove si è fatta più serrata la sorveglianza «discreta» degli organismi investigativi: Roma (con le moschee di viale Marconi gestite da egiziani e altri centri di preghiera a sud della Capitale), Milano (quella nota di viale Jenner al centro di numerose inchieste) e Napoli.
A preoccupare sono in special modo le strutture di culto «clandestine», non ufficiali, o quelle spacciate per associazioni para- culturali meta di numerosi cittadini arrivati in Italia coi barconi attraverso i confini meridionali: secondo gli ultimi rilevamenti le stazioni «ombra» per il proselitismo sarebbero all’incirca duecento, disseminate dalla Val d’Aosta alla Sicilia. E in particolare 12 sono «monitorate» nel capoluogo campano. La «base strategica» dell’apprendimento della cultura dell’odioresta comunque il Nord con oltre 45 soggetti e «ritrovi» sotto stretto controllo. In Lombardia, dove gli investigatori riscontrano l’«agile formarsi di mini- cellule», non necessariamente collegate a un’unica rete, i «religiosi» attenzionati sulle orme degli ex imam di Gallarate, Bergamo e Varese sono una decina, in parte già collegati al più famoso capo spirituale di viale Jenner, Abu Imad, condannato a tre anni e otto mesi (progettava attentati in Italia e in Europa) e al tristemente noto Abu Omar della moschea di via Quaranta. A Brescia, dov’è attiva la cellula Adl Walò Ihsane continuano le indagini dopo il ritrovamento di bloc notes indicato come «il decalogo della non integrazione», che si apriva con l’appello a punire il Papa per aver «battezzato Magdi Allam», il giornalista egiziano (preziosa firma di questo Giornale) convertitosi al cristianesimo.
Passati ai raggi x anche i documenti (tra cui il manuale per la fabbricazione artigianale di una bomba e una mappa che sarebbe servita per un attentato alla Sinagoga di Milano) ritrovati in casa di un 20enne marocchino, esperto di informatica, finito in manette. Anche l’ex imam di Cremona, Mourad Trabelsi, è stato condannato con sentenza definitiva. In Veneto, dove i predicatori sotto sorveglianza sono più di quindici, la tensione è salita nel giugno scorso con la chiusura della moschea di via Anelli, a Padova, dove lo scontro tra fedeli marocchini ha portato alla destituzione dell’ex imam Abderrahim Malek. A Vicenza la Digos ha monitorato ingenti somme di denaro inviate all’estero (l’ex imam di San Donà di Piave, Ahamad Chaddad, è stato arrestato dalla Digos di Venezia nell’ambito di un’inchiesta in cui compare anche l’ex imam di Como, allontanato dall’Italia con l’accusa di fiancheggiamento terroristico) che potrebbero essere state utilizzate per finanziare campagne terroristiche in Medioriente. E, sempre nella stessa città, è stato indagato un predicatore perché collegato a un imam casertano risultato in contatto con soggetti vicini al terrorismo della moschea veneziana di via dei Mille; e un altro è stato indagato perché aveva picchiato la moglie che voleva vestirsi all’occidentale. L’antiterrorismo ha sottoposto a una attenta sorveglianza il centro culturale islamico di Treviso. Particolarmente incandescente, stando ai carabinieri, il Piemonte (23 centri monitorati) dove sono stati espulsi già tre imam;qui il pericolo viene dai predicatori d’odio «itineranti». Allerta in Emilia (18 centri), specie a Bologna, l’ex direttore della moschea Ann-nur ha elogiato i kamikaze palestinesi e invitato a colpire Israele.
Tra Toscana (19), Campania (26) e Lazio ( 33) si concentra, invece, la più alta concentrazione di sospetti tunisini, algerini e egiziani. A Napoli si è arrivati a indagare sui contatti tra casalesi e pakistani trafficanti di droga sospettati di contiguità con formazioni salafite del nordafrica. In Umbria (7 centri attenzionati) si temono emulazioni rispetto alla scuola di terrorismo della moschea perugina guidata dall’ex imam marocchino Mostapha El Korchi (condannato a sei anni in Cassazione ed espulso dall’Italia con due connazionali). In Calabria (21 centri)l’ex imam Mhamed Garouan che predicava tra Catanzaro e Crotone arrestato col figlio con l’accusa di aver propagandato via internet la Jihad «virtuale», è libero in quanto i pm hanno chiesto l’archiviazione. A Cagliari, la situazione, è invece diversa: sono stati sì scoperti due manuali «esplosivi» ma nelle mani della Digos ci sono anche i documenti di soggetti vicini ad Al Qaeda e alcune notizie riservate relative ai gestori di un portale d’ispirazione jihadista. Soggetti e obiettivi sensibili anche in Sicilia (oltre 20 siti controllati), nella Marche (13), in Toscana (a Firenze è stato indagato per evasione fiscale da 2 milioni un ex imam di Castelfiorentino). La Puglia, dopo la caccia ai segreti custoditi in sei pen drive sequestrate a un ex imam siriano e a un informatico francese condannati a otto anni, preoccupa non poco gli addetti ai lavori. Perchè? La risposta è top secret, al momento.
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