"Sapevo che in Libia cercavano scafisti. Sono andato lì e mi sono arruolato con loro per guadagnare soldi. Faccio il pescatore ma quello che prendo in un solo viaggio per portare persone è lo stesso che guadagno in due anni col mio lavoro". Con gli investigatori della squadra mobile di Ragusa Saber Helal, 27enne tunisino fermato perché ritenuto di essere lo scafista dei 251 immigrati sbarcati ieri mattina a Pozzallo, vuota il sacco. E le sue dichiarazioni sono come un pugno nello stomaco. Perché, mentre l'ennesima strage di clandesini parla di almeno sessanta morti, Helal racconta di aver fatto pagare 1.500 dollari a ciascun africano che volesse sfidare il mare per raggiungere l'Italia. "Questi non sono scafisti - sbotta il questore di Genova Vincenzo Montemagno - ma schiavisti".
Secondo l’accusa il tunisino Saber Helal era al servizio di trafficanti libici ancora da identificare. "Ho atteso il mio turno ed anche io ho preso posto su uno dei due gommoni per poi salire sull’imbarcazione di legno - racconta uno dei clandestini sbarcati a Pozzallo - una volta sopra il natante, fu un libico ad indicarmi il posto che era stato a me assegnato, ovvero in coperta nella parte centrale". Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i gommoni facevano altri tre o quattro viaggi tra la terraferma e la barca. "Gli stessi libici - ha riferito il tunisino - erano particolarmente duri con le persone di colore che stavano imbarcando e usavano i lunghi coltelli di cui erano in possesso, proprio per picchiare queste persone". Il sovraffollamento sulla barca era tale che veniva difficoltoso anche sedersi e, quando qualcuno lo faceva, doveva necessariamente sopportare il peso di altre persone che, per mancanza di spazio, ci si sedevano di sopra. Secondo i testimoni, agli immigrati non veniva assolutamente permesso di salire in coperta, nemmeno per prendere una boccata d’aria. Gli scafisti temevano, infatti, che il sovraffollamento in coperta avrebbe pregiudicato la stabilità dell’imbarcazione causandone il ribaltamento.
A distanza di poche ore dall'arresto di Saber Helal, la polizia i Ragusa ha fermato anche un altro tunisino, Naser Maa con l'accusa di aver pilotato il barcone di 229 immigrati, cittadini di Bangladesh, Mali, Ghana, Gambia, Costa D’Avorio e Senegal, giunti a Pozzallo ieri sera con la nave "Oreste Corsi" della Capitaneria di Porto che li aveva soccorsi. L’indagato, che ha ricevuto un compenso di 4.500 dollari per portare gli immigrati in Italia, è stato incastrato da un video da lui stesso realizzato durante la traversata. "Ho girato il video per ricordo - ha raccontato - volevo tenere con me queste immagini perchè sapevo che avrei rischiato sia di morire che la galera una volta giunto in Italia". Tra i 229 clandestini partiti dalla Libia un giovane del Bangladesh ha raccontato agli inquirenti di aver lavorato gli ultimi diciotto mesi per poter raggiungere l'Italia. Traversata che gli è costata 1.200 dollari. "Sono stato sistemato nella stiva, esattamente a poppa, vicino al motore - ha raccontato - l'imbarcazione sulla quale sono salito non era in buone condizioni ed era piccola per trasportare tutte le persone presenti tanto che ho temuto per la mia incolumità". Per questo motivo ha anche pensato di rinunciare al viaggio: "Non l’ho fatto perché avevo fatto tanti sacrifici per procurami i soldi per la traversata ed ero sicuro che i libici non me li avrebbero restituiti in caso di rinuncia". Appena la stiva si è riempita, un libico ha chiuso il boccaporto. "Molti di noi, me compreso, abbiamo cominciato a piangere dalla disperazione a causa della mancanza d’aria e dell’alta temperatura - ha concluso - non ci è mai stato somministrato cibo ed io ho bevuto l’acqua che avevo già portato con me all’interno di una bottiglia".
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