Se Mario Monti era il tassator cortese, Matteo Renzi si potrebbe definire un tassatore occulto. A pomposi annunci di tagli alle spese e di bonus sono corrisposte nuove imposte celate nel ginepraio di articoli, commi e decreti legge. Non bastavano le accise sui carburanti, i rincari su smartphone e tablet, quelli sulle sigarette, l'aumento dell'aliquota sulle rendite finanziarie e il taglio di alcune agevolazioni fiscali. Adesso, l'ultima trovata dell'esecutivo è nascosta nel decreto Legge del 24 giugno n.90, precisamente all'articolo 53. Trattasi del contributo unificato, ossia un'imposta che colui che vuole accedere alla giustizia deve pagare per ciascun grado di giudizio nel processo civile (compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione), nel processo amministrativo e in quello tributario. Cosa ha fatto Renzi? In pratica, per attuare l'agognato snellimento e la sempre invocata digitalizzazione della macchina della giustizia, ne ha aumentato i costi di accesso per i contribuenti. Come si legge nell'articolo 53 del decreto sulla Pubblica Amministrazione: “Alla copertura delle minori entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni del presente capo (...) si provvede con le maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”. Parliamo di un aumento generalizzato del 15%-20%. Qualche esempio?
Per i processi di valore fino a 1.100 euro si è passati da 37 euro a 43. In pratica se un cittadino volesse fare ricorso al giudice di Pace per una multa relativa al mancato pagamento della sosta sulle strisce blu (sanzione pari a 22 euro), dovrà pagarne 43 per poter accedere alla giustizia. Più del doppio. I rincari del balzello vanno a scaglioni. E così si passa da 85 euro a 98 euro per i processi superiori a 1.100 euro e fino ai 5.200; da 206 a 237 per i processi fino a 26mila euro; da 450 a 518 per quelli fino a 52.000 euro e via dicendo fino all'aumento maggiore – da 1.466 a 1.686 euro - per i processi di valore superiore a euro 520.000. Tutto questo in primo grado. Perché per i giudizi di impugnazione il contributo è aumentato della metà ed è raddoppiato in Cassazione. Ma non è finita qui. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 278 (prima era di 242). E ancora: per la procedura fallimentare, il balzello passa da 740 a 851 euro. Oltre al danno c'è poi la beffa. Perché, come è scritto nel decreto, nel caso in cui le previsioni di entrate non siano quelle previste dal governo, il ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, provvederà "all’aumento del contributo unificato nella misura necessaria alla copertura finanziaria delle minori entrate risultanti dall’attività di monitoraggio”. Insomma, per il momento la riforma della giustizia è solo un pomposo annuncio, mentre le tasse sono già scritte nero su bianco e hanno già cominciato a gravare sui contribuenti.
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