Dopo la Commissione europea, anche l’Esma (European securities and markets authority), ovvero l’organismo che riunisce i regolatori di mercato dei 27 Paesi Ue, accende un faro sulla rivalutazione miliardaria delle quote della Banca d’Italia detenute dalle principali banche italiane, approvata con un decreto dalla Camera alla fine di gennaio. A quanto apprende l’agenzia di stampa Adnkronos, l’interpretazione dell’Autorità avrebbe già spinto la Consob a sollevare il problema con Bankitalia e Tesoro. L’indicazione, non ancora ufficiale, che potrebbe arrivare alle banche, a pochi giorni dalla pubblicazione dei risultati, sarebbe quella di non far transitare la plusvalenza che deriva dalla rivalutazione della quota nel conto economico. Le conseguenze sarebbero consistenti sia per la chiusura dei bilanci 2013, a partire da quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno le partecipazioni maggiori, sia per il gettito fiscale che deriva dalla rivalutazione delle quote detenute anche da tutte le altre banche in Bankitalia. Il Banco Popolare, peraltro, ha già approvato i conti 2013 e iscritto in bilancio la plusvalenza post rivalutazione.
Nel caso in cui la Consob si trovasse costretta a intervenire, l’unica strada per risolvere definitivamente la questione sarebbe un nuovo intervento legislativo che consenta di recuperare l’impostazione originaria, con una sostanziale compensazione tra i benefici patrimoniali per le banche e l’imposizione fiscale che deriva dalla rivalutazione delle quote. Se così fosse, le banche intanto dovrebbero rivedere i criteri di contabilizzazione per i loro bilanci e spingere perché si arrivi a una soluzione definitiva prima della tornata di assemblee che saranno chiamate ad approvare i bilanci 2013. Il decreto Imu-Bankitalia era già diventato un caso europeo alla fine di febbraio, quando il Commissario Ue per la concorrenza aveva inviato al ministero dell’Economia una lettera con una richiesta di chiarimento, per capire se dietro la rivalutazione miliardaria del capitale sociale della Banca centrale – il relativo decreto aveva scatenato la bagarre in Parlamento per la quale sono stati puniti in sede disciplinare 24 deputati, tra i quali 22 del’M5S – si nascondesse un aiuto di Stato mascherato perché fortemente limitato dalle norme dell’Unione europea.
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