“Non è prevista alcuna manovra correttiva”, dicono alle agenzie di stampa fonti di Palazzo Chigi. Per una smentita destinata a durare qualche mese, quattro paroline ufficiose sono più che sufficienti. In realtà, al Tesoro come alla Ragioneria generale, sono in molti a essere convinti che a luglio il governo Renzi sarà “costretto” a farla eccome, una manovra straordinaria. La si farà “perché ce lo ha chiesto l’Europa” e naturalmente sarà “imprevista”. Del resto anche i conti della legge di stabilità sfornata da Gelatina Saccomanni, fino all’altro ieri, tornavano perfettamente. E quei 4-6 miliardi che evidentemente mancavano all’appello già per il 2014 sembravano una fissa di Olli Rehn, il commissario Ue agli affari economici e monetari, e di qualche libero pensatore isolato. Nel saluto che oggi Pier Carlo Padoan ha rivolto ai dirigenti generali dell’Economia (agenzie a ranghi ridotti e inviti ristretti per ragioni di riservatezza) la parola “manovra” non è ovviamente risuonata. Anche se i convenuti nella Sala della maggioranza – l’appuntamento era fissato per le 11 e 30 – al momento di incrociare i bicchieri non parlavano d’altro. Già, perché a differenza della cerimonia di addio di Saccodanni, per il quale molti si attendono una consegna del Tapiro di Striscia la notizia in tempi rapidi, stamani c’era da bere. Anche se nessuno dei presenti è in grado di confermare che Lurch Cottarelli abbia effettivamente brindato.
Del resto è proprio dalla spending review che Padoan adesso si aspetta 5 miliardi di euro, che sono due in più di quelli previsti prudenzialmente da Lettanipote, ma uno in meno di quelli che Cottarelli è convinto di poter portare a casa. E poi ci sarebbero le cosiddette privatizzazioni, alle quali il precedente premier credeva molto, a cominciare dal 4% di Eni e dal 40% di Poste, ma sulle quali ci sono al momento fortissime perplessità del Rottam’attore fiorentino. Un vero dilemma, quello delle privatizzazioni, perché lo staff di Padoan, che è di marca lettian-dalemiana, sa perfettamente che il momento dei mercati è favorevole e che c’è liquidità estera in arrivo sulla Penisola. Ma se il quadro di finanza pubblica peggiora, rischia di cambiare bruscamente anche quello dei mercati. In ogni caso la manovra correttiva che Bruxelles implicitamente ci ha chiesto non si può certo fare prima del 25 maggio, quando si andrà a votare per il parlamento europeo. Il rischio, per Renzi e per il Pd, è di prendere una stangata memorabile alla prima verifica popolare. Ma soprattutto c’è un rischio per Bruxelles e per la stabilità dell’eurozona, perché nuova austerità sarebbe un regalo favoloso per i partiti anti-moneta unica.
Più facile dunque ipotizzare una serie di palliativi fino a maggio. Poi un richiamo concordato di Bruxelles al governo italiano. Quindi una manovra correttiva a luglio. Il tutto nella speranza che nei prossimi mesi le agenzie di rating risparmino l’Italia. Se il quadro è questo, c’è da accogliere con la giusta comprensione l’appello “alla coesione, al lavoro in team e alla riservatezza” che il ministro Padoan ha rivolto ai vertici dell’Economia questa mattina. Il lavoro di squadra prossimo venturo si priverà tuttavia, con molta probabilità, dell’apporto del direttore generale delle Finanze, Fabrizia La Pecorella. A lei sarebbero state addossate parte delle colpe della saga Imu, saga che di fatto ha poi lasciato ai box Er Gelatina ben più del buco (negato) nei conti. Quasi certo, al suo posto, l’arrivo dall’Abi di un’altra donna, Laura Zaccaria. Nel segno di quel connubio “banche&sinistra” che non è solo una fissa di Silvio Berlusconi.
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